venerdì 26 settembre 2014

Almeria – Atletico Madrid 0-1: gli assurdi del calcio

È proprio vero che nel calcio, come nella vita, non si può mai dire. Cosa c'è di più assurdo del fatto che il peggior Atletico dell'era-Simeone riesca proprio là dove gli uomini del Cholo, negli anni scorsi, avevano sempre fallito, cioè vincere ad Almeria.
Questa volta il compito è stato facilitato da un atteggiamento veramente rinunciatario da parte dei padroni di casa, ma è comunque stato molto difficile comunque, stanti gli enormi problemi dei colchoneros, che proprio non riescono ad elaborare un gioco offensivo convincente.
Discretamente compatti sul piano difensivo, vale a dire autori di una prestazione pari al livello medio espresso l'anno scorso, i biancorossi hanno comunque faticato enormemente a creare occasioni da rete. 
 
Ancora una volta, alla fine, ha segnato un difensore (il pichichi Miranda, chi l'avrebbe mai detto...) e, di nuovo, su calcio d'angolo. Non sono il tipo che si scandalizza per questo tipo di vittorie, sia chiaro: anzi, qualcuno dovrebbe spiegarmi perchè segnare su calcio di rigore generoso (…) o non avere uno straccio di gioco ma dare la palla a cristiano ronaldo perchè faccia qualcosa contro difensori imbarazzanti sia lodevole, mentre portare a casa tre punti su calcio d'angolo no. C'entra forse la maglia bianca e non biancorossa? O forse il rigore non è “palla inattiva”? Altri assurdi del calcio, appunto.
Per il momento mi accontento di rimanere in scia ai primi, sia pure in qualche modo, in attesa che nuovi acquisti e vecchi guerrieri stanchi e fuori forma ritrovino il livello di cui sono accreditati.
Anche perchè, se fosse veramente così facile segnare su calcio d'angolo, lo farebbero tutti e non mi pare che accada. Anzi, l'Atletico segna sempre in due o tre modi (l'altro giorno nel modo più classico: pallone spiovente sul primo palo per gol in torsione del difensore), ma nessuno sembra riuscire a trovare le contromisure adatte a bloccare un'azione che, in fine dei conti, sembra ripetitiva e prevedibile.
Poi perchè non si arriva al traguardo di 100 vittorie in 156 partite jugando a nada, come amano dire i detrattori del Cholo. Anche qui, non mi pare che la miriade di squadre senza gioco che vedo vincano così tanto. E neppure molte delle squadre accreditate di scintillanti meraviglie a mezzo stampa.

In realtà, mi godo la vittoria di misura, questo misero brodino caldo, alla luce anche della gemma che tutti abbiamo scoperto in questa partita: Saúl, il giovane canterano il cui ingresso ha chiaramente dato la scossa alla squadra, grazie alla sua dinamicità e alla sua capacità di legare tra loro centrocampo e attacco. Senza di lui non so come sarebbe finita la gara, forse con un pareggio non del tutto immeritato da parte dei colchoneros. Perchè, complice anche l'assenza forzata di Mandzukic, lì davanti nessuno ha ancora capito a che gioco si voglia giocare. Contro l'Almeria il Cholo ha proposto un Raul Garcia seconda punta e un Griezmann alla Diego Costa, pugnale lanciato nelle retrovie avversarie, per un sostanziale 4-4-1-1 in fase d'attacco e 4-5-1 in fase di non possesso. L'esperimento è sostanzialmente fallito: il francese, che non ha l'esuberanza fisica del brasiliano, non si è espresso ai suoi livelli, anche e soprattutto perchè ha bisogno di un compagno di cui sfruttare stazza (nel caso di Mandzukic) e/o tecnica (nel caso, l'anno scorso, di Vela). Questo compagno non può essere Raul Garcia, almeno non nella sua posizione naturale, perchè è troppo lento e, anche per questo, non agisce da punto di riferimento naturale in avanti. Mi lascia anche molto perplesso questa mossa del Cholo, di riproporre la tattica asfittica dell'ultimo scorcio dell'anno scorso, quel palla a Costa (liberato da compiti difensivi per non danneggiarne la lucidità) che allora si spiegava con la necessità di preservare le poche energie della squadra e con la sparizione di Villa e Adrian, ma che oggi non mi pare avere senso. Non vedo neppure il senso di dosare tanto Griezmann e Cerci, ma mi fermo qui: viste le polemiche seguite ai legittimi fischi del Calderon durante la partita col Celta, non vorrei essere additato anch'io tra gli ingrati verso il Cholo.
Scelte discutibili, cambi insensati, nervosismo e fastidio per le critiche: c'è qualcosa che non gira, in questo momento. Fortuna che la classifica ci concede un po' di respiro.


Note positive
Miranda: la sua freddezza sottoporta sui corner è incredibile. A questa si aggiunge un ottimo lavoro sul piano difensivo.
Saúl: lega splendidamente centrocampo e attacco, dimostrando non solo buona capacità di interdizione, ma anche grande abilità nello scegliere i tempi per gli inserimenti in avanti. I suoi scambi, di palla e di posizione, con Koke sono tra le cose più belle viste in questa gara.

Note negative
Mario Suarez: raccapricciante. Non riesco a trovare altri aggettivi. In avanti è nullo, anche grazie alla mobilità di un paracarro; in interdizione abbandona spesso e volentieri Tiago, perchè rientra con estrema lentezza e, in generale, è quasi sempre fuori posizione. Nessuna visione di gioco, nessun senso della posizione, un senso tattico inversamente proporzionale ai milioni che Inter e Napoli vorrebbero sganciarci per prenderlo: vendiamolo e non pensiamoci più.
Arda: a metà del secondo tempo si intestardisce in un'azione personale senza senso, finendo per sprecare una ghiotta occasione sparando la palla contro al portiere invece di passare al centro verso un Cerci tutto solo davanti alla porta spalancata. Qui c'è tutta la partita del turco: indolente, velleitario e poco lungimirante.




Almería: Rubén; Ximo Navarro, Trujillo, Mauro dos Santos, Mané; Verza, Fran Vélez (Soriano, m. 63), Azeez; Wellington Silva (Edgar, m. 73), Zongo; y Hemed (Thievy, m. 63).
No utilizados: Julián; Míchel, Soriano, Quique, Teerasil

Atlético: Moyá 6, Juanfran 6,5, Miranda 7,5, Godín 7, Siqueira 6,5; Arda 5 (Gabi, m. 83 sv) Mario 4 (Saúl, m. 46 7,5), Tiago 6,5, Koke 6,5; Raúl García 5,5; y Griezmann 5,5 (Cerci, m. 67 5,5).
No utilizados: Oblak; Ansaldi, Giménez y Raúl Jiménez.


Gol: 0-1. M. 58. Miranda, de cabeza, a saque de esquina botado por Koke.
Árbitro: Gil Manzano. Amonestó a Godín, Arda, Siqueira, Miranda, Jonathan. Mauro dos Santos y Zongo.
Unos 10.000 espectadores en el estadio de los Juegos Mediterrráneos.

domenica 21 settembre 2014

Atletico Madrid – Celta 2-2: all'improvviso, degli sconosciuti...


