martedì 23 dicembre 2014

Athletic Bilbao – Atletico Madrid 1-4: senza un vero perchè


Se non avessi visto la partita, ma mi fossi semplicemente informato sul risultato, avrei pensato a una grande prestazione dei colchoneros. Purtroppo, però, la partita l'ho vista, eccome. E non riesco ad allontanare la fastidiosa sensazione che le dichiarazioni di Gurpegui sul fatto che non avremmo fatto nulla per meritarci la vittoria contengano un buon nucleo di verità.
Sono esagerazioni, certo, però è vero che, per la seconda volta consecutiva, l'Atletico ottiene un risultato senza un vero perchè. La scorsa giornata, la sconfitta contro il Villareal è venuta quasi casualmente, dopo una partita non particolarmente ben giocata ma che si sarebbe tranquillamente potuto vincere. A Bilbao, dopo un primo tempo di chiara inferiorità, che i baschi non hanno chiuso sul 2-0 solo per i propri limiti d'attacco, abbiamo vinto una partita che avremmo potuto perdere anche grazie a un rigore decisamente naif e a un gol in fuorigioco (a mio parere ininfluente, ma fastidioso per la nostra immagine).
In ogni caso, ripeto, una partita vinta senza un vero perchè, esattamente come altre in questa stagione (altro esempio: qualcuno saprebbe dire perchè abbiamo perso a Valencia?).


Nell'insieme, sembra sempre che i colchoneros non abbiano ancora riacquisito la ferocia perduta con le partenze eccellenti dell'estate, un tema che abbiamo già affrontato molte volte e col quale non starò a tediarvi, anche perchè il passato è passato (ma Filipe Luis sempre in panchina al Chelsea è il presente, un amabile presente, almeno per quanto mi riguarda...).
Per di più, credo che pesino altri due fattori non di poco conto: l'effetto “pancia piena” e lo status di “campioni”. Il primo è ben noto ed è alla base della stra-abusata considerazione che la parte più difficile non sia arrivare a certi livelli, ma rimanerci. Per quanto il Cholo sia forse l'allenatore più qualificato nel gestire la parte motivazionale, è pur vero che la domenica successiva ad ogni partita di Champions' è stata quasi immancabilmente un vero disastro, aspetto questo che l'anno scorso ci era del tutto sconosciuto. Inoltre, quest'anno siamo i campioni in carica, ovverosia la squadra da battere, e tutti si dannano l'anima per tentare di infilzarci. C'è, in questo desiderio, anche un'evidente invidia: proprio quando tutti si erano rassegnati alla liga escocesa, siamo arrivati noi a dimostrare che col lavoro e coll'impegno si possono ribaltare situazioni apparentemente perdute e ora tutti non vedono l'ora di poter dimostrare, battendoci, che avrebbero potuto farlo anche loro, con un po' più di fortuna.
Aggiungete la crisi di Gabi, distratto dalle ben note vicende giudiziarie e, secondo me, anche spremuto fisicamente, il solito basso livello qualitativo del centrocampo e il gioco è fatto. Per di più, a Bilbao mancava Koke, davvero imprescindibile per questa squadra.


Mancava anche Mandzukic, per cui Simeone aveva optato per un 4-5-1 “variabile”, con Griezmann unica punta e Raul Garcia a flottare fra il centrocampo e l'attacco e con Tiago spesso davanti alla difesa e dietro alla linea degli altri centrocampisti. Un allineamento da contropiedisti puri, che però inizialmente non ha dato i suoi frutti. Non che i colchoneros abbiano giocato male; semplicemente, si sono mostrati inferiori all'Athletic in tutto, incapaci di portare la partita sui binari scelti da Simeone e costretti a inseguire i baschi sul loro stesso spartito e al loro stesso ritmo. Gli uomini di Valverde occupavano militarmente il centro del campo, costringendo i colchoneros a cercare continuamente la soluzione laterale. Il maggior ritmo dei baschi, unito alla loro superiore aggressività, li portava a riconquistare subito il pallone e a cercare giocate aeree e inserimenti dalla trequarti.
L'insieme delle cose generava una situazione già vista più volte: zona centrale del centrocampo incapace di proporrre gioco e di tenere palla, terzini superati e presi alle spalle dagli inserimenti e dai tagli degli avversari e attaccanti abbandonati là davanti, senza possibilità di ricevere rifornimenti né per vie centrali né dalle fasce.
Pure, l'Atletico non dispiaceva fino in fondo, né pareva rischiare più di tanto. A conti fatti, il vero problema si dimostravano, ancora una volta, la mancanza di concentrazione e l'assenza di ritmo.
Nell'azione del gol, una punizione a due dalla trequarti nata dall'ennesimo stupido fallo di Raul Garcia, metà della difesa colchonera perdeva i propri avversari diretti e Mikel Riko poteva colpire indisturbato a centroarea.


Il gol del 1-0, momento iniziale e finale della parabola: si vede chiaramente come ogni colchonero abbia il proprio avversario da marcare, come Gimenez sia già colpevolmente in ritardo e infine come, anche grazie all'inserimento improvviso di San José, tre giocatori baschi si ritrovino soli a centroarea, mentre i due uruguayani e Raul Garcia non si oppongono come dovrebbero agli avversari.


Poco dopo, al 39', Saul e Tiago, fuori posizione, favorivano il filtrante per Aduriz, che si beveva Godin, si involava verso la porta e non riusciva a segnare più per demeriti propri che per l'improvviso rinvenire di Siqueira e Gimenez.


L'occasionissima di Aduriz: Saul non contrasta l'avversario, Tiago è in forte ritardo nel rientrare, Gimenez ancora una volta fuori posizione. Saltato Godin, Aduriz ha davanti a sè un'autostrada.



Il secondo tempo era un'altra storia. Non sapremo mai cosa si siano detti veramente negli spogliatoi Simeone e i suoi; l'unica cosa sicura è che ha funzionato alla grande.
Neanche un minuto e, dopo sette splendidi tocchi, Juanfran crossava per la testa di Griezmann, abile a infilare Iraizoz.
Poco dopo, Tiago entrava in area e si lasciava cadere prima ancora di toccare la gamba di San José. Rigore molto ma molto dubbio, per essere gentili, che Raul Garcia trasformava con freddezza.
Con l'Athletic completamente suonato, tra colpi proibiti e litigi plateali, Arda rubava palla, serviva a Gabi che innescava Griezmann, velocissimo nel presentarsi davanti a Iraizoz e fulminarlo.
Il San Mames ribolliva, l'Athletic tentava il tutto per tutto, ma senza vera convinzione. Così, a poco meno di dieci minuti dalla fine, Arda, ancora lui, serviva un filtrante a Griezmann che apriva su Raul Garcia e poi interveniva sul tiro di quest'ultimo, segnando in evidente fuorigioco. L'arbitro non vedeva nulla, il San Mames ruggiva di rabbia, ma in realtà non capisco in che modo Griezmann sia stato determinante: le immagini non sono chiarissime (questione di prospettiva), ma a me pare proprio che la palla, magari più lentamente, sarebbe comunque filata in porta, e in ogni caso il francese non impedisce l'intervento di nessuno.


Si chiude così, con un trionfo più sulla carta che reale, un anno straordinario. Qualche cambiamento va fatto, se non nella rosa, sicuramente nella gestione di questa e nell'atteggiamento in campo. L'importante era tenere a distanza gli inseguitori e non perdere terreno nei confronti di chi ci precede. In sintesi, non perdere ulteriori punti proprio mentre ci si avvicina alla metà della stagione. In questo senso, missione compiuta.


Note positive
Arda: entra in tutte le azioni da gol e anche nel primo tempo era stato l'unico, insieme a Juanfran, a provare a imbastire una qualche azione. Indiscutibilmente la luce di questa squadra.
Griezmann: “liberato” da compiti difensivi e dalla presenza di un compagno macchinoso e lentissimo come Mandzukic, infila una prestazione-monstre che fa ben sperare per il futuro. Ma non va dimenticato, appunto, il particolare contesto in cui questa si realizza.


