Con
la sconfitta di oggi al Calderon, campo sul quale finora l’Atletico era rimasto
imbattuto, si compie la parabola di Gregorio Manzano sulla panchina
dell’Atletico. La notizia non è ancora ufficiale, s’intende, ma direi che ormai
non c’è alcuna possibilità che il tecnico continui la sua (dis)avventura
madrilena, probabile che riceva il benservito dopo la partita con l’Albacete,
che a questo punto potrebbe volgersi nella disfatta finale.
E
dire che nel primo tempo l’Atletico aveva giocato in maniera discreta, approfittando
anche della tattica guardinga degli ospiti, guidati a loro volta da un tecnico
sulla graticola. Nei primi 5 minuti Falcao aveva due nettissime occasioni da
rete, su passaggio prima di Juanfran e poi di Diego, ma colpiva in maniera
troppo debole (una costante della partita del colombiano). In ogni caso, la
partita sembrava promettere una vittoria, sia pure non agevole, o uno di quei
pareggi della serie “vorrei ma non posso” cui ormai siamo abituati (e che in
ogni caso sono meglio di una sconfitta…). I biancorossi infatti esercitavano
una discreta pressione (in evidenza Assunçao) e facevano circolare la palla, ma
non davano mai l’impressione di sapere veramente cosa fare, evidenziando i
soliti difetti della gestione Manzano, che qui possiamo elencare a futura
memoria:
corsa lenta, senza accelerazioni di sorta
circolazione di palla a sua volta lenta, basata su
passaggi verso il compagno fermo
nessun movimento smarcante per sollecitare il passaggio
del portatore di palla
gioco d’attacco assolutamente estemporaneo, basato per lo
più su lunghe e sterili cavalcate orizzontali di Diego
movimenti difensivi casuali e non coordinati, con i
centrali difensivi che ignorano la loro funzione e così i due mediocentros,
mentre i terzini tendono sempre ad accentrarsi per coprire i buchi e così
facendo lasciano libere le fasce: lo schema di difesa sulle percussioni
centrali consiste nell’ammassare tutti a trequarti campo, sperando di saturare
lo spazio per gli avversari, senza che nessun centrocampista si preoccupi mai
di distaccarsi per tamponare eventuali ulteriori inserimenti o recuperare la
palla. Avete presente quando si giocava all’oratorio? Nessuno teneva la
posizione, tutti correvano verso la palla etc etc. Ecco, uguale…
Progressivamente
però il Betis, che giocava coperto ma non rinunciava a pungere, si faceva
sempre più intraprendente e così al 55’ riusciva, sulla seconda vera azione
biancoverde, a trafiggere Courtois: Pozuelo approfittava, nell’occasione, di
uno scivolone di Dominguez, che peraltro già era scivolato a fine primo tempo
(in quell’occasione Juanfran era riuscito a metterci una pezza).
A
quel punto, in un Calderon in ebollizione, tutti gli attori della commedia, ad
eccezione del Betis, perdevano completamente la bussola.
L’Atletico
non riusciva ad accelerare veramente il gioco e continuava a macinare il suo
gioco stantio.
Manzano,
il più suonato, inseriva al 68’ sia Reyes che Koke al posto di Diego e Arda, di
fatto spegnendo il gioco invece di accenderlo. La mossa, incomprensibile agli
spettatori, incendiava ancora di più l’atmosfera. Personalmente avrei inserito
Koke al posto dell’inguardabile Gabi nel doble pivote e Reyes come ala al posto
o di Diego o di Arda, nel tentativo di sviluppare una manovra avvolgente. Ma è
noto che non sono rappresentato da Mendes e quindi non potrò mai allenare
l’Atleti.
L’arbitro
espelleva lo stesso Pozuelo per un fallo di mano che nessuno era in grado di
vedere. Era il 73’ e il Calderon si preparava ad un assalto che in realtà non
ci sarebbe stato: solo Adrian, al 74’ (miracoloso volo di Casto) e al 81’,
metteva paura ai biancoverdi, che anzi nel finale prima colpivano una traversa
e poi segnavano, sempre con Roque santa Cruz, lesto ad approfittare di un’altra
boiata tragicomica della difesa.