Sono settimane che convivo con una sensazione fastidiosa, quella di non riconoscere più elementi che ormai ritenevo familiari e consolidati. Guardo le partite dell'Atletico e non riesco proprio a capire: ma chi sono quei tizi che corricchiano per il campo con la maglia a strisce biancorosse e i pantaloncini blu?
Non è tanto la sensazione di straniamento che ho quando dirigo lo sguardo alla porta, o alla fascia sinistra, o ancora là davanti, dove l'anno scorso torreggiava la figura di Diego Costa. Chi occupava queste tre posizioni, per scelta o costrizione, se n'è andato, sostituito in maniera non proprio adeguata da altri calciatori. Altre facce, altre movenze, altra abilità. Qui so, e mi aspettavo, che la qualità si è abbassata e che, in ogni caso, bisognerà avere pazienza.
Il problema sorge quando osservo altrove. Per esempio, chi è quel tizio dalla faccia di Gabi che si trascina per il campo, senza l'abituale mordente, senza la solita aggressività? Sarà Gabriel Fernandez, in arte (??) “Gabi”, veramente? O una sua scarsa controfigura comprata di nascosto da questa società dai conti opachi e dalle operazioni mai chiare? E lì, al centro della difesa, sarà veramente quel famoso mastino di Godin quel calciatore che, con la sua marcatura debole e lassa, permette a un avversario di segnare un gol fantastico e fortunato di tacco? Perchè il Godin che ricordo io non avrebbe mai e poi mai lasciato andare un pallone supponendo che fosse irraggiungibile, ma se ne sarebbe sincerato asfissiando l'avversario fino a che la palla non fosse uscita. E quell'altro, quello che sembra Miranda, è veramente lui? No, perchè non è da lui farsi trovare spesso fuori posizione, né procurare un rigore “da pollo” abboccando alla finta di un avversario. Nè è da lui allungarsi troppo la palla sul rinvio fino a farla uscire in fallo laterale regalando così una rimessa agli avversari. Ed è Arda Turan quel tipo barbuto che ogni tanto, con l'aria di chi ci fa comunque un regalo, concede qualche delizioso tocco cui seguono minuti e minuti di abulia? Perchè io mi ricordo un giocatore certamente poco continuo, ma capace almeno di sacrificarsi in copertura e comunque capace, nelle giornate di grazia, di caricarsi la squadra sulle spalle o, almeno, di fornire palloni illuminanti, magari pochi ma illuminanti, ai compagni. Chi è questo tizio che, ogni volta che va a battere un corner, spreca la palla in modi osceni? Fateci caso, l'Atletico segna o comunque si rende pericoloso su palla inattiva solo se a tirare sono Koke (principalmente) o Gabi. Mai col turco. Mai. Chi è questo supposto turco che gioca nella propria piccola mattonella sulla sinistra e non si sforza mai ma proprio mai? Io non lo so.
Chi sono questi calciatori sempre in ritardo sulla palla e nelle chiusure, sempre poco disposti a mordere le caviglie avversarie, capaci solo di tirare addosso ai portieri avversari e farli così sembrare tutti dei fenomeni, tutti indistintamente; disposti a fornire buoni scampoli di football d'attacco ma non ad accompagnarli alla abituale attenzione difensiva? Chi sono questi tizi vestiti di biancorosso che si permettono errori su errori difensivi, sia collettivi che individuali?


Ma, soprattutto, chi sono quei signori che vedo, uno in panchina e uno in tribuna, agitarsi senza senso e proporre cambi e formazioni a casaccio? Perchè uno somiglia al Mono Burgos e l'altro al Cholo Simeone, ma mi è chiaro che non possano essere loro. Come è possibile che le persone che l'anno scorso hanno concesso poco o nulla a Guilavogui e Leo Baptistao perchè non avevano lo stesso livello dei compagni, e che quest'anno tengono in naftalina Griezmann e Cerci, continuino a dare minuti a un messicanino dai denti da latte che, nelle intenzioni di non si sa chi, dovrebbe sostituire Mandzukic e, soprattutto, è stato pagato come un giocatore fatto e finito?
Questo Raul Jiménez magari un giorno si farà, però per adesso è lento, impreciso, incapace di smarcarsi, poco o nulla reattivo, ignorante di qualunque movimento laterale, totalmente privo di carattere e di abilità tattica. Davvero è meglio di Leo Baptistao? Perchè non mi pare che per il giovane brasiliano (che, per la cronaca, ha due anni meno di lui) il Cholo se ne sia uscito ai tempi sostenendo che bisogna aver pazienza e che non deve dar conto delle sue scelte ai tifosi.
Eh no, caro Diego Pablo, invece questa me la spieghi. Perchè, come socio, anche io ti pago lo stipendio. Perchè ti ho sempre sostenuto. Perchè vedo che Cerci non gioca perchè non è inserito nei meccanismi della squadra. Che Griezmann gioca poco perchè non è ancora in condizione. E mi può anche star bene. Ma poi questo messicano che pare proprio una mezza tacca, e poi magari non lo sarà, gioca sempre anche se i meccanismi difensivi e d'attacco dei suoi compagni gli sono ignoti e la sua condizione fisica è carente. Non ti sei comportato così con Guilavogui, con Leo Baptistao, con Fran Merida, con Alderweireld e con molti altri, anche già in rosa. Non ti stai comportando così con Saùl.
Perchè, caro Diego Pablo, delle due l'una: o è così lento perchè il lavoro che gli hai fatto fare lo ha sfiancato, e allora deve lasciar spazio a Griezmann e Cerci; o è così lento per natura, e allora che al suo posto giochi Raul Garcia, uno lento ma che almeno difende e si fa trovare al posto giusto nel momento giusto.
Oppure non è vero che l'hai voluto tu, come non è vero che Mandzukic ti stava bene, perchè non ti vedo insistere nel costruire una squadra intorno alle caratteristiche del croato: altrimenti gli affiancheresti gente veloce e non compagni d'attacco lentissimi, mentre le stelle del nostro mercato languono in panchina attendendo chi sa cosa.
Poi, caro Diego Pablo e cari ragazzi, non preoccupatevi: io non pretendo che vinciate. Sono convinto che questo sarà un anno di transizione, nel quale non faremo granchè ma in cui getteremo le fondamenta per il futuro. A ben vedere, una coppetta l'abbiamo messa in carniere meno di un mese fa e, con un po' di fortuna, magari la Coppa del Re arriviamo a giocarcela.
Però vorrei guardarvi in faccia e riconoscervi, questo sì. Vorrei guardare una vostra partita e sapere cosa sta passando nella mente del vostro allenatore, continuare a indovinarne le sostituzioni e a riconoscere quando sta per arrivare il momento in cui segnerete. Un tempo mi riusciva sempre, davvero. Ora vi guardo e mi sembra di essere diventato improvvisamente cieco. Eppure non credo di essere cambiato, quindi probabilmente è a voi che è accaduto qualcosa.
Dove siete, ragazzi? Dove sei, Mono? E, soprattutto, dove sei Cholo?
Mi mancate tanto. Davvero.


