mercoledì 23 ottobre 2013

Austria Vienna – Atletico Madrid 0-3: all'improvviso uno sconosciuto


Se c'è una cosa che la notte di Vienna ha evidenziato, è che in questo momento il modulo 4-2-3-1 è il migliore per l'Atletico. Per quel che mi riguarda, lo è a prescindere, ma a quanto pare Simeone quest'anno ha optato per altro, cioè un 4-4-2 che però ora pare impraticabile, visto che Villa e Adrian, per motivi vari, non sono presentabili. Spazio dunque al pendolo centrocampo-attacco che tanto bene ci aveva portato col Chelsea.
Altra cosa che ieri sera è stata ben messa in chiaro è che, dopo la partita con l'Espanyol, il Cholo è corso ai ripari, mettendo in campo quelli da cui proprio non si può prescindere (Filipe, Miranda, Arda, Koke e Diego Costa, tanto per essere chiari, purché, ovviamente, giochino insieme) e ha messo in panca chi aveva bisogno di chiarirsi le idee e riposarsi (e siamo gentili), ovverosia Mario e Godin.
Infine, ultimo aspetto che la gara di Champions' ha messo sotto gli occhi di tutti, è ormai chiaro che questa squadra ha, in sé, un Mister Hyde che, senza preavviso, si manifesta per larghi tratti di alcune gare, quando non per tutta la partita come accaduto al Cornellà. All'improvviso uno sconosciuto, dunque, che si prende il palcoscenico e imprime la propria impronta indelebile alle partite: allora partite considerate ormai chiuse si riaprono, avversari moribondi riprendono vigore e situazioni ormai archiviate si ripropongono come temi di attualità.
Ieri sera, non c'è dubbio, lo sconosciuto ha colpito ancora. Potrà sorprendervi il fatto che io dedichi così tanto tempo al tema della scarsa continuità della squadra, considerato che i risultati dicono altri e che oggi, sulle gazzette ma anche sui blog degli appassionati, si discute solo della sinfonia atletica a Vienna; tuttavia, considero questo il vero problema dei colchoneros, nonché l'unico limite, unito alla qualità non eccelsa della rosa e al limitato numero di ricambi, a una stagione favolosa. Ieri, dopo mezz'ora favolosa, ci siamo ritrovati a rischiare più del dovuto, a correre meno degli avversari e a farci trovare sempre fuori posizione pur essendo quelli con due reti di vantaggio. Se Diego Costa non si fosse inventato il terzo gol trasformando in oro un passaggio ancora una volta fuori misura di un compagno, chissà come sarebbe finita. E chissà come sarebbe finita se l'Austria non avesse preso la traversa alla fine del primo tempo; forse ora staremmo scrivendo di incompiuta o di inopinata rimonta.


