giovedì 26 giugno 2014

Bilancio della stagione 2013/2014: l'allenatore

Ancora una volta, tocca ripetere buona parte dei concetti espressi giusto un anno fa: l'Atletico Madrid è Diego Pablo Simeone. Punto.
Lasciate perdere gli innumerevoli articoli comparsi sulla stampa nostrana e tutti tesi a glorificare una società abile come non mai a costruire un progetto vincente con pochissimi soldi. In realtà, non esiste progetto, non esiste neppure una straordinaria abilità di mercato della coppia Caminero – Berta. Esiste solo l'incredibile capacità del Cholo di trasformare in giocatori duri e puri qualunque tipo di pedatore gli venga affidato. Basterebbe riguardare la rosa dei nomi di tre stagioni fa per accorgersi che il duo succitato non c'entra nulla: praticamente tutti i giocatori che hanno sfiorato la duplice impresa c'erano già e quasi tutti quelli che sono arrivati negli ultimi tre anni non hanno praticamente lasciato traccia.
Quindi, meriti assoluti, totali, di Simeone, per la cui continuità sulla panchina dei colchoneros dobbiamo pregare notte e giorno a oltranza.

Aggiungo una piccola parentesi sul mercato in svolgimento: molti vogliono abbandonare l'Atletico, convinti di non poter ottenere di più in questa squadra e di poter spuntare ingaggi faraonici altrove. Concordo con la società (e con Simeone, io credo): se arriva qualcuno disposto a pagare l'intera clausola di rescissione, che se ne vadano, perchè chi non è motivato non serve alla causa. Però, ed ecco il punto, costoro sono sicuri che andranno bene? Che il loro valore  non abbia nulla a che vedere col fatto di avere un allenatore come il Cholo? Che, cioè, in un'altra squadra, con un altro allenatore, renderebbero allo stesso livello? Io non ne sono affatto convinto; anzi ho l'impressione che molti tra quelli che se ne sono andati tendano a sopravvalutarsi. Contenti loro...

Tornando all'argomento di questo post, bisogna dare atto a Simeone di essere bravissimo non solo a sfruttare al massimo le qualità dei propri giocatori, ma anche e soprattutto a mascherarne i difetti (appunto...) con un sistema di gioco molto organizzato, basato sul mutuo soccorso e sulla coesione tra reparti. Questa sua abilità ha generato una squadra praticamente inarrestabile fino a dicembre, mese dopo il quale il livello fisico e di gioco si è abbassato e solo raramente è ritornato ai fasti di inizio stagione. Alle difficoltà della seconda parte della stagione hanno supplito la forza mentale e la coesione del gruppo, oltre che le giocate di strategia, altro grande marchio di fabbrica del Cholo, che ai tempi del Doblete aveva sicuramente interiorizzato l'importanza delle reti su palla inattiva. Era dai tempi di Antic, infatti, che i biancorossi non avevano schemi precisi per calci d'angolo e punizioni, mentre con Simeone ogni aspetto del gioco è organizzato nei minimi dettagli. Quest'ultimo aspetto ha ovviamente generato non solo una grande forza difensiva, ma anche una grande fiducia del gruppo nelle proprie capacità di risolvere le partite anche nei momenti di maggiore difficoltà, una fiducia così grande da aver portato più volte i biancorossi non solo a sconfiggere avversari di cui avevano subito il gioco per lunghi tratti, ma anche a battere squadre sulla carta notevolmente superiori.