Note positive
Griezmann: accende la luce ogni volta che tocca la palla. Tagli, aperture, movimenti a smarcarsi, tiri, assist al bacio (un pallone di esterno mette Ansaldi a tu per tu col portiere avversario). Imprescindibile per tutti e infatti il Calderon esplode al momento della sua incomprensibile sostituzione.
Juanfran: la giocata insensata grazie alla quale lui e Moyà quasi confezionano un autogol tragicomico rientra nel discorso sulla strana perdita d'identità di questa squadra. Però fa la sua parte in avanti, con inserimenti e cross a ciclo continuo, e dietro, reggendo la baracca dalla sua parte.


Note negative
Gioco: si vedono sprazzi di bel gioco, combinazioni d'attacco, una occupazione militare della metacampo avversaria, il che fa ben sperare. Purtroppo, però, si accompagnano a una inconsueta mollezza nei contrasti, nel disturbo delle linee di passaggio avversarie, nel gioco difensivo senza palla. Certo, si può anche vedere solo il bicchiere mezzo pieno e parlare di pura e semplice sfortuna, qui e ad Atene: in altri tempi avremmo vinto ieri e almeno pareggiato in Grecia, anche rifacendo gli stessi errori. Però la fortuna va aiutata: finchè correvamo, eravamo fortunati; appena abbiamo smesso, la fortuna ha guardato altrove.




Atlético: Moyá 6; Juanfran 7, Miranda 6, Godín 6, Ansaldi 6,5; Turán 6, Gabi 5, Tiago 5,5, Koke 6,5; Raúl Jiménez 4 (Cerci, m. 81 sv), y Griezmann 7,5 (Raúl García, m. 68 5,5).
No utilizados: Siqueira, Mario Suárez, Oblak, Saúl y José Gimenez.


Celta: Sergio Álvarez; Hugo Mallo, Cabral, Fontás, Planas; Álex López (Nolito, m. 45), Radoja, Krohn-Dehli (Jony, m. 88); Orellana, Larrivey, y Pablo Hernández (Gómez, m. 70).
No utilizados: Borja Fernández, Charles, Rubén Blanco y Madinha.



Goles: 0-1. M. 18. Pablo Hernández. 1-1. M. 30. Miranda. 2-1. M. 40. Godín. 2-2. M. 52. Nolito (p).
Árbitro: Juan Martínez Munuera. Amonestó a Cabral, Orellana, Miranda y Gómez.
Vicente Calderón, unos 50.000 espectadores.

giovedì 18 settembre 2014

Olympiakos – Atletico Madrid 3-2: alti e bassi


Una delle poche cose sicure della Champions' è che, nella fase a gironi, è fondamentale iniziare bene e non perdere punti contro avversari diretti. L'Atletico torna da Atene non solo con una sconfitta che inevitabilmente genera molte difficoltà in vista del passaggio del turno, ma anche con una prestazione francamente sconcertante.
Ciò che più disorienta è che il punto di forza dell'anno scorso, la solidità difensiva, non si è assolutamente visto ad Atene. Non è tanto questione degli errori, non clamorosi ma comunque imperdonabili, di Oblak, quanto invece di una incomprensibile mancanza di attitudine difensiva, del tutto inedita negli anni del Cholo.
Nè basta a tranquillizzarmi l'idea che anche le altre squadre avversarie debbano recarsi ad Atene, un ambiente sicuramente ostile sotto tanti punti di vista (bolgia sugli spalti; ammonizione a Gabi dopo un minuto per fallo tattico, naso rotto per Mandzukic senza nessuna conseguenza per i greci subito dopo: un inizio da trasferte “calde” degli anni '70), perchè non è che l'Olympiakos mi sia sembrato un granché. In fondo, la sensazione netta è stata di una partita che l'Atletico avrebbe potuto vincere in qualunque momento, anche dopo gli errori marchiani che hanno generato le tre reti, quindi non credo che i greci potranno più di tanto mettere in difficoltà la Juventus.


Mi spaventano la mancanza di solidità dei colchoneros e, forse ancora di più, l'impressione che si navighi a vista, alla ricerca di soluzioni tattiche che non sono ancora state elaborate. Un tempo, in una situazione simile, i biancorossi avrebbero almeno colto un pareggio, oppure avrebbero vinto “di fortuna”. L'altra ser invece, pur rimanendo praticamente sempre in partita, hanno fatto di tutto per perdere.
Voglio credere che sia stata una serata storta, l'unica finora nella quale alla povertà del gioco si sia unita anche una certa allegrezza difensiva, ma non ne sono così sicuro. Come ho detto, mi pare che si navighi a vista, tra giocatori che non sono ancora entrati in forma (Gabi), altri palesemente inadeguati (Mario Suarez, lo scriviamo da tempo), altri ancora completamente (Oblak e Cerci) o parzialmente (Griezmann) spaesati.
Se il Cholo non trova un'idea forte a cui agganciare la squadra, quella che aveva sicuramente quando ha benedetto l'acquisto di Mandzukic (liberando perciò Lukaku, che era già nostro e che come controfigura di Diego Costa era sicuramente meglio) e richiesto l'arrivo di Griezmann e Cerci, quella che ora pare scomparsa, temo che saranno dolori. Ci aspetta comunque, io credo, un lungo periodo di alti e bassi, nel quale faremo fatica contro chiunque corra più di noi (cioè, finora, tutti tranne il Real).


Se vogliamo analizzare la gara nei suoi punti critici, ci sono sicuramente altri spunti di riflessione.
Il primo è senza dubbio che, dal momento che né Siqueira né Ansaldi sono Filipe e che Juanfran non ha il pezzo forte del repertorio nella fase difensiva, la coppia centrale finisce inevitabilmente per essere più esposta alle folate avversarie.
Se poi, come sta accadendo, Gabi è stranamente impacciato e Mario impresentabile, con ciò accrescendo uno dei problemi irrisolti della squadra, ovverosia la vulnerabilità agli attacchi centrali, tutta l'impalcatura finisce per traballare.
Ancora, Mandzukic è senza dubbio un grande attaccante, però è uno a cui la palla va servita davanti alla porta, altrimenti diventa inutile. Tutt'al più gli si può chiedere di agire da pivot e distribuire di testa per gli inserimenti dei compagni. Tutto questo si è visto, l'altra sera, ma in misura molto minore di quanto ci si sarebbe aspettati: mi pare anzi che ci sia una sorta di resistenza mentale, da parte dei più esperti, a modificare l'approccio alla partita. Resistenza che non può che aumentare se i due inneschi del croato, Cerci e Griezmann, vedono poco o nulla il campo, qualunque sia il motivo.
Infine, Simeone sbaglia poco, ma quando capita lo fa in grande stile. L'anno scorso buttò nella mischia Diego Ribas nella partita peggiore dell'anno (il derby di andata di Coppa del Re al Bernabeu), stravolgendo la squadra dall'oggi al domani, e poi rischiò un Diego Costa improponibile durante la finale di Champions'. Quest'anno ha schierato Oblak a freddo, in una partita da vincere assolutamente e in un contesto ambientale piuttosto problematico: francamente, si poteva fare di meglio, e lo avrei scritto anche se avessimo vinto e lo sloveno avesse effettuato parate prodigiose. Poi, non pago, ha rincarato la dose, affermando che il portiere titolare verrà deciso volta per volta, prefigurando una “staffetta” di sacchiana memoria che, com'è noto, nel caso di un ruolo tanto delicato come quello del portiere, genera solo guai.


