martedì 24 dicembre 2013

FELIZ NAVIDAD

A tutti i colchoneros, italiani e non, i miei più grandi auguri di Natale



In particolare, il mio saluto va a Simeone e ai ragazzi, il cui impegno e la cui tenacia ci stanno regalando momenti da incorniciare, comunque vada a finire.


E' bello, dopo tanto soffrire, 
ritornare al posto che ci compete. 
Ora e sempre, dunque,



FORZA ATLETICO!


A chi sente lo scudo da una vita, 
a chi l'ha scoperto da poco, a chi ci è arrivato per caso, 
a chi è nato con la voglia di non piegarsi al volere e all'arroganza del "più forte".
A tutti quanti, AUGURI di ogni cosa bella.




lunedì 23 dicembre 2013

Atletico Madrid – Levante 3-2: scusate il ritardo...


Arrivare in ritardo ad un appuntamento, si sa, è proprio da maleducati. Farlo ad una battaglia, per di più, può costare la vita. È noto infatti all'intero globo terracqueo che il Levante è una squadra da battaglia, sempre disposta a vendere cara la pelle e che non regala mai niente.
Invece, saranno state le feste, sarà stata la stanchezza, i colchoneros sono arrivati al Calderon rilassati, come se dovessero fare una gita di piacere e non portare via lo scalpo di una delle squadre più rognose della Liga.
Per dieci minuti, in campo ci sono stati solo gli ospiti, mentre i biancorossi vagano storditi senza sapere bene cosa fare per tenere a bada gli avversari.
Il piano di Caparros, uno che gode della fama di essere un crudele sostenitore dell'Anticalcio e che comunque il suo lavoro lo sa fare, era facile a dirsi ma non a farsi: partire a mille, colpire l'Atletico con le sue stesse armi, sfruttare il ventre molle della squadra (la già più volte citata vulnerabilità agli attacchi in zona centrale) e prendere d'infilata i due centrali biancorossi. Quello che neppure Caparros si sarebbe aspettato era che il suo piano venisse agevolato in tutti i modi dai padroni di casa. Nel giro di 57'', il Levante si presentava per ben due volte in area: la seconda, su un preciso filtrante dalla trequarti centrale (appunto...) Ivanschitz si incuneava tra Juanfran e un imbambolato Miranda e trafiggeva un Courtois non particolarmente reattivo. Qualche minuto dopo, Barral sfuggiva a Miranda (e dai...) e solo un grande intervento del portiere impediva la seconda rete degli ospiti: erano passati nove minuti dall'inizio della partita e solo a quel punto l'Atletico scendeva in campo. Peccato che il danno ormai fosse fatto, col Levante impegnato a difendersi in dieci e a sfruttare gli spazi centrali per lanciare Barral in profondità nell'area colchonera.
In un diluvio di controlli sbagliati, passaggi approssimativi, meccanismi tattici inceppati, l'Atletico cercava di prendere in mano la partita e, sia pure confusamente, si portava in avanti. Visto il muro eretto dagli uomini di Caparros, il gioco scorreva lento, impastato, continuamente frammentato; solo una giocata a palla ferma o uno svarione avversario avrebbero potuto dare il pareggio ai colchoneros. E così, in effetti, avveniva: su cross di Juanfran, Godin, solo seppur in mezzo a due difensori avversari, fulminava di testa il portiere avversario.
A quel punto, si poteva tirare un sospiro di sollievo e sperare che la partita, in un qualche modo, ricominciasse secondo il copione che avrebbe dovuto avere fin dall'inizio, se entrambi i contendenti si fossero presentati in orario. L'Atletico macinava gioco, creava diverse occasioni e stringeva sempre di più gli avversari, che d'altra parte cercavano di rispondere colpo su colpo.Il Levante, d'altra parte, aveva dalla sua il buon Miranda, che al 43' perdeva palla sulla trequarti e innescava il contropiede degli avversari: ancora Barral si presentava davanti a Courtois e solo un'uscita disperata del portiere belga (forse in odore di rigore, tra l'altro) salvava i biancorossi.
Il confronto si era per di più andato incattivendo col passare dei minuti: spinte, minacce di chiarimenti, falli più o meno pesanti si sprecavano anche nel secondo tempo. Uno dei più attivi nel metterla sul piano dello scontro era, manco a dirlo, Diego Costa, che però non perdeva affatto la lucidità sulla punizione battuta da Gabi sulla trequarti: la palla attraversava il campo i diagonale per trenta metri, prima di trovare il brasiliano appostato sul palo opposto per colpire al volo. Un gol meraviglioso per strategia, coordinazione e abilità tecnica.
Tutto sistemato, quindi? Ovviamente no, perché appariva un'altra volta la premiata “banda del buco”: Koke perdeva palla all'altezza del disco del centrocampo e permetteva a Pedro Rios di involarsi verso la porta; Filipe, in netto vantaggio, si faceva rubare il tempo dall'avversario e Courtois, questa volta incolpevole, poteva solo distendersi plasticamente in volo mentre la palla diretta in porta gli sfrecciava accanto.
Ormai il pareggio pareva inevitabile e si profilava il fantasma di una gigantesca occasione sprecata, non tanto per il valore dell'avversario quanto per gli innumerevoli errori che avevano portato a un tale risultato.
Ma con gli uomini del Cholo, si sa, mai dire mai: un Juanfran assatanato (il rimorso per il primo gol, evidentemente, gli ha messo le ali) entrava in area su passaggio di Filipe e veniva abbattuto da un intervento scomposto e fuori tempo di un avversario. Rigore e gol di potenza di Diego Costa.
Era il 77'. Da lì, la partita seguiva il copione ormai consolidato: un Atletico in difficoltà cercava di gestire in qualche modo la rabbia del Levante, che si sentiva defraudato dalla sorte e dall'arbitro (con qualche ragione...) di un risultato importante. Qualche parata di Courtois, qualche astuzia degli altri biancorossi, e il sudatissimo risultato entrava nel carniere.
Primi, imbattuti in casa e con Diego Costa capocannoniere solitario. Guardiamo il bicchiere mezzo e godiamoci il Natale.


Note positive
Diego Costa: trascina letteralmente una squadra stanca e imbambolita verso una nuova vittoria. Visto che il suo partner d'attacco latita, gli tocca fare, una volta di più, tutto da solo. Il gol del 2-1, lo abbiamo già scritto, è fenomenale: lo avesse fatto Messi, ce lo riproporrebbero persino nell'arrosto, ma si sa come vanno certe cose. Il vero problema sorge quando uno si domanda cosa faremmo se gli venisse mai un raffreddore.
Gabi: il capitano è sempre il capitano. Con tutti i suoi limiti, non molla mai: tiene in piedi la baracca, cerca di predicare nel deserto e calcia splendidamente la punizione del 2-1. La citazione vale anche per quanto fatto col Sant Andreu, quando ha rimesso in carreggiata una squadra senza arte né parte.