E sull’Atletico
di Manzano calava il sipario…
Note positive
Juanfran: ottimo da difensore destro, sia nella spinta che nella
copertura. E’ un vero peccato che proprio da un suo svarione nasca il secondo
gol del Betis. D’altra parte, è anche vero che era l’unico in zona a coprire,
anche se col fiatone. Purtroppo ha pagato un caro prezzo alla sua generosità.
Assunçao: ruba palloni e poi li serve a due metri di distanza, d’accordo,
ma almeno fa il suo mestiere. Non è colpa sua se il famoso regista che cerchiamo
da 10 anni sarebbe, nei piani di Manzano e Caminero, l’orrendo Gabi. Anche lui
macchia la sua prestazione nel finale, ma qui è più colpevole di Juanfran:
trotterella sulla trequarti guardando Santa Cruz, invece di fermarlo.
Note negative
Gabi:
un paio di passaggi e poco più in tutta la partita.
Adrian: si muove poco e non asseconda né Falcao né Diego nel
primo tempo. Nella ripresa si vede negare la rete da Casto in un paio di
occasioni, ma in generale appare stanco.
Falcao: c’è sempre, ma non finalizza e la partita si mette male
Diego:
si danna anche in copertura, arrivando fino al limite della propria area per
ricevere un pallone. Peccato che perseveri nel fastidioso vizio di portare
palla e rallentare così la manovra.
Atlético de Madrid:
Courtois 6; Juanfran 6,5, Godín 5, Domínguez 4,5, Filipe
5; Gabi 4 (Salvio, m. 83 sv),
Assuncao 6, Arda Turan 6 (Koke, m. 70 6); Diego 5 (Reyes, m.
70 5); Adrián 5,5 y Falcao 5.
Betis:
Casto; Isidoro, Dorado, Amaya, Nacho; Cañas, Iriney, Beñat (Roque, m. 71); Pozuelo,
Jonathan Pereira (Jefferson Montero, m. 64) y Rubén Castro (Molina, m. 85).
Goles: 0-1, m. 55:
Pozuelo aprovecha un resbalón de Domínguez y bate a Courtois. 0-2, m. 90: Santa
Cruz, tras un error en el despeje de Godín.
Árbitro: José Luis
González González (C. Castellano-leonés). Expulsó por doble amarilla a Pozuelo
(m. 56 y 73). Amonestó a los locales Domínguez (m. 29) y Assuncao (m. 40) y a
los visitantes Cañas (m. 44) y Casto (m. 87).
Incidencias: partido
correspondiente a la decimoséptima jornada de Liga en Primera División,
disputado en el estadio Vicente Calderón ante unos 40.000 espectadores.
Un
Calderon pressoché vuoto (10.000 spettatori circa secondo le cronache, qualcosa
di più secondo me), un Atletico già qualificato, un Rennes già eliminato e
pieno di riserve, un ritmo da dopolavoro ferroviario, insulti dei pochi
presenti verso società, allenatore e giocatori (Godin su tutti): la partita di
ieri è tutta qui e non varrebbe neppure la pena di raccontarla. Non aspettatevi
né una cronaca né pagelle approfondite per una partita che più inutile non si
poteva.
Mi
limiterò quindi a spigolature varie e assortite.
Il
ritmo era così basso e rilassato che persino Filipe, a tratti, è parso un
giocatore di calcio e Diego ha potuto portare palla quanto voleva senza far
danno, oltre che passare con un minimo di logica invece di sparare in avanti
palloni a caso.
La
partita l’ha comunque fatta il Rennes, che al 15’ ha colto una traversa e che a
inizio secondo tempo ha impegnato severamente Asenjo, non a caso il migliore
dei colchoneros.
Un
altro che non ha demeritato è stato Adrian, molto mobile anche se poco preciso.
E’ stata infatti una sua percussione, su passaggio filtrante di Diego, a
causare il rigore che Falcao ha poi trasformato per l’1-0. Ancora Diego, con
una punizione da trequarti concessa proprio per un fallo sul brasiliano,
innescava Dominguez che con una splendida incornata realizzava il 2-0.
Un
Arda Turan fino ad allora spento realizzava invece il 3-0, su suggerimento (sporcato
da un avversario) di Koke. Il quale ha sprecato un’altra occasione per farsi
valere, mostrandosi incapace di dettare i tempi o sviluppare la manovra. E’
vero che la mancanza di fiducia di Manzano lo ha probabilmente sconfortato, ma
del giocatore dell’anno scorso non c’è più traccia.