Quindi non so bene quanta colpa dare al portiere sloveno sui tre gol, perchè mi pare che molta di più ne abbiano i suoi compagni. Sul primo gol, Masuaku ha tutto il tempo di aggiustare la palla e mirare, mentre Mario è disperso e Gabi in ritardo; sul secondo, Juanfran si fa infilare e la coppia Mario – Ansaldi si scontra in maniera tragicomica sulla nostra trequarti; sul terzo, altro errore gravissimo di Ansaldi che mette in difficoltà Godin prima (insolitamente poco reattivo) e Miranda poi (scarso, come abbiamo sempre detto, nell'uno contro uno duro e puro).


Quanto al resto, consoliamoci con qualche buona trama offensiva e con la buona vena di Griezmann. Però anche qui c'è molto che non mi è affatto piaciuto: tiri leziosi e deboli, assist serviti con calma olimpica etc etc.
Ecco, pareva più un allenamento che una partita di Champions'. Peccato, perchè i greci, come dicevo, non mi sono sembrati un granchè: Michel si vanta dell'ordine, della disciplina e dello spirito di sacrificio dei suoi, ma questi aspetti si sono visti a tratti. Per esempio, dopo il primo gol l'Olympiakos si è disunito e solo la nostra dabbenaggine ha permesso ai greci di raddoppiare. Un po' più di velocità, di precisione e di cattiveria da parte nostra e staremmo a parlare di vittoria non semplice ma meritata, perchè la sensazione che l'Atletico potesse rimontare abbastanza agilmente è stata reale e concreta per quasi tutta la partita.


Note positive
Griezmann: riportato alla sua posizione naturale di seconda punta che parte alle spalle del centravanti, si rivela micidiale e accende il gioco dei colchoneros, cui fino ad allora era mancata la velocità in avanti.


Note negative
Oblak: in tutti e tre i gol non compie errori clamorosi, ma dà chiaramente l'impressione che avrebbe potuto fare di più. Peggio di così non poteva essere il suo debutto, anche considerando che dall'altra parte ha fatto una gran figura una nostra vecchia conoscenza, Roberto, uno che avrebbe meritato di più dall'Atletico, che di fatto non lo ha mai fatto giocare. Il discorso riguardo ai buoni portieri, molti dei quali canteranos, gettati via dai colchoneros negli ultimi anni, sprecati a inseguire prestiti e acquisti vari, è lungo e l'ho già fatto in varie riflessioni estive. Alla fine non colpevolizziamolo e aspettiamo pazienti. Che tristezza, però...
Ansaldi: discreto in avanti, spesso in difficoltà dietro. Anche qui, è ancora troppo presto per giudicare, però mi permetto lo stesso una notazione cattiva: non è la prima volta che il Cholo ci propina argentini di dubbia caratura, da Insua a Sosa. Soldi sprecati anche questa volta?
Mario Suarez: davvero, non so più cosa dire. Se una qualunque squadra italiana lo vuole (per motivi a me ignoti), diamoglielo, anche gratis. Se arrivano 15 milioni, come leggo, stappiamo lo champagne. Sul primo gol è fuori posto, perduto nelle nebbie, sul secondo combina un casino tragicomico. Se penso che toglie il posto a uno come Saùl, mi arrabbio ancora di più.






Olympiakos: Roberto; Elabdellaoui, Botía, Abidal, Masuaku; Maniatis, Milivojevic, Kasami, Afellay (N'Dynga, m. 69); Chori Domínguez (Fuster, m. 57), Mitroglou.

Atlético de Madrid: Oblak 4,5; Juanfran 5,5, Miranda 5,5, Godín 6, Ansaldi 5,5; Arda 6, Mario 3 (Saúl Ñíguez, m. 75 sv), Gabi 5,5 (Griezmann, m. 56 7), Koke 6; Raúl García 5,5 (Cerci, m. 66 5), Mandzukic 6,5.

Goles:
1-0, 13' Masuaku, con un zurdazo desde fuera del área.
2-0, 31' Afellay cruza ante Oblak.
2-1, 38' Mandzukic, de cabeza a centro de Ansaldi desde la banda izquierda.
3-1, 73' Mitroglou, a pase de Kasami.
3-2, 86' Griezmann, a pase de Koke.



Árbitro: Pedro Proença (Portugal). Amonestó a los locales 'Chori' Domínguez (m. 35) y Maniatis (m. 46+) y a los visitantes Gabi (m. 2), Koke (m. 46+), Saúl (m. 88) y Griezmann (m. 90).

Incidencias: partido correspondiente a la primera jornada del grupo A de la Liga de Campeones, disputado en el estadio Georgios Karaiskakis de El Pireo ante unos 33.000 espectadores. Diego Simeone, entrenador del Atlético de Madrid, cumplió partido de sanción por su expulsión en la final de la Liga de Campeones del pasado 24 de mayo frente al Real Madrid.

domenica 14 settembre 2014

Real Madrid – Atletico Madrid 1-2: l'ironia del Cholo


Qualche settimana fa, parlando con un amico più giovane di me (ebbene sì, sono ormai in quella fase in cui cominciano ad apparire amici appartenenti a un'altra generazione), raccontavo del “favoloso” Real dei primi anni del millennio, quello “Zidanes y Pavones”, secondo l'idiota definizione del presidente di allora, Florentino Perez, non a caso sul ponte di comando anche oggi. Si parlava della quasi sicura vendita di Di Maria, odioso quanto si vuole ma assolutamente fondamentale per le sorti della Casa Blanca l'anno scorso, e ricordavo quando, in un impeto di arroganza, Florentino decise che il suo Real non poteva permettersi un giocatore così insignificante come Makelele, uno che era un big in campo (col suo oscuro lavoro teneva in piedi l'intera baracca), ma che fuori non aveva nessun appeal mediatico. Makelele venne spedito al Chelsea come un ferrovecchio e, immediatamente, i giocolieri di Florentino si trovarono senza rete di protezione, infilando figuracce in serie.
Mentre ci domandavamo chi sarebbe rimasto fuori, tra attaccanti e centrocampisti, mi è venuto un pensiero maligno: «Vuoi vedere che, conoscendo il soggetto, verrà venduto l'unico imprescindibile nel gioco del Real, ovverosia Xabi Alonso?». Ma subito dopo mi sono “tranquillizzato”: «Impossibile che compiano un altro errore così idiota». Infatti. Detto e fatto, Xabi ha fatto le valigie verso Monaco di Baviera, colpevole forse di non far vendere molte magliette rosa o bianche con inserti rosa (???).
Così il Real ha perso il suo manovratore, colui il quale, col suo sacrificio e la sua sua scientifica (e occulta, e spesso ignorata dagli arbitri) violenza, manteneva in equilibrio l'ennesimo circo Barnum voluto da Florentino. Oltre al fatto che, a questo punto, se è vera l'asserzione di Ancelotti che “il calcio non è uno sport per signorine”, se ne è andato uno dei pochi calciatori “virili” della rosa: rimangono Pepe, Illarra e forse Ramos, ma tutti e tre sono troppo limitati per essere dei comandanti. E allora, caro Carletto, come la mettiamo? Come potranno mai farsi prendere sul serio le tue “signorine”, con quei cerchietti, quelle deliziose mossette, quelle tenere smorfiette di dolore per ogni minimo contrasto, quei capelli all'ultimo grido, quelle magliettine rosa o bianche con vezzose righine rosa a cui manca solo un insertino di pizzo per fare il botto di vendite sul mercato asiatico? Se persino la signorina cristiano ronaldo ha frignato a mezzo stampa per il mercato, vuol dire che la situazione è brutta, molto brutta. Poco male, penserà Perez, basta mettere un altro pacco di milioni sul tavolo durante la sessione invernale e tutto si risolverà. Lo pensava anche anni fa e alla fine è stato costretto a dimettersi, dopo aver creato una voragine nei conti del club.