Note negative
Miranda: una prestazione disastrosa da tutti i punti di vista. Poco concentrato, poco reattivo, mai puntuale, il brasiliano regala il primo gol agli avversari e poi li tiene in vita per buona parte del match. Semel in anno licet insanire, dicevano i latini: prendiamola per una serata storta e voltiamo pagina.
Koke: il ragazzo è stanco e si vede. Sono tre o quattro partite che il suo apporto è in costante calo, per non parlare della brillantezza. L'erroracccio del 2-2 ci può stare.
Tiago: piccola tirata d'orecchie per Simeone: sicuro che il portoghese sia la scelta giusta per sfide al calor bianco? Che sappia usare il fioretto è noto, ma lo è anche il fatto che con lui la squadra perde in peso specifico nella zona centrale. Contro il Levante, il superiore ritmo degli avversari lo schianta: molla Gabi da solo a mulinare il randello, non apporta nulla in fase di costruzione e si perde in falli cattivi e vigliacchi che potrebbero risolversi in un disastro. Davvero non vale la pena di far giocare, ogni tanto, Guilavogui?




Atlético de Madrid Courtois 7,5; Juanfran 6,5, Miranda 4, Godín 8, Filipe Luis 5,5; Koke 4,5 (Adrián, m. 63 5,5), Tiago 4,5, Gabi 8, Arda 5,5; Villa 4 (Raúl García, m. 60 6), Diego Costa 9.
No utilizados: Aranzubia; Alderweireld, Manquillo, Guilavogui y C Rodríguez.


Levante Navas; Vyntra, David Navarro, Juanfran, Nikos; Pedro López (Ángel, m. 85), Simao (Sergio Pinto, m. 87), Diop, Rubén, Ivanschitz (Pedro Ríos, m. 34); Rubén García, Barral.
No utilizados: Javi Jiménez; Gomis, El Zhar y Adoua.

Goles:
0-1, 1' Ivanschitz.
1-1, 30' Godín.
2-1, 47' Diego Costa.
2-2, 56' Pedro Ríos.
3-2, 77' Diego Costa, de penalti.

Árbitro: González González. Expulsó a Juanfran con roja directa (m. 90) y amonestó a Rubén García, Gabi, Nikos, Pedro López, Diop, Raúl García, Sergio Pinto y Godín.

Unos 50.000 espectadores en el Calderón.

lunedì 16 dicembre 2013

Atletico Madrid – Valencia 3-0: la macina


Chiunque sia stato almeno una volta in un mulino non potrà non essere stato affascinato dalla macina, quel manufatto che gira imperturbabile e, con la sua apparente levità, frantuma ogni chicco con pazienza e precisione. Il suo ritmo non cambia, è sempre uguale, perché non deve adattarsi alla realtà, ma anzi la consuma fino a renderla conforme al suo movimento. Gira, gira e lentamente, ma con costanza totale, azzera qualsiasi resistenza.
Ieri sera, guardando i colchoneros contro il Valencia, non riuscivo a smettere di pensare al movimento di una macina: mai, neppure per un momento, ho dubitato del risultato; mai è sembrato che il Valencia potesse veramente impensierire i biancorossi. Certo, gli uomini di Djukic ci hanno messo l'anima, hanno iniziato anche con ardore; ma i colchoneros hanno giocato la loro partita, imperturbabili, seguendo il proprio ritmo, e lentamente hanno liso gli avversari, portandoli al punto di rottura in maniera palese per tutti ma, paradossalmente, senza che i valencianisti se ne rendessero conto.

È stato un primo tempo di frizione, se mi passate il termine: progressivamente, silenziosamente, l'Atletico ha consumato il Valencia, lo ha indebolito pian piano e ne ha fatto un guscio vuoto. Un affondo di Filipe qui, una progressione di Costa là, un lancio di Miranda ancora oltre, un feroce contrasto di Gabi e un anticipo di Godin: le forze degli ospiti si sono consumate nel gestire un ritmo alieno, apparentemente banale ma distruttivo nella sua costanza e nella sua estraneità all'avversario.

Così, quando, nel secondo tempo, l'Atletico ha accelerato, il Valencia è andato in pezzi. Un terrificante uno-due in quattro minuti ha schiantato gli ospiti e li ha lasciati inebetiti e smarriti a vagare per il campo nel tentativo di applicare schemi che, già privi di valore quando venivano applicati con pedissequa scolasticità, dopo apparivano assolutamente vacui. Al 59' Diego Costa, con una azione delle sue (percussione e tiro incrociato su filtrante di Godin addirittura dalla trequarti biancorossa) e al 63' Raul Garcia, lesto ad approfittare di un rimpallo in area su cross di Juanfran, hanno letteralmente sbriciolato il Valencia.
La partita è finita allora, senza appello. Tutto il resto è venuto per inerzia, anche i due rigori per i biancorossi, uno sbagliato e l'altro messo a segno da Diego Costa, ora solitario capocannoniere della Liga. L'Atletico, dopo essere rimasto padrone del campo per manifesta superiorità, ha continuato a sciorinare un calcio di alto livello, puntando fino all'ultimo al 4-0 che gli avrebbe dato il primato in solitario, come chiedeva un inesausto Simeone. Almeno in questo, i biancorossi hanno fallito, ma possiamo farne una colpa a questa magnifica squadra?


Note positive
Diego Costa: sbaglia un rigore e otto minuti dopo si ripresenta sul dischetto. La faccia da coniglio spaventato era tutta un programma, ma lo è stata anche la stangata sotto la traversa con cui si è ripreso il palcoscenico.
Tiago: copre, imposta, raddoppia. Garantisce la superiorità dei biancorossi in ogni area del campo in cui si presenta, pronto a dare una mano ai compagni. Sembra rinato ed è forse il più grande miracolo di Simeone.

Note negative
Villa: ancora una fase di calo. Come volevasi dimostrare, è un ottimo giocatore, ma ormai più adatto a un uso moderato che continuativo. E intanto avanza Raul Garcia...




Atlético de Madrid Courtois 6; Juanfran 6,5, Miranda 7,5, Godín 7,5, Filipe Luis 7; Koke 6, Gabi 7, Tiago 7,5, Arda 6 (Adrián, m. 84 sv); Diego Costa 8, Villa 5,5 (Raúl García, m. 61 7,5).
No utilizados: Aranzubia; Alderweireld, Insua, Rodrígueza y Óliver.
Valencia Diego Alves; Barragán, Víctor Ruiz, Mathieu, Guardado (Piatti, m. 75); Parejo, Romeu; Feghouli (Pabón, m. 66), Canales, Bernat; Jonas (Alcácer, m. 60).
No utilizados: Guaita; Pereira, Javi Fuego y Banega.