Esistono dunque, in questo paesaggio idilliaco, elementi di debolezza?
Ovviamente sì. E purtroppo coincidono con i punti di forza del progetto cholista, di cui sono l'altra faccia della medaglia.
Fondamentalmente la questione è molto semplice: si esige dai giocatori una tale concentrazione e una tale aggressività che molti non riescono ad adattarsi al meccanismo. O meglio, che non è possibile adattarsi al tipo di gioco voluto dal Cholo se non dopo molte partite, partite che però le riserve non riescono a giocare perchè il loro inserimento preclude il funzionamento del meccanismo nel suo complesso.
Il nucleo che ha giocato le 61 partite della stagione scorsa è stato di 14 giocatori, non di più. Tutti gli altri hanno giocato spezzoni o partite nelle quali hanno finito per non rendere quanto ci si aspettava.
Ovverosia il Cholo ha affrontato tutta la stagione con un nucleo ristretto di giocatori, in parte perchè le riserve non erano di gran livello, in parte perchè le sue stesse scelte hanno impedito loro di crescere e migliorarsi.
La filosofia del partido a partido richiede il massimo ogni volta, ma le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: l'Atletico ha finito la stagione sulle ginocchia e ha rischiato di perdere sia il campionato che la Champions'. D'altra parte, chissà se i colchoneros sarebbero arrivati a un passo dallo storico doblete se il Cholo avesse applicato un'altra strategia. Le rare volte infatti che Simeone ha derogato dal suo principio-guida (spesso senza ammetterlo apertamente), l'Atletico ha giocato le sue peggiori partite.

Si è così creata una contraddizione insanabile: se è vero che buona parte della colpa è addebitabile alla società, che a causa delle gestioni scellerate degli anni scorsi non ha soldi per comprare giocatori di valore, è costretta a vendere i pezzi pregiati e di conseguenza può fornire all'allenatore solo pochi ricambi e spesso non all'altezza, dall'altra parte abbiamo un allenatore che ha chiesto espressamente un gruppo di 21 giocatori e, quando ha indicato i rinforzi del mercato invernale, non è sembrato azzeccare le scelte, oltre a non permettere alle riserve e ai giovani di crescere.
Che ne è stato infatti dei giovani all'Atletico, quest'anno? Molti sono andati in prestito senza aver quasi mai giocato, altri sono rimasti per non giocare mai. Si può crescere, in questo modo? I Mondiali dimostrano, per esempio, che Gimenez è un signor giocatore, pronto per certi palcoscenici, almeno come “dodicesimo”. Manquillo non ha mai demeritato; Saul è stato eccezionale nel Rayo, Oliver ha fatto bene nel Villareal.
Il solo Koke è diventato titolare dei colchoneros.
Per parlare di giocatori già affermati, Alderweireld ha evidenziato un buon livello, sia con noi che ai Mondiali.
A fallire sono stati anzi i giocatori richiesti o approvati da Simeone: Sosa, Diego, Cebolla Rodriguez.

Quindi, in conclusione, al Cholo non posso che confermare il 9,5 dello scorso anno: ha rigenerato l'Atletico e ne ha fatto non solo una squadra, ma anche una società di calcio. E anche se sono convinto che la proprietà ostacoli, più che agevolare, il suo lavoro, non posso che segnalare la contraddizione che vedo: Simeone è anche causa delle difficoltà ad emergere e della mediocrità (solo presunta?) di alcuni componenti della rosa.

lunedì 16 giugno 2014

Bilancio della stagione 2013/2014: l'attacco


Diego Costa, 9,5: 27 gol in 35 partite di Liga, 8 in 9 match di Champions'. Numeri di una stagione straordinaria, nella quale ha dimostrato di poter egregiamente sostituire Falcao, al punto da diventare il crack della stagione europea. Già l'anno scorso si era messo così in luce da fare ombra al colombiano, ma quest'anno è stato quasi perfetto. Ha segnato in tutti i modi, anche se si è distinto nel tagliare in due le difese, incuneandosi a viva forza tra centrale e terzino avversari, e nello svariare su tutto il fronte d'attacco, sia verso l'esterno che verso l'interno. spirito di sacrificio, abilità nello svariare e nel tagliare in due le difese, tecnica (il gol in finale, ma non solo). Inoltre ha permesso alla squadra di guadagnare diversi rigori e una valanga di cartellini causati dalle maniere forti con le quali gli avversari hanno cercato (quasi sempre inutilmente) di fermarlo. In molte partite si è letteralmente caricato la squadra sulle spalle e l'ha trascinata alla vittoria. A impedire che la sua stagione fosse perfetta hanno contribuito alcuni fattori: prima di tutto, la sua tecnica non perfetta (anche se efficace in velocità), che lo ha portato a sbagliare diversi rigori; poi un certo egoismo, particolarmente evidente nei momenti di calo fisico, quando, invece di giocare per gli altri, si intestardiva nel tenere la palla tra i piedi e nel tirare sempre e comunque. Stendo un velo pietoso sulla tragicommedia del viaggio a Belgrado per curarsi con la placenta di cavalla...

