venerdì 30 settembre 2011

Rennes – Atletico 1-1: un disastro (quasi) totale

Seconda giornata di Europa League e prima delusione per un Atletico inguardabile, che ha rischiato seriamente di perdere e ha comunque deluso profondamente, sia nel gioco che nell’atteggiamento tattico.
Un Rennes battagliero e frizzante, ma limitato dal punto di vista tecnico, ha messo in croce i rojiblancos per tutta la partita e si deve solo alla fortuna se il cammino in Europa non sia stato fortemente compromesso (se pensate che io stia esagerando: Aris, do you remember last season?)
L’Atletico praticamente non è mai esistito, non è forse neanche sceso in campo: nessuno smarcamento, nessun passaggio filtrante, nessuna azione in velocità. Assolutamente immobili, i rojiblancos non solo non dettavano il passaggio in avanti, costringendo chi di turno a passare costantemente la palla all’indietro, ma erano anche lenti nel correre palla al piede, col risultato di farsi sempre rubare la palla da dietro dai ben più tonici francesi. Invece di far correre il pallone, i biancorossi si limitavano a passaggi lenti, corti e imprecisi, col risultato di permettere ai francesi di concentrarsi sul portatore di palla e soffocarne sul nascere le intenzioni. Inoltre non si è mai visto nessun pressing sugli avversari, lasciati avanzare indisturbati fino al limite dell’area: in molti casi, invece di pressare, la difesa rinculava a sua volta, aprendo praterie ai francesi, che infatti dalla trequarti hanno fatto il “tiro al piccione” su Courtois.
E’ stato insomma un Atletico dimesso sul piano fisico e sul piano della mentalità, uno spettacolo deprimente che non vorremmo più vedere. Solo con l’ingresso di Salvio (e poi Reyes e Juanfran) si è visto un po’ di movimento in avanti, con una manovra maggiormente ariosa e sviluppata in ampiezza. In ogni caso, il pareggio, che permette di rimanere in testa al girone a pari merito con l’Udinese, è fin troppo rispetto a quanto fatto dai biancorossi: onestamente, una sconfitta sarebbe stata ben più che meritata.

Note negative
Suarez: il re dei passaggi inutili colpisce ancora. Vaga per il campo con un unico scopo: liberarsi della palla il prima possibile buttandola (letteralmente) a caso contro i compagni. Le rare volte in cui la tiene, ferma il gioco e poi, dopo lungo pensare, corricchia all’indietro e passa a qualche difensore, facendo ripartire la manovra. Dulcis in fundo, osserva Dalmat ricevere la palla e avanzare, pensa bene di non contrastarlo (curioso, per un mediano…), lo osserva passare la palla a Montaño e poi trotterella accanto a quest’ultimo e lo osserva mentre scaglia il tiro dell’ 1 – 0 verso la porta atletica.
Diego: invece di velocizzare la manovra, la rallenta. Tra leziosità inutili e passaggi anche elementari sbagliati, perde moltissimi palloni e permette ai francesi di ripartire in contropiede. Mai un guizzo, mai un’iniziativa.
Manzano: se per l’ennesima volta l’Atletico, dopo affermazioni roboanti sulla necessità di imporre il proprio gioco, scende in campo impalpabile e senza grinta, non può che essere colpa sua. Non riesce a farsi capire dai giocatori, oppure certe dichiarazioni sono solo a uso e consumo della stampa?

Note positive (per modo di dire…)
Falcao: non fa niente per quasi tutta la partita, ma, appena gli arriva un pallone giocabile, manca il gol di pochissimo. Segno che lui è lì, sono gli altri che mancano. Per disperazione arretra fino al cerchio del centrocampo per raccogliere la palla, ma nessuno lo assiste nei suoi tentativi di triangolazione.
Juanfran: non è un caso, forse, che uno dei più in palla e dei meno considerati segni una rete che vale oro. In questo momento, meglio lui di un Reyes in crisi d’identità. Non sarà il caso che giochi più spesso?


Rennes: Costil; Danzé, Kana Biyik, Mandkjeck, Theophile-Catherine; Doumbia, Tettey; Kembo-Ekoko (Pitroipa, m. 59), Dalmat (M''Vila, m. 73), Feret; y Montaño (Hadji, m. 69).
Atlético de Madrid: Courtois 5,5; Perea 4,5, Miranda 5, Domínguez 5, Filipe Luis 4,5; Diego 5, Mario Suárez 4,5, Gabi 5,5 (Reyes, m. 72 sv); Arda Turan 5 (Juanfran, m. 80 6); Adrián 5 (Salvio, m. 63 5,5) y Falcao 6.
Goles: 0-1, m. 56: Víctor Montaño, con un disparo lejano, tras tocar en el cuerpo de Domínguez. 1-1, m. 87: Juanfran remata en el segundo palo un centro de Salvio.
Árbitro: Huseyin Goçek (Turquía). Amonestó a los locales Danzé (m. 35) y Pitroipa (m. 64) y a los visitantes Arda Turan (m. 27) y Diego (m. 35).
Incidencias: partido correspondiente a la segunda jornada del grupo I de la Liga de Campeones, disputado en el estadio Route del Lorient ante unos 20.000 espectadores.

domenica 25 settembre 2011

Barcellona – Atletico 5-0: il ritorno della banda del buco

Negli ultimi giorni, mi ero avvicinato a questo Barcellona – Atletico con un misto di speranza e timore: temevo la potenza del Barça e d’altra parte speravo che questo nuovo Atleti, munito finalmente di un’idea di gioco, potesse sfruttare il momento difficile dei blaugrana come avevano fatto Milan e Valencia prima di lui. In fondo, Manzano, Gabi e Falcao avevano sparso fiducia a piene mani: di solito, negli anni scorsi, questo aveva sempre significato umiliazione sicura, ma questa volta speravamo in tanti non in una vittoria, ma almeno in una sconfitta onorevole, che sancisse i progressi fatti dai rojiblancos…
Mi è bastato vedere la FORMAZIONE INIZIALE per capire che saremmo andati incontro alla SOLITA UMILIANTE DISFATTA.
Se vai a Barcellona con Perea e Lopez come terzini, un centrocampo di puro contenimento (la fantasia dovrebbe mettercela Tiago? Ma non scherziamo…) e Arda in panchina,  l’unica incognita è quanti minuti passeranno prima che la partita possa dichiararsi chiusa. Ieri ne sono bastati 15.
Il risultato è stato un Atletico inguardabile, troppo basso e accentrato, troppo lento e troppo statico: non si è mai visto un accenno di pressing né un passaggio che puntasse ad allargare il gioco, ad alzare il baricentro. Solo una squadra impegnata scolasticamente a rimanere corta e a passarsi la palla per vie centrali e orizzontali, fatalmente destinata a perderla. D’altra parte, gli unici in grado di accendere la luce in mezzo al campo, Arda e Diego, erano confinati uno in panchina e l’altro in attacco, sulla fascia destra, totalmente ignorato dai compagni.
In più, con due terzini inesistenti a tutti i livelli, Manzano ha favorito la tendenza del Barça a giocare su un lato del campo in attesa che la massa biancorossa che occupava il centro pendesse verso quel lato per poi aprire su quello opposto, ormai sguarnito. Ora, si tratta di una caratteristica usuale nel gioco dei blaugrana: è vero che tra il dire e il fare ce ne passa, ma qui non ho visto neppure un accenno a una qualunque contromossa.
Tra il quarto minuto (traversa fortuita di Tiago) e l’ottantatreesimo (pericolo causato da Adrian e Gabi) non si è visto assolutamente nulla, mentre il Barcellona chiudeva il primo tempo con il 69% di possesso palla e la partita con il 64%.
Nel secondo tempo, ormai sul 3-0, entravano Salvio e Arda con lo scopo di aprire il gioco sulle fasce  e mettere pressione al Barça già verso la metacampo, segno che Manzano sapeva cosa avrebbe dovuto fare fin dall’inizio.
Così, senza neanche provarci, un Atletico dimesso e rinunciatario si è consegnato inerme al Barcellona, che non ha nemmeno dovuto faticare per rifilargli 5 reti una più ridicola dell’altra, per posizionamento difensivo e reattività dei giocatori biancorossi. Esemplare la terza rete, con otto rojiblancos dimessi e rinunciatari a osservare Messi intento a fare quel che voleva in area (anche grazie al movimento ridicolo e inspiegabile della premiata coppia Suarez - Godin).

