martedì 28 gennaio 2014

Rayo Vallecano – Atletico Madrid 2-4: corsa ad ostacoli


Gennaio e febbraio, per l'Atletico, rischiano di essere un calvario: non solo si gioca ogni tre giorni, in un continuo dondolio tra partite in casa e trasferte; per di più si affrontano un sacco di partite complicate, contro avversari aggressivi e comunque disposti a tutto pur di fare lo sgambetto ai colchoneros. Non solo Barcellona, Athletic, Real Sociedad e Milan, ma anche piccole come il Rayo, prontissime a metterci l'anima per guastare le uova nel paniere della grande squadra.
In situazioni così, non è facile (e forse neppure possibile) essere sempre al massimo. Inoltre, in un campionato tiratissimo come la Liga di quest'anno, ogni partita rischia di risultare decisiva, così come ogni match di Coppa e di Champions'. Ogni episodio, ogni giocata, ogni calo di tensione rischiano di essere fondamentali e possono, se non compromettere la stagione, certamente complicarla alquanto, soprattutto se non si è esattamente al top della forma.
A Vallecas, in una partita controllata dai colchoneros, non sono comunque mancati momenti in cui l'Atletico ha rischiato di compromettere quanto aveva costruito a causa dei cali di tensione che ormai prendono in maniera fisiologica i biancorossi.
I colchoneros hanno segnato subito, con Villa lesto ad approfittare del grave errore di Baena sul proprio pressing e del conseguente assist di Diego Costa. Tuttavia, subito dopo si sono visti fischiare contro un rigore per un possibile fallo di Manquillo: l'ottima parata di Courtois non cancella il fatto che, negli ultimi tempi, ogni gol segnato si tramuta presto in un pericolo dovuto all'immediato calo di tensione dei colchoneros, segno inequivocabile che il problema, se tale lo vogliamo chiamare, risiede più nell'ambito mentale che in quello prettamente fisico.
Da quel momento l'Atletico ha mostrato un chiaro dominio del campo, ma non ha mai tramutato la sua superiorità in chiare occasioni da rete, almeno fino al gol-capolavoro del 2-0 al 30': Diego Costa lanciato sul centrodestra difende benissimo il pallone e apre per Sosa, il quale, invece di tirare, pur essendo in ottima posizione, appoggia per Turan completamente solo sulla sinistra.
Ancora una volta, tuttavia, i colchoneros rianimano l'avversario: una grande combinazione sulla trequarti centrale sfonda le difese dei colchoneros e permette ai rayistas di accorciare le distanze proprio alla fine del primo tempo. Certamente gli avversari, cui va dato atto di non aver mai ceduto alla rassegnazione, hanno sviluppato una manovra veloce e ficcante; tuttavia non si possono tacere gli errori di posizionamento dei colchoneros, fattisi sorprendere in contropiede: la palla perduta da Villa, la mancata copertura dei centrocampisti più vicini, la posizione completamente sbagliata di Gabi e Godin che lasciano soli Miranda e un trafelato Manquillo.
Dopo qualche minuto di ulteriore panico, con un'occasionissima del rayo propiziata da un erroraccio di Godin, i colchoneros riuscivano un po' fortunosamente a segnare il 3-1 con Arda Turan su punizione di Gabi.
Nel secondo tempo l'incontro si manteneva più o meno sugli stessi binari, ma con un Atletico ancora più sornione e rinchiuso nella propria trequarti, il che dava coraggio ai padroni di casa. Neppure il 4-1 dei colchoneros, al termine di una combinazione Arda – Filipe – Costa conclusa in rete dalla sfortunata deviazione di Saul, chiudeva l'incontro. Su cross dalla trequarti la difesa dei biancorossi si faceva subito beffare di testa da Larrivey e poi doveva intervenire più volte Courtois per evitare guai peggiori.


In colnclusione, un incontro che ha mostrato il meglio e il peggio dell'Atletico Madrid: un gioco a tratti coinvolgente, soprattutto in avanti, ma anche momenti di amnesia pericolosi e potenzialmente devastanti contro avversari più quotati. Comunque, sono due gol incassati, una rarità ma anche il segno che qualcosa non ha funzionato alla perfezione.


Note positive
Diego Costa: non segna, ma propizia tre gol su quattro, e scusate se è poco. Evidentemente Simeone deve avergli fatto un discorsetto su quanto sia importante giocare per il collettivo e non solo correre a testa bassa verso la porta. Recuperato un po' di senno, si rivela ancor più letale che se avesse segnato una tripletta.
Sosa: buoni dettagli, una certa visione di gioco, un discreto senso del sacrificio fanno ben sperare per il futuro.
Arda: nonostante tutti i proclami sulla necessità di essere un vero leader, si eclissa sovente dal gioco, come suo costume. I regali che gentilmente, ma con molta parsimonia, offre, fruttano però due gol e l'avvio dell'azione del quarto. Meno lodevole il fatto che lascia spesso solo Manquillo in fase di copertura (si veda sotto)

Note negative
Miranda-Godin: dietro si balla parecchio, tra errori di posizionamento, passaggi errati, disimpegni mal pensati e mal eseguiti. Aggiungiamo una certa vulnerabilità sulle palle alte, degna di tempi ben meno felici. Certamente sono in buona compagnia: Koke, certo in ripresa ma non perfetto, lascia spesso scoperta la zona, Manquillo non sfigura ma è un fatto che tutte le azioni pericolose degli avversari vengano dalla sua zona, Gabi non può certo correre per tutti.