Villa 6,5: inizia di buona lena, svolgendo un gran lavoro tattico per gli inserimenti dei compagni, ma progressivamente si spegne e si rivela un corpo estraneo alla squadra, tanto da spingere Simeone a cercare soluzioni alternative per arrivare alla porta avversaria. Ha comunque segnato 13 reti in Liga, ma il suo contributo di reti si concentra quasi interamente nel periodo novembrino. Da lì in poi, anche buone gare, ma una allergia costante alla rete avversaria: il grande match di Champions' col Barça può essere considerato lo zenit di questa tendenza, mentre l'orrore contro il Malaga il nadir. Alla fine, un acquisto poco incisivo e decisamente azzardato, per il quale non ho mai condiviso l'entusiasmo del Calderon (ricordate i 25.000 alla presentazione ufficiale?): quello che avrebbe potuto rivelarsi un'ottima riserva non ha quasi mai brillato da titolare.

Adrian, 4,5: per il secondo anno consecutivo un vero disastro. Abulico ed evanescente, non si è schiodato dalla panchina per buona parte della stagione. La buona partita col Barcellona al Calderon e il gol a Stamford Bridge sono due piccole perle in un mare di delusione infinita.

Leo Baptistao, 5: ha giocato poco, ma si è raramente distinto. Un gol allo Zenit e poi la costante impressione che corresse a vuoto e con scarsa consapevolezza tattica.

sabato 14 giugno 2014

Bilancio della stagione 2013/2014: il centrocampo


Arda Turan, 7,5: anche quest'anno si è mostrato scostante e ha alternato dettagli di pregio a lunghe pause. Non ricordo prestazioni di altissimo livello per tutti i novanta minuti, se si escludono l'andata in Liga con il Barcellona e il ritorno col Chelsea. Memorabile anche l'assist per Koke nel 2-2 contro il Real, al termine di un'azione bellissima. Nel mezzo, però, molta indolenza e la solita pausa tra dicembre e marzo. È praticamente l'unico giocatore di fantasia della rosa, senza il quale il gioco ristagna tra un geometrismo non sempre efficace, soprattutto quando non è supportato da una condizione atletica straripante, e le soluzioni a palla inattiva. Però non è né un trascinatore, né un solista: funziona in un complesso che si muove armonicamente, ma raramente è in grado di accendere la luce nei momenti di difficoltà. Inoltre, pur applicandosi nella copertura, non sempre è presente e lucido (a Milano, per dire, in coppia con Insua è stato disastroso).

Gabi, 10: cuore di capitano, è stato eccezionale per tutta la stagione. Non ricordo partite sbagliate o sbavature: sempre lucido, presente, efficace. Con tutti i suoi limiti, è riuscito a infilare una stagione perfetta, rivelandosi la mente dell'organizzazione difensiva dell'Atletico, con la sua straordinaria abilità nel guidare i movimenti di copertura di tutta la squadra (che vedremo in dettaglio in un prossimo post). Quando la squadra non girava, ha sostenuto, spesso da solo, tutto il peso del centrocampo, distribuendo il gioco con i suoi lanci lunghi, lui che regista non è affatto. Ottimo anche nei calci piazzati, che spesso si sono trasformati in assist decisivi per i compagni e hanno fruttato moltissimi punti.

Koke, 9: questa è stata la stagione della consacrazione, nella quale si è rivelato come straordinaria mezzala a tutto campo, abile nel gioco tra le linee e micidiale negli assist. Simeone ha più volte detto di vederlo, in futuro, come mediano, ruolo ricoperto in gioventù, ma di fatto raramente lo abbiamo visto in quella posizione. Ha avuto un calo tra dicembre e marzo, come molti compagni, ma ha veramente sempre dato tutto in campo. L'unico vero difetto, se vogliamo, è anche quello che gli impedirà di essere titolare in nazionale: sa fare tutto, ma non è specializzato né fenomenale in nulla, né nella fantasia dei passaggi, nè in interdizione, né in regia.