Note negative:
Perea: una VERGOGNA. Manca il traversone di Xavi e rovina a terra da solo sul primo gol, liberando un’autostrada davanti a Villa; corricchia accanto a Messi che taglia tutta la trequarti in occasione della quarta rete; incespica e si inginocchia davanti alla Pulce dodici minuti dopo, in occasione del 5-0. Oltre alla sensazione di RIDICOLO che trasmettono le sue prodezze, aggiungiamoci una totale mancanza di peso in avanti. E’ vero, Silvio è infortunato, ma persino in carrozzella avrebbe fatto meglio di lui.
Antonio Lopez: preferito inspiegabilmente a Filipe, è totalmente colpevole sul secondo gol, quando “insegue” insieme all’altro bradipo Tiago un Messi che scivola via senza timore alcuno. Sul terzo, passeggia in totale souplesse mentre il solito Messi fa quel che vuole in area.
Miranda: una statua di sale in tutti e cinque i gol. Fermo, lento nel breve, spesso addirittura spaesato. Si rafforza il sospetto che possa assurgere al Pantheon Atletico cui già appartengono gli altri carioca Ivan Rocha, Fabiano Eller e Andrei Frascarelli…
Reyes: ancora una volta inutile e senza carisma, incapace non solo di essere leader, ma anche di appoggiare le iniziative dei compagni.
Manzano: non puoi dichiarare che l’Atletico può arrivare terzo e poi presentarti al Camp Nou con una formazione rinunciataria negli uomini e nell’atteggiamento. Incomprensibili le scelte di mettere Lopez al posto di Filipe, di togliere Diego dal cuore del gioco e lasciarci invece Tiago e di tenere in panchina Arda. Qualcosa di meglio si poteva fare, come si è visto nel secondo tempo, quando comunque il Barça era molto calato. Nell’insieme, ha dato l’impressione di aver preparato la partita in modo dilettantesco, schierando una formazione non solo sbagliata, ma anche del tutto inadeguata al gioco che il Barcellona propone (e non da ieri …)



Barcelona: Valdés; Alves, Mascherano, Abidal (Maxwell, min.81), Sergio Busquets (Piqué, min.53), Xavi, Cesc (Keita, min.72), Thiago, Pedro, Villa y Messi.

Atlético de Madrid: Courtois 5; Perea 3, Godín 4, Miranda 3, Antonio López 4, Mario Suárez 4 (Arda Turan, mi.46, 5), Tiago 5 (Adrián, min.79 sv), Gabi 5, Reyes 4 (Salvio, min.46 4,5), Diego 4,5 y Falcao 5.


Goles: 1-0: Villa, min.9. 2-0: Miranda (p.p), min.15. 3-0: Messi, min.26. 4-0: Messi, min.78. 5-0: Messi, min.90.
Árbitro: Delgado Ferreiro (Colegiado vasco). Mostró tarjeta amarilla a Piqué (min.71) y Perea (min.72).
Incidencias: Partido de la sexta jornada de Liga disputado en el Camp Nou ante 83.154 espectadores. Los jugadores del Barça saltaron al terreno de juego con una camiseta de ánimo a su compañero Ibrahim Afellay, que estará seis meses de baja por una grave lesión de rodilla.

giovedì 22 settembre 2011

Atletico – Sporting Gijon 4-0: un Falcao “descomunal”!

Opposto a un altro avversario più debole, l’Atletico incassa, grazie a un Falcao in stato di grazia, il secondo 4-0 consecutivo in casa e si dirige pieno di speranza verso Barcellona per il big-match di sabato sera. Ottimo risultato, anche se maturato con maggiore difficoltà rispetto a quanto non dica lo scarto numerico.
Di fatto, vuoi per il maggiore spessore dell’avversario, vuoi per le rotazioni nella formazione titolare (Diego, Suarez e Reyes i principali assenti, sostituiti da Koke, Assunçao e Salvio, almeno nominalmente), si è assistito a un passo indietro sul piano del gioco corale, nascosto dallo scintillante stato di forma di Falcao, bravissimo a capitalizzare qualunque pallone passi nelle vicinanze.
Comunque, in un modo o in un altro, l’Atletico ha la difesa meno battuta della Liga (solo una rete in quattro partite) e mostra un desiderio costante di giocare il pallone che continua a far ben sperare per il futuro. Infine, la presenza di Falcao, centravanti potente nel gioco aereo e acrobatico, rende finalmente produttivi calci d’angolo e punizioni dalla trequarti, fino all’anno scorso semplici momenti di stasi nel fluire delle disorganizzate ed estemporanee folate della coppia Forlan – Aguero. Tre reti (più una annullata dopo soli 6 minuti per motivi del tutto ignoti al solito Falcao) sono giunte infatti da calci da fermo, segno non solo della disorganizzazione dello Sporting, ma anche della ritrovata fiducia dell’Atletico in questo tipo di possibilità di segnare.
D’altra parte, come dicevo, sul piano del gioco ci sono stati alcuni passi indietro, che io collego fondamentalmente alla contemporanea presenza in campo di Assunçao e Salvio, poco propensi a giocare il pallone e molto a metterla sul piano fisico, non assecondando il fraseggio dei compagni. Così i colchoneros hanno proposto un gioco basato più sulla verticalizzazione (secondo quanto accadeva gli anni scorsi) che sui passaggi volti ad allargare il gioco. Non difendendo attraverso la gestione della palla e il pressing, ma con l’opposizione fisica agli avversari, hanno riproposto per lunghi tratti una versione solo lievemente migliore del gioco di Quique, carente di filtro nonostante la presenza in campo di una diga come Assunçao (anzi proprio per questo): riconquistata la palla, infatti, si cercava subito il ribaltamento di fronte ma così facendo ci si esponeva fatalmente al contropiede degli asturiani, non appena questi rientravano in possesso della palla nell’uno contro uno. Non è un caso che la prima ammonizione della partita sia andata proprio ad Assunçao. Se a questo si aggiungono l’imprecisione di Filipe, la resa sottotono di Arda, Silvio e Koke e la scomparsa di Salvio dopo 10 minuti, ecco spiegata la sofferenza dopo il primo gol, con molti palloni persi e una costante sensazione di poter subire il pari degli asturiani. Non ci fosse stato l’uno – due di Dominguez e Falcao a metà del secondo tempo, forse staremmo a commentare un’altra partita.