Così pensavo nei giorni precedenti al derby, riflettendo su quanto, se il calcio fosse giusto, non ci dovesse essere partita a nostro favore, visto che noi abbiamo comprato con un progetto in testa, contando e ricontando i denari. Mica mosse azzardate come quelle viste sopra e pezze ancora peggiori del buco (Chicarito al posto di Falcao??? E con nessun'altra motivazione se non quella di non disturbare quello straordinario bomber che risponde al nome di... Benzema??? Uno che non ha altro merito se non quello di essere il cocco di Florentino??? Se tifassi per la parte sbagliata di Madrid, sarei incazzato a morte).


Ma che avremmo vinto l'ho capito quando ho visto il Cholo scherzare. Vi giuro, è accaduto davvero. Davanti a tutti. E nessuno l'ha capito, mi è parso.
È successo quando, in piena conferenza stampa, gli è stata fatta una delle tante domande imbecilli in cui molti giornalisti eccellono: “Chi è, secondo lei, il giocatore più forte del Real Madrid?”. Risposta del Cholo: “Casillas”. Apriti cielo: tutti a chiedersi il perchè. Cosa avrà mai voluto dire? Perchè fare il nome di uno che negli ultimi anni ha infilato una topica dopo l'altra, un raccomandato di ferro, capace di rimanere in Paradiso anche a dispetto del padrone, che non lo vorrebbe nemmeno dipinto (ma chi c'è di più potente di Florentino alla Concha Espina, io mi chiedo)? Ho visto sconcerto su ogni giornale, in ogni sito web, in ogni commento.
Io, invece, ho riso. Ho adorato l'ironia del Cholo, davvero. Cosa avrà voluto dire, tutti a chiedersi? Ve lo spiego io, con un efficace francesismo: che Casillas fa cagare. È il migliore di voi e fa cagare; figuratevi gli altri. Niente di più e niente di meno. Come ha dimostrato durante il derby.
E poi ho sorriso, perchè credo di aver interpretato il messaggio di Simeone: non è più tempo di sentirsi inferiori. Non lo siamo più. Adesso è certo: tre derby, due vittorie e un pareggio. Certo, il potenziale non è neppure paragonabile e chiunque, tra i nostri avversari, può azzeccare la giocata pazzesca (vedi Ramos qualche mese fa), ma, in generale, noi siamo davanti.
E ci possiamo permettere di prendervi in giro fingendo di farvi un complimento. Perchè in campo non va il numero di magliette vendute, né la tecnica da sola ma anzi accompagnata dalla grinta e dalla voglia di correre.
In campo non vanno i milioni di euro, ma ci andiamo noi. E noi siamo meglio di voi. Infatti il migliore di voi è uno che regala sempre un gol agli avversari.


La partita non ha fatto altro che confermare le mie impressioni. Un Atletico concentrato e preciso, ma non prettamente difensivo come si era visto spesso nei derby. Un Real piazzato a caso, abile solo nel far scorrere la palla da una linea laterale all'altra, lento, senza spunti in avanti, tutto petto in fuori e nessuno che si prenda una responsabilità che sia una. Per ora, un esercito da parata: tutto splendide uniformi lungo i boulevard e niente più.
Il primo tempo ci ha visto controllare senza particolari affanni, andare in vantaggio, subire il pareggio su rigore ineccepibile ma sciocco (Siqueira, decisamente, non è Filipe Luis) e poi rischiare qualcosa, ma molto meno di quello che riportano i giornali: giusto due occasioni di Benzema sulle quali Moyà era più che ben piazzato e quindi è tutto da dimostrare che se il francese non fosse stato la lumaca molle che è la partita avrebbe cambiato direzione.
Ha sorpreso la presenza di Raul Jiménez e l'esclusione di Griezmann, ma il messicano ha compiuto comunque la sua missione, almeno sul piano difensivo. Certo, le transazioni offensive sono state scarse e Mandzukic si è trovato privo di munizioni, ma, per la prima volta, non si è avuta la sensazione che l'Atletico non riuscisse ad arrivare alla porta avversaria, quanto che non avesse in campo gli uomini giusti per farlo. Probabilmente Simeone aveva puntato su un primo tempo accorto e una ripresa più aggressiva, come in effetti è avvenuto.


Nel secondo tempo, di fatto, non c'è stata partita. Non ricordo un solo tiro in porta del Real, i cui giocatori hanno vagato per il campo senza un perchè, sbagliando passaggi su passaggi. I colchoneros hanno pressato molto più alto e sono stati a lungo nella metacampo avversaria, permettendosi a un certo punto il lusso di una mediana Koke – Tiago, cioè tanta tecnica e media forza fisica. È stato quando Arda e Griezmann hanno sostituito Gabi e Jiménez, mostrando chiaro quale fosse il piano della coppia Mono Burgos – Cholo Simeone: baricentro un po' più alto e grande velocità in avanti. Siqueira ha arretrato il proprio raggio d'azione e Juanfran lo ha incrementato, generando una situazione di turbolenza nella metacampo avversaria. Non a caso il gol del vantaggio ha visto come protagonisti proprio il terzino, Arda e Griezmann (che ha iniziato l'azione nella zona laterale e poi ha tagliato diagonalmente verso il centro dell'area), oltre a un Raul Garcia sempre più leader silenzioso.
Da lì in poi, per assurdo, lo stesso copione di prima: controllo del campo e, a tratti, della sfera e nessun pericolo di subire il pareggio.


Dopo la mini-rivoluzione estiva, una Supercoppa in più in bacheca e un secondo posto in scia al Barcellona dopo 3 giornate di campionato. Non male, soprattutto se consideriamo lo sconquasso provocato nell'ambiente madridista, nel quale abbiamo fortemente rinfocolato i venti gelidi della crisi che avevano cominciato a spirare dopo il disastro di San Sebastian. Possiamo dirci soddisfatti, in particolare per i colpi inferti all'autostima del nostro eterno rivale.
Fu vera gloria”, però, per dirla col poeta? La squadra è ancora in costruzione, molte pedine non hanno ancora trovato la propria collocazione (Griezmann, Cerci, lo stesso Arda; per non parlare di Oblak) o hanno brillato a sprazzi (Mandzukic). Per assurdo che possa sembrare, abbiamo brillato sempre e solo contro il Real e la cosa, per la serie di motivi espressi all'inizio, non è affatto casuale: gli altri ci affrontano col coltello tra i denti, a differenza delle signorine tutte pizzi e merletti. Quindi, un invito alla prudenza, perchè la strada è ancora lunga e molti meccanismi sono ancora da perfezionare e/o da inventare ex-novo. In questo senso, la trasferta di Atene di martedì fornirà utili indicazioni.
Una cosa la possiamo già dire con certezza, però: lo spirito c'è ancora tutto, e chi conosce il Cholo non ne avrà mai dubitato.
E allora... stay tuned!