Raul Garcia, 8,5: l'anno scorso l'avevo qualificato come la più grande delusione della stagione, ma quest'anno ha veramente impresso il suo sigillo sulla grandissima stagione dei colchoneros, conquistando finalmente il pubblico del Calderon. Paradossalmente, ma non troppo, sfruttando proprio la propria limitatezza, emblema massimo di una squadra che sa esattamente cosa è in grado di fare e cosa no e gioca in modo da nascondere i propri difetti. Come è noto, il problema è sempre stato definirne il ruolo: non è un regista, né un centrocampista continuo nell'inserirsi in avanti; non ama fare il mediano di rottura, ma non è in grado di giocare da trequartista, visto che non possiede né visione di gioco né creatività, è piuttosto lento e non sa saltare l'uomo. Quest'anno però Simeone lo ha utilizzato come vero e proprio dodicesimo, ruolo a cui pare destinato per le sue carenze, avanzandolo di qualche metro come seconda punta-centrocampista d'assalto (non saprei neppure come definirlo, in realtà). E qui è esploso: inserimenti, tiri da fuori, una velenosa abilità nello sfruttare i rimpalli, colpi di testa, grande sacrificio in copertura, persino qualche assist. I suoi gol sono stati preziosissimi per vincere partite che parevano inchiodate sullo 0-0 (ne ricordo due: Getafe e Valencia); il suo lavoro d'appoggio ha scardinato la difesa del Barça in Champions'. Inoltre non sono mancati gol di pregevolissima fattura (uno fantastico contro il Porto). Insomma, un vero e proprio apriscatole, sempre pronto e sempre utile, tranne nel derby di andata di Coppa del Re, quando, costretto dal Cholo a un ruolo non suo, ha clamorosamente fallito (come tutti, del resto). Rimane la certezza che non possa essere titolare fisso, ma un jolly per tutte le occasioni, a patto di essere messo in condizione di fare le (poche) cose che sa fare.

Tiago, 7,5: rispetto all'anno scorso ha giocato molto di più e ha spesso brillato per le sue qualità tecniche e tattiche. Si è confermato non velocissimo, ma molto più mobile della scorsa liga e decisamente abile nel prendere in mano il gioco dei colchoneros, giocando tra l'altro da “centromediano metodista”: spesso dietro Gabi, a supporto della coppia difensiva, ma anche in impostazione, con numerose puntate in avanti a sostegno dell'attacco, pur dimostrando ancora una volta di non essere un regista. Insomma una sorta di mezzala a tutto campo, capace di chiudere e impostare con la stessa facilità. Non sono comunque state tutte rose e fiori: nella prima parte della stagione ha giocato con poco nerbo, salendo di tono solo col nuovo anno solare. La partita monumentale contro il Barcellona ne ha confermato, paradossalmente, pregi e difetti: essenziale quando si tratta di elevare il (povero) tasso tecnico del centrocampo, purchè la sfida non sia al calor bianco e quindi gli avversari siano poco aggressivi. Due errori micidiali nella finale di Champions'

Mario Suarez, 5: ancora una volta, ha iniziato benissimo, con un'ottima prestazione in Supercoppa, e si è spento progressivamente. Pare abbonato alle buone prestazioni solo in diretta televisiva: per il resto, il solito scarso filtro, la solita difficoltà nei passaggi e nel prendersi una qualunque responsabilità nell'impostare. Nei fatti, dà sempre la sgradevole impressione di non sapere mai cosa fare del pallone e di necessitare costantemente una guida. Un errore gravissimo nel disimpegno ci è costato il 2-2 di Ronaldo nel derby del Calderon.

Cristian Rodriguez, 5: la sua stagione è stata assolutamente incolore. Prima riserva “pura” (stante Raul Garcia come ibrido titolare-riserva) raramente ha lasciato il proprio sigillo sulla partita. Non lo ricordo praticamente mai andare via di forza sulla fascia, movimento che l'anno scorso gli riusciva abbastanza, né supportare il gioco dei compagni. Ad un certo momento, invece di moltiplicare i propri sforzi per farsi valere, ha detto chiaro che voleva andar via. Verrà accontentato e nessuno di noi rimpiangerà la sua mancanza di senso tattico.