La prima mezz'ora, però, è stata fantastica, un vero spot contro quelli convinti che il nostro calcio sia solo corsa e calcioni (los vikingos, per esempio): sovrapposizioni, interscambi, triangoli, percussioni, geometrie e un pressing asfissiante ma intelligente ci hanno consegnato 30 minuti da lasciare agli annali del calcio continentale, nonché un'impressione di forza e di facilità che ha sicuramente colpito gli appassionati, neutrali e non. Splendide sia l'azione di Filipe, che ha concluso una percussione originata da Koke con il più comodo degli assist per Raul Garcia, sia la cavalcata di Diego Costa, abilissimo a nascondere agli avversari le sue intenzioni fino al momento dello scatto decisivo e del conseguente dribbling. Un 2-0 dopo venti minuti ampiamente meritato e straordinariamente convincente.
Peccato però che, piano piano, i colchoneros si siano rilassati (giusto il tempo di sfiorare il terzo gol con Costa a concludere un triangolo Koke-Filipe) e sia subentrato lo Sconosciuto cattivo, quello che rallenta il ritmo del gioco, abbassa troppo il baricentro e decide che il pressing non è più necessario: la traversa colpita da Hosiner vibra ancora, ma in generale i danubiani correvano molto di più e, se qualcuno avesse acceso il televisore in quel momento, avrebbe avuto la netta sensazione che fossero loro i mattatori dell'incontro e i biancorossi le vittime sacrificali.
Lo stesso copione si presentava nel secondo tempo, con un Atletico che dava costantemente l'impressione di essere sul punto di incassare il gol che avrebbe probabilmente significato il punto di rottura e avrebbe rovesciato le sorti del match.
Poi, improvviso come era arrivato, lo Sconosciuto svaniva: arrivava il terzo gol, con Costa bravissimo ad arpionare un cross sballato di Insua e a inventarsi un gol alla Falcao. Del nostro Mister Hyde non c'era più traccia e, anzi, il famoso spettatore casuale non avrebbe mai neppure potuto sospettarne l'esistenza: c'erano solo maglie biancorosse, abili nel nascondere la palla agli avversari e nel controllarne il desiderio di segnare almeno un gol. La partita tornava a essere una partita, insomma: uno scontro tra una squadra fortissima e una di buon livello che le provava tutte, ma trovava di fronte a sé undici giocatori organizzatissimi e affiatati, invece che un gruppetto di sparuti fantasmi sempre fuori tempo e fuori posto.
Un Atletico saldo e ben messo in campo, privo di attaccanti di ruolo, giocava da padrone e nascondeva la palla agli avversari, o ne fermava le folate sulla trequarti, portando a casa quella che, senza quella mezz'ora di ombre, sarebbe stata la più facile delle vittorie.
E ora non resta che completare l'opera al Calderon, contro gli austriaci, per garantirsi la qualificazione e mettersi in pole per il meritato primo posto.


Note positive
Diego Costa: si carica la squadra sulle spalle e ne diviene, una volta di più, spietato terminale, quando il gioco fila, o condottiero senza paura, quando l'Atletico si avvita su se stesso. In questo momento è imprescindibile, anche se Simeone sta chiaramente valutando altre possibilità per l'emergenza (possibilità che in questo momento non si chiamano né Villa né Adrian).
Filipe: gioca solo 45', ma è semplicemente devastante. Peccato che talvolta si deconcentri in fase difensiva: il ballo dell'ultimo quarto d'ora del primo tempo lo vede, io credo, attore principale, anche se non unico. Quando la contrattura lo toglie dal campo, il ben più morigerato Insua è meno incisivo in avanti, ma più funzionale alla tenuta della squadra.
Tiago: la sua è una partita da vero centromediano, se mi perdonate il paragone un po' azzardato. Difende, imposta, crea la superiorità appena davanti alla difesa o alle spalle di Diego Costa: è lui il pendolo della manovra, ed è un vero peccato che si sia scoperto giocatore di tal fatta solo in tarda età, quando, per ovvi motivi, non ci può più regalare partite in serie di questo livello. Ha una tecnica che Mario Suarez non avrà mai, neppure dedicandosi anima e corpo a questo aspetto, e ho detto tutto.
Miranda: monumentale. Non sbaglia un colpo, si muove sicuro in coppia con Alderweireld e imposta il gioco ogni volta che c'è bisogno. Nel belga, un altro giocatore bravo a impostare dalle retrovie, ha trovato forse il suo alter-ego.

Note negative
Juanfran: spinge, ma spesso si fa trovare fuori posizione in fase difensiva. La traversa di Hosiner è in buona parte sua responsabilità, visto che perde l'attaccante austriaco. Da censura la stupida ammonizione rimediata al 67', chiaro segno di nervosismo.




Austria de Viena Lindner; Dilaver, Rogulj, Ortelechner, Suttner; Stankovic (Kienast, m. 14), Holland, Mader; Royer (Leovac, m. 85), Hosiner, Jun (Spiridinovic, m. 75). No utilizados: Kardum; Ramsebner, Koch y Simkovic.

Atlético de Madrid Courtois 6,5; Juanfran 6, Miranda 7,5, Alderweireld 7, Filipe Luis 7,5 (Insúa, m. 46 6,5); Tiago 8, Gabi 6,5; Arda 6,5, Raúl García 7 (Adrián, m. 81 sv), Koke 7,5; Diego Costa 8,5 (C. Rodríguez, m. 59 6).
No utilizados: D. Gil; Óliver; Mario Suárez y Villa.