Goles:
1-0, 59' Diego Costa.
2-0, 63' Raúl García.
3-0, 81' Diego Costa, de penalti.

Árbitro: Fernández Borbalán. Amonestó a Romeu, Feghouli, Juanfran, Diego Costa, Parejo y Víctor Ruiz.

Unos 50.000 espectadores en el estadio Vicente Calderón.

giovedì 12 dicembre 2013

Atletico Madrid – Porto 2-0: impagabili


La vendetta, si sa, è un piatto che va servito freddo. Molto freddo è anche meglio. E noi colchoneros aspettavamo da anni non solo di impartire al Porto memorabili lezioni di calcio, ma anche di comminargli un po' di quella medicina che per ben due volte, nelle ultime Champions', i lusitani ci avevano fatto trangugiare nostro malgrado: l'eliminazione. Così, tutto in pochi mesi, le oscenità di Abel e Aguirre, le sparate di Pinto da Costa e le infinite umiliazioni in sede di mercato sono state spazzate via.
Diciamo la verità, ieri non abbiamo visto la miglior versione dell'Atletico. Tuttavia la squadra messa in campo da Simeone (una buona squadra, va detto) ha messo sotto senza neanche sudare un Porto veramente inguardabile, al di là dei lustrini regalati dalle estemporanee fiammate di qualche campione e di qualche giocoliere abile solo ad accendersi ad intermittenza.
Certo, i biancorossi hanno goduto di una buona dose di fortuna (quattro legni colpiti dai portoghesi, di cui uno subito all'inizio, non sono proprio uno scherzo), ma hanno giocato con l'abituale compattezza e organizzazione e hanno dato l'impressione di avere sempre il match sotto controllo. Vale a dire, avrebbero quasi sicuramente pareggiato ogni gol degli avversari, per poi magari superarli in scioltezza.
Non dimentichiamo poi i numerosi esempi di bravura emersi dalla partita di ieri: dal rigore parato da Aranzubia, al gol favoloso di Raul Garcia, passando per l'assist millimetrico di Oliver a Diego Costa, l'ottima partita di Manquillo e i confortanti segnali di risveglio di Adrian.
Naturalmente, la concentrazione non è stata altissima, anche se lo spartito è ormai metabolizzato da tutti a un tale livello che partite come questa vengono gestite (e vinte) col pilota automatico. Con una motivazione non totale mi sento di spiegare anche le ombre di questo match, vale a dire una certa friabilità della difesa (quattro legni sono troppi anche in un confronto fortunato), poco protetta da un centrocampo in cui Koke, questa volta, non ha dato l'apporto sperato né in fase di costruzione, né in quella di contenimento.
La pratica Champions' è archiviata, dunque, fino a Marzo e nel migliore dei modi, ben oltre le più rosee aspettative direi di chiunque (io per primo, beninteso). Ora vediamo cosa ci riserva il campionato e quanta fortuna avremo al sorteggio di lunedì.


Note positive
Raul Garcia: il gol è fantastico. Riceve palla in una zona morta del campo, si gira in un fazzoletto e scaglia un siluro nell'unico angolino disponibile. Chapeau, direbbero i francesi. Ormai ha trovato il suo ruolo, dopo tanto peregrinare in biancorosso. Non sono mai stato un suo estimatore, anche se ne apprezzavo la professionalità, ma devo confessare che l'ultimo mese e mezzo è eccezionale e apre interessanti prospettive future in attacco. Però la sua forza, cioè essere un atipico, è anche il suo vero limite: toglie spazio a una seconda punta, non può sostituire un trequartista (infatti Simeone continua insistentemente a chiedere un enganche per gennaio), è funzionale ma grigio a centrocampo. Ovverosia, è un eterno dodicesimo uomo, io temo.
Oliver: la sua valenza difensiva è pressoché nulla (e anche in avanti deve dimostrare parecchio, a guardare al di là del velo di peana che lo beatificano a priori), ma sa inventare come pochi altri, sia pure a sprazzi. Simeone giustamente gli ha chiesto di più, perché al momento è solo un progetto di fuoriclasse. Però un gran bel progetto.
Manquillo: eccolo, l'altro enfant prodige biancorosso. Diversamente da Oliver, ruolo e fisico lo agevolano. Io credo che sia pronto per prendere il posto di Juanfran, se non continuativamente, certo con grande frequenza, magari anche solo per liberare, all'occorrenza, l'alicantino in avanti, all'ala destra.


Note negative
Alderweireld: visione di gioco, certo. Senso della posizione, certo. Però anche una reattività modesta e uno scatto sul breve da perfezionare (e molto). Forse perché poco protetti dal doble pivote (e non solo), i due in mezzo ballano parecchio, evidenziando i loro difetti. La coppia Miranda - Godin funziona perché quanto è serafico il brasiliano, tanto è esplosivo l'uruguaiano; il belga, sembra, più che il complemento di Miranda, il suo sostituto testuale, per niente adatto ad affiancarlo (dico questo ben consapevole di aver sostenuto il contrario altrove, ma la verità è che con meno di 10-15 partite un giudizio su un calciatore io non lo so e non lo voglio formulare, al contrario di tanti altri).



Atlético: Aranzubia 7; Manquillo 7, Alderweireld 5,5, Miranda 5,5, Insua 6; Gabi 6, Koke 6; Adrián 6,5 (Leo 82’ sv), Raúl García 8; Óliver 7 (Arda Turan 62’ 6,5); Diego Costa 7(Villa 45’6).
Porto: Helton; Danilo, Maicon, Mangala, Sandro; Fernando; Defour (Héctor Herrera 78’); Varela, Lucho Gonzalez (Nabil Ghilas 64’), Josué (Licá 45’); Jackson Martinez.
Goals: 1:0 Raúl García 14’, 2:0 Diego Costa 37’

sabato 30 novembre 2013

Elche – Atletico Madrid 0-2: il doppio


Da che mondo è mondo, il peggior nemico che si può affrontare non è semplicemente quello che conosce ogni tuo trucco, ogni tua strategia, ma quello che ti assomiglia come una goccia d'acqua, il tuo doppio. Pensa come te, agisce come te, neutralizza ogni tua mossa come se ti leggesse nella mente.
Simeone, che è saggio, non a caso temeva l'incontro di oggi: un nostro doppio, l'Espanyol, ci ha fatti secchi; un altro, l'Elche, rischiava di farci parecchio male.