Difesa
appena decente, con l’eccezione di un solido Dominguez. Miranda, entrato al
posto di Perea, all’87’ si distingueva in una “pereada” e permetteva al proprio
avversario, colpevolmente trascurato su calcio d’angolo, di infilzare un
incolpevole Asenjo.
Da
vergogna le dichiarazioni post-partita di Manzano: dopo essersi nascosto in
panchina per quasi tutto il match, ha tenuto a dirci che l’anno scorso a
questo punto dell’Europa League eravamo già eliminati. Si tratta del solito
mezzuccio per sviare l’attenzione dalle critiche. Sfugge a molti, infatti, il
legame causa-effetto tra i risultati dell’anno scorso e l’assenza di gioco di
quest’anno; ma ormai siamo al teatrino, in attesa della sosta natalizia.
Infine,
i fischi e gli insulti della tifoseria. Venticinque anni di umiliazioni e
questo è tutto quello che succede? Durerà più di due o tre partite? O finirà
tutto con la nomina di un nuovo allenatore cui, fra tre mesi, dare ancora la
colpa? Quante volte abbiamo già visto questo (penoso) film che non porta a
nulla? Il ridicolo supremo non è nella società, ma in questa tifoseria di
somari che si scannano nel dibattito Manzano – Reyes (parlassimo di Messi e non
di un infingardo che ha avuto problemi con qualunque allenatore e che gioca
bene una partita su 15…) e tollerano da 25 anni la presenza di incompetenti (e
peggio) alla guida della società.
Dove
sono tutti quelli che, qualche anno fa, percorrevano la città in occasione del
Centenario? Davvero marciavano per questo schifo? Cosa vogliono, esattamente?
Una società di calcio o un teatrino di simpatici perdenti un po’ patetici che a
ogni inizio stagione ci regalano divertenti spot televisivi ma che non vincono
mai nulla? O sono io, siamo noi pochi rojiblancos duri e puri, che non capiamo
come si riempiono le bacheche e uno stadio da 70.000 posti nel nuovo millennio?
Atlético de Madrid: Asenjo 8; Perea 5,5 (Miranda, m. 65 4,5),
Godín 5,5, Domínguez 6, Filipe Luis 5,5; Koke 5, Assuncao 5, Arda Turan 5 (Juanfran, m. 81 sv);
Diego 6 (Tiago, m. 76 sv); Adrián 6 y Falcao 5,5.
Rennes: Diallo;
Jebbour (Feret, m. 87), Foulquier, Apam, Mavinga; Mandjeck, Pajot; Tettey,
Doumbia, Brahimi (Diarra, m. 87); y Montaño (Hadji, m. 66).
Goles: 1-0, m. 38:
Falcao, de penalti. 2-0, m. 42: Domínguez cabecea un saque de falta de Diego.
3-0, m. 79: Arda Turan culmina una jugada individual con un disparo colocado.
3-1, m. 87:
Árbitro: Kristinn
Jakobsson (Islandia). Amonestó al local Assuncao (m. 14) y al visitante Apam
(m. 24).
Incidencias: partido
correspondiente a la sexta y última jornada del grupo I de la Liga Europa,
disputado en el estadio Vicente Calderón ante unos 10.000 espectadores.
Sono
dell’Atletico dal 1988. Purtroppo per me, la mia vita da tifoso ha coinciso
interamente con la vergognosa gestione Gil. Ci sono molte altre umiliazioni che
mi vengono alla mente, in momenti come questi. Ma raramente ho provato questo
senso di scoramento, la convinzione intima che ormai il nostro DNA sia
modificato per sempre dal Gilismo.
Siamo
un club allo stadio terminale, un
club dove, in piena paranoia schizoide, si promettono mirabilie nel gioco e poi
si scende in campo contro l’Espanyol o il Getafe senza animo né volontà; in cui
si magnifica lo stadio che verrà e si ignorano le figure di m…a che già ci sono
e che continueranno ad esserci.
Non
vedo come si potrà evitare che l’Atletico muoia, svuotato di ogni orgoglio e di
ogni significato.
Perciò
scusatemi se di questa partita non farò la cronaca. Non ne ho voglia. Sono anni
che andiamo avanti coi soliti problemi, tattici e di mentalità. Sono passati
campioni e bidoni, allenatori capaci e incapaci, ma il gioco fa sempre schifo,
la grinta è sempre scarsa, le vittorie in trasferta e più in generale i trofei
si manifestano con la frequenza dei miracoli.