Goles:
0-1, 8' Raúl García.
0-2, 20' Diego Costa.
0-3, 53' Diego Costa.

Árbitro: Daniele Orsato (ITA). Amonestó a Kienast, Holland, Suttner, Hosiner, Raúl García, Gabi y Juanfran.

Unos 50.000 espectadores en el Ernst Happel Stadion.


domenica 20 ottobre 2013

Espanyol – Atletico Madrid 1-0: fine del sogno


Eccoci qui, dunque, alla fine del sogno cullato fino ad ora. Quello dell'imbattibilità, della squadra in grado di vincere su tutti i fronti, dei bucanieri capaci di sfangarsela sempre e comunque. Sinistri scricchiolii si erano uditi già a Porto e col Celta, come già avevamo scritto in maniera piuttosto chiara su questo blog. Certo, non perderemo spesso, questo è sicuro, ma è altrettanto sicuro che bastano poche sconfitte per fermarsi a pochi metri dal traguardo; in ottima posizione, va bene, ma comunque piazzati.


Ieri si è capito subito che aria tirasse al Cornellà, è bastato buttare un'occhio alla formazione. Arda fuori, Raul Garcia dentro; Koke unico cervello della squadra (e con Mario e Gabi in mezzo non ce lo possiamo permettere); Miranda infortunato e Villa ancora a calcare l'erba. Si è capito che il “partita a partita” è una formula indovinata che nasconde la penosa debolezza di una rosa nella quale, fuori dall'undici titolare, si fa fatica a trovare dei giocatori all'altezza (e anche fra gli undici non è che brillino chissà quante stelle).
Non sempre l'intensità riesce a coprire tutte le magagne, insomma. Ieri è successo addirittura che d'intensità non ci fosse neppure l'ombra e che quindi la squadra si svelasse per quella che era prima di Simeone: un gruppo di giocatori normali, esclusi 4 o 5, che, senza Arda, non riesce a ruminare alcunché. Ai nostri rivali è bastato correre un po' di più ed avere un minimo (ma proprio un minimo,eh... Tutti ci ricordiamo di Aguirre...) di gioco banale e scontato per avere la partita in pugno.
Un Atletico stanco, poco lucido e lento non è mai riuscito a creare pericoli ai nostri avversari.
Koke non ha acceso la luce, né l'ha fatto Arda quando è entrato nel secondo tempo; Villa ha lasciato solo Diego Costa, al quale non sono riusciti i soliti miracoli con percussioni palla al piede; Mario e Gabi hanno trotterellato senza ritmo; Filipe e Juanfran si sono mossi a casaccio senza guardare mai i compagni (che dal canto loro si sono ben guardati dal seguirli). Aggiungete la prestazione evanescente di Raul Garcia, un'ala che non salta l'uomo, non corre veloce, non fornisce assist ai compagni, non inventa gioco e si limita invece a presidiare la sua area (d'altra parte, non è né un'ala né un trequartista di fantasia); gli errori di Alderweireld (che sul gol perde clamorosamente il suo uomo) e di Courtois (che, con la sparata sull'essere tra i migliori cinque portieri del mondo s'è chiaramente attirato l'ira divina); la mediocre prestazione di Godin, uno che senza Miranda a fargli da faro fatica a navigare nelle acque dell'acume tattico.  

Ecco, il quadro è completo. Non facciamone un dramma, per carità: siamo pur sempre secondi, anche se con rammarico. Però questa volta abbiamo giocato col fuoco e ci siamo bruciati: aspettare l'errore dell'avversario è un'ottima strategia se si corre; altrimenti significa consegnarsi senza combattere. Ieri solo l'insipienza dell'Espanyol ci ha tenuto a galla così a lungo.
Partita dopo partita, vinciamo a Vienna e vediamo come va.