Note negative
Godin-Gimenez: la coppia uruguayana non ne azzecca mezza e fatica a tamponare i mediocri attaccanti avversari, anche perchè il centrocampo filtra poco e male. Hai voglia a dire che si può fare tranquillamente a meno di Miranda...
Mancanza di pudore: rigori come quello su Tiago se ne sono visti e se ne vedranno ancora, nella storia del calcio. Però le scene di giubilo esagerato e i complimenti al portoghese per un rigore chiaramente “rubato”, francamente, me le sarei evitate. Certi atteggiamenti (vedi anche la vena stupidamente polemica di Raul Garcia in molte partite) non mi piacciono per nulla e non ci fanno onore. Oltre a costarci un numero esagerato di cartellini gialli...



Athletic: Iraizoz; De Marcos, Gurpegui, Etxeita, Balenziaga (Ibai, m. 79); San José, Mikel Rico; Unai López (Guillermo, m, 69), Susaeta, Muniain; y Aduriz. No utilizados: Herrerín; Aketxe, Morán, Beñat y Bustinza.

Atlético: Moyá 6; Juanfran 7,5, Giménez 5,5, Godín 5,5, Siqueira 5,5 (Lucas, m. 88 sv); Gabi 5, Tiago 5,5; Saúl 6 (Cebolla, m. 80 sv), Arda 8 (Gámez, m. 85 sv), Raúl García 6; y Griezmann 8,5.
No utilizados: Oblak; Mario Suárez, Raúl Jiménez, Gámez y Keita.


Goles: 1-0. M. 16. Mikel Rico. 1-1. M. 46. Griezmann. 1-2. M. 53. Raúl García, de penalti. 1-3. M. 73. Griezmann. 1-4. M. 81. Griezmann.
Árbitros: Hernández Hernández. Amonestó a Griezmann, Aduriz, San José, Muniain, Giménez, Arda y Gabi.
Unos 35.000 espectadores en el estadio de San Mamés.

giovedì 11 dicembre 2014

Juventus – Atletico Madrid 0-0: di necessità virtù


Checché ne dicano in molti, è stata partita vera. Almeno finchè chi aveva tutto da perdere non ha deciso che era meglio lasciare tutto come stava: hai visto mai che anche quest'anno turchi, danesi o simili potessero fare a fette la Vecchia Signora...
Quindi, ripeto, è stata partita vera per circa 60-65 minuti.
Però è stata anche, perchè negarlo, una partita eminentemente difensiva, o per meglio dire tatticamente accorta, con un 4-5-1 a maglie strette e un Mandzukic a uomo su Pirlo che a molti non sono piaciuti.
Ma non parliamo di biscotto o di farsa, per favore. L'Atletico si era guadagnato il diritto di poter fare la partita che avesse voluto grazie al suo percorso e così ha fatto, cercando di non scoprirsi e di adattarsi alla dinamica del match. Avrei gradito anch'io una prova di forza, ma cosa ci diremmo ora se, in una gara dall'importanza tutto sommato limitata, alcuni o anche uno solo dei nostri si fosse fatto male in maniera seria?
Alla fine, l'Atletico ha fatto di necessità virtù.
Entrambi i contendenti hanno cercato di vincere, ma senza esporsi eccessivamente e il risultato ne è scaturito come logica conseguenza, sempre più probabile man mano che ci si avvicinava alla fine. I colchoneros hanno giocato con la testa: concentrazione, intensità e, soprattutto, autoconservazione in un periodo della stagione (dicembre-marzo) in cui, stante il congelamento delle coppe europee, bisogna dare lo strappo definitivo in campionato e scrollarsi di dosso il duo Siviglia-Valencia. Così mi spiego anche l'assenza di cambi, la panchina per Tiago e Griezmann e una tattica attendista ma non rinunciataria.
Che poi siano emersi i soliti difetti, anche questo c'era da aspettarselo. La squadra, se appena può, difende bassa, troppo bassa, e si affida moltissimo alle capacità acrobatiche e d'anticipo della coppia centrale e del portiere, che però non è più Courtois. C'è il rischio, l'ho già scritto tante volte, che prima o poi questo atteggiamento di difesa passiva venga punito da qualche gol e qualche sconfitta di troppo. D'altra parte, l'anno scorso l'atteggiamento “pagava” anche perchè Diego Costa, con la sua velocità e la sua fisicità, bastava a ribaltare il fronte e il gioco d'attacco si poteva sviluppare efficacemente anche in inferiorità numerica (questo per tutti coloro che ritengono che la squadra di quest'anno sia migliore di quella dell'anno scorso, come si legge spesso qua e là. Mah...). Poi, il Cholo non azzarda mai e questo è talvolta un limite: un Cerci punta avanzata per attivare un veloce e letale contropiede in situazioni di forte pressione avversaria, per esempio, ci piacerebbe vederlo, ogni tanto.


Visto che comunque la partita è stata quella che è stata, non mi pare il caso di stilare pagelle. Mi limiterò a qualche osservazione qua e là.
Ho apprezzato alcuni dettagli di Arda, capace come pochi nel far scomparire la palla, e il grande spirito di sacrificio di Mandzukic.
Non ho gradito, invece, l'ennesimo errore nel controllo della palla di Moyà, speculare a quello dell'andata e che, come allora, poteva costarci caro. Anche nella prestazione di Gimenez ho colto qualche ombra: come ho già detto, tende a farsi superare in velocità e non ha ancora sviluppato quella capacità di concentrazione che permette di nascondere questo difetto non perdendo mai la posizione. Crescerà...

mercoledì 3 dicembre 2014

Espulsioni, subumani, crociate, ipocrisie e altre brutte storie


Come molti di voi sapranno, il club ha preso la decisione di espellere il Frente Atletico dal Calderon, non potendo, per ovvi motivi, né sciogliere un'associazione che non è legata in nessun modo organico all'Atletico Madrid né, per gli stessi motivi, modificarne etica e comportamenti.


Vorrei, prima di sviluppare alcune considerazioni a proposito, fare una premessa piuttosto consistente, e con diversi elementi personali, che spero mi perdonerete ma che ritengo funzionali al discorso.
In primo luogo, chiunque sia stato, almeno una volta, al Calderon, potrà confermare che, nonostante tutto, andare allo stadio in Spagna sia molto meglio che in Italia: si vedono famiglie intere, coppie, gruppi di amici e l'atmosfera è rilassata e tranquilla. Soprattutto, e il particolare per me è indice di molte cose positive, si vedono molte donne. C'è quell'atmosfera che in Italia, ormai, si trova solo alle partite di Champions', quando il pubblico non passa il tempo a insultare gli avversari e i loro tifosi, ma si gusta la partita ed incita la propria squadra.
Aggiungo ora una serie di note decisamente più personali. Nella mia vita, oltre che al Calderon, sono stato in molti stadi: per lunghi anni sono stato abbonato del Milan, ho visto diverse partite di molte squadre europee. In molti casi, ho potuto seguire la gara tra gli ultras di casa. Che fossi nella Fossa dei Leoni, nella Torcida Hajduk, nella Juventude Leonina dello Sporting, nei Lutece Falco del PSG, ad Highbury, tra i Grobari del Partizan o tra gli ultras dello Sparta Praga, la situazione intorno a me era quasi sempre la stessa: oltre a quelli per la propria squadra, era un fiorire di cori razzisti e sessisti, di braccia più o meno tese e di slogan (cripto-)fascisti.
Per lungo tempo, per quanto certe cose mi dessero molto ma molto fastidio (scelsi la Fossa e non le Brigate Rossonere perchè non mi piaceva il totenkopf simbolo di queste ultime), mi sono limitato a credere che tacere e non partecipare a certe manifestazioni e a certi cori fosse sufficiente per dissociarsi.
Per lungo tempo, ho cercato di considerare simboli decisamente poco simpatici (un teschio del tutto simile a quello delle SS, per esempio) presenti su sciarpe e altro materiale del Frente Atletico (materiale che possiedo, per altro) come elementi di un distorto folklore che accettavo solo in virtù della comune fede sportiva.
Da diversi anni, ormai, non penso più che tacere sia sufficiente. Penso anzi che dissociarsi significhi almeno andare a sedersi in altri settori dello stadio e mostrare il proprio disgusto di fronte a cori e atteggiamenti osceni. E lo dico, come appare chiaro, da persona che conosce certe situazioni per averle vissute dall'interno.