Rayo Vallecano: Rubén; Arbilla, Saúl, Tito, Nacho; Baena, Trashorras; Lass (Rochina, m. 57), Bueno, Jonathan Viera (Iago Falqué m. 83) y Larrivey.
No utilizados: Cobeño; Galeano, Iago Cueva, Embarba.

Atlético: Courtois 7; Manquillo 6, Miranda 6, Godín 5,5, Filipe Luis 7; Sosa 7 (Oliver, m. 63 sv, Cebolla Rodríguez, m. 65 6), Gabi 7, Koke 6,5, Arda 7; Villa 6,5 (Raúl García, m. 80 sv) y Diego Costa 7,5.
No utilizados: Aranzubia; Adrián, Alderweireld e Insúa.

Goles: 0-1. M. 7. Villa. 0-2. M. 30. Arda. 1-2. M. 40. Jonathan Viera. 1-3. M. 45. Arda. 1-4. M. 74. Saúl, en propia puerta. 2-4. M. 76 Larrivey.
Árbitro: Undiano Mallenco. Amonestó a Arbilla y Manquillo.
Unos 11.000 espectadores en Vallecas.


martedì 21 gennaio 2014

Atletico Madrid – Siviglia 1-1: l'arte del dubbio


Confesso che sono due giorni che mi chiedo cosa scriverò su questa pagina. Se privilegerò il bicchiere mezzo pieno o quello mezzo vuoto. Se alla fine metterò nero su bianco che sono ottimista o se invece comincerò a fare come tutti quelli che, prima o poi, attaccano a farneticare del “Pupas FC”.
Due giorni passati a guardare le immagini salienti della partita, a rileggere cronache e commenti, cercando di far sbollire la rabbia e la delusione, oltre che sforzandomi di capire se rabbia e delusione avessero veramente senso. In fondo, la situazione l'avevo già preconizzata proprio su queste pagine, parlando delle progressive difficoltà che avremmo incontrando contro squadre sempre più chiuse, lottando ogni volta contro un calo fisico che, seppur non sostanziale, è sufficiente a toglierci quel quid che fino ad ora ci aveva permesso di mascherare le nostre lacune tecniche.
Eppure, continuo a sentirmi deluso. Continuo a pensare che avremmo potuto essere da soli in testa. Certo, ai fini del risultato finale, visto che sono sempre più convinto che non vinceremo, il primo posto non significa nulla; anzi sarebbe stato solo gettare benzina sul pericoloso fuoco dell'illusione. Eppure poter dire, DOPO ANNI, di essere capolista solitario... avrei tanto voluto poter andare in giro, al lavoro, tra gli amici (tutti, ma PROPRIO TUTTI, sanno che tifo l'Atletico, una scelta che mi rende alquanto bizzaro e quindi, ça va sans dire, popolare agli occhi della massa...), con la faccia rilassata di chi, per una volta, appartiene al club numero uno.
Alla fine, penso di poter dire che continuo a essere arrabbiato. Molto arrabbiato e molto deluso. E non per il pareggio o per il primo posto sfumato, affatto. Lo sono per il modo in cui tutto questo è avvenuto: siamo scesi in campo determinati, abbiamo schiacciato il Siviglia nella sua area e, come coronamento di questa pressione, abbiamo trovato il gol con Villa sugli sviluppi di un calcio d'angolo. Tutto perfetto, se ignoriamo il fatto che si tratta dell'ennesimo gol a palla ferma e che non imbastiamo un'azione convincente da 20 giorni. Peccato che, da quel momento, abbiamo rinunciato a giocare: Emery ha cambiato atteggiamento, ha alzato il baricentro del Siviglia e piano piano ha costretto un Atletico rinunciatario a chiudersi nella propria metà campo e poi nella propria area.
Certo, occasioni ne abbiamo avute, e più degli ospiti, ma in avanti la palla proprio non si riusciva a tenerla, mentre il centrocampo non faceva filtro, gli esterni non imbastivano gioco e il Siviglia guadagnava metri pur giocando un calcio farraginoso e banale.
Con intere zone di campo abbandonate agli avversari, errori nei passaggi e nessuna idea di gioco, il gol era nell'aria. Poi, certo, il rigore assegnato per il “fallo” di Juanfran grida vendetta e fa venire brutti pensieri, soprattutto viste le diverse situazioni dello stesso tipo accadute nell'area degli ospiti e totalmente ignorate dall'arbitro (mi riferisco al fallo su Raul Garcia e agli scontri ben oltre il lecito tra Fazio e Diego Costa); però resta il fatto che abbiamo buttato via la gara. La differenza tra gestire una gara e ritirarsi dalla contesa può essere talvolta sottile, ma è sicuramente sempre sostanziale ed è, soprattutto, qualcosa che le grandi squadre sanno fare ad occhi chiusi. Noi invece, da un po', confondiamo i due piani e non ammazziamo più le partite, ci limitiamo a sopravvivere ad esse.
Dopo il pareggio, abbiamo dimostrato, con la nostra frenetica occupazione della metà campo altrui, che non è la condizione fisica il nostro problema: non siamo brillanti, ma siamo comunque a un buon livello complessivo. Possibile che sia una qualche forma di stress mentale? Il prossimo durissimo mese di gare ogni tre giorni chiarirà il mistero.