Note positive
Nessuna

Note negative
Simeone: festeggia le 100 partite sulla panchina biancorossa con una sconfitta. E, francamente, è colpa sua. La squadra è scesa in campo poco motivata, senza concentrazione e senza grinta, convinta di vincere anche questa volta in un qualche modo. Per di più, è sembrata completamente priva di idee, e qui viene la colpa: si può decidere di far riposare Arda, ma pensare che il solo Koke, decentrato, possa gestire la squadra è un errore di valutazione notevole. Il nostro grande canterano è e sarà un grande, ma non gli si può chiedere di gestire un centrocampo così povero come quello di ieri.
Dulcis in fundo, nel tentativo di recuperare il Cholo si comporta come un Mourinho qualunque: in campo tutti i giocatori d'attacco presenti in panchina, centrocampo azzerato e così sia. Siamo abituati a ben altro, di solito.


Espanyol: Casilla; Sidnei, Moreno, Fuentes, J Lopez; Simao, Abraham, Lanzarote, D Lopez; Garcia, Pizzi
Atletico: Courtois 5; Juanfran 5,5, Godin 5,5, Alderweireld 5, Luis 6; Gabi 5 (62' Adrian 4), Suarez 5 (77' Cristian Rodriguez 5), Raul Garcia 5 (58' Arda Turan 5,5), Koke 6; Villa 4,5, Costa 5,5

1-0, 54': Courtois (p.p.)
Arbitro: Fernández Borbalán
Koke (39', Amarilla), Javi López (41', Amarilla), David López (60', Amarilla), Cristian Rodríguez (83', Amarilla), Sergio García (84', Amarilla), Abraham (84', Amarilla), Courtois (93', Amarilla)


domenica 6 ottobre 2013

Atletico Madrid – Celta 2-1: scherzare col fuoco


A guardare le statistiche alla fine del primo tempo, chiunque avrebbe pensato che ormai era fatta: c'erano un solo gol di vantaggio e un rigore sbagliato, d'accordo, ma anche un totale di 10 corner a zero, 18 tiri in porta a zero, 29 cross a 2 per i colchoneros.
Chiunque sarebbe andato a farsi un panino sereno, solo leggermente irritato per le numerose occasioni gettate al vento, ma anche consapevole che gli avversari non erano per niente irresistibili.
Però qualunque tifoso di calcio attento, in una situazione come questa, non riesce a non pensare a quel famoso mantra “Gol sbagliato – gol subito” che, sia pure trito e ritrito, fotografa comunque una verità del calcio: le partite durano novanta minuti e, soprattutto, sono imponderabili, vale a dire che possono cambiare in un refolo di vento, senza apparenti ragioni.
Il tifoso dell'Atletico, poi, è ancor più sospettoso di natura, consapevole com'è di un tempo non lontano nel quale i suoi giocatori erano capaci di gettare al vento tutto quanto erano riusciti a creare (sprecare...) nel momento di maggior dominio della partita.
In effetti tutto è andato secondo i nostri peggiori timori: dopo aver largheggiato per 70 minuti, sprecando l'inenarrabile, vuoi perché se Diego Costa capitalizzasse il 100% delle occasioni che si crea avrebbe già segnato 50 reti in campionato, vuoi perché Villa è stato ancora una volta inguardabile, vuoi perché la squadra ha giocato come sempre, ma zavorrata forse da un misto di stanchezza e supponenza che possiamo scusare ma che rischia prima poi di costarci caro, l'Atletico ha concluso asserragliato nella sua area, sotto assedio, difendendo con le unghie e coi denti il vantaggio di un misero gol.

Rappresentazione grafica della partita dei Colchoneros nel primo tempo (in alto) e nei primi 70 minuti (in basso): si nota  la totale occupazione del campo in chiave offensiva, con particolare presenza sulle fasce

 La chiave del cambiamento degli ospiti? L'ingresso di Nolito, che dopo pochissimi minuti segnava capitalizzando il primo tiro in porta del Celta e poi folleggiava in mezzo alla difesa biancorossa come se si trattasse della reincarnazione di Maradona o del gemello di Messi. E poi, ovviamente, altra chiave, l'improvviso rilassamento dei colchoneros, che, dopo aver giocato l'intera partita come se si trattasse di un allenamento, da quel momento, consapevoli che l'avversario moribondo da loro tenuto in vita non era affatto morto e sepolto, si facevano prendere dal panico, con il corollario di brutture già visto e analizzato: passaggi fuori misura, distanze tra i reparti saltati, marcature e meccanismi non rispettati, palloni spediti in tribuna.