E quindi, eccoci alla domanda delle domande: ha senso espellere il Frente Atletico dal Calderon? E ancora: ha senso sciogliere de imperio il gruppo?
Secondo me NO. Il problema sono i componenti o il nome? Perchè, tra i due elementi, solo uno sarebbe destinato a cambiare. 

Il fatto stesso che il club abbia vietato l'ingresso al Frente Atletico ma abbia ribadito che chi ha l'abbonamento in quel settore non deve preoccuparsi delle conseguenze dell'espulsione e potrà continuare a frequentarlo, a mio avviso, mostra chiaramente come il rischio di scadere in una farsa sia altissimo. Vale a dire: si puniscono il nome, i simboli, la storia, criminale e non, del gruppo, ma non chi quei simboli e quella storia ha contribuito a crearli.
Diciamoci la verità: se fossimo nel Belpaese, diremmo che è la classica “soluzione all'italiana”, la solita vecchia storia immortalata da “Il gattopardo”.
Che tutto sia solo fumo negli occhi me lo suggerisce anche un'altra considerazione: sembra quasi che, se i gravissimi incidenti di domenica non avessero causato una vittima, o se questa vittima fosse stata un ultrà dell'Atletico, nessuno chiederebbe la dissoluzione e l'espulsione del Frente Atletico. Che solo ora si scopra il danno che il Frente causa alla società.
Pochi giorni fa, contro l'Olympiakos, il coro “Michel maricón” sovrastava persino la telecronaca televisiva. Sarebbe ancora tutto accettabile, se un moribondo non fosse stato buttato nel Manzanares? Se queste persone fra due settimane si presentassero al Calderon dietro lo striscione Indios, o Grupo Neptuno, o chissà cos'altro, cori come questo smetterebbero come per incanto?
 Con un nome diverso l'atteggiamento del gruppo sarebbe differente?
Ovviamente si potrebbe obiettare che il cambio del nome potrebbe essere la certificazione di un cambio di indirizzo, di membri, di atteggiamenti. Vero, verissimo, ma qui non si tiene conto che ci sono due problemi seri con cui confrontarsi.
Tanto per dire, un processo di questo tipo non si attua in un giorno, ma è frutto di un lungo lavoro che deve essere fatto dal Frente stesso, se è vero (ma ne dubito: certi cori li cantano tutti) che il gruppo è sano ed è rovinato solo da pochi elementi malati.
Né si può far finta che questo sia solo un problema sportivo e non invece una piaga sociale. Due branchi di subumani si scontrano vicino a uno stadio con la scusa di una partita di calcio e uno di questi (ché non era un tifoso normale, leggere qui per credere) ci lascia le penne. Davvero il fatto che un uomo di 43 anni e con due figli non trovi niente di meglio che farsi 500 chilometri per andare a picchiarsi con gente uguale a lui, solo vestita con altri colori, è un problema che non può essere qualificato come sociale?
Tutto si risolve impedendo a questi signori di entrare in uno stadio, e poi? Si daranno appuntamento in autostrada e si picchieranno in nome di squadre che neppure possono più vedere dal vivo, come accade in Olanda e in Inghilterra. E allora il problema sarà risolto o semplicemente rimosso dagli schermi televisivi su cui scorrono le immagini di uno spettacolo che si vende bene solo se appare perfetto?


Perchè, di tutto questo, ciò che mi dà più fastidio è l'ipocrisia. Anni fa, come ho già scritto, con il Calderon desolatamente vuoto e sgangherato, con i sedili rotti e le recinzioni che impedivano a metà del primo anello di vedere il campo, questa gente serviva eccome. Anche se il nome Frente Atletico era di chiara ispirazione fascista. Anche se la “Canción del Atletista” era ispirata a un noto inno franchista. Anche se sciarpe, bandiere e striscioni del gruppo esponevano teschi delle SS e croci celtiche. Allora tutto andava bene, D'altra parte, il nostro vomitevole presidente era ancora più fascista, un personaggio davvero rivoltante, indegno della nostra storia e della nostra tradizione.
Andava bene che questi tizi dominassero il Calderon, anche perchè l'immagine del club non poteva essere peggio di così. Siamo sempre stati il club della zona sud della città, quella popolare, quella anche progressista, e questo terrificante connubio rafforzava le calunnie di chi, partendo dal fatto che durante gli anni del Franchismo eravamo associati alla squadra dell'aviazione, sosteneva che fossimo noi la vera squadra del regime.
(Apro una parentesi per dire che, in questi anni, ho letto le peggiori stupidaggini su di noi, su Franco, sul Real Madrid. Ne elenco qualcuna, tanto per gradire: saremmo stati la vera squadra del cuore di Franco, che però per motivi ignoti e che nessuno di costoro sa spiegare favorì sfacciatamente il Real Madrid; sulle tribune del Metropolitano era pieno di gerarchi e militari; Bernabeu in realtà era anti-franchista e, rullino i tamburi, i veri favoriti dal regime furono Barcellona [!!!] e Atletico. Ma qualcuno di questi idioti legge i libri di storia? Sa che esiste un'autorità in materia di nome Bernardo Salazar, i cui studi accuratissimi dovrebbero essere patrimonio dell'umanità?).
Dice qualcosa il nome di Aitor Zabaleta? Un giovane tifoso della Real Sociedad, una persona normale che si aggirava con la propria fidanzata nei dintorni del Calderon e che venne ucciso a 100 metri dalla porta 6 con una pugnalata al cuore nel dicembre del 1998, dopo anni e anni in cui, in occasione di alcune partite, la frangia apertamente neonazista del Frente organizzava “cacce al basco”.
Sì, avete letto bene, era il 1998. Il Frente Atletico venne bandito dal Calderon? Si chiese il suo scioglimento? A me non risulta.
Come mai? Forse perchè erano gli anni in cui la società era sommersa dai debiti e aveva bisogno, allora più che mai, di una massa di manovra di violenti pronti a creare sconquassi per la città se qualcuno avesse cercato di cancellare il club perchè non pagava le tasse da almeno dieci anni e perchè il suo presidente usava i soldi del comune di Marbella, di cui nel frattempo era diventato sindaco (a proposito, la città più fascista di tutta la Spagna), per tenere in vita l'Atletico Madrid?
Certo, ogni tanto Gil urlava contro il Frente e gli ultras se la prendevano col presidente, ma le cose continuavano allo stesso modo.


E adesso il figlio di quel presidente, ora promosso amministratore delegato, e quell'altro tizio inutile e obbediente che allora appariva sempre due passi dietro a Gil e non parlava mai, ora promosso presidente, ci dicono che il Frente Atletico sarà espulso dal Calderon? Che lo sport è amicizia e sana rivalità? Che il club non c'entra nulla con gli incidenti scoppiati fuori dallo stadio (ed è vero) e che non ha mai incoraggiato queste persone (ma per favore!!!)?
E noi dovremmo credergli? E a cosa si deve, di grazia, questo sussulto di senso civico e rispetto per i valori dello sport?
Come mai Aitor Zabaleta vale meno di Francisco Javier Romero Taboada, detto ‘Jimmy’? Forse perchè allora eravamo una società sull'orlo del fallimento economico e sportivo, a un passo dalla retrocessione e ora siamo la squadra di moda, quella che in tivù si vende bene in tutto il mondo?
E allora ditelo, ma ditelo chiaro: il sangue di Aitor, un bravo ragazzo per quanto ne sappiamo, non sporcava nulla; quello di Jimmy, un teppistello senza arte né parte, invece impedisce di conquistare fette di mercato in Sud America, in Cina e in India.
Ditelo, che degli scontri fuori e degli insulti dentro lo stadio non vi importa nulla, o meglio, non ve ne frega proprio un cazzo. Vi importa, come sempre, del vostro portafogli, che si gonfia di più (finalmente lo avete capito) se c'è un progetto, sportivo ed economico, dietro alle vostre azioni, piuttosto che se vi limitate a comportamenti delinquenziali nei confronti del club, tra ruberie e misteriose sparizioni di denaro.