Note positive
Falcao: immenso, in questa e nella scorsa partita. Bravo nel gioco in acrobazia, nello stretto e nel fare da sponda per l’inserimento dei compagni. Certo necessita di maggiore assistenza rispetto ad Aguero, ma questo non è affatto un male, visto che costringe tutti quanti a sviluppare un gioco di cui Falcao sia per lo più il terminale (anche se talvolta agisce da boa o da centravanti arretrato per l’inserimento degli altri), mentre prima si lanciava verso Aguero o Forlan e si aspettava che risolvessero la faccenda. Due reti (la prima straordinaria), più una annullata ingiustamente, il terrore instillato in Lora al momento dell’autogol: di più, non si può chiedergli.
Gabi: cerca di dare ordine e ritmo alla manovra, ma soprattutto è ottimo sui calci da fermo. Dopo l’Osasuna era apparso appannato, ma ieri ha svolto bene il suo lavoro.

Note negative
Salvio: due percussioni palla al piede nei primi dieci minuti e poi basta, scomparso totalmente dalla partita. Non tiene la palla, non detta il passaggio, non asseconda il gioco di squadra: un peso inutile, che inevitabilmente menoma il gioco d’attacco. Se non ci fosse stato lo straordinario Falcao di questi giorni, saremmo qui a commentare uno 0-0 senza spunti. Deve crescere, e molto.  



Atlético de Madrid: Courtois 6; Silvio 5,5 (Adrián, m. 77 sv), Miranda 6,5, Domínguez 6,5, Filipe Luis 5,5; Assuncao 5 (Mario Suárez, m. 61 5,5); Gabi 7, Arda Turan 5,5, Koke 5,5 (Reyes, m. 69 sv); Salvio 4,5 y Falcao 8,5.
Sporting de Gijón: Cuéllar; Lora, Botía, Gregory, Damián; Rivera; Carmelo, Ricardo, Sergio Álvarez (Bilic, m. 64), De las Cuevas (Ayoze, m. 79); y Trejo.
Goles: 1-0, m. 28: Lora, en propia puerta después de un remate de media chilena de Falcao. 2-0, m. 69: Domínguez, de cabeza. 3-0, m. 73: Falcao regatea a varios rivales en el área y disparo fuera del alcance de Cuéllar. 4-0, m. 81: Falcao, de cabeza.
Árbitro: Iturralde González (C. Vasco). Amonestó a los locales Assuncao (m. 43) y Arda Turan (m. 67) y a los visitantes Lora (m. 3), Damián (m. 22), Carmelo (m. 33) y Rivera (m. 90).
Incidencias: partido correspondiente a la quinta jornada de Liga en Primera División, disputado en el estadio Vicente Calderón ante unos 35.000 espectadores.

lunedì 19 settembre 2011

Atletico – Racing 4-0: è Falcao-show!

Contro un Racing Santander francamente miserabile, un discreto Atletico trova gol e vittoria anche nella Liga, grazie soprattutto alle geniali combinazioni del quartetto magico Diego – Arda – Reyes – Falcao. Sugli scudi l’attaccante colombiano, autore di una tripletta cui vanno aggiunti altre due reti annullate per fuorigioco (in un caso assolutamente inesistente). Così, senza eccessiva fatica, i biancorossi hanno letteralmente passeggiato su un avversario inguardabile, del tutto mancante sia in fase difensiva che di costruzione. Logico quindi che la prestazione dell’Atleti debba essere considerata in prospettiva, in attesa di test più probanti: non saranno molti gli avversari così arrendevoli.

Manzano prosegue con il suo 4-3-3 variabile, con Perea come terzino sinistro al posto di Silvio infortunato, Diego sulla linea dei tre centrocampisti e un attacco Arda – Falcao - Reyes, da sinistra a destra. Dico variabile perché  sembra trasformarsi molto spesso in un 4-2-3-1 (quando Diego dal centrosinistra avanza palla al piede o a dettare il passaggio) e talvolta anche in un 4-3-1-2 (poiché Arda gioca spesso come trequartista, mentre Reyes agisce da seconda punta alternativamente sul centrosinistra e sul centrodestra). La fluidità con la quale avviene lo scambio delle posizioni tra i quattro davanti è al momento il miglior contributo di Manzano alla squadra: non ci sono più quella rigidità e quella meccanicità tipiche del gioco d’attacco di Quique (la squadra, in realtà, sembrava non aver mai avuto uno schema d’attacco qualunque). Naturalmente non è tutto oro quello che luccica, ma credo di poter dire che siamo sulla buona strada, anche se la qualità di molti componenti della rosa è quella che è (e alla lunga il difetto emergerà, precludendo un campionato d’alta quota).
Conforta comunque il fatto che le quattro reti siano giunte in seguito a combinazioni d’attacco di buona fattura:
al 22’, una combinazione Arda – Reyes sul centrosinistra finalizzata da Falcao, nonostante il passaggio dell’utrerano fosse chiaramente fuori misura;
al 34’ una penetrazione di Diego ancora da sinistra portava al rigore;
al 54’ una percussione centrale di Arda forniva un assist rasoterra al colombiano, bravissimo nel pallonetto in corsa da centrodestra;
al 77’ era Adrian a finalizzare di testa un cross ancora di Arda e ancora dalla zona centrale d’attacco.
La partita, alla fine, si concentra nelle quattro reti, tanto povero è stato il Racing come avversario.



Note positive
Manzano: il suo controllo sulla squadra è totale, alla faccia di chi lo dipingeva come un vecchio rincoglionito. Il materiale umano è quello che è, ma non ho dubbi che saprà trarne il massimo, anche se alcune sue scelte lasciano perplessi (ma forse la spiegazione è che, appunto, in alcuni ruoli non c’è di meglio). Se la fortuna lo assisterà, credo proprio che ci divertiremo e potremo persino avere la sensazione di avere alle spalle una società, una di quelle con un chiaro progetto sportivo nel costruire il team e nel comprare giocatori.