Gli ultimi venti minuti di partita: si nota l'arretramento dell'Atletico fino ai margini della propria area e oltre, in una vera e propria situazione di assedio.
 

Uno spettacolo indecoroso, che una volta di più dovrebbe far riflettere sulla necessità di non giocare col fuoco e che certo mette in luce come la filosofia del “partita dopo partita” sia, appunto, più retorica che sostanza. Uno spettacolo, però, che io stigmatizzo ma comprendo, perché mi rendo conto che gestire un campionato di vertice e una Champions' da protagonisti non sia affatto semplice e implichi micidiali cali di concentrazione per chi non ha l'abitudine ai piani alti (guardare il disastro della Real Sociedad per conferme). Però mi limito a osservare che le partite a rischio sono proprio quelle che sulla carta dovrebbero risultare più agevoli e che il Cholo questo non può non saperlo: ci vuole insomma, da parte sua, una dose supplementare di attenzione proprio per gli appuntamenti minori, quelli che, da soli, non forniscono grandi motivazioni ai giocatori.
Per il resto, nell'attesa di un segnale da parte di Simeone, che, ripeto, non può non aver collegato le ultime prestazioni discutibili in Liga, mi metto in tasca i tre punti e guardo verso il basso con soddisfazione.


Note positive
Diego Costa: altre due reti da centravanti vero, altri spunti continui in avanti e tanti sacrifici in difesa. Sbaglia un rigore, ma a questo punto è un'inezia.


Note negative
Villa: ci mette l'anima, diversamente da Porto, ma il risultato è, semmai, più irritante. Là era scomparso dai radar, qui è ben in evidenza quando sbaglia due gol già fatti solo davanti al portiere. Che dire? Aspettiamo con fiducia e pazienza, ma anche con la fastidiosa impressione che possa essere stato un acquisto sbagliato.


Atlético de Madrid Courtois 7; Juanfran 6, Miranda 5, Godín 5, Filipe Luis 7; Mario 5,5, Gabi 6 (Guilavogui, m. 89 sv), Koke 6,5, Arda 6 (C Rodríguez, m.73 sv); Diego Costa 7,5, Villa 4 (Oliver, m.58 6).

Celta Yoel; Hugo Mallo, David Costas, Fontás, Toni; Oubiña, Alex López (Santi Mina, min.58), Rafinha, Augusto Fernández (Nolito, min.58); Krohn-Dehli y Charles (Madinda, min.69).

Goles:
1-0, 42' Diego Costa.
2-0, 62' Diego Costa.
2-1, 72' Nolito.

Árbitro: Undiano Mallenco (C.Navarro). Amonestó a Godín (m.81), por parte del Atlético de Madrid, y a Charles (m. 65), Hugo Mallo (m. 74), Oubiña (m. 81), por parte del Celta de Vigo.


