lunedì 31 ottobre 2011

Atletico – Saragozza 3-1: buono il risultato e poco più…

Nel giorno delle peñas, in un Calderon più pieno del solito, Manzano si giocava molto, se non tutto. In un ambiente reso elettrico dalle solite polemiche (più volte il pubblico ha inveito contro Manzano e Gil e chiesto a gran voce Luis Aragones e Simeone), cominciare bene era molto più che importante. Per fortuna l’avversario era il Saragozza, cioè quel che ci voleva per far decollare l’Atletico rachitico e impaurito di questi ultimi tempi. Per fortuna, poi, i “dimenticati” di ottobre non avevano scordato come giocare a calcio: due gol di Adrian e uno di Dominguez chiudevano la partita in maniera chiara, almeno sul piano del risultato. Perché, in verità, non c’è molto altro di cui essere contenti: i rojiblancos continuano a trasportare penosamente il pallone fino alla trequarti, dove poi restano in attesa che qualcuno si incarichi di fare qualcosa, qualunque cosa, per innescare Falcao. Oppure scagliano palloni su palloni in avanti, un tipo di gioco che qualunque manuale per allenatori principianti definisce chiaramente improduttivo.
Fortuna ha voluto che ieri alcuni dei biancorossi (Arda, Filipe e Adrian) fossero in palla e che il Saragozza, schierato col famoso modulo “Maginot”, non fosse in grado di marcare alcun avversario neppure saturando ogni spazio.
Così, al 19’ una combinazione Gabi – Arda sul centrodestra veniva conclusa con un vero cross a rientrare da quest’ultimo per la testa di Adrian, che staccava superbamente e infilzava Roberto. Evidenti le colpe dei difensori avversari, sconcerto tra i colchoneros che non avevano mai riflettuto sul fatto che il modo migliore per chiudere un’azione sulla fascia non è rallentare e passare indietro a un compagno fermo sulla trequarti, ma crossare in area per il centravanti. Alle volte, i misteri della tattica, eh?
Poco dopo, su punizione battuta dalla trequarti, ancora Arda lasciava partire un cross per la testa di Godin, che rimetteva al centro per l’incornata di Dominguez.
A quel punto, passata la paura, si vedevano anche alcune azioni pregevoli, sia pure isolate e affidate solo ed esclusivamente alle iniziative dei singoli (brillavano Arda e Filipe Luis, mentre Falcao arrivava sempre in ritardo di un soffio su ogni pallone).
Si arrivava così al 75’, quando Filipe chiedeva e otteneva una triangolazione con Diego, partiva a razzo, resisteva a una carica, entrava in area e serviva al centro Adrian, bravo nel tiro di potenza che non lasciava scampo a Roberto.
Tutto finito? Assolutamente no: fedele alla sua natura l’Atletico era andato perdendo brillantezza e coesione nel corso del secondo tempo e aveva già tremato più volte di fronte al pur impalpabile attacco del Saragozza. Così ci pensava il buon Perea (e chi, se no?) a regalare una qualche speranza agli avversari, permettendo a Postiga di saltare indisturbato in area su calcio d’angolo.
La fine, come l’inizio e buona parte della gara, era all’insegna della contestazione verso Manzano e la proprietà.

Note positive
Adrian: corre, lotta, si impegna. Svaria su tutto il fronte d’attacco, scambiandosi con Arda e sostenendo Falcao come secondo centravanti, più che come semplice attaccante. E soprattutto finalizza di potenza, come un vero bomber di razza. Col Maiorca era stato un fiasco, pur non lesinando impegno; ieri è stato l’elemento determinante.
Arda: vero e proprio centrocampista a tutto campo, sostiene l’azione in avanti con invenzioni mai banali e raramente fini a se stesse. Gli difettano maggiore continuità e  peso in attacco, ma è ormai imprescindibile.
Filipe: sia a Bilbao, sia soprattutto ieri è sembrato in crescita, abile e grintoso sia in difesa che in attacco. A tratti comincia a intravvedersi il giocatore ammirato a La Coruña. Se esplodesse, il gioco avrebbe un immediato salto di qualità.