Note positive
Coesione: il secondo gol è un manifesto. Di primo acchito, pare che Raul Garcia manchi clamorosamente la palla e Arda ne approfitti, ma, a ben guardare dai replay, Raul finge e Arda già si aspetta la palla. Una giocata sopraffina e, soprattutto, un chiaro indizio di un gruppo mentalmente fortissimo, che si conosce a memoria, che si capisce senza bisogno di tante parole.
Moyà: un buon portiere, niente di più. Ma con la grande capacità di infondere sicurezza ai compagni e di farsi trovare sempre sulla traiettoria della palla. Ieri non ci sono state parate difficili, tutt'al più spettacolari, ma non difficili; tuttavia, Moyà c'era sempre.
Juanfran: una partita impeccabile, sia sul piano difensivo (soprattutto nel primo tempo), che su quello offensivo, appena ha avuto licenza di affondare. Dalle sue parti nessuno ha osato affacciarsi nell'area dell'Atletico, mentre da un altro dei suoi favolosi cross radenti è nato il gol della vittoria. E c'è chi ha il coraggio di preferirgli Arbeloa...


Note negative
Siqueira: bravo, ma non eccezionale. Vogliamo dir meglio? Bravo, ma non è Filipe Luis, ecco. Avanza palla al piede in più di un'occasione, ma difensivamente è friabile nel contrasto e troppo propenso a perdere la posizione dopo essere avanzato sulla fascia. Deve mangiarne ancora, di pane duro.
Raul Jiménez: diligente, fa tutto quanto gli chiede il Cholo. Copre, rimane attaccato al centrocampo, disturba gli avversari col pressing e con tutti quei piccoli trucchi che innervosiscono chi gli sta di fronte. Fa tutto bene, insomma. Tranne tirare in porta, o almeno provarci. Zero assoluto. Però mi risulta che sia un attaccante, o no? Anche lui deve crescere parecchio.



Real Madrid: Casillas; Arbeloa (Varane, m. 76), Pepe, Ramos, Coentrão; Modric, Kroos, James; Bale (Isco, m. 71), Benzema (Chicharito, m. 62) y Cristiano.
No utilizados: Keylor Navas; Nacho, Marcelo e Illarramendi.


Atlético de Madrid: Moyá 7,5; Juanfran 8, Miranda 7, Godín 7, Siqueira 6; Raúl García 7, Gabi 6,5 (Arda Turan, m. 60 8), Tiago 8, Koke 7; Raúl Jiménez 5 (Griezmann, m. 63 6,5) y Mandzukic 6 (Mario Suárez, m. 77 sv).
No utilizados: Oblak; Ansaldi, J. Giménez y Cerci.


Goles: 0-1. M. 10. Tiago. 1-1. M. 26. Cristiano, de penalti. 1-2. M. 76. Arda Turan.
Árbitro: Mateu Lahoz. Amonestó a Arbeloa, Modric, James, Chicharito, Miranda, Godín, Siqueira, Gabi, Koke, Mandzukic y Mario Suárez.
Santiago Bernabéu: 80.000 espectadores.

sabato 6 settembre 2014

JUGAR A LA CONTRA, ovvero tutta la verità sulla tattica dell’Atletico Madrid di Simeone, Parte II

Stagione 2013-2014

E venne l'anno del trionfo. Non parlo semplicemente della vittoria nella Liga e dell'impresa di Champions', ma dell'impressione costante di solidità ed estrema compattezza lasciata dalla squadra, anche nei momenti di grave difficoltà. È questo, a mio parere, il vero capolavoro del Cholo: aver creato una squadra che sembra in grado di durare anni e di mietere successi, o almeno provarci, per molto tempo ancora.
Tuttavia, ancora una volta il percorso non è stato facile, tra ostacoli inaspettati ed errori evitabili. A cominciare dalla solita estate funestata da voci incontrollate su fughe e partenze e da tormentoni su arrivi di fenomeni, comprati o in prestito: niente che non si fosse già visto. Alla fine, Falcao se ne va, arriva Villa a sostituirlo (!!), Courtois rimane un altro anno e un paio di giocatori di buon livello e niente più (Alderweireld e Guilavogui) vengono comprati proprio all'ultimo giorno di mercato. Tutto il peso dell'attacco va sulle spalle di Diego Costa, altra grandissima intuizione di Simeone, mentre il Messia Diego Ribas non arriva e Koke sembra ormai destinato al posto da titolare.

L'inizio della stagione consegna al mister argentino una squadra di non grande livello tecnico e di poca fantasia, oltre che dalla panchina corta: urgono idee e Simeone non si fa proprio pregare per trovarle.
L'Atletico si muove nel solco già tracciato, approfondendo e sviluppando i concetti pazientemente inculcati da Simeone nei suoi, ma aggiunge alcune soluzioni dettate dagli uomini a disposizione.
In primo luogo, linee strette e posizioni ben definite in campo: non importa cosa faccia l'avversario, gli unici riferimenti sono la palla (che orienta la posizione generale della squadra, “slittata” su un lato o centrale) e i compagni, con i quali si forma un muro che, di fatto, rende complicata e poco produttiva qualunque soluzione adottata dai rivali. Nessuno esce dai ranghi, se non in poche situazioni ben chiare (per esempio se l'avversario riceve spalle alla porta e non è lontano), in modo da formare sempre un ostacolo insormontabile per la circolazione di palla avversaria.

Immagine 1. Linee strette e riferimento continuo ai compagni
Poi, il pressing portato fondamentalmente dalla metacampo in giù, con più rari tentativi di alzarlo fino alla trequarti avversaria, a seconda del livello e del gioco dei rivali. Qui si tratta della declinazione difensiva di una delle caratteristiche più evidenti della squadra di Simeone, ovverosia la capacità di giocare in relazione alle caratteristiche dell'avversario e alla fase specifica della partita. Tuttavia, l'ossessione del Cholo per la copertura della propria porta fa sì che raramente si veda da parte dei colchoneros un pressing alto.

Immagine 2. Pressing dei colchoneros nel primo e nel secondo tempo contro il Milan a San Siro: più basso nei primi 45 minuti, più alto in seguito

In ogni caso, è una caratteristica imprescindibile della fase difensiva, al di là di quanto alto o basso sia il baricentro, mantenere una costante occupazione degli spazi dietro la linea della palla (come si vede chiaramente in Immagine 1).
Questo semplice accorgimento permette all'Atletico non solo di bloccare le linee di passaggio in avanti tramite un addensamento sulle direttrici delle stesse, vale a dire una sorta di difesa passiva e statica (per cui rimando ancora a Immagine 1), ma permette altresì di creare continue gabbie sui portatori di palla avversari nei momenti in cui il gioco scivola inevitabilmente sugli esterni, con un continuo slittamento dei colchoneros verso il lato forte avversario. Modalità e tempi di questa difesa attiva e dinamica sono di pertinenza, fondamentalmente, di Gabi, capitano e anima tattica della squadra: ecco spiegata la difficoltà di sostituire un giocatore per nulla appariscente, assolutamente non eccezionale sul piano tecnico, ma terribilmente efficace su quello tattico. La malizia e l'abilità necessarie per questo ruolo nel gioco di Simeone si riveleranno, nel corso dell'anno, un ostacolo insormontabile per il povero Guilavogui, tanto per fare un esempio.