Ditelo chiaramente: il Frente Atletico non ci dà fastidio per i suoi atti, per i suoi cori, per la sua ideologia, per i suoi delitti. Ci dà fastidio perchè, con tutto questo, ci impedisce di vendere un prodotto.
Ma ricordate una cosa: l'Atletico Madrid non è un prodotto. E soprattutto non è vostro. L'Atletico è nostro, è della sua gente. La stessa gente che non vede l'ora che ve ne andiate.
Voi, prima di tutti, dovreste essere banditi dal Calderon.
Voi!
Poi gli altri, eventualmente.

domenica 30 novembre 2014

Atletico Madrid – Deportivo 2-0: la partita della vergogna


Avrei voluto scrivere della gran prestazione di Arda, del gol di Saúl, di nuovo titolare dopo un mese e mezzo, della terza vittoria consecutiva in casa e delle prospettive di classifica alla luce delle ultime prestazioni. O anche del 4-5-1 proposto ancora una volta dal Cholo, o dell'ottima prova di Gimenez.

E invece mi tocca parlare di quanto accaduto prima della partita nelle vicinanze del Calderon. In uno scontro tra opposte tifoserie, scontro a quanto pare programmato, un tifoso del Depor è stato ridotto in fin di vita e, stando a quanto hanno raccontato alcuni testimoni, addirittura buttato nel Manzanares. Per tacere del solito corollario di ferite da arma da taglio, traumi e contusioni.
La vittima è poi morta intorno alle 14.30 nell'ospedale madrileno nel quale era stata ricoverata.

Naturalmente, le due società hanno subito ribadito che condannano gli incidenti, i loro autori, la violenza nello sport e blablabla, nel solito stucchevole teatrino che accompagna queste tragedie.


Tuttavia, è giusto che, a proposito di avvenimenti che non c'entrano col calcio, altri fatti vengano ricordati.

Per esempio, c'entra col calcio che il Calderon sia da tanto, troppo tempo, un luogo in cui una parte cospicua dei tifosi espone svastiche, intona canti fascisti, saluta col braccio teso e insulta i giocatori di colore degli avversari?
E che ogni scusa sia buona perchè dagli stessi settori dello stadio partano insulti verso la Catalogna, i Paesi Baschi, le Asturie e ogni altra minoranza etnico-politica presente in Spagna?
E che le partite contro le squadre di queste regioni siano costantemente da allarme rosso?

Piacerebbe anche a me pensare che il club con tutto questo non c'entri niente. Che non sia la società a gestire gli ingressi all'impianto, che non sia stato il padre dell'attuale amministratore delegato a foraggiare per anni l'ala violenta della tifoseria, anni nei quali il Calderon sarebbe stato quasi sempre desolatamente vuoto senza questi signori (vedere su Youtube la sintesi di una qualunque partita di fine anni 80 – inizi 90 per credere). Che, in sintesi, certe cose noi colchoneros non le facciamo.

Noi siamo i buoni, si sa. La mejor aficion de España e via dicendo. I cattivi, gli ingenerosi, i violenti, i razzisti non ci appartengono. Peccato che anche fra noi si annidino le mele marce. Gente che usa il club come pretesto per sfogare i propri livori, o che scambia la fedeltà ai nostri colori per violenza verso tutto e tutti.
E non è vero che non c'entrano niente col calcio, che non sono veri tifosi. C'entrano eccome. Entrano ad ogni partita nel nostro stadio. Insultano ad ogni partita gli avversari. Con la compiacenza della società.
Ricordiamocelo, quando vedremo le facce stolide e sciocche di Gil Marin e Cerezo venirci a dire che sono sconvolti e che bisogna fare di tutto perchè non accada più.

venerdì 28 novembre 2014

Atletico Madrid – Olympiakos 4-0: la giusta dimensione delle cose


Ambiente perfetto, prestazione (quasi) perfetta, gioco fluido e manovrato. Di fronte a una partita come questa, il sogno di ogni tifoso che si rispetti, non c’è poi molto da dire. Quasi quasi, potrei fermarmi qui.

Importa poco che l’Olympiakos non sia esistito, forse non sia neppure sceso in campo, visto che all’andata i greci non erano stati poi granchè e comunque avevano battuto i colchoneros. Piuttosto, la gara ha certificato l’ovvio: non solo che gli ateniesi siano una squadra mediocre, la cui unica forza sembrerebbe risiedere nell’ambiente che riescono a creare i loro tifosi; ma soprattutto che l’Atletico è una squadra diversa da un paio di mesi fa, nella mentalità e nel gioco, nonostante il perdurare di problemi ed equivoci tattici. Tanto più che, in realtà, non è possibile dimostrare che la causa della totale eclissi dei greci non sia l’atteggiamento con il quale i colchoneros sono scesi in campo.

Nel primo tempo, in particolare, l’Atletico ha dominato, segnando dapprima su errore gravissimo di Roberto (ottimo portiere, ma con alcune cadute di concentrazione, già evidenziate al Benfica, che ne pregiudicano inevitabilmente la valutazione complessiva) e poi su deviazione di Mandzukic, appostato sul secondo palo. Il gol era comunque nell’aria sin dal primo minuto e solo alcuni errori di mira e alcuni interventi di Roberto avevano impedito che il punteggio assumesse dimensioni più rotonde.

Anche nel secondo tempo, in ogni caso, i greci avevano combinato ben poco, non avvicinandosi praticamente mai alla porta di Moyá, prima di subire il devastante uno-due di Mandzukic, una volta tanto in versione ariete deluxe. In chiusura, un gol a mio giudizio regolare di Griezmann veniva annullato per sospetto fuorigioco.

L’aspetto positivo che mi preme sottolineare è che, per la prima volta, la squadra è sembrata trovarsi a proprio agio nella sua nuova “pelle”, difendendosi non in modo passivo ma attivamente, gestendo il pallone e controllando così gara e avversari.

Ora, già qualificati, si va a Torino per difendere il primo posto. Al di là del fatto che la partita non abbia altro valore, non c’è bisogno di dire che un risultato positivo è imprescindibile, sia per gli introiti economici, sia per i vantaggi sportivi connessi all’arrivare primi, sia per le inevitabili ricadute psicologiche per noi e per i nostri avversari, presenti e futuri.


Note positive
Juanfran: sulla fascia è devastante. In particolare la pochezza dei greci lo rende anche inesauribile. La partenza di Filipe e l’inevitabile maggiore assunzione di responsabilità che questa ha comportato lo hanno ulteriormente migliorato.
Arda: gioca sempre nel suo modo caracollante e discontinuo, ma quando accende la luce non ce n’è per nessuno. L’assist per il 3-0 è spettacolare, così come la sua capacità di muoversi per tutte le zone della trequarti e apparire inaspettato proprio dove è necessaria la sua qualità tecnica.
Mandzukic: per la prima volta, gioca una partita all’altezza della sua fama, non solo sottoporta ma anche in generale come referente per il gioco d’attacco. Probabilmente questo si deve anche all’atteggiamento complessivo della squadra, più disposta ad assecondarlo e a difendersi col pallone.

Note negative
Gimenez: un paio di volte si fa sorprendere fuori posizione e si fa infilare dal proprio avversario diretto. Rimedia col fisico e una certa dose di fortuna, ma sono cose che non devono capitare, soprattutto se Madre Natura non ti ha dotato di una velocità supersonica con cui rimediare alle tue disattenzioni.




Atlético: Moyá 6; Juanfran 8,5, Giménez 6, Godín 6,5, Ansaldi 7; Arda 8 (Raúl Jiménez, m. 66 5,5), Tiago 6,5 (Mario Suárez, m. 46 6), Gabi 6,5, Koke 6; Raúl García 6,5; Mandzukic 8 (Griezmann, m. 69 6).
No utilizados: Oblak (p), Cerci, Gámez y Cebolla. 

Olympiakos: Roberto; Elabdellaoui, Botía, Abidal, Masuaku; Maniatis (David Fuster, m. 46), Ndinga, Milivojevic, Afellay (Kasami, m. 46); Domínguez (Bouchalakis, m. 72); Mitroglou.
No utilizados: Megyeri (p), Diamantakos, Avlonitis y Leandro Salino.