Non a caso, il primo tempo è stato piuttosto brutto. Compatte, sempre dietro la linea della palla, le due squadre, uguali in tutto, si sono annullate: naturalmente i colchoneros hanno avuto qualche occasione in più, ma nel complesso hanno sofferto la determinazione e il dinamismo degli avversari.
Era inevitabile che la partita si sarebbe decisa sul piano della continuità: solo tenendo quel ritmo l'Elche avrebbe potuto annullare il divario tecnico con l'Atletico; solo tenendo alta la concentrazione fino all'inevitabile calo degli avversari i colchoneros ne sarebbero usciti con tutta la posta in palio.
Il secondo tempo ha rispettato il copione: l'Elche si è pian piano arenato nelle gore di una certa pochezza tecnica; mentre l'Atletico ha resistito e poi piazzato un uno-due devastante grazie ai suoi uomini più in forma. In verità, i colchoneros hanno presentato una versione decisamente dimessa di se stessi, come è normale che sia, considerato il dispendio di energie mentali che il sistema di gioco di Simeone richiede: errori di posizionamento, una certa difficoltà nel compiere i movimenti necessari per “difendere di squadra”, diverse ammonizioni evitabili. Insomma, l'intero corollario di una squadra che avrebbe bisogno di una pausa e che fatica a mantenere la rotta giocando sempre con lo stesso undici.
A tirarci fuori dai guai sono stati due autentici lampi partoriti dal genio di singoli giocatori: una folgore dalla lunga distanza di Raul Garcia, appena entrato, trasformata in gol da Koke; una fantastica combinazione Adrian – Diego Costa.

Per il momento può bastare: in fondo sono tredici vittorie in quindici partite...


Note positive
Raul Garcia: entra e subito cambia la partita. Ormai la sua posizione è quella; è abilissimo nel far fruttare i suoi pregi e nel nascondere le debolezze. Insomma, è proprio il simbolo di questo Atletico capace di sfruttare anche i propri difetti per fare punti.
Diego Costa: sarà anche grezzo tecnicamente, come da più parti si suggerisce (lo stesso Kiko ne ha parlato), ma guardatevi il gol: scatto tra terzino e centrale, riduzione del passo e spostamento del busto per accogliere la palla e non ostacolarne il rimbalzo, calcio controllato (con la gamba bloccata a metà dell'arco di estensione) per non colpire il portiere in uscita e per indirizzare la palla in porta con un colpo di biliardo. Forse non capisco nulla di calcio, ma a me pare un gol sensazionale. Per dire, nella tanto strombazzata (in estate) batteria di attaccanti di una squadra nostrana a righe rossonere, chi sarebbe in grado di farne di simili?


Note negative
Villa: è di nuovo scomparso dai radar. Evidentemente, non è in grado di garantire la continuità delle sue prestazioni, motivo per cui ho sempre sostenuto che fosse un ottimo acquisto per la panchina. Però attenzione: Raul Garcia continua ad approfittare delle occasioni che gli si offrono, Adrian sembra in ascesa. Insomma, la concorrenza rischia di essere reale...



Elche Manu Herrera; Damián, Botía, Lombán, Albacar; Rubén Pérez, Carlos Sánchez (J.Márquez, min. 75); Fidel (Aarón, min.65) Coro, Carles Gil, Boakye (Cristian Herrera, min.72).


Atlético de Madrid Courtois 7; Juanfran 6,5, Miranda 7, Godín 6,5, Filipe 6,5; Tiago 6, Gabi 6, Arda 5 (Adrián 7, min.70) Koke 7; Diego Costa 8, Villa 4,5 (Raúl García,7,5 min.62).

GOLES
0-1, 63' Koke.
0-2, 74' Diego Costa.

ARBITRO: Delgado Ferreiro (C.Vasco). Amonestó a Botía (min. 25) y Damián (min.63) por parte del Elche. Y a Tiago (min.14), Villa (min.16), Filipe Luis (min.65) y Koke (min.82) por parte del Atlético de Madrid.

lunedì 25 novembre 2013

Atletico Madrid – Getafe 7-0: spettacolo puro


Cosa si può dire, di fronte a una partita che termina 7-0, ma che avrebbe potuto certo finire con due o tre gol in più? In realtà, niente. Certo, buona parte dei gol sono arrivati dopo l'espulsione di Valera, ex per nulla rimpianto, ma anche prima i colchoneros, che temevano giustamente un Getafe piuttosto in palla, avevano sviluppato buone trame e un calcio di gran livello, anche se inficiato, almeno fino al gol, da una certa dubbiosa tristezza, come se la prestazione di Villareal non fosse stata metabolizzata in pieno.
Per fortuna ci ha pensato Raul Garcia, il nostro “apriscatole”, specializzato in rottura del ghiaccio, a indirizzare la partita verso il suo esito naturale. Da lì in poi la gara è stata tutta in discesa.
Certo, il risultato è imbarazzante nella sua esagerazione, ma gli errori tattici e tecnici della difesa getafense sono improponibili a certi livelli e, già lo sappiamo, l'Atletico non è squadra che faccia sconti, mai e a nesuno. Al di là degli aspetti tattici, impalpabili in una partita di questo tipo e di questo esito (si può dare un giudizio su Alderweireld, per esempio?), credo di dover sottolineare solo l'evidente sensazione di compattezza che trasmette il gruppo. Non parlo di quella sul campo, ma proprio del chiaro piacere di giocare insieme, di ripetere ciò che Simeone ha insegnato, di assecondare le abilità ciascuno dell'altro, che hanno reso la sfida (??) un recital brillante e speciale, ancorché privo di peso tecnico e tattico. Straordinaria, in particolare, la rete in rovesciata di Diego Costa.
Piuttosto, la vera questione è che valore abbia un campionato nel quale le prime tre rifilano agli avversari, senza neanche faticare, un complessivo 16-0. Si parla spesso di liga escocesa, ma qui, mi pare, siamo forse ben oltre. Ne riparleremo.


Note positive
Raul Garcia: eccolo il figliol prodigo, finalmente all'altezza della sua fama al Calderon. Ormai è assodato, il suo ruolo è quello di seconda punta dal colpo sempre in canna.
Juanfran: di fronte ha il nulla assoluto, e va bene, però dal suo lato è un continuo zampillare di iniziative pericolose.

Note negative
Assolutamente nulla.


Atlético de Madrid Courtois sv; Juanfran 8,5, Alderweireld 7, Miranda 7, Filipe Luis 8; Tiago 7, Gabi 7 (Óliver Torres, m. 71 7); Koke 8 (Adrián, m. 64 7), Raúl García 8,5 (Diego Costa, m. 61 8), Arda 7,5; Villa 7,5.
No utilizados: Aranzubía; Insúa, Godín y Guilavogui.


Getafe Moyá; Valera, Alexis, Lopo, Roberto Lago; Míchel (Mosquera, m. 60), Borja (Arroyo, m. 46); Pedro León, Lafita, Diego Castro; Colunga (Ciprian, m. 68).
No utilizados: Codina; Lacen, Gavilán y Sarabia.

