Correva il
minuto 75 di una partita che l'Atletico stava vincendo con buon
merito. Poco calcio e molta intensità, d'accordo, ma da almeno 60
minuti il Valencia non si era più visto dalle parti di Moyá,
anzi raramente aveva superato la propria metà campo.
Correva il
minuto 75 e pareva proprio che si potessero dormire sonni tranquilli:
gli avversari ricacciati a meno quattro, un Gabi ritrovato,
l'impressione che il Valencia non sapesse che pesci pigliare, la
faccia sconsolata di Nuno Espirito Santo.
Correva il
minuto 75 e il fastidio maggiore lo si poteva provare per il gol
incredibilmente sbagliato da Tiago a porta vuota, un paio di minuti
prima. Certo, anche il gioco non era stato granché (eufemismo...),
ma neppure gli avversari avevano combinato molto: troppa tensione,
troppa intensità, troppo tatticismo. Per una squadra convalescente,
considerata la posta in palio, ci si poteva accontentare di un 1-0
con gol su palla inattiva.
Correva il
minuto 75 e, quando tutto sembrava andare bene, Diego Godin, fino ad
allora la solita sicurezza in difesa, su un pallone innocuo,
rifiutava di ascoltare il proprio portiere e, invece di lasciare la
palla a quest'ultimo per un rinvio in uscita, cercava di servire un
proprio compagno e solo per miracolo Negredo, il centravanti
avversario, riusciva solo a sfiorare e non a controllare un pallone a
quel punto solo da spingere in rete.
Correva il
minuto 75 e proprio allora ci accorgevamo con orrore che la partita
stava cambiando pelle sotto i nostri occhi. Che fosse già accaduto
senza che ce ne accorgessimo o che l'errore grave di Godin ne fosse
la causa, la gara prendeva una nuova direzione. Fino ad allora, per
inerzia, la partita si era progressivamente inclinata verso i
colchoneros,
che, seppur con fatica, avevano costruito (poco) di più e avevano
preso a controllare la gara con relativa sicurezza. Improvvisamente,
però, il Valencia si rendeva conto che poteva osare, che poteva
ribellarsi all'inerzia sfruttando l'improvviso e insperato blackout
degli avversari e tentare di acciuffare un pareggio che fino a pochi
secondi prima sembrava, semplicemente, fantascienza.
Due minuti, due
soli minuti, e Mustafi, su punizione dalla trequarti e grandioso
errore di Moyá, infilava di testa la porta biancorossa. Per circa
dieci minuti, l'Atletico subiva in maniera clamorosa la pressione
avversaria, disarticolato e impaurito a un livello tale che il
clamoroso sorpasso sembrava pronto per essere confezionato ad ogni
tocco dei nostri avversari.
In qualche
modo, i colchoneros
riuscivano però a condurre in porto una gara che da praticamente
vinta si era trasformata in quasi sicuramente persa. Che fosse finita
la benzina, che fosse uscito Koke e con lui l'unico barlume di luce,
la gara si era trasformata in una sofferenza incredibile: un intero
stadio a tremare di paura, un'intera squadra paralizzata, capace solo
di buttare la palla nella metacampo avversaria, senza neppure provare
a giocarla.
Alla fine, la
partita lasciava a molti l'amaro in bocca, lo sgradevole sapore di
un'occasione irripetibile malamente perduta.
Ed ora ci
troviamo qui, davanti a molti dubbi e a poche risposte: siamo in
crisi? Dobbiamo aspettarci un sorpasso? E da parte del solo Valencia?
E la Champions', che dire della Champions'? E molte altre domande,
tutte venate da un pessimismo più o meno profondo.
Un pessimismo
che io, lo dico subito, non capisco. Non voglio dire, con questo, che
sono fiducioso a prescindere, ma che non posso fare a meno di
riflettere sul fatto che la stagione sia ancora lunga, molto lunga.
Nel bene come nel male, chiaro. Però...
Quando si
affronta un match di questo tipo, c'è una sola squadra che ha a
disposizione un solo risultato utile, quella che sta dietro. Dopo un
mese come quello che abbiamo passato, era legittimo o no che il
Valencia sperasse nel colpaccio? Direi di sì. E c'è riuscito? Direi
di no. Non capisco in che modo il risultato sia da considerare
catastrofico, per noi. Siamo ancora davanti, ergo
dipendiamo da noi stessi. Nel bene o nel male, lo ripeto, ma da noi
stessi.
Certo, il
Valencia è forte. Molto più forte di quanto credevano certe anime
belle che dicevano di non preoccuparsi dei valenciani perché non
avrebbero resistito tutto l'anno e ora vaneggiano istericamente di
quinti posti e di disastri senza fine. Perché, mi viene da dire, non
lo sapevate che i nostri avversari sono forti? In alcuni ruoli, anche
più forti di noi: ce l'abbiamo, noi, un centrocampista come Enzo
Perez o Parejo? E un terzino come Gayà? E un Feghouli? Non
scambiereste un Mario Suarez o il Gabi degli ultimi mesi per uno
qualunque di questi giocatori? Io sì, a occhi chiusi. E anche per il
Siviglia si può fare lo stesso discorso, più in piccolo.