Note positive
Juanfran: provoca il rigore in maniera sciocca, d'accordo. Però è, con Gabi, l'unico motore del gioco dei colchoneros, il che spiega tutto (o quasi) delle difficoltà dei biancorossi nel creare gioco.
Gabi: vedi sopra. Non molla mai, non si stanca mai di dare l'esempio, non smette mai, nemmeno per un secondo, di ricordare a tutti perchè è il capitano.


Note negative
Simeone: ribadisco ancora una volta che sono e sarò sempre cholista, però devo anche dire che ha sbagliato. Con Koke sulle ginocchia, Arda in preda al solipsismo e Costa impegnato a correre senza passare mai la palla, retrocedere il primo al centro del campo e mettere all'ala Raul Garcia è il modo migliore per tarpare le ali alla squadra. In un contesto così, non ci sono lanci di Miranda né sgroppate di Juanfran, né sforzi di Gabi che possano cambiare la deriva di non-gioco degli ultimi tempi. Ora, le riserve non saranno dei campioni, ma davvero un Koke così è meglio di Guilavogui? Davvero sulla fascia Raul Garcia è meglio di un Cebolla che sembra essere stato comprato solo per giocare gli ultimi 4-5 minuti di ogni partita?



Atlético: Courtois 7; Juanfran 7, Miranda 6, Godín 6, Filipe 6; Raúl García 5, Gabi 7, Koke 4,5 (Sosa, m. 87 sv), Arda Turan 5; Diego Costa 5, Villa 6 (Cristian Rodríguez, m. 80 sv).
No utilizados: Aranzubia; Alderweireld, Guilavogui, Manquillo y Adrián.


Sevilla: Beto; Coke, Nico Pareja (Gameiro, m. 46), Fazio, Fernando Navarro; Iborra, Carriço; Vitolo (M. Marin, m. 64), Rakitic, Alberto Moreno; y Bacca (Reyes, m. 83). No utilizados: Javi Varas; Cristóforo, Trochowski y Jairo.
Goles: 1-0. M. 17. Villa, tras un rechace en el área. 1-1. M. 72. Rakitic, de penalti.
Árbitro: Hernández Hernández. Expulsó con roja directa a Alberto Moreno (m. 89) y con amarilla a Juanfran y a Pareja.
45.000 espectadores en el Calderón.


mercoledì 15 gennaio 2014

Atletico Madrid – Valencia 2-0: un pasito adelante


Ci sono occasioni nelle quali mi scopro molto contento di essermi sbagliato. Per esempio, in questi ultimi quattro giorni: le partite contro Barcellona e Valencia mi hanno dimostrato che avevo torto, quando temevo che l'Atletico tornato dalle vacanze invernali non fosse lo stesso che aveva concluso l'anno scorso. In realtà, è lo stesso, pur senza la brillantezza che in certi momenti gli era propria.
Mai come nella partita di andata abbiamo rischiato una sconfitta. Mai come ieri abbiamo tutto sommato goduto di una serata di tranquillità, almeno in considerazione della caratura e delle motivazioni dell'avversario. Il Valencia di ieri è stato lontanissimo parente di quello che ci ha messo sotto all'andata, nonostante le (presunte) motivazioni da “Coppa o morte” con cui si era avvicinato alla sfida.
D'altra parte, anche l'Atletico è stato lontanissimo parente della formazione che all'andata ha sbagliato tutto e anche di più. Comunque il tono è stato dimesso, ma gli errori di misura nei passaggi e di posizionamento molto più limitati. Poche le occasioni da rete, almeno nel primo tempo, e in situazioni forzate, mentre il debutto del principito Sosa ha permesso a Koke una serata di riposo (è entrato solo nell'ultima mezzora). Il ritmo non era particolarmente alto e, in generale, i colchoneros parevano accontentarsi di controllare una partita che avrebbe dovuto fare il Valencia e che invece gli ospiti non riuscivano a fare.
Nel secondo tempo, le cose cambiavano, almeno in parte. L'Atletico macinava maggiormente gioco, sia pure piuttosto monocorde (lanci in profondità per Costa o, in alternativa, lunghe percussioni palla al piede dei vari incursori), e solo in poche occasioni la manovra appariva fluida e variata. Anche così, i colchoneros passavano: sugli sviluppi di un contestatissimo calcio d'angolo, Godin insaccava sul secondo palo approfittando di un'uscita sconsiderata del portiere avversario.
Solo allora, pressato dalla necessità, il Valencia iniziava a giocare, in modo arrembante anche se confuso. Senza correre grandi rischi, l'Atletico si faceva però schiacciare nella propria trequarti: un paio di interventi Courtois, più spettacolari che difficili, erano il raccolto degli ospiti. I colchoneros, invece, dopo aver controllato tutto sommato senza grosse difficoltà la “sfuriata” del Valencia, colpivano di nuovo, proprio in chiusura di incontro: su calcio d'angolo, ancora battuto da Gabi, Raul Garcia (che poco prima aveva colpito un palo) segnava, ancora di testa, il gol che chiudeva il discorso. 2-0 e qualificazione in ghiaccio senza eccessiva fatica.