In
questo contesto, che senso ha parlare dell’ennesima prova penosa di Mario
Suarez? Degli errori di Courtois? Del modulo “belle statuine” in cui ancora una
volta l’intera difesa si è dimostrata fenomenale? Del pressapochismo del gioco
d’attacco? Di un Perea indegno di essere un nostro giocatore, figurarci di
detenere il record di straniero con maggiori presenze nella storia del club? Delle
cretinate elargite a mezzo stampa da Filipe e da Manzano nei giorni scorsi? Della
vigliaccheria del “Profesor”? Della grande occasione di accorciare la classifica buttata via, visti i risultati degli avversari davanti? Del fatto che Borja Valero sarebbe servito come e
più del pane? Del penoso teatrino di Caminero sul futuro dell’allenatore e di
Reyes?
Ormai
me ne sono fatto una ragione: se voglio vedere bel calcio (o anche solo
calcio), guardo altrove. Ai pochi campioni che arrivano (Falcao, Arda e Adrian,
tanto per chiarire) non mi affeziono: tra pochi mesi verranno sottoposti a
mobbing e poi svenduti dicendo urbi et
orbi che viene fatto per il bene della squadra e della società, con la
connivenza della stampa e di una buona parte della tifoseria.
Massì,
trasferiamoci alla Peineta! E poi giochiamo in un futuristico megastadio…
VUOTO!
Atlético de Madrid: Courtois 4; Perea 4, Miranda 5, Godín 4, Filipe Luis 4; Mario Suárez 4
(Assunçao, min.63 5), Gabi 4; Salvio 4,5 (Adrián, min.46 5),
Diego 5, Arda Turan 6 (Koke, min.82 sv) y Falcao 6.
Impegnato
a frantumare qualunque record, l’Atletico riesce nella difficilissima impresa
di non essere più l’unica grande che non aveva mai perso contro una squadra di
terza divisione in una partita di Coppa del Re. E ci riesce non perché si sia
presentato con una formazione imbottita di giovani, ma perché gli “eroi”
schierati ieri, in buona parte titolari o riserve che giocano comunque spesso,
hanno deciso che la partita si sarebbe vinta da sola, senza bisogno di
impegnarsi.
Siccome
nel calcio esistono anche gli avversari, e siccome spesso questi avversari
hanno orgoglio e voglia di fare bene (soprattutto di fronte alla “grande” di
turno), i rojiblancos sono stati letteralmente messi in croce da un Albacete
veloce, aggressivo e coraggioso. Tre aggettivi, tanto per la cronaca, che non
vengono mai associati né all’Atletico di Manzano, né a quello di qualunque
altro allenatore da Antic in poi (con l’eccezione del secondo anno di Segunda
con Don Luis).
Il
primo tempo è stato da vergogna pura, con un Atletico molle e svagato sotto al
30’ su rigore ineccepibile causato da un tocco di mano di Dominguez. Il quale
replicava poi al 62’, abbattendo Calle lanciato a rete appena fuori area.
Logica l’espulsione diretta del difensore, che lasciava i rojiblancos in 10,
come già in dieci era rimasto l’Albacete appena all’inizio della seconda parte per
l’espulsione di Nuñez (che l’Atletico avesse giocato un quarto d’ora in
superiorità numerica era passato totalmente inosservato, vista la verve dei
padroni di casa). Sulla conseguente punizione, Zurdo fulminava Asenjo, posizionato
scorrettamente e lento nei riflessi.
Già
da un po’, comunque, l’Atletico aveva preso se non altro a ruminare il suo
solito non gioco, che aveva anche fruttato un rigore malamente sbagliato da
Adrian (quello dell’espulsione di Nuñez, appunto). Lo stesso Adrian era
lestissimo ad approfittare dell’unico errore dei padroni di casa e a segnare la
rete del 2-1, risultato che, almeno, permettere di guardare con maggior
ottimismo alla partita di ritorno.
Lo
scatto di Adrian era l’unico lampo in una partita orrenda, se si esclude il
debutto dei due giovani Manquillo (terzino destro) e Pedro Martìn e la prima partita
intera giocata da Pulido. Tre canteranos, gli unici che ci hanno messo faccia,
cuore e voglia.