Note negative
Perea: gioca 24 minuti e ottiene due grandissimi risultati: prima tira una gomitata in faccia a un avversario senza essere ammonito, poi resuscita un inesistente Postiga permettendogli di segnare il gol della bandiera. Impagabile la sua espressione, mentre guarda il portoghese in volo e poi anche i compagni: “Ma perché, toccava a me?”
Mario Suarez: il passaggio di prima a più di due metri gli è sconosciuto, quello in avanti pure, la marcatura feroce sugli avversari anche. Abbandona Gabi a un lavoro oscuro che ne pregiudica la lucidità e costringe Diego ad abbassarsi moltissimo per ricevere il pallone, con il conseguente inevitabile rallentamento del gioco.
Diego: posto quanto detto sopra, ci mette del suo. Alterna momenti in cui porta troppo palla ad altri in cui se ne libera in maniera isterica, con continui passaggi filtranti che spesso non sono né opportuni né ben calibrati.
Falcao: arriva sempre un attimo dopo su ogni pallone. Davanti è solo, certo c’è sempre, ma un centravanti deve segnare, non ci sono storie.
Attacco: quattro egoismi riuniti insieme non creano gioco d’attacco. Creano un gran movimento che alle volte può andare bene, altre no (non c’è sempre il Racing, lo Sporting o il Saragozza di turno…). Ieri per fortuna c’era Adrian, che si impegna per tutti e che gioca sempre per la squadra, questo è indubbio. Manzano sembra predicare più buone intenzioni che schemi precisi e questo si vede: un generico “usiamo di più le fasce” o “bisogna inserirsi in avanti” non bastano, altrimenti sul gioco prevarrà sempre l’amore per la giocata tipico del solista.
   
Atlético de Madrid: Courtois 5,5; Silvio 6 (Perea, m. 66 4), Domínguez 6, Godín 6, Filipe 6,5; Gabi 5,5, Mario 4,5 (Tiago, m. 78 sv), Arda Turan 7; Diego 5,5 (Koke, m. 87 sv); Adrián 7,5 y Falcao 5.

Real Zaragoza: Roberto; Juárez, Lanzaro, Da Silva, Paredes (Lafita, m. 46); Barrera (Juan Carlos, m. 64), Ponzio, Zuculini (Rubén Micael, m. 46), Meira, Luis García; y Postiga.

Goles: 1-0, m. 19: Adrián, de cabezazo colocado a la escuadra tras un pase medido de Arda Turan. 2-0, m. 31: Domínguez cabecea en el segundo palo un servicio de Godín. 3-0, m. 75: Adrián culmina una jugada individual de Filipe Luis. 3-1, m. 79: Postiga cabecea un saque de esquina.
Árbitro: Estrada Fernández (C. Catalán). Amonestó a los locales Mario Suárez (m. 24) y Gabi (m. 34) y a los visitantes Ponzio (m. 56) y Rubén Micael (m. 59).
Incidencias: partido correspondiente a la undécima jornada de Liga en Primera División, disputado en el estadio Vicente Calderón ante unos 45.000 espectadores.