Però noi siamo
terzi, anche se la gara ha dimostrato che ormai siamo alla pari,
molto di più di come era apparso per il 3-1 dell'andata. Un
paradosso, forse, ma in realtà non più di tanto: senza quella gara
clamorosamente toppata, senza altre due o tre gare clamorosamente
buttate via, staremmo qui a parlare del solito Atletico che, a pari
livello, mantiene 5 o 6 punti di vantaggio sugli avversari diretti.
Siamo un punto
sopra i nostri avversari perché abbiamo dilapidato punti per un
mese, come l'anno scorso, nel programmato “febbraio nero”. Solo
che l'anno scorso la concorrenza era meno numerosa. Ma, come abbiamo
avuto un periodo così, ne avremo altri migliori. Soprattutto,
potrebbero incespicare i nostri avversari.
Intanto, è
tornato Koke. Poi, è tornato Gabi e questa, ovviamente, è una
metafora. La squadra, checché ne dicano i catastrofisti, ha giocato
una buona gara, per intensità e concentrazione, per 75 minuti. Una
settimana prima, pareva non riuscisse nemmeno reggersi in piedi.
La difesa
tiene, anche se non è il bunker
dell'anno scorso. Griezmann giocherà, e prima o poi Fernando Torres
segnerà ancora.
Certo, finire
quarti, dopo la conquista della decima Liga, sarebbe un mezzo
fallimento. Però, siamo seri, qualcuno pensava davvero di
rivincerla, questa benedetta Liga? E nessuno a parte me si è
domandato se veramente potessimo andare da qualche parte con questo
centrocampo? Mi verrebbe da dire: ma non vi era chiaro che questa è
una stagione di transizione?
Non è tempo di
fare certi discorsi, ma la domanda che ho fatto più volte anche lo
scorso anno rimane sul tavolo: perché i nuovi falliscono
sistematicamente, a meno che non arrivino per prendere il posto di
chi se ne è già andato (con varie eccezioni, comunque)? Quale
rinforzo si è fatto spazio nel nocciolo duro della formazione-tipo?
Se erano e sono tutti così scarsi, perché sono stati comprati?
Oppure Simeone non riesce a derogare da un gruppo di pochi,
pochissimi elementi, sempre gli stessi da tre anni e quindi, va da
sé, con tre anni in più sulle spalle? Adoro il Cholo,
gli farei un contratto a vita, ma questa è una sua rigidità che
deve assolutamente modificare (tra l'altro, a proposito di rigidità,
vorrei capire cosa sia successo con Mandzukic, perché è chiaro che
qualcosa è successo).
Come vedete,
della Champions' non ho parlato. Ho una mia idea, ma la tengo per me.
Scaramanzia...
Note
positive
Gabi:
corre, lotta, imposta, si danna l'anima, innesca il gol e
l'occasionissima di Tiago. Finalmente una buona notizia!
Note
negative
Tiago:
non gioca male, ma l'errore a porta vuota, se errore si può
chiamare, col senno di poi pesa moltissimo.
Moyá:
come abbia fatto a calcolare la posizione sua e della palla, davvero
non me lo spiego. E tutti a mugugnare, sul web e nei bar di Madrid.
Che non fosse Courtois, però, ce ne eravamo già accorti, pur
abbagliati dalla grande stagione che sta giocando. E lo stesso
Courtois, ora molti non lo ricordano più, di errori così ne ha
fatti. Alla fine è quello che è, semplicemente: un buon portiere,
niente di più, niente di meno.
Atlético:
Moyá 4;
Juanfran 6,
Gimenez 6,5,
Godín 6,
Siqueira 5,5,
Tiago 6,5,
Gabi 8 (Raúl
Jiménez, m. 81 sv),
Arda 6,
Koke 6,5 (Mario
Suárez, m. 69 5,5);
Fernando Torres 6
(Mandzukic, m. 61 5)
y Raúl García 5,5.
No utilizados.
Oblak, Gámez, Lucas y Cani.
No utilizados: Yoel, De Paul, Cancelo y Filipe.
Goles: 1-0. M.32. Koke. 1-1. M. 78. Mustafi.
Árbitro: Jaime Latre. Expulsó por doble amarilla a Javi Fuego (m. 90). Amonestó a Godín, Siqueira, Torres, Mario Suárez, Mandzukiz, Barragán, Mustafi, Otamendi, Enzo Pérez, Piatti y Negredo.
Vicente Calderón. Unos 50.000 espectadores.