Immagine 3. La gabbia sul portatore di palla in zona laterale. Osservare la posizione di Gabi.
In ogni caso, anche se i suoi critici lo negano, Simeone pensa anche al gioco d'attacco. Solo che questo gioco, per il tecnico argentino, deve basarsi essenzialmente su un concetto solo, la semplicità.
Da che mondo del calcio è mondo del calcio, semplicità significa una cosa sola: verticalità spinta; non bellissima da vedere, certo, ma tremendamente efficace. Semplicemente, si deve arrivare in porta col minor numero di tocchi possibili, un concetto che vale anche per le volte in cui è l'Atletico a fare la partita: le triangolazioni sono necessarie solo se servono a uscire dal pressing avversario o a creare la superiorità nella zona della trequarti avversaria. Nel mondo del Cholo, non esiste altro spettacolo che non sia il gol: di conseguenza, tutto ha senso (ed è ammesso) solo se serve a raggiungerlo. Triangolazioni fini a se stesse, passaggi che non abbiano come scopo l'avvicinamento alla porta e inutili tergiversamenti non hanno ragione d'essere. Ne consegue che il possesso-palla sia quasi sempre, inevitabilmente, inferiore a quello degli avversari e che, per il ribaltamento del fronte del gioco, siano fondamentali anche i lanci dalle retrovie di Miranda, il veloce recupero di palla da parte del doble pivote e gli inserimenti offensivi di Godin.


Come si noterà, nessuno di questi concetti è nuovo, ma anzi è stato continuamente messo in pratica e raffinato nel corso dell'era-Simeone. La novità della stagione riguarda il modo in cui questi concetti vengono declinati sul campo, una volta cambiato il contesto specifico: Falcao e Diego non ci sono più, Adrian non offre sufficienti garanzie, Arda non ama giocare al centro; Koke è emerso come pedina imprescindibile. A questo punto, Simeone imposta il nuovo progetto su Diego Costa, che già nell'anno precedente aveva messo in mostra velocità, resistenza e disponibilità al sacrificio. Quello che tutti si domandavano è se fosse in grado di agire come prima punta nominale e non come attaccante di movimento gravitante intorno a un centravanti come Falcao. Nel dubbio, Simeone imposta un modulo che, in difesa, tiene conto della grandissima duttilità di Costa e della ridotta mobilità di Villa: tocca al brasiliano retrocedere sulla linea dei centrocampisti in fase difensiva. Quindi spazio a un 4-4-2 che, in fase difensiva, si trasforma facilmente in un 4-5-1.

Immagine 4. Il movimento di Diego Costa in fase difensiva e i conseguenti spostamenti di Koke e Villa
 
Per aumentare ulteriormente la densità a centrocampo e in difesa, il movimento difensivo prevede anche che a turno uno dei due centrali si abbassi sulla linea dei difensori o appena prima, pronto a uscirne se necessario.

Immagine 5. Il movimento dei centrali

 
In attacco, buona parte della transizione offensiva è retta dai terzini, che si muovono in perfetta sinergia con le già ricordate incombenze di Miranda, Godin e del doble pivote.
A seconda del lato d'attacco, uno dei due terzini avanza molto e l'altro accorcia sulla linea di centrocampo, mentre Costa e Villa scompaginano la difesa avversaria e a turno Koke o Arda si posizionano sulla trequarti per dettare la triangolazione corta verso il fondo o cercare il passaggio filtrante verso l'interno dell'area avversaria.

Immagine 6. Attacco dal lato sinistro
Immagine 7. Attacco dal lato destro

Come si può vedere, Simeone aveva previsto un ruolo molto importante per David Villa, anche e soprattutto in considerazione del fatto che le caratteristiche dell'asturiano e di Diego Costa sono complementari, o almeno così parevano.

Immagine 8. Area di gioco di David Villa
Immagine 9. Area di gioco di Diego Costa
I compiti assegnati all'attaccante asturiano erano principalmente due.
Doveva innanzi tutto permettere alla squadra di uscire dalla posizione difensiva (vedi Immagine 4), essenzialmente dettando il passaggio lungo per lo scatto in profondità o appoggiando per gli inserimenti di Costa e dei centrocampisti, agendo cioè come vero e proprio pivot.
Se invece la squadra fosse già stata in fase offensiva, avrebbe dovuto risucchiare i difensori avversari e favorire gli inserimenti dei compagni, sia retrocedendo che muovendosi sui lati. Inoltre, avrebbe dovuto svariare sulle fasce (con un movimento opposto e sincrono a quello di Diego Costa), anche in questo caso per aprire spazi.

Immagine 10. I movimenti di Villa e quelli dei compagni in fase d'attacco
 
Come si vede, un lavoro tattico notevole, non certo alla portata di calciatori giovani come ad esempio Leo Baptistao, il che spiega (insieme con quanto detto sui movimenti di Gabi) perchè Simeone punti su giocatori esperti, pur se non necessariamente anziani, e perchè ci voglia molto tempo per entrare nei meccanismi del Cholo.


Questo, a grandi linee, il quadro generale della stagione. Peccato però che ben presto tutti si siano accorti che la condizione di Villa non permetteva affatto questo tipo di gioco e che, nei fatti, tutto questo era improponibile (per dire, io l'ho visto solo nella partita dal vivo contro il Rayo, ed era la seconda di campionato...). Ben presto è apparso chiaro a tutti che il peso tattico di Villa sarebbe stato ininfluente, considerata la sua difficoltà di corsa e la mancanza di spunti sulla media e lunga distanza.
Quindi, appena iniziata la stagione, Simeone si è trovato ad avere a che fare con un problema in più oltre a quelli già presenti e ormai “storici”: come compensare le difficoltà di Villa? Sostituirlo? Modificare, se non lo schema tattico, almeno i movimenti correlati ad esso?
Alla fine, la soluzione è stata doppia.
Inizialmente, contando anche sul fiuto di Villa e su quanto, almeno in termini di reti, l'asturiano potesse apportare, Simeone ha puntato a un gioco nel quale, sia in fase difensiva che offensiva, i due attaccanti rimanessero affiancati e si aiutassero l'un l'altro: in particolare, vista la difficoltà nello scambio di Diego Costa ma anche la sua disponibilità al sacrificio, a Villa toccava l'assistenza in zona d'attacco e al brasiliano il sostegno in fase difensiva.