sabato 29 ottobre 2011

Athletic Bilbao – Atletico 3-0: un film già visto

Nuova gara, nuovi cambi, visto che Assunçao, Gabi e Reyes sostituiscono Mario Suarez, Tiago e Adrian, ma il risultato non cambia: al San Mames va in onda l’ennesimo orrido film di quest’Atletico inizio stagione, corredato per di più da una rotonda goleada e da una posizione di classifica che si fa sempre più seria, sia pure in un contesto di inizio stagione.
E pensare che i primi venti minuti avevano visto un Atletico combattivo e veloce, abile a rispondere colpo su colpo ai baschi e a mettere in difficoltà il loro reparto arretrato. Si erano finalmente visti buon ritmo e triangolazioni efficaci e veloci, condite da una discreta propensione all’attacco che aveva generato due-tre azioni da rete, sia pure non limpidissime. Progressivamente, però, i rojiblancos erano andati spegnendosi, ingolfando ancora una volta il centro della trequarti avversaria e subendo poi sempre più le percussioni centrali di Llorente.
Nel secondo tempo, i rojiblancos perdevano via via compattezza e gioco, ritrovandosi a rincorrere gli avversari e a buttare in avanti palloni su palloni. Per il gol era solo questione di tempo: al 67’ Miranda, decentrato all’altezza del cerchio del calcio d’angolo di destra, si faceva intercettare un rinvio e dava inizio all’azione che portava al primo gol di Llorente. Gol fortunoso, perché la palla carambolava su Luis Filipe e spiazzava Courtois, tuttavia va osservato che il centravanti basco poteva agire indisturbato nonostante fosse circondato da quattro colchoneros.
In 7 minuti i biancorossi incassavano altre due reti, ancora su errori di Miranda, e la partita finiva lì, con la squadra che si squagliava in un attimo. Si rivedeva Koke, finora ingiustamente trascurato e comunque “omaggiato” di ben 10 minuti di partita a risultato compromesso, usciva Arda, l’unico a combinare qualcosa, un paio di azioni lancia in resta portavano a impegnare Iraizoz. Calava il sipario e l’Atleti si ritrovava ancora più giù, superato dall’ennesimo avversario diretto e ormai a tre punti dalla zona retrocessione.



Note positive
Arda: è l’unico che tenta di imbastire un gioco e di dettare i tempi della manovra. Si muove a pendolo tra fascia destra e sinistra; purtroppo non è uno stoccatore e in avanti non ha vero peso.

Note negative
Miranda: regala un assist favoloso ai baschi per l’1-0, si fa anticipare di testa da Llorente sul 2-0, e di nuovo di testa da Toquero sul 3-0 (da punizione battuta sulla trequarti).
Reyes: non fa ASSOLUTAMENTE NIENTE per tutta la partita. In più, sostituito dopo 10 minuti dall’inizio della ripresa, insulta Manzano.
Sostituzioni: mai una volta che le sostituzioni vengano fatte quando serve, avvengono sempre in ritardo, spesso a partita compromessa. L’impressione che danno, tra l’altro, è quella di manovre non studiate, ma fatte solo per far credere che si stia facendo qualcosa.


Athletic Club: Iraizoz: Iraola, Ekiza, Amorebieta (San José, min.18), Aurtenetxe; Javi Martínez (Herrera, min.49); Susaeta, Iturraspe, De Marcos, Muniain (Toquero, min.64); y Llorente.

Atlético de Madrid: Courtois 5; Silvio 5,5, Miranda 4, Godín 5, Filipe Luis 6; Assunçao 5, Gabi 4; Reyes 4 (Salvio, min.58 5), Diego 5 (Koke, min.80 sv), Arda Turan 6 (Pizzi, min.73 sv); y Falcao 5.

Goles: 1-0, min.67: Llorente. 2-0, min.71: Llorente. 3-0, min.74: Toquero.
Árbitro: Fernando Teixeira Vitienes (Comité Cántabro). Mostró tarjeta amarilla a los locales Javi Martínez, Aurtenetxe, y a los visitantes Miranda, Salvio, Assunçao.
Incidencias: Unos 28.000 espectadores en San Mamés. Noche agradable, pero lluvia en toda la segunda parte, y terreno de juego en buenas condiciones. Décima jornada de Liga.