Goles:
1-0, 25' Raúl García.
2-0, 37' Lopo, en propia puerta.
3-0, 49' Villa.
4-0, 52' Raúl García.
5-0, 69' Diego Costa.
6-0, 78' Villa.
7-0, 92' Adrián.

Árbitro: Clos Gómez. Expulsó a Valera (m. 41) por doble tarjeta amarilla. Amonestó a Raúl Garcia, Borja, Míchel y Arda.

Unos 35.000 espectadores en el estadio Vicente Calderón.

mercoledì 20 novembre 2013

Non c'è rosa senza spine


Già in agosto mi ero espresso in maniera piuttosto chiara sulle strategie di mercato in riva al Manzanares. Ora, dopo alcuni mesi di competizioni (che mi hanno permesso di farmi un'idea di alcune operazioni dell'ultimo minuto), posso completare il pensiero espresso allora.
Un paio di considerazioni preliminari, che sono imprescindibili per comprendere il discorso: la rosa è corta e priva di alcune figure fondamentali (il che spiega, ad esempio, lo scialbo pareggio di Villareal dell'ultima giornata di Liga); inoltre la squadra manca di fantasia e abilità tecnica, carenza cui Simeone ha tentato di ovviare con ritmo e aggressività costanti.
Vediamo ora di analizzare la squadra reparto per reparto.


Difesa
Sono stati confermati tutti e questo è stato un bene. Il blocco difensivo è sempre stato il punto di forza di questo Atletico, per cui questa scelta è stata un chiaro messaggio di continuità verso il gruppo, l'allenatore e la tifoseria. La qualità complessiva del gruppo difensivo non è altissima (di fatto spiccano solo Courtois, Miranda e Filipe Luis), ma l'amalgama e l'abilità raggiunti dalla squadra nel difendersi complessivamente hanno portato i colchoneros ad incassare pochissimi gol. Di conseguenza, scelta migliore non poteva essere fatta.
Aggiungo anche che ho trovato particolarmente positivo il fatto che Demichelis sia stato venduto per Alderweireld. Il club ci ha guadagnato 5 milioni di euro e un giocatore più giovane come il belga, anche se l'operazione che ha portato quest'ultimo a Madrid ha qualcosa di sospetto: possibile che gli inglesi, pur di avere Demichelis, abbiano comprato un giocatore che i colchoneros non potevano permettersi e lo abbiano, di fatto, regalato al club spagnolo? Mi permetto quindi di dubitare che Alderweireld abbia veramente un contratto di quattro anni con i colchoneros; penso anzi che presto scopriremo qual è veramente il legame tra il belga e il Manchester City.
Altra questione aperta che scoppierà la prossima estate è quella del portiere, da anni un vero e proprio vulnus sulle rive del Manzanares. Non voglio ripetere quanto già detto quest'estate, ma urge un breve riassunto: Courtois partirà a fine anno, Joel è stato venduto ma con opzione di riacquisto, Asenjo è in prestito al Villareal, Aranzubia rimarrà solo un anno e Roberto è stato comprato per il prossimo anno e poi subito girato in prestito all'Olympiakos. Nel frattempo, si sente parlare ancora una volta di Moya del Getafe.
Piccola domanda: cosa succede se Joel e/o Asenjo fanno un buon campionato? E se Roberto, come pare, stupisce in Champions'? Si ripeterà la medesima telenovela di quest'estate? E tralascio il problema rappresentato dal dualismo Bono e David Gil nell'Atletico B.
Parlando di questioni puramente tecniche, Juanfran sembrava destinato ad essere scalzato da Manquillo, ma si è ripreso alla grande, anche se manca nella fase difensiva: talvolta si fa cogliere fuori posizione o si fa rubare il tempo dagli avversari, oltre ad essere particolarmente carente nella marcatura. Morale della favola, Manquillo probabilmente se ne andrà in prestito, possibilità vagliata anche per Gimenez, per continuare ad acquisire minuti. Sembrerebbe una scelta obbligata, ma il rischio di trovarsi improvvisamente a corto di uomini fra qualche mese dovrebbe essere attentamente considerato. Insua è insignificante, un vero spreco di denaro: davvero Silvio non era alla sua altezza?
Per finire, due parole su Alderweireld: come anche Guilavogui, è stato finora utilizzato pochissimo, per cui è difficile dare un giudizio approfondito. Tra gli aspetti positivi, va segnalata l'abilità nel costruire gioco; per il resto, non è parso velocissimo e impeccabile in fase difensiva. Al momento, pare piuttosto simile a Miranda: un giocatore più abile nell'anticipare il gioco degli avversari, che nella marcatura vera e propria; vale a dire, in difficoltà senza un centrocampo in piena forma davanti a proteggerlo.


Centrocampo
Il difetto è noto: manca la fantasia, se si esclude Arda. Basta che al turco venga un raffreddore, perchè la luce si spenga senza appello. Certo, ci sono Koke e (soprattutto) Oliver, ma se Simeone ha chiesto insistentemente un unico giocatore, e cioè Diego Ribas, ci deve essere sicuramente un motivo. L'acquisto non si è concluso per mancanza di soldi, ma ora le prospettive per il ruolo sono, come ho già detto, piuttosto nere, tanto che il Cholo ha già chiesto un trequartista nel mercato di gennaio e si riparla incessantemente di un arrivo del brasiliano ad agosto (altra telenovela che ci terrà compagnia tutta estate, io credo).
È chiaro che Oliver Torres avrà sempre più spazio, perchè lo merita, ma è altrettanto evidente che il ragazzo non è pronto, per statura fisica e tattica, per il tipo di gioco del Cholo e per sostenere una stagione, se non da titolare, almeno da riserva di lusso. Koke poi, che si sta rivelando grandissimo, non ha nella fantasia il suo punto di forza, mentre su Raul Garcia, da questo punto di vista, meglio stendere un velo pietoso. Il navarro è un giocatore estremamente professionale, disponibile e attento, ma non è e non sarà mai un trequartista. Anzi, è dubbio anche che possa essere un centrocampista: forse la sua vera collocazione è quella di seconda punta, come agli inizi della carriera, un ruolo che molto si avvicina a quello di guastatore-atipico che il giocatore sente più suo (come la gara contro l'Austria Vienna ha dimostrato).
Quanto a Diego, io non mi straccio certo le vesti. Non voglio fare il discorso semplicistico che leggo spesso (quello secondo il quale l'Atletico ha vinto molto di più senza di lui che con lui, stando al raffronto tra l'anno scorso e il precedente), ma mi limito a ripetere quanto ho più volte scritto: è un giocatore che tiene troppo la palla, rallenta il gioco e sbaglia più passaggi filtranti di quanti effettivamente ne realizzi; a me personalmente non pare avere una grande intelligenza tattica, aspetto che io ritengo fondamentale in un trequartista. Però può darsi che con un gioco decisamente più manovrato, quale quello proposto dal Cholo quest'anno (si veda alla voce “David Villa”, più oltre), avrebbe reso di più. Certamente, in rapporto alla sua carriera, l'ingaggio chiesto dal padre è decisamente spropositato.
La batteria dei centrali è buona quantitativamente, meno dal punto di vista qualitativo: tecnica e fantasia sono rare e poco sfruttate, la geometria è una qualità di Gabi, ma non certo di Mario. D'altra parte, quest'anno più dello scorso mi pare che il loro scopo sia rubare il pallone e consegnarlo sulle ali ai due motori del gioco (Koke e Arda). Mario è uno dei giocatori più sopravvalutati della Liga: le sue prestazioni sono spesso inconsistenti, salvo casi rari (per lo più finali e partite in nazionale, a quanto vedo). In quest'ottica, mi domando cosa abbia in meno di lui Camacho, enfant du pays troppo presto scaricato dal club.
La soluzione migliore sarebbe ovviamente schierare Koke come centrale, ma da questo orecchio Simeone, che ne sfrutta la polivalenza, non ci sente. Mi aspetto molto anche da Guilavogui, colosso di prospettiva che finora ha giocato pochissimo, pagando un notevole scotto al salto dal ridicolo campionato francese (ah, Falcao...) al ben più impegnativo campionato spagnolo: nei pochi spezzoni in cui ha giocato, abbiamo intravisto un tecnica da sgrezzare ma non assente e una discreta volontà di proporre gioco, oltre all'ovvio peso in fase di rottura che gli deriva naturalmente dal fisico da corazziere. Tutto sommato, un doble pivote con lui e Koke, nel giro di un paio d'anni, non mi dispiacerebbe, senza dimenticare che sulla rampa di lancio, per il prossimo biennio, c'è anche Saul Niguez.
Chiudo col Cebolla Rodriguez, utile tappabuchi che sperava di risultare protagonista in questa squadra: corre coi paraocchi, senza un vero senso tattico; è importante per fare numero e per colpire gli avversari quando lanciato in velocità, ma non è molto di più. Francamente, un giocatore mediocre.