Insomma, cosa dire a conclusione del doppio match di Coppa? L'Atletico ha mostrato, nelle due partite, due volti differenti, come già abbiamo accennato. È vero che la sfida di andata veniva in un periodo complicato del calendario, dopo la delicata trasferta a Malaga e prima della fondamentale gara col Barça, e che questo ha sicuramente inciso sulla concentrazione e sull'approccio ai 90 minuti; tuttavia, quella gara, e le due che l'hanno preceduta, qualche dubbio sulla condizione atletica dei colchoneros l'avevano sollevata. Ora possiamo dire che, più che all'aspetto atletico (si parlava comunque di perdita di brillantezza, non di crollo della condizione), bisogna guardare a quella psicologica e motivazionale. Il profe Ortega giura e spergiura che il livello atletico verrà mantenuto, salvo alcune piccole cadute di tono fisiologiche, e non vedo motivi per non credergli, ma bisogna cominciare a porsi altri interrogativi.
Davvero la formula del partido a partido funziona? Oppure, più o meno inconsciamente, i giocatori cominciano a selezionare le partite in funzione della loro importanza? È ovvio che una partita di Copa del Rey non ha la stessa importanza di uno scontro al vertice di campionato o di una eliminatoria di Champions', cos' come è ovvio che sforzo, attenzione e concentrazione non possono non essere influenzati dal diverso peso delle competizioni. Ecco quindi che può capitare di presentarsi a una partita in condizioni di maggiore rilassatezza e che far giocare sempre lo stesso undici non necessariamente è un antidoto sufficiente: a una maggiore coesione fa da contraltare un'usura sempre crescente. D'altra parte, variare la formazione espone a rischi non gestibili semplicemente con quel che si potrebbe definire “un po' di mestiere”, strategia per la quale bisogna conoscere nel dettaglio ciò che farà il tuo compagno in una data situazione (una conoscenza che si forma nel tempo). Insomma, basta poco e tutto rischia di mutare all'improvviso: un paio di occasioni meglio sfruttate dal Valencia all'andata e staremmo a scrivere un altro post.
Quindi bisogna cominciare a porsi, io temo, alcune domande scomode: fino a quando insistere con la stessa formazione darà i suoi frutti? Quando diventerà controproducente? E cosa faremmo se dovesse succedere proprio in una occasione determinante? È forse ora di cominciare a valutare l'importanza delle varie competizioni, sia pure non in forma ufficiale (non c'è insomma bisogno di comunicarlo alla stampa)? O andiamo avanti così, sottoutilizzando gente come Guilavogui, Manquillo, Alderweireld, Rodriguez e Oliver, e ci accontentiamo di qualunque risultato dovesse arrivare, per quanto doloroso possa essere? È già tempo di scegliere? O, viceversa, si può ancora aspettare? O magari lasciamo scegliere al Fato? Sicuri che poi non avremo rimpianti? Contestazioni? Gente che improvvisamente darà fuoco alle polveri e si lamenterà delle tre partite giocate in due anni?
Il mese che arriva è durissimo, si giocherà ogni tre giorni, una situazione ideale per commettere errori e leggerezze. Vedremo cosa ci regaleranno il Cholo e i suoi filibustieri. Come ho già scritto, tra un mese – un mese e mezzo avremo più chiare le possibili risposte a queste domande.
Oggi piccola vacanza: metto le pagelle, ma tralascio il dettaglio dei giudizi, anche perchè più o meno si rischia di scrivere le stesse cose. Spero vogliate perdonarmi.


Atlético: Courtois 7,5; Juanfran 6,5, Miranda 6,5, Godín 7, Filipe Luis 6,5; Sosa 5,5 (Koke, m. 60 6), Gabi 7,5, Tiago 6,5, Arda 6,5 (Cebolla Rodríguez, m. 84 sv); Raúl García 7, Diego Costa 6.
No utilizados: Aranzubia, Adrián, Villa, Alderweireld y Guilavogui.