lunedì 24 ottobre 2011

Atletico – Maiorca 1-1: l’isteria al potere

Isteria ovunque, ieri al Calderon: in campo, nella testa dell’arbitro, sulle gradinate. Ad incendiare un’atmosfera già elettrica ha contribuito anche la sconsiderata gestione della partita dell’arbitro Borbalàn, che al primo minuto vedeva un gesto volontario nel contatto del pallone col braccio di Silvio, braccio attaccatissimo al corpo come il manuale del buon difensore prevede. Niente da fare, soprattutto quando si combatte con una evidente miopia: rigore per gli ospiti che andavano immediatamente in vantaggio. Nel primo quarto d’ora l’Atletico, evidentemente sotto shock, non riusciva ad imbastire una sia pur minima azione, mentre il pubblico rumoreggiava contro arbitro e maiorchini. Progressivamente i rojiblancos andavano organizzandosi e mantenevano il controllo del gioco (a fine primo tempo il possesso palla dei padroni di casa raggiungeva il 64%), ma era un controllo sterile, poiché per l’ennesima volta il pallone si perdeva una volta arrivato sulla trequarti avversaria. Solo un rigore non proprio limpido consentiva a Falcao di pareggiare, ma la tensione rimaneva altissima, con l’intero Calderon a puntare gli occhi sui colchoneros e su Manzano.
Non vorrei qui riprendere il solito discorso sul penoso gioco dell’Atletico, già sviluppato nelle sue linee essenziali (mancanza di velocità, mediocrità dei titolari in molte zone del campo etc etc) in altri post. Vorrei fare alcune considerazioni più generali e insieme alcuni appunti specifici sulla partita di ieri, tutti argomenti che chiamano in causa Manzano, fischiato ingenerosamente da parte della gradinata ma comunque responsabile di questa mediocrità, sia pure in buona compagnia.
In primo luogo, non riesco a capire quanti gioiscono per le percentuali di possesso palla dei colchoneros. Ci sono molti modi di tenere palla: c’è quello del Barça, finalizzato alle accelerazioni, e quello dell’Atletico, che avanza ruminando e che comunque sembra finalizzato ad addormentare la partita sullo 0-0, più che a vincerla.
Poi non capisco dove stia, in campo, il gioco che Manzano predica sui giornali. Ricordo un’intervista in cui un paio di giocatori parlavano del suo insistere sulla necessità di occupare tutto il campo, di aprire il gioco sulle fasce. Perché poi la posizione di Diego e di Arda, di Reyes e di Pizzi, nonché tutti i passaggi filtranti, mostrano chiaramente che si persegue lo sfondamento per linee centrali?
Perché dopo più di dieci partite ancora non si intravede un gioco più efficace del “spariamo la palla in avanti e vediamo cosa fa Falcao”? Per un gioco così, bastava Quique…
Manzano non sa che non è il numero dei giocatori d’attacco a creare pericolosità, ma il loro movimento? Perché ieri quasi tutto il secondo tempo ha visto un Atletico schierato con un assurdo 4-2-4 (poi parzialmente corretto chiedendo più sacrifici ad Arda) in cui il centrocampo era affidato a Suarez e Diego, ovvero al primo soltanto, e in avanti Arda (poi Pizzi), Falcao, Salvio e Reyes, come giocatori di calcio-balilla, si muovevano in linea senza dare fastidio alcuno al Maiorca. In compenso, abbandonati a se stessi, Miranda, Godin e Suarez sudavano sette camicie per contenere i contropiede degli avversari. Contagiato dall’isteria dominante e dal bisogno di vincere l’ormai montante scetticismo, Manzano ha cercato di forzare la situazione nel modo più ovvio e inefficace possibile, rischiando la sconfitta con un atteggiamento tattico sconsiderato.
Nello specifico della partita di ieri, ecco alcuni ORRORI ripetuti più e più volte:
1.   Triangolazioni finalizzate solo ed esclusivamente a far retrocedere la palla, in modo da permettere agli avversari di difendersi con molto più agio, casomai rischiassero di farsi trovare fuori posizione.
2.    Rarissimi cambi di fronte.
3.  Passaggi imprecisi, sempre troppo corti o troppo lunghi, lentissimi tranne quanto la velocità potrebbe mettere in difficoltà i compagni (allora la palla viene letteralmente scagliata contro chi dovrebbe riceverla). E sempre in controtempo rispetto al movimento del compagno, che così deve arretrare o modificare la propria traiettoria e rallenta inevitabilmente l’azione.
4.    Tutti i passaggi convergono verso il centro, sempre e comunque. Più volte Filipe e Silvio si sono involati sulla fascia solo per rallentare e appoggiare verso il compagno marcato al centro del campo.
5.   Nessun tipo di aiuto al compagno pressato. Si passeggia nelle vicinanze osservando cosa accade, ma non si sente mai il bisogno di proporsi per un alleggerimento e magari anche una triangolazione.