mercoledì 2 ottobre 2013

Porto – Atletico Madrid 1-2: inaffondabili


Ormai è ufficiale: siamo inaffondabili. O, meglio ancora, siamo come quei bicchieri da bambini col fondo rinforzato e piombato: per quanti colpi tu possa dare, per quanta forza tu possa utilizzare, tornano sempre in piedi, magari traballanti e pesti, ma sempre in verticale, ben saldi sulla loro base.
Ieri sera, su un campo difficilissimo e per noi tradizionalmente ostico, abbiamo sofferto una mezz'ora d'inferno: il Porto, la squadra che per carattere e intensità ci è forse più simile in Europa, correva più di noi e pressava più di noi. Il nostro centrocampo, privato di Koke misteriosamente lasciato in panchina, vacillava tremendamente, mostrando tutte le sue lacune: Tiago non riesce a gestire due partite di grande intensità in tre giorni, Gabi non è un regista e da solo non garantisce neppure un livello di protezione adeguato alla difesa, Arda ogni tanto “incappa” nella partita-di-riposo e Raul Garcia, disperso sulla fascia, non riusciva a mettere in luce le sue qualità di non-regista, non-ala, non-trequartista.
Morale della favola: non si riusciva a tenere il pallone più di tre-quattro secondi, non si poteva imbastire una manovra che fosse una, non si era in grado di proteggere i compagni del pacchetto arretrato. Così, con Villa totalmente scomparso nella prateria davanti all'area dei portoghesi e Baptistao impegnato in inutili corse a vuote, anche la difesa faceva acqua e si distingueva solo per la velocità con la quale i palloni recuperati venivano rilanciati a caso in avanti, operazione che provocava la pronta apparizione degli avversari di nuovo nelle vicinanze della porta biancorossa.

Il gol dei portoghesi era inevitabile ed arrivava su calcio da fermo al sedicesimo: spiovente dalla trequarti e Jackson Martinez abile a colpire di testa dopo essersi bevuto un Godin completamente rintronato.
Dopo il gol, il copione non cambiava minimamente, salvo un leggero appagamento del Porto che permetteva ai colchoneros di respirare e cominciare a riorganizzare le idee. Si rischiava anche la seconda rete su tiro di Varela, ma nel frattempo l'Atletico aveva cominciato a minacciare i lusitani prima con Arda, poi con un colpo di testa di Raul Garcia sulla traversa. Il pareggio sarebbe stato troppo, ma cominciava a farsi strada la sensazione che i colchoneros non si sarebbero dati per vinti e iniziavano a riprendere in mano il filo della gara.

Il Cholo, nell'intervallo, prendeva la decisione più coraggiosa, lasciando negli spogliatoi Villa e inserendo al suo posto Rodriguez, per un 4-5-1 con l'uruguaiano sulla destra, Leo Baptistao davanti e Raul Garcia tra le linee, per dar manforte al centrocampo e nel contempo sfruttare il tiro da lontano e la capacità di inserimento.
La partita comunque permaneva intensa ma brutta, priva di vere occasioni da rete. Il Porto continuava nel suo piano, l'Atletico puntava agli inserimenti veloci dalla trequarti, anche considerando che i due centrali portoghesi non avevano più punti di riferimento. Le due reti non potevano quindi che venire da calci di punizione guadagnati sui trenta metri avversari. In entrambi i casi, a battere era Gabi, che prima imbeccava con una splendida parabola Godin, poi, con un autentico colpo di genio machiavellico (e già visto con l'Almeria...), innescava Arda con un rasoterra a metà strada tra la barriera e la porta. La posizione del turco era dubbia, ma Webb non segnalava nulla di irregolare.
Era l'apoteosi, cui l'Atletico arrivava senza punte di ruolo in campo (Koke aveva rilevato Leo; Raul Garcia, comunque non una punta, era stato sostituito perchè infortunato da Oliver Torres).
Il sangue freddo, la coesione, il sostegno reciproco permettevano ai colchoneros di ottenere un grande aiuto dalla Fortuna, comunque non immeritato, anche perché il Porto, nel suo fervore, alla fine aveva prodotto due azioni veramente pericolose in tutta la partita.