Note positive
Manquillo, Pedro Martìn, Pulido: esordio per tutti e tre (anche per Pulido, via…), che
non hanno affatto demeritato, ma anzi hanno dimostrato una volta di più che uno
dei grandi problemi di questo Atletico sono i presunti campioni assolutamente
imborghesiti.
Juanfran: le uniche iniziative sensate vengono da lui,
ingiustamente trascurato da Manzano. Di tutti coloro che dovrebbero dimostrare
di meritarsi una maglia da titolare o almeno più minuti, è l’unico che tenta
qualcosa.
Note negative
Dominguez: forse dovremmo guardare in faccia la realtà, dimenticarci
per un momento che siamo di fronte a uno dei mitici canteranos, e dire che i
piedi sono appena decenti e l’intelligenza tattica scarsa. Traduzione: o è al
massimo della forma, oppure rischia di essere un armadio piantato in mezzo alla
difesa e nulla più, con buona pace di chi lo vedrebbe in nazionale.
Salvio: non taglia verso il centro, non arriva sul fondo, non
copre, non tira e quando lo fa sparacchia senza precisione. A queste
condizioni, preferisco Reyes mille volte: almeno, le pur rare volte in cui
quest’ultimo si sveglia, si vedono lampi di genio.
Asenjo: tre rigori su tre senza dare nemmeno l’impressione di
poter prendere la palla, una punizione su cui posiziona male la barriera e si
muove in ritardo. Mi aspettavo qualcosa di più. Un altro che ha sprecato
malamente le occasioni delle ultime due settimane.
Assunçao: verso la fine atterra Adrià e poi gli sferra un calcione
sulle costole. Fallo stupido e violento, che poteva costarci un’altra espulsione.
Atlético de Madrid: Asenjo 5, Manquillo 6,5 (Miranda, m.68 6),
Domínguez 4, Pulido 6,5, Antonio López 5,5, Salvio 4, Assunçao 5, Koke 5, Juanfran 6, Pizzi 5 (Pedro Martín, m. 68 6) y Adrián 5.
Árbitro: Teixeira
Vitienes (Colegio Cántabro). Mostró cartulina amarilla a los locales Rocha y
Ramón y al visitante Pizzi. Expulsó con roja directa a Miguel Núñez (48'') y a Domínguez
(60'').
Manzano
ha compiuto il miracolo: è riuscito a moltiplicare vittorie e dubbi. Il
risultato con cui l’Atletico ha steso il Rayo (seconda vittoria consecutiva
della settimana) è quanto di più bugiardo possa mai esistere, tanto piccolo è
stato lo scarto tra le due formazioni. Il Rayo ha fatto la partita, soprattutto
nel primo tempo ma non solo (Asenjo ha compiuto alcuni interventi prodigiosi),
l’Atletico ha giocato non si sa bene a cosa; il Rayo non aveva attaccanti degni
di questo nome, l’Atletico ha ritrovato Falcao e ha fatto valere il suo
maggiore tasso tecnico : il risultato è una logica conseguenza di questa
situazione, non certo di un gioco o di una crescita di qualunque tipo.
Schierato
con un insolito centrocampo a tre per l’assenza di Arda, l’Atletico ha
alternato momenti di gioco rabbioso e confuso ad altri di pura e semplice confusione,
aumentando i dubbi della tifoseria su molti dei rojiblancos: il figliol prodigo
Reyes si è dimostrato ancora una volta incapace di fare e far fare il salto di
qualità, Koke ha sprecato malamente la sua occasione (ma qui c’è concorso di
colpa con Manzano), Perea e Filipe hanno penato con i rispettivi avversari
diretti, Mario e Gabi hanno subito un Movilla in stato di grazia. Per fortuna
Diego e soprattutto Falcao erano in buona: senza la loro classe, sarebbe forse
stato l’ennesimo scialbo pareggio.
Al
25’, nell’ambito di uno scambio stretto sul centrodestra avversario (secondo
consecutivo in Liga dopo il derby del Bernabeu: possibile che, nascosto chissà
dove, esista uno schema?), Falcao serviva deliziosamente Gabi, che si incuneava
in area e fulminava Cobeño.
La
partita si trascinava stancamente, tra palloni persi in modo incredibile,
giocate assurde e prive di un qualsiasi senso logico ed errori tecnici
inspiegabili in prima divisione, fino al 74’: Diego portava palla sul centro
sinistra e, quando pareva aver perduto l’ennesimo pallone in attacco, con una
magia creava l’occasione dove prima non c’era nulla e permetteva a Falcao di
segnare di testa.