Note positive
Falcao: corre, lotta, retrocede fino a centrocampo per raccogliere palloni da smistare a compagni che puntualmente li sprecano. All’ 85’, preso da disperazione, riceve a centrocampo e cerca di andar via e fare tutto da solo: quasi quasi ce la fa. Certo, non segna, ma vorrei vedere chi riuscirebbe a trasformare lo schifo prodotto dai suoi compagni in oro!
Miranda - Godin: abbandonati a se stessi, gestiscono piuttosto bene la situazione. Alcune sbavature, ma nel complesso contengono il Maiorca e rilanciano l’azione, soprattutto Miranda che sta crescendo progressivamente, dimostrandosi non velocissimo sul breve ma dotato di ottimo senso della posizione.
Note negative
Adrian: ha l’occasione di convincere Manzano a impiegarlo costantemente a fianco di Falcao e la fallisce miseramente, dimostrando che due punte non aumentano il peso in avanti di questa squadra. Nel secondo tempo spreca un pallone che implorava solo di essere infilato in rete con un tiro potente ma impreciso.
Diego: qualcuno può gentilmente spiegargli che i corner sono fatti per mettere in difficoltà gli avversari e non i compagni che stazionano sulla trequarti e che ricevono i suoi passaggi strampalati e che dovrebbero, nella sua testa, dar vita ad astruse combinazioni d’attacco?

Atlético de Madrid: Courtois 6; Silvio 6,5, Miranda 6,5, Godín 6, Filipe Luis 5,5; Tiago 5 (Reyes, m. 54 5,5), Mario Suárez 6, Diego 5,5, Arda Turan 6 (Pizzi,m. 80 sv); Falcao 6 y Adrián 5 (Salvio, m. 54 5).
Mallorca: Aouate; Pau Cendros, Ramis, Chico Flores (Joao Vitor, m. 72), Bigas; Pina, Tissone; Nsue, Tejera (Alfaro, m. 46), Chori Castro; y Tomer Hemed (Aki, m. 60).

Goles: 0-1, m. 2: Tomer Hemed, de penalti. 1-1, m. 43: Falcao, de penalti.

Árbitro: Fernández Borbalán (C. Andaluz). Amonestó a los locales Arda Turan (m. 56) y Mario (m. 61) y a los visitantes Ramis (m. 43), Chico Flores (m. 48), Bigas (m. 54), Tissone (m. 69) y Chori Castro (m. 84).
Incidencias: partido correspondiente a la novena jornada de Liga en Primera División, disputado en el estadio Vicente Calderón ante unos 40.000 espectadores.

sabato 22 ottobre 2011

Udinese – Atletico 2-0: tanto tuonò che piovve...