Note negative
Perea: ci mette voglia e corsa, per carità, ma poco più. Come terzino è pessimo: non sa dosare un cross che sia uno, corre a testa bassa senza sapere cosa stia facendo, si fa trovare spesso fuori posizione.
Suarez: il re del passaggio facile, corto e (quasi sempre) orizzontale. Non può avere come unica opzione di gioco il passaggio al compagno più vicino. Eppure per Manzano pare imprescindibile, come ancora difensiva di tutta la squadra.
Gioco d’attacco: può sembrare paradossale che in una partita così (e dopo quanto scritto in cronaca) critichi quanto fatto in avanti dai Colchoneros. Ci sono state, è vero, le splendide azioni dei gol, però, per lungo tempo, il gioco d’attacco ha vissuto di eccessive leziosità e di personalismi, con insistenti percussioni palla al piede e continui passaggi corti al limite dell’area privi di alcuna praticità. Siccome il fine del gioco è vincere segnando, bisogna assolutamente limitare il bisogno di alcuni in rosa di mostrare non si sa bene quali mirabilie tecniche e ricordare a tutti che l’efficacia sottoporta e la capacità di penetrazione sono aspetti irrinunciabili di un’azione d’attacco. Tanto per fare un esempio chiaro, non capita sempre, come in occasione della prima rete, che l’abilità di un Falcao possa mettere una toppa all’ennesima situazione di superiorità sprecata da un passaggio fuori misura (di Reyes, ovviamente).
Ancora, ho visto una insistenza nel tiro da fuori, anche quando era assolutamente velleitario o c’erano altre possibilità, che ho trovato stucchevole e anche un po’ mortificante: è un’opzione di gioco valida e auspicabile, ma non la panacea di tutti i mali cui ricorrere per non fare la fatica di creare l’azione manovrata.

Atlético de Madrid: Courtois 6; Perea 5,5, Miranda 6, Domínguez 5,5, Filipe Luis 6; Tiago 6, Mario Suárez 5,5, Diego 7 (Adrián, m. 46 6,5); Reyes 6 (Juanfran, m. 75 sv), Falcao 8 (Pizzi, m. 68 sv) y Arda Turan 7.
Racing de Santander: Toño; Francis, Álvaro, Osmar, Domingo Cisma; Arana (Ariel Nahuelpan, m. 66), Adrián (Edu Bedia, m. 67), Tziolis, Luque (Óscar Serrano, m. 46); Stuani y Lautaro Acosta.
Goles: 1-0, m. 24: Falcao, de disparo junto al poste tras una bonita acción entre Arda Turan y Reyes. 2-0, m. 36: Falcao, de penalti. 3-0, m. 56: Falcao eleva el balón por encima de Toño tras un pase magnífico de Arda Turan. 4-0, m. 78: Adrián cabecea un centro medido de Arda Turan.
Árbitro: Iglesias Villanueva (C. Gallego). Amonestó a los locales Mario Suárez (m. 31) y Reyes (m. 72).
Incidencias: partido correspondiente a la cuarta jornada de Liga en Primera División, disputado en el estadio Vicente Calderón ante unos 40.000 espectadores.

venerdì 16 settembre 2011

Atletico – Celtic 2-0: una vittoria che dà morale contro un avversario mediocre

In un Calderon desolatamente mezzo vuoto, l’Atletico rompe finalmente il sortilegio del gol e mette in mostra una serie di spunti interessanti, sia pure inframmezzati da momenti di gioco ancora mediocre e sotto-ritmo. Migliore avversario del Celtic, per una squadra ancora alla ricerca della propria identità, non poteva capitare; tuttavia non sono mancati momenti in cui anche i modesti bianco-verdi avrebbero potuto segnare senza che nessuno potesse recriminare alcunché.
Buoni i primi venti minuti di gara, con un Atleti vivace e dal gran ritmo, forse avvantaggiato dal gol su calcio d’angolo dopo solo tre minuti. Un paio di minuti dopo, il solito pasticcio difensivo rischiava di vanificare l’ottimo spunto della coppia Diego-Falcao, ma poi la gara prendeva i binari giusti e proseguiva con i biancorossi arrembanti fino a quando Gabi sfiorava il palo con un tiro da fuori. Poi, pian piano, la squadra di casa perdeva tono e compattezza e il gioco viveva delle ormai tristi iniziative individuali.
La situazione non migliorava affatto nel secondo tempo: la disunione e la perdita delle giuste distanze tra i reparti provocava una serie di errori nei passaggi e nelle chiusure difensive che creavano alcuni pericoli dalle parti del sempre ottimo Courtois. Tuttavia il vantaggio resisteva e, alla prima vera azione corale (una combinazione Lopez – Arda – Diego che si sviluppava dalla fascia sinistra), i biancorossi raddoppiavano. Da allora in poi la partita poteva dirsi conclusa: solo il tempo di fare entrare Adrian (e poi Tiago) per sviluppare, anche grazie all’ingresso di Reyes avvenuto prima, un 4-4-2 variabile, ovverosia spesso più simile, soprattutto in fase d’attacco, a un 4-2-3-1, e di vedere Arda sfiorare quel gol che avrebbe meritato.
Note positive
Diego: buona prova, anche se non trascendentale come il sempre solito (e isterico) facile entusiasmo del Calderon ha sottolineato. Buon movimento, ottima scelta di tempo sia nel dettare il passaggio sia nel sollecitarlo. Meglio come ala - seconda punta - trequartista che come centrocampista, come in molti vorrebbero. A mio giudizio, la partita dimostra che deve essere lasciato libero di cercarsi spazi nella zona tra centrocampo e attacco per poi dettare l’inserimento o partire in progressione. Va visto contro avversari più probanti, ma può essere l’elemento destabilizzante e imprevedibile che manca da anni al gioco biancorosso.
Arda: buoni movimenti, discreto ritmo, poca continuità. Vale il discorso fatto per Diego: va testato contro squadre di alto livello, comunque promettente.