Goles: 1-0. M. 9. Raúl García.
2-0. M. 38. Mandzukic.
3-0. M. 62. Mandzukic.
4-0. M. 65. Mandzukic.
Árbitro: Wolfgang Stark (ALE). Amonestó a Ansaldi, Ndinga, David Fuster y Raúl Jiménez. Unos 50.000 espectadores en el Vicente Calderón

lunedì 24 novembre 2014

Atletico Madrid – Malaga 3-1: quelle vittorie un po' così...


In un piacevole pomeriggio domenicale, riscaldato dal sole e da un Calderon al limite del sold out, l'Atletico batte il Malaga e ottiene tre risultati in un colpo solo: rimane in scia delle due corazzate di testa, annichilisce le ambizioni di un Malaga che ambiva a farsi avversario diretto per la qualificazione europea e “stacca”, complici i risultati successivi, anche Valencia e Siviglia.


La partita però, nel suo complesso, non è stata un granchè. Nel primo tempo, di fronte a un Malaga stranamente arrendevole e dal ritmo basso, l'Atletico si è limitato a controllare il gioco e a capitalizzare le occasioni da rete capitate.
Le reti sono il segno di quello che i colchoneros sono e di quello che si spera diventeranno presto. La prima, un classico della casa: su calcio d'angolo di Koke, Tiago brucia tutti sul primo palo e segna di testa. Un gol di ottima fattura, ma fortemente agevolato dagli errori marchiani dei nostri avversari: il portoghese si muove liberamente per tutta l'area e non deve neppure fare la fatica di smarcarsi per segnare.
La seconda, un sogno al quale vorremmo assistere con maggiore frequenza: lungo lancio dalle retrovie di Godin per Mandzukic sulla trequarti destra, controllo del croato e passaggio per Arda, percussione del turco e filtrante per Griezmann che sul secondo palo, tutto solo, insacca.
Da segnalare, piuttosto, alcuni accorgimenti tattici messi in campo dal Cholo per limitare una certa debolezza difensiva, legata come abbiamo già scritto più volte al cambio di stile operato questa stagione. In primis, un classico già visto molte volte: un 4-1-4-1 garantito dal movimento a scalare di Tiago, vero e proprio volante, deputato a rinforzare la difesa e a rilanciare immediatamente l'azione. In diversi casi, il portoghese (o più raramente Gabi) si abbassava fino a comporre una difesa a cinque: il movimento che dovrebbe compiere Mario Suarez ma che il canterano, per pigrizia mentale e insipienza tattica, fa raramente (e poi il suo agente ci viene a dire che il suo rapporto con Simeone non è ottimale... Non lo è con l'intera tifoseria, la quale, come tutte le tifoserie del mondo, perdona certe sbavature solo a calciatori in possesso di qualità tecniche fuori dal comune, capaci di compensare, materializzandosi come colpi di genio, le lacune tattiche). Più interessante, invece, il fatto che Griezmann si sia più volte abbassato sulla sinistra fino a comporre un 4-5-1 in fase di non possesso, per poi scattare in avanti una volta recuperato il pallone: il gol del 2-0 è arrivato proprio in quel modo.


Il secondo tempo ha visto un copione sostanzialmente diverso: il Malaga ha cominciato ad alzare il ritmo e questo ha provocato alcuni scompensi ai colchoneros, che mostrano ancora una fatica inspiegabile a fronteggiare chi corre di più. Occasioni ne hanno avute anche i biancorossi, però la partita è stata decisamente più aperta di quanto il risultato finale e il primo tempo possano far pensare. Nell'insieme, per buona parte dei secondi 45 minuti il 2-2 è sembrato più vicino del 3-1.
Ancora una volta i colchoneros sono entrati in campo col solo intento di difendere il vantaggio e di addormentare la partita, anche se, va detto, senza compiere l'errore estremo di abbassare esageratamente il baricentro, secondo un pessimo uso già in vigore l'anno scorso. A questo punto apro una breve parentesi per ribadire un concetto già espresso: non è vero che l'anno scorso la squadra fosse impenetrabile solo grazie alla sua eccezionale organizzazione difensiva e all'incredibile capacità di gestire le gare: in molte partite abbiamo sofferto, ci siamo fatti schiacciare troppo e siamo stati salvati solo dai miracoli di Courtois e compagnia. È chiaro che, partiti alcuni di quei protagonisti, la fase difensiva non può più essere la stessa, né complessivamente né a livello di abilità dei singoli. Qui forse è la difficoltà estrema che i colchoneros incontrano: molti non hanno ancora interiorizzato il fatto che, cambiati gli interpreti e modificato l'atteggiamento in campo, non si possono attuare le stesse tattiche dello scorso anno. Invano Simeone, in altre partite, è stato visto sbracciarsi per invitare i suoi ad alzare il baricentro: la squadra nel suo complesso non ha capito che, ormai, bisogna difendersi in maniera attiva, gestendo il pallone, e non solo con un atteggiamento che oserei definire “passivo-aggressivo”.


Comunque, l'Atletico ha subito il 2-1 ancora su “gol della domenica” degli avversari, ormai una costante questa stagione, che però non deve far dimenticare le sbavature difensive: ancora la zona della trequarti centrale scoperta, ancora un mancato posizionamento di Gimenez, che soffre se preso in velocità, e (soprattutto) di Ansaldi, serafico spettatore della voleè di Roque Santa Cruz.
I colchoneros rischiavano di subire il pareggio, ma in qualche modo gestivano la situazione e minacciavano più volte di incrementare il vantaggio, ma errori e tentennamenti di Griezmann e del nuovo entrato Raúl Jiménez lasciavano aperta la gara, fino al corner finalizzato da Godin a porta vuota su preciso invito di Tiago.


Note positive
Tiago: non è un incontrista, non è un regista. Tuttavia, svolge discretamente le due funzioni e, soprattutto, è solo quando c'è lui in campo che c'è speranza di vedere del bel calcio, da parte dei colchoneros. Il fatto che non abbia un sostituto testuale né vi sia in rosa un altro centrocampista centrale dal tocco delicato (ché tali, per motivi ignoti, Simeone non considera né Koke né Saúl) è uno dei gravi errori della società in sede di mercato.
Ansaldi: alcune sbavature difensive e un apporto tutt'altro che dirompente sul piano offensivo. Tuttavia, nel complesso, offre una sensazione di dignitosa sicurezza e affidabilità, ovverosia proprio quello che non garantisce Siqueira: nessun picco, né verso l'alto, né verso il basso e per il momento può bastare.


Note negative
Griezmann: premesso che io lo farei giocare sempre, ieri si è chiaramente capito cosa gli manca per essere al livello delle richieste di Simeone: è leggerino fisicamente. Invitato a compiere anche un preciso lavoro difensivo, quello che l'anno scorso ha svolto per diversi mesi Diego Costa, se la cava con impegno ma paga in freddezza sottoporta e dalla trequarti in avanti. Segna una rete, ma avrebbero dovuto essere tre.
Raúl Jiménez: due occasioni chiarissime da rete non concretizzate per mancanza di riflessi e istinto sottoporta, unite a una tecnica chiaramente imperfetta. Per di più, in un'occasione non segue l'azione di Griezmann ma si ferma a centroarea a cogliere fiori. Ha svolto un discreto lavoro difensivo, certamente, ma la cosa mi colpisce poco: tanto valeva schierare un mediano, a quel punto.
Falli tattici: era proprio necessario il fallo di Gabi al minuto 87 che è costato il secondo giallo al capitano? E altri simili, in momenti tranquilli della gara e in situazioni tutt'altro che pericolose? Mi pare che nell'insieme si abusi troppo dei falli tattici e che l'unico guadagno sia un aumento abnorme di cartellini che si potevano risparmiare.