Altra
fiammata al 90’, con Gabi protagonista assoluto: prima con un buon passaggio
permetteva a Salvio di segnare (finalmente!); poi, sull’ultimo attacco degli
avversari, spingeva nella propria porta il gol della bandiera del Rayo.
Note positive
Falcao: torna finalmente a segnare su azione, ma soprattutto
dimostra grinta e voglia di fare. Ribadisco la mia idea: ha bisogno di una
squadra che giochi per lui, ma è anche molto abile (cosa che molti non vedono o
fingono di non vedere) nel giocare di sponda o nel mettere i compagni davanti
alla porta, ovverosia non è affatto l’attaccante d’area piccola egoista e
avulso dal gioco che molti dipingono. Certo, ci vuole intorno una squadra…
Gabi:
come centrocampista centrale non mi convince fino in fondo, ma non mi sembra
neanche così male, anche se finora ha avuto alti e bassi. Credo sia molto
penalizzato dal compagno di reparto particolarmente incapace, che lo costringe
a fare un doppio lavoro che lo appanna.
Note negative
Gioco:
scomparso. Contro l’Osasuna o il Valencia il risultato deludente si era almeno accompagnato
a lampi di gioco promettenti. Ora si vince ma del gioco non c’è più traccia
alcuna.
Koke:
spreca un’occasione d’oro, ma non mi sento di buttargli la croce addosso.
Debutta titolare in un centrocampo completamente diverso dal solito, dopo mesi
di panchina, "buttato" sul centrosinistra invece che collocato nella propria posizione naturale. Dopo 45 minuti viene sostituito. A centrocampo abbiamo già
bruciato, in pochi anni, Camacho, Jurado e Fran Merida: andiamoci con un po’
più di attenzione, please!
Calderon: grida e insulti contro Manzano, ovazioni per un Reyes
inguardabile. E nessuno che se la prenda con i veri colpevoli, cioè i
delinquenti che da anni distruggono il club, comprando e vendendo giocatori a
casaccio e scaricando sempre ogni colpa sull’allenatore di turno. Finché ci
saranno Gil e Cerezo, non ci sarà mai un vero progetto.
At. Madrid: Asenjo 7; Perea 5, Miranda 6, Domínguez 6, Filipe Luis 5; Mario Suárez 5, Koke 5 (Pizzi m.46 5,5), Gabi 6,5, Diego 6 (Adrián m. 88 sv) ; Reyes 4 (Salvio m.
69 6) y Falcao 7.
Rayo Vallecano: Cobeño; Tito
(Pacheco m. 68), Arribas, Jordi, Casado; Javi Fuego, Movilla (Michel m. 84);
Lass (Koke m. 75) , Michu, Piti; Tamudo.
Goles: 1-0: m. 25.
Gabi ante la salida de Cobeño. 2-0: m. 74, Falcao, de cabeza. 3-0: m. 90,
Salvio. 3-1: m.91, Gabi, en propia meta.
Árbitro: Carlos Clos
Gómez. Enseñó tarjeta amarilla a Javi Fuego, Lass y Jordi.
Incidencias: Partido de la
décimo quinta jornada de liga, disputado en el estadio Vicente Calderón en
horario matinal (12:00 horas), ante unos 50.000 espectadores. Antes del
encuentro, la policía cargó contra un grupo de seguidores de Rayo en los
alrededores del estadio.
Nel
diluvio di Glasgow, contro un discreto Samaras più dieci fantasmi, tutti di bianco
verde vestiti, l’Atletico ottiene la prima vittoria esterna dopo oltre due mesi
e si qualifica matematicamente per la fase successiva dell’Europa League. Il
Celtic si è infatti confermato la squadra mediocre già vista all’andata (e mi
piange il cuore, perché mi è sempre piaciuta particolarmente e perché, a
giudicare da queste due partite, il calcio scozzese deve aver toccato il
fondo), ma la vittoria dei colchoneros non è stata così semplice.