Valencia: Guaita; Barragán, Ricardo Costa, Mathieu, Bernat; Feghouli (Piatti, m. 67), Javi Fuego, Parejo, Míchel, Fede (Paco Alcácer, m. 57); y Helder Postiga (Pabón, m. 79).
No utilizados: Diego Alves, Vezo, Oriol Romeu y Ever Banega.
Goles: 1-0. M. 54. Godín. 2-0. M. 89. Raúl García.
Árbitro: Estrada Fernández. Expulsó por doble amarilla a Parejo (m. 90) y amonestó a Barragán y Míchel.
Unos 30.000 espectadores en el Calderón.

domenica 12 gennaio 2014

Atletico Madrid – Barcellona 0-0: derrochando coraje y corazon


400 milioni di differenza. Partiamo dalla fine: Simeone, nella conferenza stampa dopo la partita, ad un certo punto se ne è uscito con una osservazione piuttosto inusuale per uno come lui: “Abbiamo un gran rispetto del Barcellona, però tra noi c'è una piccola differenza di 400 milioni di euro”. Apriti cielo! Tonnellate di commenti, soprattutto dai tifosi culé e merengues che infestano i siti dedicati all'Atletico in misura tanto maggiore, quanto più facciamo loro paura (quindi, buon segno...), improntati a rimarcare che, di fronte a squadre come l'Elche, mai Simeone si sarebbe messo a ricordare quanti più soldi hanno i colchoneros di tutte gli altri club della Liga. Ovviamente, permettetemi un francesismo, costoro non hanno capito un cazzo. Simeone ha semplicemente detto, sia pure tra le righe, che l'Atletico ha giocato una signora partita, annullando una differenza astronomica tra le due società (buttate un occhio alle panchine), e che questo fatto, unito all'essere primi a pari punti con una corazzata di tal fatta è un traguardo grandissimo, di cui bisogna andare assolutamente fieri. Inoltre, credo abbia confermato implicitamente quanto dicevo nell'ultimo post: per lottare alla pari con le due potenze di Spagna, dobbiamo sempre essere al massimo, e comunque potrebbe non bastare. Perciò, bisogna essere fieri di quanto hanno fatto i nostri ragazzi. Se poi altri, segnatamente gli invidiosi o i supporter di squadre che si possono permettere collezioni di figurine tanto sterminate quanto prive di logica, vogliono dare altre interpretazioni, non possiamo certo impedirglielo, ma vediamo di non farci contagiare dalla loro stupidità.


Parlando di calcio giocato, abbiamo assistito ad una partita bella, nel suo genere. Vibrante, appassionata, tesa, con diversi preziosismi tecnici. Purtroppo sono mancate, a completare il quadro, delle occasioni da rete. Hanno vinto le difese, insomma, e se questo è un aspetto piuttosto comune nel gioco dell'Atletico, lo è molto meno nelle partite del Barcellona. L'interpretazione tattica ineccepibile e l'estrema concentrazione degli interpreti hanno prodotto un match “bloccato”, sia pure palpitante, nel quale l'inventiva dei solisti nulla ha potuto contro la straordinaria organizzazione dei due collettivi. Nel suo genere, è stata una gran partita, ma credo proprio che a nessuno spettatore neutrale sia mai balenato il dubbio che la partita sarebbe finita con un risultato diverso dal pareggio.
L'Atletico ha iniziato al galoppo, pressando molto più alto del solito e con un Diego Costa molto più accentrato e avanzato rispetto al match di Supercoppa, conseguenza, io credo, della doppia assenza di Messi e Neymar. Arda, una buona volta, è stato un continuo motore di gioco sul centrodestra. Miranda ha dato il massimo non solo in fase difensiva, ma anche nel rilancio dell'azione con passaggi precisi e ben ponderati. La fase di grazia dei colchoneros è durata un quarto d'ora, terminato il quale è stato il Barça a farsi avanti, facendo valere le sue superiori doti di palleggio. Nel complesso, però, l'Atletico non ha mai veramente sofferto i blaugrana.
Il secondo tempo ha vissuto, a sua volta, di fasi di dominio alterno, con un Atletico migliore, ovverosia essenzialmente più continuo, anche sul piano del gioco. Scarse le occasioni da rete, anche dopo l'ingresso di Messi e Neymar, ma ritmo indiavolato e una buona dose di ansia tra i tifosi, soprattutto man mano che si avvicinava la fine. Credo che a tutti noi sia venuta la paura di subire una beffa finale, magari su uno di quei colpi di genio che gente come i due suddetti può elargire anche con la febbre a quaranta, ma alla fine il pareggio è andato in porto, con legittima soddisfazione di tutti e due i contendenti (e questo è forse il risultato più importante: il Barça pensa di aver scampato una possibile, non probabile ma possibile, sconfitta, cioè ci ritiene al suo livello).