Atlético: Moyá 6; Juanfran 6,5, Giménez 6, Godín 7, Ansaldi 6,5; Arda 7 (Raúl García, m. 86 sv), Gabi 6, Tiago 8, Griezmann 6 (Saúl, m. 83 sv); Koke 6, Mandzukic 6 (Raúl Jiménez, m.57 5).
No utilizados: Oblak, Gámez, Cebolla Rodríguez, Cerci.


Málaga: Kameni; Miguel Torres (Horta, m. 62), Samuel Sánchez, Weligton, Antunes; Camacho, Darder (Recio, m.74); Samuel, Juanmi (Luis Alberto, m. 86), Castillejo, Santa Cruz.
No utilizados: Ochoa, Angeleri, Boka, Duda.



Goles: 1-0. M.12. Tiago. 2-0. M. 42. Griezmann. 2-1. M.63. Santa Cruz. 3-1. M.83. Godín.
Árbitro: Teixeira Vitienes. Expulsó a Samu (M. 73) y a Gabi (M. 87) por doble cartulina amarilla. Amonestó a Camacho, Sergio Sánchez, Miguel Torres, Griezmann.
Vicente Calderón. Unos 54.000 espectadores.


venerdì 14 novembre 2014

Real Sociedad – Atletico Madrid 2-1: inguardabili


Fino a non molti anni fa, una delle poche certezze legate all'Atletico era la sorprendente generosità degli uomini in biancorosso: chiunque si fosse presentato con un enorme bisogno di punti o di reti, fosse una squadra alla disperata ricerca di una vittoria scaccia-crisi o un attaccante alle prese con un'astinenza da gol prolungata, avrebbe sicuramente goduto dell'aiuto dei colchoneros, specializzati nell'allontanare le crisi altrui.
Negli ultimi tempi, quelli dell'orgoglio ritrovato grazie alla energica guida di Simeone, questa abitudine si era persa, con grande gioia di tutti. O almeno così sembrava, almeno fino alla fatidica notte dell'Anoeta.


Diciamoci la verità: quanti minuti è durata la partita dei colchoneros? Io direi 9 minuti, il tempo di segnare e poi rinserrarsi nella propria area sperando di far passare il tempo. A quel punto un Atletico stanco, troppo stanco, lo stesso della difficile partita contro il Malmoe, ha lasciato non solo l’iniziativa, ma quasi l’intero campo agli avversari, ai quali non è parso vero di potersi riorganizzare con calma e di poter sfruttare la carica di uno stadio ribollente di rabbia e passione. Neanche cinque minuti e Vela, che aveva dimostrato fin dal primo minuto di poter fare quello che voleva senza che nessuno fosse in grado di contrastarlo, né Gabi, né Mario, pareggiava con una folgore da fuori.
L’Atletico, di fatto, spariva allora, dopo aver già dato molti segnali in questo senso: Mario vagava per il campo senza neppure fare lo sforzo di conquistarsi o tenersi un pallone, Gabi girava a vuoto, Arda aveva una delle sue cicliche partite-no, nelle quali è meno ancora che inesistente; infine Koke, lasciato solo, immalinconiva senza riuscire minimamente ad incidere.

Aggiungete che l’unico contributo noto di Raul Garcia era il colpo di testa in occasione dell’1-0 e che Mandzukic, oltre al gol, appariva solo per mangiarsi una clamorosa occasione nel secondo tempo e avrete un quadro abbastanza preciso della prestazione dei colchoneros.
O forse no, visto che, a questo quadro ben fosco, dobbiamo aggiungere non solo un paio di errori di pura dabbenaggine di Miranda (che solo per un pelo non ripete l’orrenda prestazione di Valencia), un penalty ignorato di Godin e il capolavoro della doppia ammonizione in pochi minuti di Siqueira.

Fino ad allora, misteriosamente, la partita era rimasta in bilico, dal momento che gli txuri urdin, totalmente padroni del campo e del pallone, non erano riusciti a concretizzare l’enorme mole di gioco prodotto. Il gol dei padroni di casa arrivava a otto minuti dalla fine, neanche a dirlo dalla zona teoricamente occupata da Mario, neanche a dirlo su errore in marcatura di Miranda.

Di fronte a un pubblico incredulo ed inebriato dalla sorpresa, una squadra in crisi di risultati e senza allenatore batteva i campioni di Spagna con le loro stesse armi, intensità e organizzazione, e ne metteva in mostra crudelmente i difetti.
Decisamente, questa non è la squadra dell’anno scorso.



Note positive
Godin: se la baracca sta in piedi fin quasi alla fine il merito è del centrale uruguaiano, che si erge monumentale tra le rovine biancorosse. Certo, provoca un rigore che solo la cecità dell’arbitro ci perdona, ma salva anche un pallone sulla linea e cerca di arrivare un po’ dovunque. Finché ce la fa, stiamo in piedi, poi crolliamo. 
 

Note negative
Mario: ogni volta che lo vedo la domanda sorge spontanea e irrefrenabile: ma davvero Guilavogui era peggio? Davvero il Cholo, quest’estate, ha espressamente chiesto che non venisse venduto? Ormai sono stanco di scrivere le solite cose su di lui, perciò mi limito a un paio di note a margine. La prima riguarda la difficile situazione ambientale in cui si trova: ormai sulle gradinate del Calderon si rumoreggia apertamente ogni volta che il suo nome compare tra i titolari e ogni volta che tocca la palla. La seconda è più tecnica: entrambi i gol nascono dalla sua zona, rimasta scoperta. Guardate con attenzione le immagini dei gol e lo scoprirete trotterellare con aria assente nelle vicinanze, per nulla interessato né a coprire lo spazio, né a recuperare la posizione, né a contrastare l’uomo.
Siqueira: la sua stupidità e la sua insipienza tattiche ci costringono a giocare buona parte del secondo tempo in dieci. Ogni volta che c'è da prendere una decisione difficile o da mostrare sangue freddo, lui, immancabilmente, fa la scelta sbagliata. Complimenti vivissimi!
Isteria: io mi sono vergognato dell'immagine che abbiamo dato: proteste continue, piagnistei, lamenti e scenate, soprattutto da parte di Raul Garcia.La prossima volta che veniamo alluvionati di cartellini gialli, non tiriamo fuori la storiella che siamo una squadra intensa, ma non violenta, per favore.
Simeone: sissignore, proprio lui. E non me ne frega niente se c’è gente che sostiene che è ingiusto, da parte mia, criticare uno che l’anno scorso ci ha quasi fatto vincere tutto. Ecco appunto: l’anno scorso. Ecco, appunto: quasi (e la gestione di Diego Costa ancor m’offende). Una delle prime regole del Cholismo è che conta il futuro, non i traguardi conquistati. E allora, parlando di futuro, le domande sono sempre le stesse: esiste un'idea di squadra verso la quale stiamo andando? E, nel frattempo, esiste un piano B?
A San Sebastian il Cholo ha riproposto la stessa identica formazione che già aveva demeritato in Svezia (risultato a parte), lasciando marcire in panchina almeno 70 milioni di euro di acquisti estivi.
Davvero non c'erano alternative? Griezmann non gioca perchè non è in condizione e va bene. Potrei anche accettarlo, se non fosse che neppure Mario Suarez lo è. Allora quale sarebbe il motivo per cui Saúl non vede il campo? Il fatto che il ragazzo perda qualche pallone di troppo? Ne perde più di Mario? Copre il campo meno di Mario? Corre e si danna meno di Mario? Spero che non si voglia sostenere una simile assurdità!
I nuovi non giocano perchè non hanno ancora assimilato i concetti tattici del Cholo? Scusate, ma Siqueira, Ansaldi e Mandzukic invece sì? Buon parte dei problemi della squadra nascono dagli errati movimenti e dalla scarsa copertura fornita da questi tre, che però giocano sempre. Lo fanno perchè non c'è alternativa? Vero, verissimo. Ma allora vogliamo sostenere che l'alternativa di Griezmann e Cerci come seconda punta veloce e abile a svariare sia Raul Garcia?
Per finire, il Cholo se ne esce con il seguente commento: “La sconfitta non è tanto grave, in fondo Valencia e Siviglia hanno pareggiato”. Sono senza parole, davvero. L'anno scorso vi sareste mai aspettati una frase così?
Io ribadisco: qui si naviga a vista, nell'attesa di non so neppure bene cosa. Da Simeone (che però ci ha già abituati ad acquisti sbagliati...) mi aspetto di più.