Tuttavia, è bene guardare in faccia la realtà, anche e soprattutto in un momento di euforia come questo. E la realtà è, io credo, che non siamo attrezzati. Inutile nascondercelo, non lo siamo. Se mai a Diego Costa dovesse capitare qualcosa, potremmo veramente affrontare un discreto pezzo di stagione con Villa, Adrian e Baptistao come uniche punte? O con Raul Garcia sulla trequarti? L'anno scorso nella Liga siamo stati competitivi finchè è durato lo stato di forma di Falcao. Quest'anno non vedo come potrebbe essere diversamente, mutatis mutandis.
Certo, mancano ancora all'appello Alderweireld e Guilavogui, però il loro momento di adattamento piuttosto lungo dimostra che non è affatto facile entrare nel meccanismo di questo Atletico.
Tutti coloro che, per denigrarci, scrivono e dicono che giochiamo un calcio semplice o, peggio, che giochiamo “a nada”, non sanno neppure di cosa parlano: l'apparente semplicità spesso non implica effettiva linearità (o, nel caso della nostra accusa, banalità).
Certo non nel caso di questo Atletico, che sempre con il Cholo si caratterizza per risultare di un valore molto superiore alla semplice somma dei singoli. Entrare nel meccanismo, perciò, non è facile: per questo Villa è in piena crisi di rigetto, per questo Leo pare correre a vuoto; per tacere di chi non ce l'ha fatta e gioca altrove. Riusciranno, insomma, le riserve a non far rimpiangere i titolari? E ancora, alziamo ulteriormente il tiro, riuscirebbero le riserve a giocare intere parti di stagione al posto dei titolari?
Ieri, senza Koke e Diego Costa, eravamo perduti. Ci siamo rialzati, ci rialzeremo sempre, però rialzarsi non significa automaticamente vincere.
Però, attenzione, non sto dicendo che non vinceremo niente. Potremmo vincere un trofeo, sì, ma per farlo dovremo, a primavera, rinunciare al resto, esattamente come l'anno scorso abbiamo fatto con l'Europa League per la Coppa del Re.
Vincere la Liga? Possibile, certo, se saremo sempre al massimo e se gli altri non lo saranno; ma, da una decina d'anni a questa parte, è quasi impossibile che sia il Barça che il Real falliscano contemporaneamente una stagione. Per farlo, dovremo mollare tutto il resto e pregare perché lo stato di forma di tutti sia eccelso e nessuno si faccia male.
Vincere la Champions'? Possibile (credo che si possa fare come il Borussia lo scorso anno, in realtà, non di più, ma chissà...), ma vale il discorso di prima.
Rivincere la Coppa del Re? Certo, se le riserve inevitabilmente schierate ci permetteranno di arrivare in finale.
Abbiamo ancora anni di crescita davanti, anche se al momento siamo tra le dieci migliori formazioni europee. Per vincere qualcosa di veramente grosso già ora, ci vogliono congiunzioni astrali così favorevoli da essere, a mio parere, impensabili: insomma, non aspettiamoci che tornare sempre in piedi, come ieri, garantisca sempre, come ieri, la vittoria. O che le giocate di strategia, benemerite, tolgano sempre le castagne dal fuoco.

Note positive
Gabi: menzione d'onore per il capitano, che non perde mai la testa e con due gran belle giocate su punizione ci regala tre punti fondamentali per la qualificazione alla fase successiva.

Note negative
Villa: scomparso, come già altre volte. Testimonio che in altre occasioni (Rayo), pur senza segnare, ha svolto egregiamente il ruolo di guastatore che fa salire la squadra e attiva gli inserimenti dei centrocampisti. Però partite come quella di ieri non fanno che confermare la mia opinione su di lui, già espressa mesi fa.



Oporto Helton; Danilo, Otamendi, Mangala, Alex Sandro; Fernando, Defour, Lucho González (Quintero, m. 68); Josué (Licá, m. 60), Varela, Jackson Martínez. No utilizados: Fabiano; Maicon, Fucile, Herrera y Ghilas.


Atlético de Madrid Courtois 6,5; Juanfran 6, Miranda 5,5, Godín 5,5, Filipe Luis 6; Gabi 6,5, Tiago 5,5, Raúl García 6 (Óliver Torres, m. 78 sv), Arda 6,5; Leo Baptistao 5 (Koke, m. 74 sv), Villa 4 (C Rodríguez, m. 46 6).
No utilizados: Aranzubia; Alderweireld, Insua y Guilavogui.

Goles:
1-0, 16' Jackson Martínez.
1-1, 58' Godín.
1-2, 86' Arda Turan.

Árbitro: Howard Webb (Reino Unido). Amonestó a Tiago, Juanfran y Mangala.

Unos 45.000 espectadores en el estadio do Dragão de Oporto.