Immagine 11. Villa e Diego Costa in fase difensiva, un ulteriore "muro" per l'impostazione avversaria
 
Quando (molto presto...) la condizione di Villa è scaduta in maniera imbarazzante, la soluzione ha avuto un nome e un cognome, vale a dire Raul Garcia: non veloce, ma abbastanza rapido da poter assicurare copertura al centrocampo e abbastanza potente da affiancare Costa nell'area avversaria quando ci si fosse arrivati con gioco manovrato; sostanzialmente inutile nelle gare da contropiede se non come pivot (ricordate contro il Barça in Champions'?) o sui calci piazzati.
Raul Garcia ha giocato una seconda parte di stagione strepitosa, ma ciò non deve farci dimenticare che, alla fine, rimane un jolly e non un giocatore chiaramente inseribile in un progetto tattico. Ripeto brevemente cose già dette molte volte: troppo lento per essere una seconda punta o un'ala, troppo statico e “quadrato” per essere un fantasista o un trequartista, troppo poco “presente” per giocare nel doble pivote, rende al massimo nelle mischie d'area (novità di questa stagione) o sulle palle vaganti nella confusione della trequarti avversaria.
Quindi una non-soluzione, pur se di straordinaria efficacia, e non è un caso che il Cholo, alla ricerca di un quadro stabile più definito, abbia chiesto, richiesto ed infine ottenuto, durante il mercato invernale, Diego Ribas e Sosa, cioè la fantasia e la velocità che auspicava per sanare una situazione che rischiava di farsi pesante.
Diego è stato utilizzato subito, contro il Real Madrid in Coppa del Re, nel tentativo di rispolverare un 4-2-3-1 che invece, come sapete tutti, è naufragato inesorabilmente: per far spazio al brasiliano, la squadra è stata stravolta e i protagonisti di quella cavalcata si sono ritrovati pesci fuor d'acqua. Troppo diversi Costa e Falcao, troppo “assente” Adrian, troppo lenti Koke e Raul Garcia, troppo cambiato (in peggio...) Diego Ribas, perchè il modulo con cui l'Atletico si era trovato meglio negli anni precedenti potesse funzionare.

Anche qui, con grande intelligenza e ottimo spirito di adattamento, Simeone si è subito adattato: accantonamento-lampo di Diego Ribas, spazio di nuovo a un 4-4-2 con Raul Garcia quasi fisso, salvo i momenti di grazia di Villa, e tutti indietro a sfruttare la potenza di Diego Costa con palloni in profondità. Una soluzione – non-soluzione che ha progressivamente inaridito il gioco, ma che è stata terribilmente efficace, anche se ha avuto alcuni gravi punti deboli, principalmente la tendenza, a quel punto, a difendere bassissimo e a trovarsi poi a dover recuperare tutto il campo, essendo, al momento del recupero della palla, tremendamente lontani dalla porta. Senza Filipe, Juanfran e Costa tutti insieme in campo, una missione impossibile, come ha dimostrato la finale di Champions'.

Immagine 12. L'Atlético di fine 2013-2014
 
Così si spiega un finale di stagione sconcertante, in cui abbiamo ottenuto due punti in tre partite in Liga e abbiamo perso all'ultimo in Champions'. Si potrebbe dire che Simeone ha fatto il massimo col poco che gli è stato dato, cioè una panchina corta e sbilanciata, ed è la verità, ma in realtà sull'allenatore argentino pesa la macchia di un mercato invernale deficitario, che ha portato giocatori esplicitamente richiesti dal Cholo e tuttavia gravemente insufficienti alla prova del campo. Un errore societario e uno gestionale dell'allenatore che hanno generato una squadra sulle ginocchia a fine stagione.

Se questa è la conclusione, vi chiederete, perchè allora due lunghi articoli di esaltazione di Simeone e della sua abilità tattica e gestionale?
Perchè, in verità, io credo che il Cholo abbia veramente fatto il massimo. Ovverosia, sono convinto che, se potesse scegliere, cioè se avesse un budget di mercato illimitato, non vorrebbe certo giocare così. O meglio ancora, vorrebbe un gioco che salvaguardi questi principi tattici di base, ma con interpreti di ben altro livello. Chi crede che un gioco povero ma efficace sia il desiderio di Simeone si sbaglia: avete visto le partite di Champions' contro l'Austria Vienna, il Barcellona o il Chelsea? Per molti tratti, spettacolo puro. Così come il 2-2 al Real in Liga, caratterizzato da un pressing alto e da un ritmo eccezionale.

Davvero pensate che, potendo scegliere, vorrebbe un Mario Suarez per il suo centrocampo? O un Diego Ribas come trequartista?
Bella forza”, direte, “così chiunque potrebbe vincere”. Già, però...
A parte il fatto che non è vero, il vero merito di Simeone è stato vincere con un gruppo di giocatori medi innervato da alcuni campioni che hanno ricevuto l'input per diventare tali proprio da lui. Chi non vorrebbe un Matic al posto di Mario, tanto per fare un nome? Tutti. Chi vincerebbe con un Mario? Solo il Cholo, io credo. In fondo, un allenatore che va di moda e che apre bocca solo per sputare veleno sugli altri ha deciso, quest'estate, che il suo nuovo progetto vincente doveva passare solo e solamente dall'inserimento di un bel po' di DNA cholista (Courtois, Filipe Luis e Diego Costa) nella sua nuova squadra, guardandosi bene però dal dirlo in giro. E se non è un attestato di aver fatto un buon lavoro questo...

Alla fine, comunque la si guardi, è così. L'Atletico ha alcuni grossi problemi, che si trascina da anni (panchina corta a causa di una situazione finanziaria pessima, una zona centrale pochissimo propositiva e per di più neppure forte sul piano dell'interdizione, mancanza di fantasia, una cronica instabilità degli effettivi, venduti appena arriva l'offerta giusta), ma è la squadra che ha vinto di più negli ultimi anni. E lo ha fatto perchè c'è il Cholo, quello che fa le nozze coi fichi secchi, quello che ogni anno si inventa correttivi per le lacune vecchie e nuove della squadra, quello che sta costruendo un progetto per ora basato principalmente sull'organizzazione e sul mutuo soccorso, ma in futuro anche sulla tecnica e sulla fantasia.
Se poi molti non sanno vedere al di là del proprio naso, non sanno cogliere la differenza tra ciò che sembra e ciò che invece è (e proprio per questo, potrebbe divenire)... poveri loro.
Per queste persone, l'Atletico gioca solo al contropiede. Per queste persone, l'Atletico no juega a nada. Per queste persone, l'Atletico sa solo fare falli e giocare sporco.

Bene, signori, il mondo è vasto. Girate pure canale, altrove ci sono il PSG, il City e chissà chi altri. Guardateveli, ma non piangete se poi, molto prima del più bello, lo spettacolo si interrompe: non è da tutti saper arrivare fino in fondo, sempre e comunque.


P.S. È doveroso segnalare che le immagini 1, 3 e 11 non sono mie, ma di Valentino Tola. Confesso anche che, schiacciato dai tempi, non gli ho chiesto il permesso di poterle utilizzare. Credo che non se avrà a male, anche perchè non ho davvero problemi a dire che, se ho una competenza di qualche tipo sul piano tattico, è quasi esclusivamente merito suo e dei suoi articoli straordinari, che mi hanno insegnato non molto, ma moltissimo.

P.S. 2 A questo seguirà un Jugar a la contra – parte III, che cercherà di far luce sulle tendenze del futuro, anche sulla base del mercato e delle prime impressioni della stagione (grazie anche alla mia ormai abituale visita dal vivo al Calderón). Un post dedicato esclusivamente alla valutazione della rosa è atteso per ottobre-novembre, come l'anno scorso.