Note negative
Abilità difensiva: i biancorossi soffrono il gioco di sponda degli attaccanti avversari e gli inserimenti dei centrocampisti. La linea a tre del centrocampo è lenta nell’accorciare sulla difesa e lascia scoperti i due centrali, in affanno sui modestissimi scozzesi. Se basta il gioco spalle alla porta di un Samaras a metterti in difficoltà, nella stagione potrebbero essere dolori. Va detto che i terzini di scorta, Perea – Lopez, non valgono neppure un’unghia dei due titolari, perché difendono male e attaccano peggio: particolarmente in difficoltà Perea, spesso fuori posizione e talora mancante anche nel controllo di palla (incredibilmente, Antonio Lopez ha fatto la sua onesta partita).
Mario Suarez: basta un centrocampo leggermente più tecnico di quello della scorsa stagione e si rivela per il modesto gregario che in realtà è sempre stato. Non gioca mai di prima, rallenta costantemente il gioco (perde sempre tempo ad aggiustarsi la palla sul destro), ignora il passaggio in verticale: difetti che in una linea a tre, in cui l’impostazione deve chiaramente essere condivisa, sia pure in parti disuguali, pesano tantissimo.
4-3-3: siamo sicuri che sia il modulo giusto? Quanto detto sopra, oltre al calo di Reyes da quando il modulo di partenza non è più il 4-4-2, giustificano le perplessità. Si tratta di un modulo molto dispendioso sul piano fisico, molto impegnativo sul piano tattico e che richiede, a mio giudizio, grande tecnica, di fatto assente in alcuni componenti della rosa.
Ambiente: neanche 30mila spettatori per l’esordio in Europa League si commentano da soli. Stessa cosa contro l’Osasuna. Ma qui è colpa di una dirigenza incapace di dare segnali credibili dell’esistenza di un progetto sportivo. Quello che non va è l’ambiente complessivo. Durante la partita ho visto su internet: insulti a Manzano e Lopez, lodi dei due suddetti, previsioni della serie “A segunda”, peana a Diego e Arda, perplessità sui medesimi, invocazioni di altri mille allenatori e di nuovi acquisti, sproloqui su non si sa quali canteranos che ci farebbero vincere la Liga, accuse ai canteranos in campo di non avere cuore, lamentele perché non si vinceva già 5-0 dopo dieci minuti etc etc etc. Il solito clima di isteria per cui o fa tutto schifo o siamo da vittoria in Champions a seconda di quello che succede in quei dieci secondi di partita o delle posizioni preconcette di chi commenta. Francamente, diamoci una calmata.

Atlético de Madrid: Courtois 7; Perea 5,5, Godín 6, Miranda 6, Antonio López 6; Koke 6 (Reyes 6, m. 56), Mario 5, Gabi 6 (Adrián, m. 70 sv); Arda Turan 6,5, Falcao 6,5, Diego 7 (Tiago, m. 84 sv).
Celtic: Forster; Mark Wilson (Matthews, m. 80), Kelvin Wilson, Loovens, Mulgrew; Kayal, Ki Sung-Yong; Forrest (Commons, m. 83), Ledley (Bangura, m. 78), Samaras; y Hooper.

Goles: 1-0, m. 3: Falcao, de cabeza tras un saque de esquina de Diego. 2-0, m. 69: Diego culmina una jugada individual de Arda Turan.
Árbitro: Peter Rasmussen (Dinamarca). Amonestó a los locales Gabi (m. 51) y Mario Suárez (m. 59) y al visitante Loovens (m. 87).
Incidencias: partido correspondiente a la primera jornada del grupo I de la Liga Europa, disputado en el estadio Vicente Calderón ante unos 30.000 espectadores.

lunedì 12 settembre 2011

Valencia – Atletico 1-0: la solita storia?

Primo avversario di spessore, prima caduta dell'Atletico. Non c'è neppure la scusante di un gioco scintillante messo in mostra dagli avversari, che si sono limitati a sviluppare il proprio copione senza svolazzi o particolari colpi di genio. Alla fine, se proprio si vuole condensare la partita in una sola icastica frase, potremmo dire che il Valencia è stato una squadra e i colchoneros no.
E questo ci riporta alla domanda iniziale: sempre la solita storia? Sempre la solita non-squadra che si frantuma appena incontra un avversario di livello? Non esattamente.
Il primo tempo dei colchoneros è stato molto deludente. La squadra non ha saputo fare altro che difendersi con un certo ordine ma senza vera efficacia, fare girare la palla in modo piuttosto sterile e attaccare con le solite estemporanee iniziative dei singoli, Adrian in particolare. Paradossalmente meglio nel secondo tempo, con la squadra meno allungata se non nella fatale azione del gol di Soldado, un gioco più veloce e propositivo, anche e soprattutto grazie all'ingresso di Arda Turan e Diego. L'impressione è comunque che il Valencia non sia mai stato veramente in difficoltà nella gestione della partita e, comunque, non abbia mai rischiato di perdere.
Sembra imprescindibile, a questo punto, una massiccia iniezione di tecnica, unita a una maggiore incisività dei movimenti d'attacco (con cambio di modulo annesso?) e a una crescita della condizione fisica. La mentalità del giocare la palla si conferma, ma a questi ritmi e con questi uomini non si va lontano.
Vediamo ora nel dettaglio alcuni aspetti della partita.

Note positive
Courtois: grande sicurezza, buoni interventi. Naturalmente due partite sono troppo poche per valutarlo, ma ciò che si vede promette bene. Purtroppo, più per il Chelsea che per l’Atletico, ma pazienza…
Silvio: buono nell’appoggiare il centrocampo, anche se manca ancora di continuità. L’impressione è che possa solo crescere e migliorare e che sia un buon acquisto. Tuttavia in un paio di occasioni si è fatto trovare troppo avanzato e fuori posizione, sbilanciando la già lenta e fragile difesa.
Gioco: i biancorossi hanno sempre cercato di giocare la palla, anche nelle fasi più concitate della partita. Questo è significativo, perché indica che il lavoro di Manzano è stato recepito in profondità e che ci sono buoni margini. Però perché si abbia una vera efficacia mancano ancora tre elementi: velocità, consapevolezza (l’impressione è che alle volte si rallenti il gioco solo per seguire i dettami del tecnico, qui chiaramente equivocato) e buoni giocatori (un Koke formato-maxi, un Diego in buona forma e un Reyes più uomo squadra sono imprescindibili).

Note negative
Centrocampo: opposta a un vero centrocampo, la linea Tiago – Suarez – Gabi ha mostrato tutta l'inadeguatezza che in molti temevano. La “cooperativa di regia” non ha funzionato, anche perchè nessuno dei tre ha un passo e una mente tali da poter dettare il gioco. Contro avversari che non siano solo organizzati (Osasuna), ma abbiano anche capacità tecniche e di gioco superiori alla media, questa linea a tre si perde e non riesce a fare altro che proteggere la difesa, sia pure affannosamente: gli scatti, le triangolazioni, i movimenti senza palla e tra le linee dei valenciani sono stati infatti sufficienti a mettere in crisi i tre, che per di più hanno totalmente abbandonato l'attacco, supportato solo occasionalmente da una “magia” di Tiago e da qualche lancio di Gabi. Come ho già detto, meglio il secondo tempo, con la squadra più corta e, soprattutto, con l’ingresso di Arda e Diego (e poi Juanfran) a formare un modulo magmatico che, nella sua forma finale, assomigliava a un 4-2-3-1, almeno nelle intenzioni di Manzano. Solo allora il gioco  si è fatto meno prevedibile e più veloce, chiara indicazione che almeno l’ingresso di Diego non può essere rimandato ancora a lungo, se si vuole esaltare il gioco d’attacco che, almeno nelle intenzioni, si propone.
Falcao: chiaramente spaesato e fuori-forma, ha corso molto ma senza costrutto. Aspetti del tutto comprensibili se si considera che è reduce da una stagione infinita. Tuttavia, è necessario che si ambienti in fretta visto che, lo ripeto ancora una volta, non si vede chi altri possa segnare. Per una stagione diversa dalle solite, deve entrare presto in forma e, soprattutto, non deve farsi venire neanche un raffreddore. Mai.
Coppia Dominguez – Miranda: sul gol di Soldado si sono fatti infilare come polli (più Miranda, in verità). In generale, non hanno mostrato particolare sicurezza, né velocità. A mio giudizio, è imprescindibile Godin (quello vero, non quello incerto dell’anno scorso)
Movimenti d’attacco: ognuno andava per conto suo, seguendo un malsano estro che porta a tenere a lungo la palla e a provare inutili percussioni. In realtà, se mancano inserimenti dal centrocampo e dalle fasce, non si vede come il gioco possa mutare, quindi è chiaramente un problema globale. Detto di Falcao, ancora ridondante e inutilmente lezioso Reyes, mentre Adrian si è dato da fare e, pur portando palla, ha cercato di essere quanto più incisivo possibile.