Real Sociedad: Zubikarai; Carlos Martínez, Mikel González, Iñigo Martínez, Yuri (Zaldua, m. 55); Markel Bergara, Granero; Xabi Prieto, Vela (Zurutuza, m. 86), Chory Castro (Hervías, m. 83); Agirretxe. No utilizados: Rulli, Finnbogason, Rubén Pardo, Ansotegi.


Atlético: Moyá 5,5; Juanfran 5,5, Godín 7,5, Miranda 4, Siqueira 3; Mario Suárez 3 (Ansaldi, m. 53 5,5), Gabi 5 (Cebolla, m. 85 sv), Koke 5, Raúl García 4,5, Arda 4,5 (Griezmann, m. 85 sv); Mandzukic 5.
No Utilizados: Oblak, Giménez, Tiago, Cerci.



Goles: 0-1. M. 9. Mandzukic. 1-1. M. 14. Vela. 2-1. M. 82. Agirretxe
Árbitro: Álvarez Izquierdo. Expulsó por doble amarilla a Siqueira, m. 49. Amonestó a Yuri, Vela, Juanfran, Mario Suárez, Arda, Raúl García, Gabi y Koke.


giovedì 6 novembre 2014

Malmoe – Atletico Madrid 0-2: il bicchiere mezzo pieno


Qualche giorno fa Simeone, in un'intervista, ha detto che le difficoltà dell'Atletico nascono dal tentativo di proporre un gioco collettivo nel quale, diversamente dal passato, trovino protagonismo molti più giocatori. Non più il lancio lungo per Costa, ma una manovra finalizzata al gol attraverso il controllo della palla. Un gioco difficile da attuare già in condizioni normali, figurarsi con giocatori adusi ad una mentalità completamente differente (anche se, lo ripeto, questa è una visione semplicistica della faccenda: come se l'Atletico, negli anni scorsi, non avesse mai giocato, in molti momenti di molte partite, un calcio discretamente propositivo. Un po' mi spiace che Simeone per primo,anche se solo pubblicamente, sposi questa visione parziale del suo lavoro).
Piuttosto, un compito ancora più difficile se si hanno a disposizione giocatori appena sufficienti da un punto di vista tecnico. Perchè questa è la lezione più importante da trarre dalla trasferta svedese: la strada è ancora lunga; soprattutto, partite così ne vedremo ancora molte e a lungo.
Partite in cui, pur tentando di fare gioco, in realtà non riusciamo a creare nessuna trama efficace: Mario e Gabi, per motivi e limiti diversi, non sono precisi nel rilanciare l'azione; Arda, irregolare come sempre, sparisce dal gioco e lascia al solo Koke l'incombenza di mettere ordine e raziocinio nella manovra, mentre Mandzukic e Raul Garcia pencolano senza arte né parte là davanti. Fortuna che gli svedesi non siano granchè, tutti corsa e impegno e poco altro, e non abbiano per nulla fortuna. Così, più per caso che per merito, l'Atletico si ritrova in vantaggio al 30' grazie alla prima azione ben costruita della gara (Gabi apre su Juanfran, solito ottimo cross da fondo campo e straordinaria deviazione volante di Koke sotto misura).
A questo punto, tutti ci saremmo aspettati la solita partita basata su controllo degli avversari e contropiede, d'altra parte la formazione iniziale sembrava proprio pensata per quello. E invece no. Improvvisamente, come già molte altre volte nel corso degli ultimi anni, i colchoneros si ritiravano eccessivamente e lasciavano campo agli svedesi, che passavano l'ultimo quarto d'ora ad assediare l'area biancorossa.
Il secondo tempo iniziava ancora peggio e solo un miracolo di Godin impediva agli svedesi di pareggiare. Un altro miracolo (questo veramente ENORME) impediva a Rosenberg di segnare sugli sviluppi di una punizione: a portiere battuto, il pallone si stampava sul palo.
A un passo dal naufragio, l'Atletico riusciva a superare la tempesta: non grazie a Siqueira, autore di un paio di errori da brivido, ma alla fatica degli svedesi, che a un certo punto, progressivamente, si spegnevano.
Così, poco dopo, su ennesimo cross di Juanfran, Raul Garcia, appostato all'altezza del dischetto, segnava uno dei suoi tipici gol: tiro incrociato sul palo più lontano su palla ribattuta da un avversario.
A quel punto, fine delle trasmissioni, primo posto nel girone e un gran sospiro di sollievo: da una possibile sconfitta si era passati a una chiara vittoria su un campo ostico, dove da otto gare di Champions' non segnava nessuno e sul quale i locali erano imbattuti da un bel po'.


Altro record frantumato, primo posto nel girone, altra partita senza subire reti. Da un lato, questi risultati importanti. Dall'altro, il modo in cui sono stati ottenuti, molto fortunoso e in un certo senso casuale, con un centrocampo statico e un attacco di legno che certo non aiuta la seconda linea né nel lavoro difensivo, né in quello offensivo.
Meglio guardare il bicchiere mezzo pieno o quello mezzo vuoto? Io voglio essere ottimista, ancora una volta, ma sono sicuro che molte altre volte, nei prossimi mesi, dovrò sforzarmi di guardare il bicchiere mezzo pieno...


Note positive
Godin: una prestazione impressionante, senza sbavature e ripiena di un tempismo e di una forza fisica eccezionali. Dedicata alla LFP (loro sì che si intendono di calcio...).
Koke: ancora una volta prende in mano la squadra e la porta alla vittoria.
Juanfran: due cross, due gol. Il nostro giocatore d'attacco più prezioso. E pazienza se in difesa commette sbavature più o meno gravi.


Note negative
Siqueira: la fascia sinistra continua a essere un problema serio. Friabile in difesa, timido in attacco, il brasiliano non solo fa rimpiangere Filipe Luis, ma non sembra neppure lontano parente del giocatore arrembante di Granada.
Simeone: ancora non si capisce a che gioco voglia giocare, né in che modo voglia risolvere alcuni dei problemi che la squadra si trascina da inizio stagione. Butto lì un paio di questioni: perchè Griezmann non gioca con maggiore continuità? E perchè un centrocampo statico e privo di geometria come quello di questa gara viene preferito a uno nel quale Saúl apporti dinamismo e varietà di gioco?








Malmoe: Olsen, Tinnerholm, Johansson (Kroon, m. 63), Helander, Ricardinho; Eriksson, Adu, Halsti, Forsberg (Thern, m. 86); Rosenberg, Kiese.
No utilizados: Azinovic, Konate, Concha, Rakip, Mehmeti.


Atlético: Moyá 6,5; Juanfran 8,5, Miranda 7, Godín 8, Siqueira 5,5; Arda 5,5 (Cebolla Rodríguez, m. 76 6), Mario Suárez 5, Gabi 6,5, Koke 8; Raúl García 6, Mandzukic 5,5 (Griezmann, m. 69 5,5).
No utilizados: Oblak, Giménez, Gámez, Tiago, Cerci.