Sosa, 6,5: arrivato in inverno su precisa richiesta del Cholo, non ha dato quello che ci si aspettava. Alcuni buoni dettagli, soprattutto su calci piazzati, ma anche una costante sensazione di estraneità rispetto ai meccanismi di gioco della squadra. In finale col Real è stato praticamente inutile e non ha svolto il compito che gli era stato assegnato, tenere la palla lontano dalla nostra area.

Diego 5: la più grossa delusione della stagione. Richiesto per due anni dal Cholo è finalmente arrivato e non ha apportato praticamente nulla. I suoi difetti sono noti, ne ho parlato a lungo e non starò a ripetermi. Quello che osservo che non si sono visti neppure i suoi pregi e che probabilmente non è arrivato a Madrid con la stessa voglia che aveva avuto nella prima tappa: d'altra parte molte cose sono cambiate nel frattempo e la sua colpa (e credo anche del Cholo...) è stato non averle capite. Di positivo, ricordo solo la prestazione con la Real Sociedad, il gol straordinario ma casuale a Barcellona e la partita col Valladolid, quando le praterie sconfinate lasciategli dai derelitti pucellani lo hanno esaltato. Alla fretta assurda di metterlo in campo imputo il disastro del Bernabeu in Coppa del Re, invece.

Guilavogui, 5,5: ha giocato pochissimo prima di ritornare (in prestito) al Saint Etienne, mostrando alcuni dettagli di pregio ma nel complesso dando l'impressione di non essere mai veramente in sintonia con i compagni. Ci ha messo una discreta volontà di proporre gioco, ma è sempre parso leggermente sfasato rispetto ai compagni: sempre troppo avanti o troppo indietro nei movimenti e nelle proposte di gioco. Tecnicamente mi è parso un po' grezzo, anche se con notevoli margini di miglioramento. Forte fisicamente, è comunque parso in difficoltà anche sul piano atletico, anche perchè è arrivato alla fine del mercato estivo e non ha compiuto la preparazione coi compagni. La vera questione in realtà è se abbia mai voluto integrarsi nell'Atletico, non solo nel gioco ma anche nello spogliatoio e nell'ambiente: diverse sue dichiarazioni paiono suggerire una risposta negativa, con l'aggravante che non sembra entusiasta di tornare dal prestito per giocare con noi la prossima stagione. E se ti scoccia giocare nella squadra campione di Spagna e vicecampione d'Europa, forse è meglio che tu te ne vada.

Oliver Torres, 6,5: una vera perla, capace di inventare giocate magnifiche. Tuttavia non è ancora pronto per il gioco del Cholo, che richiede una forza fisica e mentale che il ragazzino ancora non ha. Molta sofferenza, quindi, nel rispettare le indicazioni tattiche e il carico fisico del gioco colchonero. Nel Villareal, in prestito, ha fatto decisamente meglio. Ha comunque segnato il suo primo gol in prima squadra contro il Betis.

domenica 8 giugno 2014

Bilancio della stagione 2013/2014: la difesa


Courtois, 9,5: la sua stagione è stata impressionante, all'insegna di una continuità di rendimento incredibile. Di fatto ricordo solo pochissime partite macchiate da errori (contro l'Espanyol e l'Athletic). In generale la fama della straordinaria difesa dei colchoneros è dovuta alle sue grandissime parate, con le quali ha supplito ad ogni sbavatura dei compagni. Portiere vecchio stampo (nel senso che preferisce rimanere tra i pali), è tuttavia coraggioso nelle uscite e abile nella scelta del tempo dell'intervento in qualunque situazione. Impressionante la reattività su tiri da vicino e deviazioni dell'ultimo secondo. Inoltre se la cava bene con i piedi e più di una volta l'azione è ripartita da lui: per dire, un portiere che riunisce la migliore tradizione classica del ruolo con le qualità che la modernità impone. Ciò che ha più impressionato è stata la tenacia con la quale ha progressivamente curato i propri piccoli difetti. A mio parere è il miglior portiere del mondo, o comunque tra i primi cinque.

Aranzubia, 5: pochissime partite e la complessiva impressione che non fosse affatto un granchè. Negli occhi rimangono la buona partita col Porto (quando parò un rigore) e il disastro con l'Almeria (due errori marchiani e due gol incassati: difficile fare peggio).