Da quest’oggi aggiungo tabellino e pagelle. Scusate se nell’analisi della partita scorsa mancavano, ma ero (e sono ancora) in rodaggio…

Valencia: Guaita, Miguel, Rami, Víctor Ruiz, Mathieu, Albelda, Tino Costa (Topal, m.67), Pablo, Jonas (Canales, m.70), Piatti (Jordi Alba, m.61) y Soldado.

Atlético de Madrid: Courtois 6,5, Silvio 6, Miranda 5, Domínguez 5, Filipe Luis 5, Mario Suárez  5 (Juanfran, m.78,sv), Gabi 5,5, Tiago 5 (Diego, m.64, 6,5), Reyes 5, Adrián 6 (Arda, m.57, 6) y Falcao 4,5.

Gol: 1-0, m.52: Soldado.
Árbitro: González González (colegio castellano-leonés). Amonestó por el Valencia a Soldado y por el Atlético de Madrid a Mario Suárez y Tiago.
Incidencias: partido disputado en el campo de Mestalla ante 40.000 espectadores. Terreno de juego en aceptables condiciones. Acudió al encuentro el seleccionador nacional, Vicente del Bosque.

lunedì 5 settembre 2011

L'estate del nostro scontento, parte II

Premesso tutto quanto detto nel post precedente, vediamo ora nel dettaglio mosse di mercato e singoli reparti.

Porta
Una sola domanda: la società crede in Joel (e Asenjo)? Se sì, non si capisce perché non abbiano preso un portiere di esperienza, adatto a fare il secondo e a subentrare alla bisogna. Se no, Courtois in prestito non è l’uomo giusto. Un portiere del calibro di questo ragazzo (le opzioni aperte dai suoi lanci lunghi hanno fatto la differenza contro l’Osasuna, così come le due doti atletiche e il senso della posizione) si compra, non si elemosina dal Chelsea per poi vederselo portare via alla fine del campionato. C’è il rischio concreto di trovarsi a fine anno senza un potenziale campione e con due ottimi ragazzi sfiduciati. Inoltre tra poco Asenjo sarà pronto e si innescherà una competizione sfibrante tra i tre: se veramente Manzano ha intenzione di alternarli, potremmo assistere ad errori in serie.

Per il resto, confesso di aver trovato De Gea un ingrato che abbandona la squadra che lo ha cresciuto dopo appena un anno da titolare. Tuttavia, in parte capisco il suo desiderio di andarsene: da una parte un club che più volte ha avuto dubbi nei tuoi confronti e che nell’ultima stagione ha dato un’impressione di caos totale (confermata, tra le righe, anche da Quique); dall’altra il Manchester United, che non è solo di un altro pianeta a livello sportivo, ma anche a livello societario. Certi treni, nella vita, passano una volta sola.
Negli occhi ho però ancora gli errori contro Aris, Rosenborg e Real Madrid, per cui non sono così addolorato per la partenza di David: tutto sommato, credo che sopravvivremo… 

Difesa
Sono arrivati Silvio, che nelle prime partite si è dimostrato un degno terzino destro, e Miranda, sul quale invece persistono i dubbi (senso della posizione e velocità paiono carenti, però è ancora troppo presto per un giudizio).
Entusiasmo di tutti per la cessione del mediocre, ancorché volenteroso, Valera. Rammarico per l’addio di Ujfalusi, uno dei giocatori più sottovalutati che abbia mai visto: io lo avrei tenuto senza esitazione, anche perché è stato venduto per un pugno di noccioline, ma purtroppo la proposta del Galatasaray è capitata nella fase “vendiamo tutto” della ciclotimica estate rojiblanca. Piuttosto il vero peso morto è Antonio Lopez, che, se non fosse il capitano per “meriti di cantera”, sarebbe già stato allontanato anni fa: è un terzino mediocre che solo in un club che idolatra istericamente (quasi) tutti i suoi figli può nutrire speranze anche solo di andare in panchina.
Buone le conferme di Godin, Dominguez, Filipe Luis, Pulido e… ehm… (Dio mi perdoni…) Perea.
Quest’ultimo, straniero col maggior numero di presenze in tutta la storia dell’Atletico, è criticatissimo ad ogni partita da gran parte della tifoseria. Io stesso sono molto combattuto. I fatti dicono che gli anni scorsi, tutte le volte che si è verificato qualche errore difensivo, Perea era, per così dire, “nelle vicinanze”. D’altra parte, non si può negare che la sua velocità e la sua esplosività muscolare siano impressionanti. Quando è in giornata, è un fenomeno, capace di recuperi e di interventi sulla palla eccezionali; peccato che finora abbia accusato frequenti cali di concentrazione e rovinosi attacchi di stupidità tattica, con colpi leziosi dalle conseguenze devastanti nei momenti meno indicati della partita. Di fatto è all’ultima chiamata: la partita con l’Osasuna, dove è stato visto persino passare la palla con costrutto, ha segnato la strada. Vedremo, anche se l’opzione migliore per il centro della difesa rimane, a mio giudizio, la coppia Dominguez – Godin.

L’impressione è comunque che manchi qualcosa sulle fasce, soprattutto a sinistra, dove Filipe è ancora in difficoltà e Lopez è francamente impresentabile. Sulla destra invece Manzano conta su Perea come ricambio per Silvio, ma il colombiano negli anni scorsi ha manifestato la tendenza a non sapersi controllare e a farsi trovare fuori posizione.