Attacco
L'esplosione di Diego Costa, che già l'anno scorso era riuscito progressivamente a mettere in ombra Falcao, ha tolto le castagne dal fuoco a una dirigenza che non è stata capace di sostituire il colombiano con nient'altro che un vecchio guerriero arrivato a costo irrisorio (e dietro promessa di un diritto di prelazione su alcuni gioielli della cantera) dal Barcellona. Del brasiliano abbiamo già detto a iosa, quindi non starò a ripetermi. Il vero problema sarà riuscire a trattenerlo, o meglio, per essere più chiaro, impedire ai vari Gil e Cerezo di venderlo a peso d'oro per appagare il loro egoistico e ripugnante cupio dissolvi.
Villa, comunque, se in forma, è abile nel creare spazi e nel favorire gli inserimenti di compagni di reparto e centrocampisti: la sua capacità di tenere sotto pressione l'intera difesa avversaria si è rivelata un utile grimaldello per l'Atletico, spingendo Simeone a un gioco più manovrato che proprio sull'asturiano fa perno. Certo, rimane la questione della forma fisica: finora il prode David ha alternato settimane di grande lavoro e di buona media realizzativa ad altre di totale abulia e inerzia. Come ho già detto, era forse un acquisto da panchina di lusso, più che per la formazione titolare.
D'altra parte, a sostituire lui e Diego Costa sono chiamati Adrian e Leo Baptistao. Da brividi, tanto per essere chiari. Il primo è all'ultima chiamata sul palcoscenico del Calderon, visto che sembra sempre più simile a quello dell'anno scorso che a quello del primo anno (in Europa League, però, come avevo chiaramente sottolineato...): se non gioca, non ritrova condizione e feeling con la porta, ma quando gioca le sue prestazioni sono spesso totalmente abuliche. Anche lui potrebbe apportare fantasia in avanti, ma non in queste condizioni.
Per Leo Baptistao la situazione è al contempo più semplice e più complessa: manca di raffinatezza tattica e deve crescere ancora, anche se penso che sia un ottimo investimento. Simeone l'ha finora usato con il contagocce, proprio per i suoi limiti, ma, con un minutaggio più elevato, potrebbe dare molto alla squadra. Si sacrifica forse poco in copertura, ma è una freccia se lanciato verso l'area avversaria.
Manca probabilmente un altro attaccante, per completare il reparto. Potrebbe essere Raul Garcia, come già detto, col rischio di sguarnire però il centrocampo. Inoltre il navarro non è una prima punta di peso, la vera lacuna del reparto.
A mio giudizio, si poteva tenere Pizzi: non è la prima punta di cui parlavo, ma certo garantiva la copertura di numerose posizioni in avanti, oltre ad avere dimostrato, l'anno scorso al Deportivo, un buon feeling con la rete (più di Adrian, per dire). Sul portoghese, però, qualcosa non quadra, sia per lo sproposito che è costato, sia per la stravagante operazione col Benfica di cui è stato oggetto (quella che ci ha restituito Roberto): se mai, un giorno, si saprà la verità, capiremo perché sia passato nel nostro cielo come una meteora.


Quindi, una rosa non perfetta, migliore di quella dello scorso anno, ma comunque carente, in figure, fantasia e tecnica, per una squadra che deve affrontare un percorso complesso come quello di quest'anno. Non solo la coperta è troppo corta (e ogni infortunio può quindi avere conseguenze pesanti), ma è anche di qualità troppo discontinua: far ruotare gli uomini comporta inevitabilmente un crollo della manovra; insistere sugli stessi provoca la loro usura, oltre a bloccare la crescita di quelli che potrebbero, con maggiore esperienza e minutaggio, tornare utili, ma che ora, per i motivi detti sopra, incrinano il solido gioco di squadra. Insomma, Simeone rischia il cul de sac: dalla risposta che saprà dare a quello che pare un rebus insolubile dipenderà l'esito di quella che al momento si presenta come una stagione esaltante

giovedì 7 novembre 2013

Poker d'assi


Betis. Granada. Athletic. Austria Vienna.
In soli dieci giorni, l'Atletico cala un poker d'assi fenomenale e si consolida come grande rivelazione della stagione europea. Non è da tutti qualificarsi con due giornate di anticipo agli ottavi di Champions' e, per di più, da primi della classe. Non è da tutti neppure mantenere il ritmo del Barcellona in campionato. A ben guardare, le squadre che fino ad ora hanno ottenuto risultati pari o superiori si contano, in Europa, sulle dita di una mano. Tra queste, nessuna ha un organico povero come quello dei colchoneros.

Confesso di non aver potuto vedere tutte le partite: problemi vari mi hanno costretto a coglierne spizzichi e bocconi, integrando le mancanze con registrazioni e sintesi varie. Di fatto, ho visto integralmente solo quella con l'Austria Vienna, quindi mi limiterò a considerazioni varie e, per ovvi motivi, piuttosto generali.