Nella
prima mezz’ora infatti i biancoverdi avrebbero potuto colpire, e probabilmente
affondare, l’Atletico, che giocava discretamente ma risultava come al solito
facilmente perforabile. Intorno al 12’, Courtois salvava d’istinto su calcio d’angolo
e un attimo dopo un tiro dei biancoverdi a colpo sicuro era salvato sulla linea
da un difensore. Pochi minuti dopo, Samaras saltava Perea e metteva al centro
un cross basso intercettato proprio all’ultimo da Filipe; ancora, una palla
persa su solito calcio d’angolo sprecato da Diego innescava un contropiede
insidiosissimo di Samaras, scarso tecnicamente ma molto dotato fisicamente. Si
manifestava insomma l’abitudine dei biancorossi di non saper gestire la partita
e approfittare delle situazioni favorevoli. In più di un’occasione Diego,
portava eccessivamente palla, si sovrapponeva ai compagni e finiva infine per
perdere il pallone e per lasciare invitanti buchi al centro. Anche per questo, Gabi
e Mario non riuscivano a gestire le percussioni centrali degli scozzesi.
Nel
momento di difficoltà, l’Atletico passava: sugli sviluppi di un calcio d’angolo
finalmente calciato degnamente da Diego, Arda scagliava una folgore da 25
metri. Splendida rete, sia pure favorita dall’assurdo movimento di un difensore
scozzese, che, pur in traiettoria, si abbassava inspiegabilmente.
L’Atletico
giocava più sciolto e creava varie occasioni, sprecate da Salvio, e mostrava
una buona intesa sul centrosinistra tra Filipe (comunque sempre troppo statico)
e Arda, mentre a destra Perea e Salvio non interagivano fra di loro.
Nel
secondo tempo, poco da segnalare: nel primo quarto d’ora l’Atletico aveva una
nuova fase down, con varie occasioni del Celtic, compreso un gol annullato per
fuorigioco al 66’; poi i biancorossi si riprendevano e dal 70’ giocavano pressoché
sempre nella metacampo avversaria. Salvio continuava a sprecare oltre il
lecito, il redivivo Falcao aveva un paio di occasioni; la squadra si allungava
ma riusciva comunque a limitare i danni.
Note positive
Arda:
splendida rete, ottime diverse giocate. Fosse più continuo, sarebbe un
fenomeno.
Miranda – Godin: in una serata tutto sommato di riposo, gestiscono bene
le situazioni e rilanciano il gioco senza problemi.
Note negative
Salvio: gioca al posto di Reyes perché più disciplinato e meno
egoista. Bene. Però spreca l’inenarrabile (soprattutto dopo 30’’) e risulta
perfino irritante per la sua immaturità negli ultimi 16 metri.
Diego:
discorso vecchio, già fatto. I suoi passaggi non sono mai calibrati in modo da
lanciare i compagni, ma li costringono a fermarsi per non inciampare sul
pallone. Quindi o tiene troppo la palla, o rallenta l’azione coi suoi
cosiddetti passaggi. Va anche detto, per correttezza, che i compagni non
dettano mai il passaggio.
Gabi – Mario: due pezzi di marmo. La rinuncia, sempre e comunque, a
Koke è, in questa situazione, una vera e propria vergogna.
Celtic: Forster;
Matthews, Majstorovic, Loovens, Ledley (Mulgrew, m.37); Ki Sung - Yong, Kayal,
Wanyama (Hooper m.46), Forrest; Samaras y Stokes (Brown m. 75).
At. Madrid: Courtois
6,5; Perea 5, Miranda 6,5, Godín 6,5, Filipe Luis 5,5; Mario Suárez 4,5,
Gabi 5 (Assuncao m.92 sv); Arda Turan 6,5 (Juanfran m. 79 sv),
Diego 5, Salvio 5; y Adrián 6 (Falcao m.
68 5,5).
Goles: 0-1: Arda
Turan, m.29.
Árbitro: Eric
Braamhaar (HOL). Enseñó tarjeta amarilla a Ki Sung Yong (m. 58), Gabi (m. 60),
Miranda (m. 65) y Perea (m. 70)
Incidencias: partido de la
quinta jornada de al Europa League, correspondiente al grupo I, disputado en el
estadio Celtic Park de Glasgow, con viento y lluvia. Antes del comienzo del
encuentro se dedicó un minuto de aplausos en memoria de Gary Speed,
seleccionador de Gales de 42 años, encontrado ahorcado el pasado domingo. Los
jugadores de ambos equipos formaron un semicírculo en el centro del campo para
tributar el homenaje a Speed.