Opposto ad una Udinese in “versione B”, l’Atletico ottiene la prima sconfitta di questa Europa League. E’ tipico del calcio che sia stato sconfitto là dove meritava, tutto sommato, un pareggio e abbia invece pareggiato a Rennes, dove una sconfitta sarebbe stata più che meritata. In ogni caso, il risultato non cambia: i colchoneros si complicano la strada verso il superamento del turno, lasciando di fatto ai bianconeri il primo posto nel girone e mettendosi nella condizione di battagliare con Celtic e Rennes per il secondo.
All’inizio i biancorossi erano anche partiti bene, con un gioco manovrato che cercava di coinvolgere tutti gli undici in campo, secondo il dettato di Manzano. Discreta prova offrivano Assunçao (capace anche di uscire dal suo classico schema “passaggio in orizzontale di 2 metri”), Miranda e Godin, abili sia nelle chiusure difensive che nei rilanci (soprattutto il brasiliano, che ha l’impostazione nelle sue corde, pur senza essere un fuoriclasse). Purtroppo davanti funzionava poco il tridente a sostegno di Falcao (da sinistra a destra Pizzi – Diego – Juanfran), capace di generare un movimento palla più fine a se stesso che teso all’effettiva penetrazione nell’area avversaria. Aggiungiamoci un Gabi spaesato, una coppia di terzini incapaci di spingere e un Falcao non particolarmente lucido e si avrà il quadro di una squadra che ruminava il suo calcio scolastico senza accelerazioni che potessero mettere in difficoltà l’avversario. Il problema principale, da molte partite a questa parte, è infatti la lentezza e del gioco e dei movimenti senza palla: non si vedono accelerazioni e nessun giocatore si mette mai nella condizione di essere servito in movimento, in modo che possa saltare l’avversario. La squadra è statica e bloccata, tutti attendono da fermi il passaggio e chi dovrebbe garantire velocità e intuizioni è in parte fuori forma e in parte ostacolato dalla lentissima circolazione della palla fino alla trequarti avversaria. In più Diego è in calo, Juanfran ieri non ne azzeccava una e il solo Pizzi era impegnato a creare movimento. Falcao non è brillante ma non può essere accusato per la sterilità dei rojiblancos: ieri (come altre volte) non ha ricevuto neppure una palla “pulita” e non può fare miracoli ogni volta. Inoltre chi lo accusa di non partecipare alla manovra dimentica il suo frequente “rinculare” per cercare triangolazioni vanificate dalla lentezza dei compagni e il fatto che se questa squadra vuole vincere deve uscire dalla “sindrome-Aguero” (buttare la palla in avanti e poi ci penserà l’attaccante a sviluppare l’azione, rifinirla e finalizzarla. Do you remember Aguero-Forlan?) per sviluppare un gioco armonico e completo.
Nel secondo tempo l’Atletico si è andato via via spegnendo, evidenziando i soliti problemi di tenuta fisica. Così è bastata una Udinese meglio messa in campo (grazie all’ingresso di Basta e Fabbrini, mica Maradona…) per mettere in affanno i colchoneros fino all’inevitabile uno-due di Benatia e Floro Flores. Cose se capitano se non segni mai e non ti rendi mai pericoloso: non può finire sempre 0-0. Il primo gol arriva per di più in un momento di black-out di Manzano, che lascia passare otto minuti tra l’uscita di Gabi e l’ingresso di Koke, col risultato di avere in campo una squadra tagliata in due e con il solo Assunçao (“assistito” da Diego) a centrocampo: salta il filtro e arriva il gol del 1-0 dei bianconeri. A quel punto, tutti capiscono che la partita è finita: i rojiblancos si trascinano stancamente e incassano anche un 2-0 tutto sommato esagerato per quanto si è visto in campo.

Note positive
Pizzi: punge poco, pochissimo, ma si danna l’anima per compiere i movimenti chiesti da Manzano. Fosse meglio assistito, forse la partita andrebbe diversamente.
Classifica: sul finire della partita il Celtic centra il pareggio e permette all’Atletico di mantenere il secondo posto in solitudine. Il primo è ormai andato, salvo miracoli improbabili, ma il secondo è ancora tutto da conquistare, considerato che dovrà andare a Glasgow e che il Rennes è fisicamente più avanti dei rojiblancos.

Note negative
Società: molti hanno già la lingua di fuori a ottobre, visto che, tra Coppa America e acquisti all’ultimo giorno di mercato, si sono aggregati al gruppo solo a stagione iniziata. La condizione atletica è quindi varia e indubbiamente carente. La società, che ha acquistato quasi tutti all’ultimo minuto e che ha tenuto in sospeso a lungo la sorte di alcuni partenti eccellenti, non ne sa nulla? E poi, basta con la balla dei “due giocatori per ogni ruolo”! La rosa è molto più corta del previsto, se ci tocca mettere Perea sulla fascia destra o chiedere a Juanfran di sacrificarcisi. Come abbiamo già scritto nei post di mercato, è mancata la programmazione. Ora sono difficoltà in più per Manzano, difficoltà che non scompaiono per la compiacenza omertosa dei giornalisti amici del Gilifato.
Perea: siamo alle solite. Non spinge, difende male e poi regala l’ennesimo infortunio tecnico giusto in tempo per far segnare Benatia. 



Udinese: Handanovic; Benatia, Danilo, Domizzi; Pereyra (Basta, m. 46), Doubai (Asamoah, m. 84), Pinzi, Badu, Armero; Adbi (Fabbrini, m. 46); y Floro Flores.