Centrocampo
Il vero problema, da anni, è la mancanza di un regista che però non pare essere arrivato, a meno che non si consideri tale Gabi o non si pensi di affidare le chiavi del centrocampo a Koke. Per lungo tempo, leggendo i giornali è parso che si puntasse tutto su Borja Valero, ma l’impressione mia e di molti altri è che non si sia veramente cercato il giocatore. Se lo schema che ha in mente Manzano è quello presentato contro l’Osasuna, non è previsto un vero e proprio regista, ma una sorta di cooperativa di regia Tiago - Mario Suarez – Gabi in cui quest’ultimo è il vero ago della bilancia, decentrato sul centro-sinistra.
Sono rimasti anche Paulo Assunçao e Juanfran, oltre a Tiago che ufficialmente sarebbe un nuovo acquisto. Il primo è un uomo di peso ed esperienza, anche se poco propenso a fare gioco (tende all’appoggio orizzontale e poco più), che può far comodo come riserva se inserito in un contesto in cui altri si incarichino di giocare la palla. Di Tiago sappiamo pregi e difetti: è una mezzala dai buoni piedi, ma non è continuo, non sa organizzare il gioco e non è un leader. Due buoni rincalzi, ma niente di più. Spero di vedere più spesso in campo Juanfran, giocatore di buona qualità e abile nel cercare la profondità che l’anno scorso è stato poco sfruttato da Quique; tuttavia, non vedo proprio come si potrebbero aprire spazi per lui, con questa rosa e questo schema di gioco.
Continuo a credere che ci siano troppi incontristi/corridori e pochi cervelli e che manchino personalità forti, però Manzano sembra sapere il fatto suo e aspetto fiducioso i risultati del suo schema, per il quale vi invito a dare uno sguardo qui.
A mio giudizio sussistono due altri problemi.
In primo luogo, non riesco a vedere tutta questa fiducia nei giovani di cui tanto si è parlato quest’estate: per un Mario Suarez ormai pedina chiave del centrocampo e un Koke con buone speranze, ci sono un Fran Merida costretto ad andare in prestito senza aver potuto dimostrare il suo valore (anche come regista, perché no?) e un Keko abbandonato al suo destino. Su quest’ultimo io avrei insistito ancora un po’, mentre il problema di Fran è più complesso e riguarda la politica generale del club verso i giovani: ha senso vincolarli a prestiti con diritto di riscatto di due anni? Ruben Perez non avrebbe fatto comodo già quest’anno, dopo l’ottimo anno di La Coruna? E questo tipo di contratti non dà troppo potere ai club che ricevono il prestito, al punto da spingerli a tirare sul prezzo nel caso in cui il giocatore abbia dimostrato il suo valore, con conseguente rischio che il prestito si risolva in una cessione definitiva, più o meno mascherata (è il caso di Manu Del Moral)? L’Atletico ha spinto molto anche quest’estate su questo tipo di prestiti e sul mancato rinnovo del contratto a ragazzi che si erano distinti nelle categorie giovanili. Spero che non ne abbia a pentirsene.
Secondo problema, abbondano i trequartisti. Reyes, Arda Turan e Diego, sia pure considerato che hanno caratteristiche tali da poter essere utilizzati anche in altre zone del campo, mi sembrano un po’ troppi. I primi due sono poco continui e tendono alla pigrizia; Diego è una vera e propria incognita, considerato anche il caratterino. Le dichiarazioni all’arrivo sprizzavano, come da prammatica, ottimismo e desiderio di mostrare il proprio valore, ma la parabola del giocatore dall’arrivo alla Juventus in poi parla chiaro. Anche Diego, insomma, è all’ultima spiaggia: se fallisce a Madrid, non troverà più nessuno disposto a scommettere su di lui. A quanto pare, Manzano sembra volerlo utilizzare o come centrocampista con compiti di regia nel 4-3-3 (al posto di Tiago?) o come trequartista puro nel 4-4-2 a rombo (e Reyes? Farà la seconda punta?). A me non sembra adeguato a giocare a centrocampo, ma probabilmente Manzano, che a quanto pare ha insistito moltissimo per averlo, vede in lui qualcosa che noi non riusciamo a cogliere. In ogni caso, l’arrivo di Diego ha scatenato un grande entusiasmo a Madrid, dove da almeno un paio d’anni in molti speravano in un suo arrivo. Tanti scrivono di un Diego a supporto di un attacco Reyes – Falcao – Arda Turan, ma per sostenere uno schieramento del genere, comunque a mio giudizio troppo leggero e discontinuo, c’è bisogno di un gioco di squadra di grande coesione e sostanza.

Attacco
Il vero caos dell’estate ha interessato l’attacco, che esce dal mercato completamente stravolto. Poche storie, si chiude un’epoca, quella della coppia Forlan – Aguero. Per inciso, una coppia atipica, che spesso si è rivelata carente nelle gare in cui si trattava di “sfondare” la difesa avversaria, più che di incunearvisi.
Aguero se ne va per 45 milioni e dopo aver insultato tifoseria e compagni. E’ pur vero che l’Atletico non sembra garantire un palcoscenico di primo piano a chi vuole divenire (o è già) fuoriclasse mondiale (il “Gilifato” ci consegna una società dove regna la confusione e mediocre, assolutamente non all’altezza della sua storia) e che dopo la vittoria nella Supercoppa la squadra è stata indebolita senza criterio, ma vorrei ricordare a tutti, e a lui per primo, che se Aguero è quello che è, il merito è anche della società che ha creduto in lui quando aveva solo 18 anni, lo ha atteso, coccolato e sostenuto. Quindi mi sarei aspettato un minimo di riconoscenza, senza frasi antipatiche sul fatto che non si era mai sentito tifoso dell’Atletico e che l’unica squadra che conta per lui sia l’Independiente.
Infatti a Forlan nessuno ha rinfacciato nulla, eppure anche lui non si è fatto problemi a ricordare la pura e semplice verità (l’Inter è squadra di livello superiore all’Atletico). Le frasi sul fatto che se ne vada da tifoso dell’Atletico sono probabilmente un modo diplomatico per ringraziare la società e niente più, ma alla fine nessuno si aspettava chissà cosa. Da molto covava il desiderio di andarsene, più o meno velatamente dichiarato, ma credo che, se fosse rimasto, avrebbe dato l’anima. Sono sicuro, altresì, che Aguero, se fosse rimasto, non l’avrebbe fatto e anzi avrebbe causato danni nello spogliatoio. In più, in diverse occasioni Gil Marin aveva fatto capire, con la sua tipica mancanza di riconoscenza e di educazione, di volersi liberare di Forlan.
Per cui, convinto della validità del principio per cui è meglio vendere chi non vuole più restare, non mi strappo le vesti per Aguero, mentre rimango convinto che un Forlan formato-Uruguay, abile nel gioco dietro alle punte e all’inserimento, ci avrebbe fatto comodo, anche come guida per i molti giovani che ormai sono presenti in rosa.
Dal caos totale dell’estate è emerso quello che sembra un grande acquisto, ovverosia Radamel Falcao, l’ariete dai buoni fondamentali da lungo tempo atteso. Se sul piano tecnico non credo si possa discutere, ci sono però due elementi che non mi convincono. In primo luogo, la tempistica: certi giocatori li si compra prima che arrivino al loro zenit, altrimenti si rischia di spendere quello che oggettivamente è uno sproposito (40-45 milioni per uno che fino a ieri era valutato 30… Quando compri del Porto, e c’è di mezzo il solito Mendes, finisce sempre così). In secondo luogo, acquisti di questo tipo finiscono per assorbire l’intero budget del mercato: si è sacrificato tutto, ma proprio tutto, sull’altare di Falcao. Chi pensiamo che possa segnare, oltre a lui? Davvero ci aspettiamo molte reti da Reyes, Arda Turan, Adrian, Diego o Pizzi? Molti di loro non sono punte di ruolo; Adrian deve dimostrare di saper fare più di una decina di gol stagionali, anche se è attaccante di buon livello tecnico. Su Pizzi sospendo il giudizio (ne ignoravo perfino l’esistenza), ma non credo che possa fare sfracelli.
Nell’insieme l’attacco, appare indebolito, tanto più Borja è stato ceduto in prestito e che Diego Costa dovrà partire in quanto extra-comunitario. Speriamo che Falcao non si faccia male, altrimenti non so proprio chi possa segnare, come tutti abbiamo potuto vedere nel match contro l’Osasuna.
Nel complesso, l’attacco migliore è anche la scelta obbligata, ovverosia la coppia Falcao – Adrian variamente supportati. A mio parere, un tridente Reyes – Falcao – Arda, molto gettonato da stampa e tifosi, potrebbe rivelarsi poco concreto e di scarso impatto realizzativo. Ci fosse stato Forlan, staremmo a parlare di un altro livello.