Goles: 0-1. M. 30. Koke remata de tacón un centro de Juanfran. 0-2. M. 78. Raúl García supera a Olsen desde dentro del área.
Árbitro: Mark Clattenburg. Amonestó a Gabi, Miranda, Godín, Juanfran, Halsti, Eriksson, Kroon.
Estadio de Malmoe. Unos 26.000 espectadores.


venerdì 31 ottobre 2014

Espanyol, Malmöe, Getafe: avanti piano


Una serie di impegni mi ha impedito di aggiornare il blog con regolarità. Poco male, perchè la pausa forzata mi ha permesso di analizzare con calma le partite della settimana passata secondo una prospettiva differente da quella cronachistica: una visione di medio periodo, da settimanale o da quindicinale, diciamo così.
Il commento più adeguato è stato ancora una volta, manco a dirlo, quello di Simeone, che ha archiviato la settimana come positiva grazie alle tre vittorie e all'assai positivo bilancio tra gol fatti (otto) e subiti (zero). Tuttavia il Cholo sa benissimo che c'è ancora molto da fare, visto che il gioco latita e che le strategie finora applicate per ovviare a queste mancanze si sono rivelate quantomeno deficitarie.
Le tre partite, in questo senso, sono molto più simili di quanto sembrino all'apparenza. Ne esce infatti il ritratto di una squadra che, per quanto si sforzi, fatica a giocare un calcio propositivo e a sbloccare la gara, per lunghi tratti della gara governa la palla con lentezza e non arriva, di conseguenza, alla porta avversaria. Segnare è maledettamente difficile, quest'anno, e anche la fluidità della manovra è quasi inesistente. Con l'Espanyol, in una delle versioni più dimesse che io ricordi, il primo tempo è passato al piccolo trotto, fino al gol su calcio d'angolo; contro il Malmoe, il copione è stato molto simile, anche se “impreziosito” da un numero superiore di occasioni da rete sbagliate.
Per di più, una volta passato in vantaggio, non sempre l'Atletico riesce a difendersi con scioltezza: il secondo tempo col Getafe ha mostrato infatti una squadra in affanno, ammassata sulla propria trequarti nel tentativo confuso di mantenere l'esile vantaggio, tentativo riuscito per un soffio.
La mia impressione è che Simeone avesse in mente un progetto ben preciso, assai diverso da quello incentrato su Costa, ma che, finora, non gli sia riuscito di proporlo per le difficoltà incontrate dai nuovi acquisti, per la condizione precaria di alcune pedine fondamentali e, da ultimo, per la forma mentis ormai assunta dalla squadra. L'Atletico infatti fatica incredibilmente non tanto a tenere la palla, ma a sviluppare con essa un gioco veloce e ficcante, ad arrivare in velocità nell'area avversaria. Mandzukic è lentissimo, Koke e Arda paiono essere usciti da poco dal letargo, sulla fascia sinistra la partenza di Filipe ha lasciato una voragine e dei nuovi non c'è praticamente traccia. Fino all'anno scorso, a garantire la transazione veloce verso l'area avversaria ci pensava Costa, abilissimo a svariare come a sfondare fisicamente le difese avversarie, a coprire (almeno fino a metà del campionato scorso, come ho già scritto) e a scattare in profondità facendo reparto avanzato da solo. Il croato è un ottimo attaccante, come dimostra la media realizzativa tenuta in carriera, ma non crea occasioni dal nulla, come faceva il brasiliano: si limita a sfruttare al massimo le palle vaganti nell'area piccola. Quanto a coprire, meno di zero: troppo lento, troppo poco portato a svariare.
Nell'attesa che le nuove pedine crescano di livello, c'è non il nulla, ma quasi: molti gol su palla inattiva (e chi lo fa notare polemicamente non ha capito nulla, visto che fanno parte del gioco e, se fosse così facile segnarli, li segnerebbero tutti), qualche iniziativa individuale e sporadica. Mi pare, in sintesi, che Simeone non avesse nessun piano B e che lui stesso si sia fatto cogliere alla sprovvista dalle (impreviste?) difficoltà dei nuovi: l'insistenza su alcuni giocatori, l'ingiustificato “ostracismo” verso altri e alcuni errori tattici e di schieramento si spiegano così.
La squadra non è più quella dell'anno scorso e non è ancora quella immaginata dall'argentino, motivo per cui ha acuito i difetti che aveva comunque lo scorso anno, senza guadagnare nuovi pregi. Particolarmente preoccupanti continuano ad essere un difetto storico (la difficoltà a creare gioco e a fare interdizione nella zona centrale) e uno riemerso con la partenza di Filipe e col dualismo Ansaldi-Siqueira (la friabilità difensiva sulle fasce). Due difetti tanto noti al Cholo, che già al suo esordio sulla panchina biancorossa aveva cercato di porvi rimedio col famoso 4-1-4-1 della partita di Malaga.
Non è un caso che i dettagli migliori di queste partite siano emersi quando gli avversari erano in difficoltà: nel secondo tempo con l'Espanyol (se possibile, ancora più arrendevole), nella seconda parte col Malmoe (quando è bastato avere un po' più di velocità e di precisione per dilagare) e in buona parte del primo tempo di Getafe.
Motivi di ottimismo, io credo, ce ne sono.
Anzitutto, c'è la volontà di fare gioco, al di là dei limiti oggettivi del centrocampo e della difficoltà nel vincere una forma mentis ormai consolidata (non quella di non fare gioco ma solo di distruggerlo, come dicono commentatori superficiali, quanto quella di non farlo in forma continuativa ma di adattarsi alle infinite pieghe del match).
Poi, la crescita fisica sempre più evidente. Ne sono emblema Koke e Arda, che hanno cominciato la stagione così così ma che cominciano a regalare un contributo più continuativo alla manovra (più lo spagnolo del turco, da sempre assai irregolare).
C'è poi una discreta solidità difensiva, nonostante i problemi sulle fasce. Non siamo ai livelli dell'anno scorso (quando però la percezione è stata, a mio avviso, un po' falsata dai prodigiosi interventi di Courtois, capace di arrivare dove né Miranda né Godin riuscivano), ma comunque Moyà ha finora proposto discrete prestazioni, senza sbavature, e i due centrali sono al livello dell'anno scorso (solo Scolari e la LFP non lo hanno notato...).
Da ultimo, la classifica, sia nella Liga che nella Champions': con tutti i nostri problemi, siamo lì. Con la speranza che, man mano che il nuovo Atletico prenda forma, anche la situazione migliori.


Concludo questo breve excursus con qualche ulteriore nota sui singoli.
Se devo indicare chi sta tenendo fede alle aspettative, non posso che fare tre nomi: Miranda, Godin e Juanfran (quest'ultimo, di fatto, il vero motore del nostro gioco offensivo, al momento).
Ho apprezzato molto anche la prova di Gimenez, anche se non priva di sbavature: un paio di volte si è fatto infilare in velocità; in generale manca della visione di gioco di Miranda e dei suoi lanci lunghi. La sua presenza ha tolo qualcosa al gioco dalle retrovie dei colchoneros. Miranda è, io credo, insostituibile: non veloce ma sempre ben posizionato, non fisico ma abilissimo nell'anticipo, ottimo nel leggere i tempi del gioco, sia offensivo che difensivo. In questo senso, il suo sostituto “testuale” potrebbe essere Alderweireld, un altro abile nel tessere gioco, mentre Gimenez è più simile a Godin, un difensore fisico che talvolta, per eccesso di energia, rischia di commettere qualche errore.
Saúl sta giocando molto bene e, soprattutto, si sta dimostrando fondamentale in questa fase di avvio stentato: il suo dinamismo e la sua qualità tecnica forniscono una variabile di imprevedibilità a un gioco che, senza di lui, risulterebbe (e risulta) statico e prevedibile. Per motivi ignoti, Simeone non lo fa giocare nel doble pivote ma sembra puntare a farne una mezzala, secondo la stessa logica che lo ha guidato nella maturazione di Koke. Non sono molto d'accordo, anche perchè sono giocatori diversi, ma l'allenatore è lui e sa certamente cose che io ignoro.
Infine, due parole sui giocatori che più sono mancati finora, sia pure per motivi diversi: Griezmann e Cerci. Il francese fatica a modificare il proprio modo di giocare, ma resta anche l'altra scheggia di imprevedibilità finora vista in avanti. Certo il suo faticoso adattamento ha un peso enorme nelle difficoltà in avanti della squadra. Cerci ha mostrato qualcosina del suo repertorio proprio contro il Malmoe: in generale, viene visto con una certa sufficienza, soprattutto in Italia, ma in realtà lo scopo per cui è stato preso è molto chiaro: accompagnare, insieme col francese, il pallone verso Mandzukic, che sfruttarne la stazza per infilarsi in area dalla trequarti. Di tutto questo, però, non si è ancora visto nulla o quasi.


In conclusione, per ora ci siamo, sia pure in parte nonostante alcune scelte discutibili del Cholo. Credo che si vedrà una squadra definita, chiara e integrata a partire da fine dicembre, quando potremo cominciare a valutare gli obiettivi realisticamente alla portata quest'anno.