Atlético de Madrid: Courtois 5,5; Perea 4,5, Miranda 6, Godín 5,5, Filipe Luis 5; Diego 5, Assuncao 6,5, Gabi 5,5 (Adrián, m. 77 sv); Juanfran 4,5 (Reyes, m. 59 4,5), Falcao 5 y Pizzi 6 (Koke, m. 85 sv).

Goles: 1-0, m. 89: Benatia aprovecha un rechace y marca tras tocar en Perea. 2-0, m. 93: Floro Flores cruza el balón desde el borde del área.
Árbitro: Alon Yefet (Israel). Amonestó a los locales Badu (m. 58) y Danilo (m. 63) y a los visitantes Gabi (m. 73) y Assuncao (m. 84).
Incidencias: partido correspondiente a la tercera jornada del grupo I de la Liga Europa disputado en el estadio Friuli de Udine ante unos 20.000 espectadores.

lunedì 3 ottobre 2011

Atletico - Siviglia 0-0: il trionfo del “vorrei ma non posso”

Un Atletico in “versione di gala” non riesce ad avere ragione di un altro rivale diretto, un Siviglia ben messo in campo e venuto al Calderon per strappare almeno un punto e magari qualcosa in più. Manzano schiera quella che all’apparenza sembrerebbe la formazione titolare e ottiene ancora una volta un risultato modesto, anche se, soprattutto nel primo tempo, si sono viste buone cose da parte dei rojiblancos.
Ormai consolidato il tentativo di giocare la palla, continuano a mancare velocità, movimento e precisione; così alla fine il risultato di tutte le componenti punta ancora verso la mediocrità.
Il primo tempo è di marca atletica, col Siviglia impegnato a difendersi e a picchiare scientificamente i portatori di palla avversari, soprattutto in fase di ripartenza. D’altra parte la superiorità rojiblanca non approda a nulla: i numerosi passaggi in avanti per innescare l’attacco sono sempre troppo lunghi e rasoterra, il che permette ai sivigliani di spezzare le trame madrilene senza particolare fatica. Inoltre un Diego piuttosto ispirato e i suoi compagni insistono ad attaccare per vie centrali, ignorando Silvio e (soprattutto) Filipe Luis. Nell’ingorgo creato davanti all’area degli ospiti le palle si bloccano e vengono rimandate al mittente, cioè alla difesa dell’Atleti, che riparte laboriosamente e senza velocità.
In generale, sono moltissime le palle perse o sprecate a causa di passaggi imprecisi: paura della responsabilità e nervosismo, uniti alla evidente scarsezza tecnica di alcuni, fanno sì che far ripartire velocemente l’azione si traduca in un forsennato e casuale lancio in avanti di palloni. Difficile chiedere di fare gioco ad alcuni dei supposti titolari, perché mancano sia della statura tecnica che della forza mentale necessarie.
Ad appoggiare il quartetto avanzato rimangono solo Silvio e Filipe, molto spesso poco cercati dai compagni (soprattutto Filipe, che evidentemente non riscuote grande fiducia). Quartetto schierato secondo un 4-2-3-1 variabile, con un Diego incaricato di cucire tra il doble pivote e l’attacco, un Reyes molto spesso più vicino a Falcao che libero di muoversi sulla fascia destra e un Arda che copre la trequarti sul centro-sinistra. Siccome i movimenti sono spesso confusi e, come ho già detto, convergono tutti al centro, Falcao è preda del muro sivigliano.
Nel secondo tempo l’Atletico cala paurosamente (segnali evidenti si erano già colti dal 30° minuto circa) ed esce fuori il Siviglia, che rischia seriamente di vincere la partita: evidente la frattura tra Suarez da una parte e Tiago e tutti gli avanti dall’altra. Evidente per tutti tranne che per Manzano, che impiega 22 minuti per chiamare fuori l’immobile Tiago e far entrare Gabi. Dopo neanche 10 secondi, un’iniziativa di quest’ultimo (ma guarda un po’…) dà il via a un’azione che quasi si trasforma in gol. Purtroppo l’uomo d’ordine arriva proprio quando alcuni cominciano a non reggere più: per un Arda finalmente in partita c’è un Reyes in caduta libera, sostituito dal volenteroso Salvio.
La partita è ormai uno scontro confuso tra squadre allungate e prive di logica: potrebbe accadere qualunque cosa, ma la bravura dei portieri e gli errori degli avanti garantisce uno 0-0 che non serve a nessuno, men che meno all’Atletico, incapace (ormai è evidente) di opporsi con efficacia a squadre di buon livello.