Chiudiamo il girone di andata con 50 punti, frutto di 16 vittorie, 2 pareggi e una sola sconfitta, con 47 gol fatti (terzo miglior attacco) e 11 subiti (miglior difesa). Roba da fantascienza, che nessuno di noi si sarebbe mai neanche immaginato due anni fa. E subito si scatena la ridda di domande: siamo da titolo? Cosa abbiamo dimostrato, con questo pareggio?
Sui giornali è tutto un fiorire di complimenti, titoloni che certificano il nostro status di candidati a pieno titolo alla Liga e chi più ne ha più ne metta. Ne sono felice e, come tutti noi, assolutamente fiero. Ma è la verità?
Devo dirvi, con la sincerità di chi si espone a una possibile figuraccia, che non credo che vinceremo. Magari arriveremo fino in fondo, ma solo un miracolo ci permetterà di vincere. Come ho già detto, abbiamo un rendimento da squadrone senza, in verità, esserlo. E penso che anche il Cholo, con la frase sui quattrocento milioni, abbia voluto dire questo: ci impegneremo al massimo, saremo sempre lì, con un po' di fortuna e tanta concentrazione, ma per vincere un campionato così lungo, bisogna attendere ancora un anno o due. Magari invece Barcellona e Real andranno avanti in Champions', si distrarranno, perderanno qualche punto, e noi riusciremo a vincere, ma si tratterebbe di una congiunzione astrale di una tale portata che neppure possiamo prevederla. E comporterebbe, ahinoi, una nostra uscita dalla Champions, diciamo, ai quarti. Cose di questo tipo ne sono già successe, nella storia del calcio (l'anno del doblete, in fondo, andò così: noi giocavamo un calcio fantastico; loro erano, per motivi vari, in crisi), ma se ne può cogliere la portata solo dopo che sono accadute, non prima, Prima, non sono immaginabili neppure nel migliore dei sogni.
Non sto buttando la spugna, né credo che lo faranno il Cholo e i suoi. Sto solo dicendo che la risposta alla domanda “vinceremo?” può essere una sola: quasi sicuramente no, ma siamo sicuri che daremo l'anima per farlo e per sentirci fieri di noi.


Note positive
Arda Turan: sulla destra è inesauribile, sia in fase di spinta che di contenimento, e regala perle assolute. La continuità, sua storica mancanza, lo rende il vero regista di tutta la manovra atletica, anche se purtroppo, in una partita tanto bloccata, alla fine non riesce a incidere come la sua vena avrebbe meritato.
Miranda: sontuoso dietro, costantemente pericoloso sui calci d'angolo, abile nel rilanciare l'azione e nel ribaltare il fronte. Torna ai suoi straordinari livelli stagionali, dopo l'apparente calo delle ultime settimane.

Note negative
Diego Costa: il posto sarebbe di Villa, ormai un habitué dietro la lavagna, ma non voglio infierire. Allora concentriamoci sull'uomo di Lagarto, che in campo dà l'anima ma che, in questo 2014, è ancora all'asciutto. E siccome un attaccante si valuta principalmente per i suoi gol, ecco l'appunto. Non è più brillante e quindi, com'è inevitabile per uno più fisico che tecnico come lui, non ha quel quid che gli ha permesso, finora, giocate quasi impossibili. Non riesce a sfuggire al suo marcatore, sebbene questi sia il sontuoso Piqué e non il primo che passa per strada, se lo fa manca del guizzo che prima lo contraddistingueva, si perde talvolta nel dribbling in più (vedi partita di martedì contro il Valencia), segno di una certa insicurezza legata al calo di condizione. Nulla di preoccupante e molto di fisiologico, io credo, però temo anche che sia arrivato il momento della famosa domanda: se non segna lui, chi altri?




Atlético de Madrid Courtois 6,5; Juanfran 6,5, Miranda 8, Godín 7,5, Filipe Luis 6,5; Arda 8, Gabi 7, Tiago 7 (Cristian Rodríguez, m. 82 sv), Koke 6,5; Diego Costa 6, Villa 5 (Raúl García, m. 76 sv).
No utilizados: Aranzubia; Alderweireld, Insúa, Guilavogui y Sosa.

Barcelona Valdés; Alves, Piqué, Mascherano, Jordi Alba; Busquets, Xavi, Iniesta (Messi, m. 46); Pedro (Roberto, m. 81), Fàbregas, Alexis (Neymar, m. 67).
No utilizados: Pinto; Bartra, Song y Adriano.

Árbitro: Mateu Lahoz. Amonestó Gabi, Godín, Jordi Alba, Mascherano y Alves.