Prima di tutto, e siamo ancora nel campo dell'ovvio, non sono state partite di pari livello: alcune sono state delle passeggiate, altre, soprattutto quella col Granada, hanno comportato rischi non indifferenti. Ancora una volta l'Atletico ha sofferto di alti e bassi, difetto a cui dovremo abituarci perché tipico di chi gioca ogni tre giorni e non può fisiologicamente essere sempre al massimo. Di fatto, quella con gli uomini di Alcaraz è stata la partita che più ha ricordato quella contro l'Espanyol: poca concentrazione, poca costanza, ma, diversamente da Barcellona, un po' di fortuna e, soprattutto, un avversario dalle qualità offensive che definire ridicole è generoso. Di fronte a partite come questa, non so mai se arrabbiarmi o ringraziare la buona sorte. Nel dubbio, mi limito a pensare che, se avessimo messo un po' più di voglia contro l'Espanyol, saremmo in testa alla Liga.

Poi, va ricordato che abbiamo giocato tutte e quattro le partite senza Arda Turan, che è unanimemente considerato il nostro calciatore più talentuoso e dotato di fantasia. La perdita è stata ben metabolizzata, anche se mi resta il dubbio che ciò sia avvenuto principalmente perché gli avversari non hanno offerto grande resistenza (Granada escluso, ovviamente). In ogni caso, il filotto di risultati positivi non giustifica la dirigenza per la mancanza di un altro giocatore di fantasia in rosa, poiché è chiaro che l'assenza del turco non può essere sopportata a lungo.

Ma soprattutto questi dieci giorni finiscono scolpiti nella memoria perché hanno dimostrato una volta di più la straordinaria bravura di Simeone nella gestione degli uomini: fa debuttare Oliver dall'inizio e quello segna il suo primo gol in carriera, sciorinando anche una prestazione di ottimo livello; ripropone un Villa che molti di noi davano per finito e questo segna una valanga di reti; propone Raul Garcia come seconda punta e il navarro appare finalmente incisivo; estrae dal mazzo Tiago e il portoghese ci regala quella che, al momento, pare la sua migliore stagione in biancorosso.
Lungi dal dipendere dalla fortuna, le scelte del Cholo sono frutto di una duplice abilità, tipica solo degli allenatori di altissimo livello: da una parte la grandissima lucidità nell'osservare i propri uomini giorno dopo giorno, senza farsi influenzare dall'effetto alone (un tipico meccanismo psicologico per il quale si tende a rivestire gli altri di valenze che esistono solo nella nostra mente); dall'altra una totale dedizione al bene della squadra, che si traduce nella totale mancanza di scrupoli nell'accantonare, sia pure momentaneamente, tutti coloro che non risultano al massimo della forma e della concentrazione. È accaduto con Villa, con Adrian, con Godin e con molti altri.
Aggiungiamo a queste abilità anche una grande capacità didattica e motivazionale, non scevra di una forte carica utilitaristica (il passaggio senza remore né dubbi dal 4-4-2 al 4-2-3-1, e viceversa, ogni volta che l'organizzazione degli avversari lo richiede), e il gioco è fatto.
Anche gli uomini sono messi in condizione di rendere al massimo. Oliver, che ancora non ha la forza fisica e la malizia tattica sufficienti a garantire copertura nella propria zona di azione, viene messo in campo contro un Betis derelitto, incapace di pressare e di mettere in difficoltà la circolazione di palla avversaria. Villa è tolto dalla naftalina giusto nel momento in cui Diego Costa evidenzia una sia pur piccola flessione, anche se abilmente mascherata dai gol che continuano ad arrivare con buona puntualità (ma fate il conto di quante azioni spreca prima di segnare e considerate le percentuali realizzative di inizio anno...); l'asturiano, tirato a lucido, è tornato a svolgere egregiamente le funzioni cui si dedicava nelle prime partite della stagione e a questo straordinario lavoro tattico ha aggiunto anche una buona media realizzativa. Raul Garcia ha inanellato diverse buone prestazioni e, proprio nel momento in cui si vede superare dal redivivo Villa dietro a Diego Costa (motivo, in altre squadre, di malumori e polemiche, sia pure sotterranee), ottiene il massimo della fiducia del Cholo, che per lui trova sempre posto e che lo impiega titolare contro l'Austria, mandando un chiaro segnale di fiducia e “titolarità effettivamente condivisa” che molti allenatori non saprebbero proprio inviare. Tiago offre un rendimento eccezionale come centromediano vecchio stampo, svariando dall'area alla trequarti, dettando i tempi, chiudendo gli spazi e le linee di passaggio, rivelandosi insomma giocatore a tutto campo.

A tutti quelli che sembrano baciati dalla Sorte aggiungiamo quelli che offrono sempre un grandissimo rendimento e la ricetta di questo incredibile Atletico è servita. Tra tutti, mi pare giusto concludere queste poche righe con la menzione di Juanfran, che dall'inizio della stagione è in crescendo e ormai si esprime sui livelli di due anni fa, spingendo come e più di Filipe Luis sulla destra: le chiusure non sono sempre impeccabili, ma, contro avversari spaventati come molti di questi dieci giorni, non c'è neppure occasione di mettere in mostra le proprie smagliature.
Con animo sereno, ce ne andiamo a Villareal.