Nel complesso, una squadra ringiovanita (età media 24,5 anni), futuribile a patto che alcune scommesse “esplodano” effettivamente, migliorata dal punto di vista tecnico se considerata globalmente, ma non così tanto come vorrebbero farci credere e quindi non ancora pronta a compiere un effettivo salto di qualità. Alla fine, lo ripeto per l’ennesima volta, il vero ago della bilancia potrebbe rivelarsi Manzano: se la squadra lo seguirà sulla strada del giocare la palla, potremo assistere ad una crescita, altrimenti sarà la solita solfa, con l’Atleti “rey del verano” e poco più.

giovedì 1 settembre 2011

L'estate del nostro scontento, parte I

Ser del Atleti es algo que no se puede explicar… e infatti non proverò neppure a fare la cronaca di questa estate schizofrenica, mi limiterò a qualche cenno al vero e proprio caos che ha avvolto il club della ribera del Manzanares.
Direi di cominciare da dove tutto ha origine, ovvero il caos societario: chi comanda, Cerezo o Gil Marin? Chi tra i due ci mette i soldi? E ci sono questi soldi? Soprattutto, chi dice di comandare lo sa veramente fare? Oppure delega tutto, mercato compreso, a personaggi animati da dubbi interessi (Mendes, procuratore di un numero impressionante di rojiblancos, quasi tutti di “non eccelsa qualità”…) o a veri e propri incapaci (Garcia Pitarch, che per fortuna se ne è andato). E non mi soddisfa pienamente neppure il nuovo corso: che esperienza hanno, veramente, Caminero, Aguilera, Baraja e Pantic? In molti temono che sia solo un’operazione di facciata per tranquillizzare una tifoseria che recentemente aveva dato segni di forte insofferenza. Visto il caos in sede di mercato (per cui vedi oltre), non sono molto fiducioso.
Sulla vendita del Calderon e sul trasferimento alla Peineta preferisco stendere un velo pietoso, in attesa di vedere se alle parole seguiranno i fatti e se veramente l’Atleti “non spenderà un soldo, anzi ci guadagnerà” (Cerezo dixit).

Neppure se avessi un’intera vita da sprecare potrei analizzare adeguatamente il caos del mercato, sia il più recente sia quello degli anni passati. Credo che basterà citare un paio di situazioni per esemplificare il clima di questa società che non è mai normale.
In primis, il fatto che Falcao, il fiore all’occhiello costato tra i 40 e i 45 milioni di euro, non sia sceso in campo contro l’Osasuna perché mancava il transfer internazionale, di cui al momento in cui scrivo si aspetta ancora l’arrivo.
Poi il fatto che, dopo aver dato l’impressione di comprare a casaccio, ci si è trovati ad avere in rosa cinque extra-comunitari ed è partita la corsa alla svendita per non superare il tetto di tre. Fortunatamente Godin ha ottenuto la cittadinanza e non ha ricevuto alcuna autentica proposta, altrimenti con ogni probabilità sarebbe stato venduto con la scusa di essere extra-comunitario.
Il sacrificato è stato Elias, venduto allo Sporting Lisbona dopo neanche mezzo campionato: arrivato con le stimmate del fenomeno, fatto giocare in ogni ruolo possibile e alla fine messo alla porta ma con stile (“es un profesional”…). Sconfessato totalmente il mercato d’inverno (qualcuno, a proposito, ha avvistato Juanfran, altro strombazzato acquisto fortissimamente voluto da Quique e poi lasciato a marcire in panchina?), di fatto resa vana la vendita di Jurado e Simao, ma pazienza, noi siamo l’Atletico, la Madrid più vera BLABLABLA…

E siamo al caos-allenatore. Non so voi, ma io proprio non riesco a vedere quale filo rosso leghi Manzano, Caparros e Luis Enrique. Tre stili di gioco differenti, tre filosofie differenti, tre tipi di mercato differenti. A quanto pare, credono tutti e tre nei giovani e l’avrebbero dimostrato nella loro carriera… Forse sarò io che non capisco nulla (spero che un giorno Gil Marin mi chiami e mi illumini), ma l’impressione è che nessun allenatore di nome volesse venire all’Atletico, in un ambiente nevrotico e insicuro.
Alla fine ha vinto il migliore, ossia Manzano, e ovviamente molti tifosi hanno storto il naso. A mio giudizio, potrebbe essere l’uomo giusto: sa di calcio, conosce l’ambiente, è abbastanza saggio da saper gestire l’isteria di stampa e tifosi e abbastanza pacato da far maturare gli uomini che gli hanno affidato senza inutili umiliazioni o roboanti dichiarazioni pubbliche (vi ricordate Quique?). Ha dimostrato negli allenamenti e nelle prime partite della stagione di avere le idee chiare e il carisma per farle accettare. E ricordo che tutti gli attaccanti che ha allenato hanno avuto, proprio con lui, le loro migliori stagioni, almeno a livello realizzativo: segno che non è affatto il vecchio sclerotico difensivista che in molti scioccamente dipingevano nei commenti estivi.
Mi permetto una stilettata a Luis Enrique: se finora hai allenato solo nelle giovanili di una sola squadra e a un club di tradizione ma turbolento del tuo paese preferisci la Roma, cioè la società più turbolenta del campionato più isterico d’Europa, forse ti manca un po’ di umiltà. Auguri, perché ne avrai veramente bisogno!!!