54.800 espectadores en el Vicente Calderón.

domenica 5 gennaio 2014

Malaga – Atletico Madrid 0-1: abrir la lata


Due anni dopo, Simeone torna sul luogo del delitto. Allora l'avventura cominciava con un diligente pareggio che lasciava intravvedere margini di miglioramento, ma nessun indizio su quanto sarebbe accaduto dopo. Ieri, invece, abbiamo assistito all'ennesima vittoria di questo Atletico trasformato e impressionante per la sua capacità di uscire da ogni tipo di situazione col massimo del bottino: e sono sedici vittorie, un pareggio e una sconfitta; qualcuno potrebbe attaccare la solita solfa della fortuna, ma i numeri indicano che c'è molto di più, ovverosia una attitudine alla lotta che riguarda tutto il gruppo e che, alla lunga, schianta tutti coloro che non la possiedono (e cioè tutti o quasi).
Aveva ragione Schuster, l'unica, contro questa squadra, è giocare una partita accorta e sperare in una giornata storta dei biancorossi. La partita di ieri, dura e difficile, in questo senso credo che indichi chiaramente cosa ci aspetta il futuro: difese a cinque, centrocampi pieni di incontristi, aggressività e intensità nel tentativo di fermare Diego Costa e sostanzialmente impedire le azioni in velocità che sono state finora il marchio di fabbrica dell'Atletico 2013-2014.
Non siamo più la sorpresa che si può sempre sottovalutare, ormai siamo lo squadrone da battere per dare prestigio alla propria stagione. La vera domanda, a questo punto, è se abbiamo i mezzi per recitare fino in fondo il ruolo che gli altri ci assegnano. Sapremo imporre il nostro gioco? Avremo la tecnica e la lucidità tattica per giocare sempre e comunque un calcio propositivo? E le capacità strategiche?
Le risposte fornite dalla partita di ieri e da quella col Levante forniscono un quadro in chiaroscuro che non è semplice decifrare. Vediamo di limitarci a osservare i fatti, mentre per quanto riguarda le dinamiche tutto è decisamente più aleatorio.


Innanzi tutto, è ormai assodato che siamo capaci di giocare qualunque tipo di calcio, da quello attendista a quello propositivo (se mai queste due parole hanno significato qualcosa, va da sé...), spesso modificando l'atteggiamento in corso d'opera, come qualunque osservatore onesto (qualifica che esclude il 90% della stampa spagnola) potrà dire. Altra cosa è se entrambe le cose ci vengano bene: e qui casca l'asino. Ieri siamo stati lenti, imprecisi e banali come non capitava da tempo. La cosa in sé non porrebbe particolari problemi, se non si fosse manifestata dopo la partita contro il Levante, match al calore bianco ma povero di gioco anche da parte dei colchoneros.


Quel che si è visto ieri è il difetto antico di questa squadra: la mancanza di un tasso tecnico elevato. Il problema è ben noto anche al Cholo, che ha chiesto e ottenuto il trequartista che cercava e che finora ha mascherato il tutto coll'intensità ben nota.
Ma cosa succede quando la condizione atletica scende? Io non sono un esperto, e qui mi avventuro nel campo delle supposizioni, ma noto una certa mancanza di brillantezza in diversi giocatori: Koke mi pare bisognoso di una pausa e anche Filipe, un altro dei nostri punti di forza, non mi sembra al top. Arda ha giocato la solita partita arruffona di chi non ha lo spunto per saltare gli avversari e quindi prova cose che non gli riusciranno mai; Diego Costa, in parte perché bloccato dagli avversari, in parte perché a sua volta come opacizzato sul piano atletico, non è praticamente mai riuscito a liberarsi al tiro. Villa è stato, una volta di più, inguardabile e, soprattutto, inutile dal punto di vista tattico: anche qui, l'impressione è che il lavoro atletico non l'abbia certo recuperato né riportato alla sua (ormai perduta?) brillantezza.


Sottotono sul piano fisico, l'Atletico mostra qualche crepa anche sul piano del gioco: passaggi sbagliati, meccanismi inceppati, molte palle perse e via discorrendo. Ergo, se non sei superiore agli altri tecnicamente, devi supplire con la velocità e l'aggressività, che però ultimamente stanno scemando.
Voglio dire, siamo uno squadrone senza in realtà esserlo, per abilità tecnica e profondità di scelte in panchina: il rischio concreto non è che ci siano sempre più partite come quella di ieri o quella contro il Levante, con gli avversari barricati davanti alla propria porta, ma che, senza velocità, il nostro tasso tecnico non ci permetta di scassinare sempre il fortino. Non è un caso che ieri, nel tentativo di modificare il canovaccio del match, Simeone abbia fatto uscire i due “giocolieri” (Oliver e Arda) e abbia messo dentro due ali o presunte tali (Adrian e Rodriguez). A mio parere, due sono i motivi di una scelta che ha scatenato più di una perplessità tra i tifosi dei colchoneros e entrambi i motivi si rifanno alla evidente mancanza di profondità della manovra biancorossa: in primo luogo, dare un maggior ritmo a una squadra in cui nessuno, o quasi, correva senza palla per cercare di crearsi uno spazio; il secondo, la consapevolezza che i nostri giocatori tecnici non sono così bravi da creare occasioni anche da fermi.
Alzi la mano chi ha mai visto Arda Turan risolvere una partita da solo: il turco è bravo, ma non è un trascinatore e neppure un solista, è un giocatore che si esalta in un contesto armonico che gioca in velocità e che riesce a creare spazi o a sfruttare quelli che la disorganizzazione degli avversari gli lascia. Appena manca di brillantezza, diventa un giocatore ordinario: non è che ieri non ci abbia provato, a creare gioco e a saltare gli avversari, è che non gli è proprio riuscito.
Oliver, poi, si è rivelato per quello che è, ovverosia un giocatorino acerbo, carente sul piano fisico e in difficoltà quando non può giocare come vuole. In altre parole, non è smaliziato e Simeone fa bene a dosarlo col contagocce: l'esame, ieri, è stato fallito in pieno, e fa niente se il suo sostituto, Adrian, abbia regalato un'altra orrenda prestazione senza nerbo.
Questo conferma soltanto l'altra parte dell'assunto di partenza: esiste veramente una possibilità di scelta, in panchina? Chi è il sostituto di Arda? Chi quello di Koke? Chi di Diego Costa? Chi di Villa? Chi il sostituto di questi eventuali sostituti?


