mercoledì 31 ottobre 2012

Finchè la barca va...


Dopo l'Osasuna, il Real Jaen. L'Atletico continua la sua notevole striscia di risultati positivi, dimostrandosi ancora una volta squadra inaffondabile e capace di vincere indipendentemente dalla qualità del gioco espresso.
Si tratta forse della caratteristica da grande squadra più difficile da raggiungere, espressione suprema del cinismo di chi vince perché ha la vittoria nel DNA ed è abituato a farlo da generazioni.


Le due partite, in questo come in altri aspetti, si sono assomigliate molto.
Tutte e due contro avversarie decisamente più deboli, ma entrambe ben messe in campo e capaci di mettere in difficoltà i biancorossi, soprattutto nella prima metà del match. Tutte e due risolte da giocate su palla inattiva. Tutte e due con un Atletico opaco e lento, pieno di seconde linee e incapace di proporre un gioco superiore all'avversario e vincitore solo grazie alla nuova arma appena riscoperta: le giocate a palla ferma. In entrambe le partite il vantaggio (doppio con l'Osasuna) non ha preservato i colchoneros dal ritorno degli avversari, comunque in grado di impensierire Courtois sfruttando gli errori dei più blasonati avversari.


Quali sono stati questi errori, dunque?
Contro l'Osasuna, la linea di trequartisti Rodriguez – EmreRaul Garcia ha reso decisamente poco: Emre ha scarsa mobilità, Raul è un centrale che mal si adatta sulla fascia e che infatti, per tutta la partita, tendeva a stringere al centro, pestando i piedi al turco e non sostenendo adeguatamente il lavoro di Juanfran. Di fatto, funzionava solo la catena di sinistra, con l'accoppiata Filipe – Rodriguez a generare tutte le azioni di pericolo dei biancorossi.


Contro il Real Jaen, la scarsità del gioco è stata forse ancora più evidente. Raul Garcia è un trequartista abile negli inserimenti da dietro, ma non ad organizzare il gioco: sfrutta anzi le abilità del regista alle sue spalle, ma se questi si chiama Gabi, il gioco si inaridisce. Koke è continuamente presentato da Simeone nelle posizioni avanzate e mai come regista, col risultato di generare ancora una volta una linea d'attacco asimmetrica, veloce solo nel Cebolla e priva di capacità organizzativa.


Così, in entrambe le partite, l'attaccante centrale è rimasto solo là davanti, sfiancandosi in un lavoro di attesa e di pressione sulla linea difensiva avversaria che non avrebbe svolto, se solo il baricentro dei biancorossi fosse stato leggermente più avanzato.


Aggiungiamoci il fatto che, ormai da diverse partite, Gabi è impresentabile: lento, falloso (contro il Jaen meritava l'espulsione), impreciso. Koke al suo posto sarebbe un salto di qualità importante per tutta la manovra, ma Simeone ne ignora il ruolo naturale e originario, preferendo usare in quella posizione (ma solo a partita abbondantemente iniziata e già decisa) Emre o Tiago, altri due che ormai sono alla frutta, soprattutto il portoghese.


Infine, aggiungerei il vero difetto di queste partite, nonché di quella contro l'Academica Coimbra di Europa League: la supponenza. L'Atletico giochicchia con l'arroganza di chi crede che prima o poi segnerà e che non subirà gol. Un tratto tipico delle grandi squadre con la pancia piena, cioè dopo anni e anni di trionfi. Qui invece mi sembra che si vada sempre più sul filo del rasoio: si gioca male e sottoritmo perchè si sa che ci sarà sempre un Falcao capace di cambiare il volto della partita, o che un colpo fortunato, sia di Raul Garcia, o Miranda, o Emre , indirizzerà la partita sui binari più congeniali. A correre sono solo i laterali, quando ci sono, e gli attaccanti, mentre gli altri puntano ad addormentare il match in attesa del colpo individuale cinico e spietato.
È un Atletico coriaceo e indomito, ma forse troppo convinto della sua forza come blocco. La scivolata, così, è sempre dietro l'angolo e prima o poi arriverà. Magari contro una squadra di scarsa levatura: aver vinto molte partite all'ultimo minuto non significa che se ne vinceranno altre, che Falcao toglierà sempre le castagne dal fuoco o che, a turno, tutti quelli che eseguono il compitino estrarranno il coniglio dal cappello.
In questo senso, la prossima partita di Liga, al Mestalla, sarà un banco di prova fondamentale per il prosieguo della stagione.