Godin, 9: la sua stagione migliore, quella nella quale è stato, semplicemente, monumentale. I suoi difetti (una certa scarsa reattività, i cali di concentrazione e i gravi errori nel controllo di palla, causa di diversi rigori negli anni scorsi) sembrano scomparsi. Anzi ha mostrato grande esplosività, notevole senso dell'anticipo, grande abilità nella marcatura e un notevole senso del gol sui calci piazzati. Memorabili i suoi gol di testa contro Barcellona e Real nelle ultime due partite dei colchoneros. In alcune partite (cito a memoria contro l'Espanyol e a Pamplona) è stato invece esitante e insicuro, sempre in assenza di Miranda: di fatto conferma di essere scudiero del brasiliano, con il quale rende al meglio.

Miranda, 9: anche per lui una stagione mostruosa, che ne ha evidenziato i pregi: grande senso della posizione, ottimo anticipo, lancio lungo preciso e buona visione di gioco. Ha confermato di essere molto bravo di testa, sia nella propria area che in quella altrui: anche quest'anno, soprattutto su calcio d'angolo, diversi gol pesanti sono arrivati così, su tutti quello contro l'Elche nelle ultime giornate. Ricordo una sola partita veramente sbagliata, l'andata contro il Levante. La seconda stagione ad alto livello lo ha reso, infine, appetito dalle grandi d'Europa, col rischio che possa andarsene.

Filipe, 8,5: decisamente più continuo dell'anno scorso, si è distinto non solo per la potenza delle proprie incursioni, ma anche per il grande lavoro difensivo, non solo sul piano dei recuperi ma anche nel presidio dell'area e nella marcatura. Ottimi i suoi cross, deliziose alcune combinazioni sulla fascia con Arda. Difetta nel tiro: si contano pochissimi tentativi a rete. Anche per lui, qualche sbavatura, nella terza di Liga contro la Real Sociedad e poi alla terzultima col Levante.

Juanfran, 7,5: ha iniziato l'anno così come aveva concluso quello scorso, timido e impacciato. All'inizio spingeva pochissimo e ciò nonostante infilava una serie impressionante di sbavature difensive (col Barcellona in Supercoppa, a San Sebastian, a Vienna... e potrei andare avanti), poi è progressivamente cresciuto e ha cominciato a dipanare assist e percussioni in quantità industriale. Abilissimo soprattutto nel giocare al di là dell'avversario come sponda per le conclusioni in area dei compagni, come a Stamford Bridge. Resta comunque l'anello debole di una difesa fortissima, anche se non invulnerabile come è stato scritto.

Alderweireld, 6,5: centrale di scuola Ajax, arrivato in cambio di Demichelis, ha mostrato buone qualità e mi attendo che acquisti sempre più spazio tra i colchoneros. Disastroso contro l'Espanyol, è poi migliorato fino a segnare il gol decisivo contro il Malaga, su calcio d'angolo come nella miglior tradizione dei centrali biancorossi. Deve comunque crescere, perchè è apparso poco reattivo sul breve e non fortissimo in marcatura: una sorta di clone di Miranda, con cui condivide anche una certa abilità nell'impostare, la mancanza di grande velocità e un'interpretazione del ruolo basata più sulla posizione e sull'anticipo che non sull'esplosività.

Manquillo, 6,5: ha giocato poco, prima di infortunarsi, ma ha convinto quasi sempre. Di fatto, ricordo solo una prestazione negativa, a Vallecas. Appare più abile in avanti che non nella fase difensiva, ma le qualità per crescere anche in questo ambito non gli mancano.

Insua, 3: una autentica sciagura. Appena accettabile in avanti, è stato disastroso in almeno due occasioni, a Milano (quando ogni azione del Milan è nata nella sua zona) e nel derby di coppa perso 3-0 (è stato letteralmente distrutto da Jesé). La fase della stagione in cui ha sostituito Filipe ha coinciso con la flessione dei colchoneros e, a mio giudizio, parte della responsabilità è chiaramente sua. Ribadisco la mia modesta opinione: 3,5 milioni buttati via.

Gimenez, sv: giovanissimo, ha giocato una sola partita, peraltro bene. Troppo poco però per potergli dare un voto o esprimere un giudizio articolato.