Il partido a partido tanto caro a Simeone in certi contesti mostra la corda. Non perché io non la pensi come lui, ma perché mi pare che si rischi di rimanerne schiavi. Se giocano sempre gli stessi undici, l'usura dei titolari aumenta e le riserve non apprendono a giocare coi compagni. Per di più il gioco di Simeone necessita di una notevole preparazione teorica, che solo i faciloni non colgono e che comunque deve essere sperimentata anche sul piano pratico. Se si inseriscono dei sostituti, la qualità complessiva e la manovra corale precipitano. Bastano però due o tre assenze per creare uno scompenso notevole, in un contesto simile.
Io non ho soluzioni, badate bene. Capisco e approvo, lo ripeto una volta ancora, la filosofia del Cholo. Solo che non mi pare vera fino in fondo: se il pensiero è che ce la giochiamo fino alla fine una partita alla volta, perché tanto sappiamo che, salvo miracoli, non potremo ambire a niente più del terzo posto, forse è il caso di far giocare più spesso gente come Alderweireld, Guilavogui e Manquillo, prima di rischiare che alcuni cardini della squadra arrivino alle occasioni che contano oberati di cartellini, fuori forma o addirittura infortunati. Non si tratta di abbandonare la filosofia che ci ha fin qui contraddistinto, ma di valutare se non possa maggiormente essere integrata con un allargamento effettivo della base di giocatori effettivamente arruolabili. Se poi ci trovassimo, a febbraio – marzo, ad affrontare la Champions' con una squadra menomata ed usurata, cosa diremmo della grande occasione buttata via? Qualcosa in più per coniugare partido a partido e sfruttamento in profondità di una rosa comunque scarsa per numeri e, soprattutto, qualità, io credo che si potesse fare.


Detto tutto questo, continuo ad avere massima fiducia in Simeone: sa meglio di tutti cosa possono dare i suoi giocatori, vive di impressioni di prima mano e non mediate dalla partita domenicale o dalla televisione, parla costantemente col suo staff. Insomma, se fa delle scelte, ha motivazioni molto puntuali per sostenerle. Al momento poi, i numeri sono dalla sua parte.
Alla fine, il partido a partido significa proprio questo: me la godo, soprattutto se guardo indietro e ripenso a dove eravamo, due anni fa, proprio a Malaga.


Note positive
Juanfran: si dà da fare come può nel deserto di una partita senza occasioni e senza ritmo. Peccato per l'ammonizione che lo spingerà a saltare la partita col Barcellona.
Tiago: cerca di dare geometrie e di offrire passaggi illuminanti, ma anche lui soffre l'intasamento nella metacampo avversaria
Diego Costa: pur in giornata di scarsa vena, risulta decisivo. E' da una sua caparbia iniziativa sulla sinistra che nasce il gol di Koke.


Note negative
Villa: ancora una volta evanescente. Per di più, nessuno può cancellare l'impressione che non sia stato sostituito solo perché mancava Raul Garcia. Un tempo, se non segnava, compiva almeno un certo lavoro tattico là davanti, ma ora è nullo anche in questo senso.




Málaga Caballero; Gámez, Sergio Sánchez, Angeleri (Morales, m. 77), Weligton, Antunes; Eliseu (Duda, m. 65), Camacho, Darder, Samu; Juanmi (Santa Cruz, m. 65).
No utilizados: Kameni; Flavio, Anderson y Portillo.

Atlético de Madrid Courtois 6; Juanfran 6,5, Miranda 6, Godín 6, Filipe Luis 5,5; Arda 5 (C Rodríguez, m. 61 6), Tiago 6,5, Koke 6, Óliver 4 (Adrián, m. 45 5); Diego Costa 6, Villa 4 (Alderweireld, m. 84 sv).
No utilizados: Aranzubia; Insúa, Guilavogui y Sosa.

Gol: 0-1, 70' Koke.

Árbitro: José Antonio Teixeira Vitienes. Amonestó a Miranda, Darder, Tiago, Angeleri, Juanfran (baja ante el Barcelona), Diego Costa, C Rodríguez, Samu y Antunes.

La Rosaleda. Unos 25.000 espectadores.