lunedì 22 ottobre 2012

Real Sociedad – Atletico Madrid 0-1: l'epifania del dio del calcio


Si sa, gli esami non finiscono mai. E alle volte conviene passarli in qualche modo, pur di andare avanti. Questo pensavo ieri sera, sul finire della partita di San Sebastian, dopo aver visto l'Atletico faticare contro gli ottimi locali, ben disposti in campo e capaci, fino ad allora, di vincere tre partite su tre in casa. Certo, un pareggio ci avrebbe relegato al secondo posto, a due punti dal Barça, ma avrebbe assunto comunque un sapore di esame di maturità superato, visti i rischi che i colchoneros avevano corso, in particolare nel primo tempo ma non solo, e vista l'assenza del grande faro di questo inizio stagione, il turco Arda Turan.
Pazienza; il sogno Champions sarebbe stato ancora integro, i punti sull'eterno rivale ben sei e la vetta della classifica un sogno durato poco ma ancora a portata di mano.
Mentre la mia mente si perdeva in tali fantasticherie, il Cebolla Rodriguez, tipo concreto, creava il panico quasi ai limiti dell'area di casa e veniva steso senza tanti complimenti.
Punizione. Barriera. Sulla palla qualcuno che non riuscivo a identificare: il penoso Gabi? Il Cebolla stesso? Diego Costa? Tutti chiari indizi che portavano alla medesima conclusione: la cannonata di potenza sparata o sulla barriera o in tribuna. Dov'erano i piedi buoni capaci di creare una morbida parabola? Emre? Ma per carità...
Mi rassegnavo ormai allo 0-0, comunque ben accetto per quanto visto fino ad allora. Però sentivo nell'aria una strana sensazione, come di miracolo, come di incredibile pronto a concretizzarsi. Una parte di me aveva fede.
E così l'ignoto giocatore colpiva la palla, che morbida e docile, volava proprio là dove migliaia di noi sospiravano che andasse, alle spalle del portiere di casa, alla sua destra, nel punto impossibile dove la barriera dovrebbe garantire la sicurezza assoluta.
Solo allora, solo allora o forse anche l'istante dopo, quando il giocatore sconosciuto ha cominciato a correre col suo tipico stile, ho capito di aver assistito all'epifania del Dio del Calcio, l'enorme Falcao, emerso dalle nebbie di una partita da lui mal digerita per sedurci con una prodezza che non gli conoscevamo ma che pure è il suo marchio di fabbrica, il gancio dal vertice dell'area con cui ci ha deliziato innumerevoli volte.
Lo sguardo volto al cielo, le braccia alzate, abbiamo chiesto perdono per la mancanza di fede in questo dio dalla faccia pulita e dall'enorme umiltà che fa cose straordinarie con la maglia biancorossa e le fa apparire così semplici.
E siamo andati a letto sereni, perché abbiamo assistito a uno di quegli eventi che ricorderemo sempre nei momenti bui, giacché bastano, da soli, a illuminare le notti.

Però non possiamo dimenticarci dei grandi pericoli corsi all'Anoeta, dove fin dal primo minuto abbiamo rischiato di perdere contro una Real Societad che nel primo tempo ci è stata superiore proprio nell'interpretazione del nostro stesso spartito (pressing, linee infoltite a trequarti campo, veloce contropiede) e ci ha addirittura chiuso nella nostra area dal trentesimo in poi.
Nel secondo tempo gli stessi uomini, decisamente più in palla e più reattivi, hanno invece tenuto testa ai baschi, muovendosi più velocemente e facendo correre di più il pallone; anche allora, però, pur avendo creato diversi pericoli, abbiamo rischiato la capitolazione quando Vela, involatosi in contropiede e trovatosi davanti a Courtois, solo per la sua dabbenaggine sparava alle stelle un pallone che chiedeva solo di essere messo in rete.
E poi, quando tutti noi tiravamo il classico sospiro di sollievo, la comparsa sulla terra del Dio del Calcio...


Note positive
Falcao: non so più come dirlo: non ho più parole per descriverlo. Anche in una partita come quella di ieri, in cui si è forse evidenziato il suo unico difetto (una certa difficoltà, talvolta, ma solo talvolta, a emergere contro difese che la mettono sul piano fisico), ha trovato il modo di lasciare il segno con un gesto tecnico per lui inusuale ma realizzato con la consueta perfezione.


Note negative
Gabi: pessimo nei passaggi, incapace di conservare la palla e di fare filtro, trascina nel gorgo anche il pur volenteroso Mario Suarez di questi tempi. Risultato, sulla trequarti il trio Xabi Prieto – Griezmann – Vela crea sconquassi e inchioda i colchoneros ai limiti della propria area.





Real Sociedad: Bravo; Estrada, Mikel, Iñigo Martínez, De la Bella; Illarra, Bergara, Xabi Prieto (Chori Castro, min. 66); Griezmann (Ifrán, min. 83), Agirretxe (Pardo, min. 78) y Vela.



Atlético de Madrid: Courtois 7; Juanfran 6,5, Miranda 6, Godin 6,5, Filipe Luis 6,5, Mario Suárez 5,5, Gabi 4, Raúl García 5,5 (Cebolla Rodríguez, min. 61 7); Koke 6 (Emre, min. 80 sv), Adrián 4,5 (Diego Costa, min. 86 sv) y Falcao 10.



Árbitro: Ayza Gámez (Comité valenciano). Amonestó a Bergara, De la Bella, Iñigo Martínez, Estrada, Illarramendi, Filipe Luis y Godin.
Goles: 0-1: min. 90, Falcao.
Incidencias: Partido de la octava jornada de la liga BBVA, disputado en el estadio de Anoeta ante unos 22.000 espectadores. Noche lluviosa y terreno de juego perfecto.