Note negative

Modulo: finalmente il 4-2-3-1, ho pensato vedendo la formazione. Invece no: siamo di fronte a qualcosa di sconosciuto a giocatori e pubblico, ma soprattutto a qualcosa di evidentemente non-funzionale. Davanti è un magma indistinto che diversi giocatori faticano a comprendere, col risultato di auto-disinnescarsi buttandosi al centro. Falcao rimane così isolato pur a pochi passi da compagni incapaci di passargli la palla. La presenza di Gabi (l’unico uomo d’ordine della squadra) è imprescindibile col doble pivote, così come quella di un qualunque giocatore che sia meglio tecnicamente di Suarez (Koke? Metà del pubblico del Calderon? Tutti ma non il Tiago immobile di ieri). I terzini non vengono mai serviti in movimento ma sono sempre costretti a ricevere e partire ad avversario schierato e comunque sono cercati molto poco. Se non allarghi il gioco e non apri il campo con tagli obliqui e passaggi filtranti verso le fasce, non vai lontano e perdi il vantaggio dell’abilità aerea di Falcao.
Manzano: visti i movimenti di Reyes e la rinuncia sistematica a Juanfran, è lui a pretendere la “tonnara” centrale di cui sopra. Dice di ispirarsi al Barça, ma io non vedo né correre il pallone né gioco (anche) sulle fasce: forse la sovrapposizione ali – terzini non serve per creare superiorità numerica in avanti e sbilanciare gli avversari? Non vede la solitudine di Falcao? E’ ancora sicuro che Borja Valero non servisse? E infine: possibile che fino a 25-20 minuti dalla fine non effettui mai un cambio, di giocatore o anche solo tattico? Ieri il Siviglia è rientrato dopo la pausa con varie modifiche tattiche e questo, unito al crollo di Tiago, ha prodotto una paralisi di ben 22 minuti nei quali potevamo prenderne 3 senza aver nulla da recriminare.

Note positive

Diego: è l’anima del gioco, ci mette voglia e una discreta corsa, ma insiste su un unico spartito: palla filtrante rasoterra perpendicolare alla porta. Le prime due seminano il panico, poi i sivigliani trovano la contromisura e tutto si sgonfia, anche se lui insiste tutto l’incontro sullo stesso tema. Bene, ma deve fare di più.
Gabi: entra e si vedono finalmente passaggi sensati.
Silvio: torna lui e finalmente a destra si vede la luce. Si muove bene, ma è poco aiutato dai compagni (vedi sopra) e poco preciso nei cross. Buono il suo apporto difensivo a centro area sulle palle inattive.
Courtois: con la sua prontezza, salva il pareggio in diverse situazioni critiche.


Atlético: Courtois 7,5; Silvio 6,5, Godín 6, Domínguez 6, Filipe 5,5; Tiago 5 (Gabi, m. 67 7), Mario 5,5, Arda Turan 6; Diego 6,5; Reyes 5,5 (Salvio, m. 76 sv) y Falcao 5.
Sevilla: Javi Varas; Coke, Spahic, Martín Cáceres, Fernando Navarro; Jesús Navas, Medel, Iván Rakitic (Campaña, m. 78), Perotti; Manu del Moral (Armenteros, m. 83) y Kanouté (Negredo, m. 76).

Árbitro: Undiano Mallenco (C. Navarro). Amonestó a los locales Arda Turan (m. 17), Silvio (m. 31), Mario (m. 70) y Domínguez (m. 89) y a los visitantes Kanouté (m. 8), Coke (m. 26), Medel (m. 35), Manu (m. 42), Spahic (m. 43) y Martín Cáceres (m. 68).
Partido correspondiente a la séptima jornada de Liga en Primera División, disputado en el estadio Vicente Calderón ante unos 50.000 espectadores.