mercoledì 23 ottobre 2013

Austria Vienna – Atletico Madrid 0-3: all'improvviso uno sconosciuto


Se c'è una cosa che la notte di Vienna ha evidenziato, è che in questo momento il modulo 4-2-3-1 è il migliore per l'Atletico. Per quel che mi riguarda, lo è a prescindere, ma a quanto pare Simeone quest'anno ha optato per altro, cioè un 4-4-2 che però ora pare impraticabile, visto che Villa e Adrian, per motivi vari, non sono presentabili. Spazio dunque al pendolo centrocampo-attacco che tanto bene ci aveva portato col Chelsea.
Altra cosa che ieri sera è stata ben messa in chiaro è che, dopo la partita con l'Espanyol, il Cholo è corso ai ripari, mettendo in campo quelli da cui proprio non si può prescindere (Filipe, Miranda, Arda, Koke e Diego Costa, tanto per essere chiari, purché, ovviamente, giochino insieme) e ha messo in panca chi aveva bisogno di chiarirsi le idee e riposarsi (e siamo gentili), ovverosia Mario e Godin.
Infine, ultimo aspetto che la gara di Champions' ha messo sotto gli occhi di tutti, è ormai chiaro che questa squadra ha, in sé, un Mister Hyde che, senza preavviso, si manifesta per larghi tratti di alcune gare, quando non per tutta la partita come accaduto al Cornellà. All'improvviso uno sconosciuto, dunque, che si prende il palcoscenico e imprime la propria impronta indelebile alle partite: allora partite considerate ormai chiuse si riaprono, avversari moribondi riprendono vigore e situazioni ormai archiviate si ripropongono come temi di attualità.
Ieri sera, non c'è dubbio, lo sconosciuto ha colpito ancora. Potrà sorprendervi il fatto che io dedichi così tanto tempo al tema della scarsa continuità della squadra, considerato che i risultati dicono altri e che oggi, sulle gazzette ma anche sui blog degli appassionati, si discute solo della sinfonia atletica a Vienna; tuttavia, considero questo il vero problema dei colchoneros, nonché l'unico limite, unito alla qualità non eccelsa della rosa e al limitato numero di ricambi, a una stagione favolosa. Ieri, dopo mezz'ora favolosa, ci siamo ritrovati a rischiare più del dovuto, a correre meno degli avversari e a farci trovare sempre fuori posizione pur essendo quelli con due reti di vantaggio. Se Diego Costa non si fosse inventato il terzo gol trasformando in oro un passaggio ancora una volta fuori misura di un compagno, chissà come sarebbe finita. E chissà come sarebbe finita se l'Austria non avesse preso la traversa alla fine del primo tempo; forse ora staremmo scrivendo di incompiuta o di inopinata rimonta.


La prima mezz'ora, però, è stata fantastica, un vero spot contro quelli convinti che il nostro calcio sia solo corsa e calcioni (los vikingos, per esempio): sovrapposizioni, interscambi, triangoli, percussioni, geometrie e un pressing asfissiante ma intelligente ci hanno consegnato 30 minuti da lasciare agli annali del calcio continentale, nonché un'impressione di forza e di facilità che ha sicuramente colpito gli appassionati, neutrali e non. Splendide sia l'azione di Filipe, che ha concluso una percussione originata da Koke con il più comodo degli assist per Raul Garcia, sia la cavalcata di Diego Costa, abilissimo a nascondere agli avversari le sue intenzioni fino al momento dello scatto decisivo e del conseguente dribbling. Un 2-0 dopo venti minuti ampiamente meritato e straordinariamente convincente.
Peccato però che, piano piano, i colchoneros si siano rilassati (giusto il tempo di sfiorare il terzo gol con Costa a concludere un triangolo Koke-Filipe) e sia subentrato lo Sconosciuto cattivo, quello che rallenta il ritmo del gioco, abbassa troppo il baricentro e decide che il pressing non è più necessario: la traversa colpita da Hosiner vibra ancora, ma in generale i danubiani correvano molto di più e, se qualcuno avesse acceso il televisore in quel momento, avrebbe avuto la netta sensazione che fossero loro i mattatori dell'incontro e i biancorossi le vittime sacrificali.
Lo stesso copione si presentava nel secondo tempo, con un Atletico che dava costantemente l'impressione di essere sul punto di incassare il gol che avrebbe probabilmente significato il punto di rottura e avrebbe rovesciato le sorti del match.
Poi, improvviso come era arrivato, lo Sconosciuto svaniva: arrivava il terzo gol, con Costa bravissimo ad arpionare un cross sballato di Insua e a inventarsi un gol alla Falcao. Del nostro Mister Hyde non c'era più traccia e, anzi, il famoso spettatore casuale non avrebbe mai neppure potuto sospettarne l'esistenza: c'erano solo maglie biancorosse, abili nel nascondere la palla agli avversari e nel controllarne il desiderio di segnare almeno un gol. La partita tornava a essere una partita, insomma: uno scontro tra una squadra fortissima e una di buon livello che le provava tutte, ma trovava di fronte a sé undici giocatori organizzatissimi e affiatati, invece che un gruppetto di sparuti fantasmi sempre fuori tempo e fuori posto.
Un Atletico saldo e ben messo in campo, privo di attaccanti di ruolo, giocava da padrone e nascondeva la palla agli avversari, o ne fermava le folate sulla trequarti, portando a casa quella che, senza quella mezz'ora di ombre, sarebbe stata la più facile delle vittorie.
E ora non resta che completare l'opera al Calderon, contro gli austriaci, per garantirsi la qualificazione e mettersi in pole per il meritato primo posto.


Note positive
Diego Costa: si carica la squadra sulle spalle e ne diviene, una volta di più, spietato terminale, quando il gioco fila, o condottiero senza paura, quando l'Atletico si avvita su se stesso. In questo momento è imprescindibile, anche se Simeone sta chiaramente valutando altre possibilità per l'emergenza (possibilità che in questo momento non si chiamano né Villa né Adrian).
Filipe: gioca solo 45', ma è semplicemente devastante. Peccato che talvolta si deconcentri in fase difensiva: il ballo dell'ultimo quarto d'ora del primo tempo lo vede, io credo, attore principale, anche se non unico. Quando la contrattura lo toglie dal campo, il ben più morigerato Insua è meno incisivo in avanti, ma più funzionale alla tenuta della squadra.
Tiago: la sua è una partita da vero centromediano, se mi perdonate il paragone un po' azzardato. Difende, imposta, crea la superiorità appena davanti alla difesa o alle spalle di Diego Costa: è lui il pendolo della manovra, ed è un vero peccato che si sia scoperto giocatore di tal fatta solo in tarda età, quando, per ovvi motivi, non ci può più regalare partite in serie di questo livello. Ha una tecnica che Mario Suarez non avrà mai, neppure dedicandosi anima e corpo a questo aspetto, e ho detto tutto.
Miranda: monumentale. Non sbaglia un colpo, si muove sicuro in coppia con Alderweireld e imposta il gioco ogni volta che c'è bisogno. Nel belga, un altro giocatore bravo a impostare dalle retrovie, ha trovato forse il suo alter-ego.

Note negative
Juanfran: spinge, ma spesso si fa trovare fuori posizione in fase difensiva. La traversa di Hosiner è in buona parte sua responsabilità, visto che perde l'attaccante austriaco. Da censura la stupida ammonizione rimediata al 67', chiaro segno di nervosismo.




Austria de Viena Lindner; Dilaver, Rogulj, Ortelechner, Suttner; Stankovic (Kienast, m. 14), Holland, Mader; Royer (Leovac, m. 85), Hosiner, Jun (Spiridinovic, m. 75). No utilizados: Kardum; Ramsebner, Koch y Simkovic.

Atlético de Madrid Courtois 6,5; Juanfran 6, Miranda 7,5, Alderweireld 7, Filipe Luis 7,5 (Insúa, m. 46 6,5); Tiago 8, Gabi 6,5; Arda 6,5, Raúl García 7 (Adrián, m. 81 sv), Koke 7,5; Diego Costa 8,5 (C. Rodríguez, m. 59 6).
No utilizados: D. Gil; Óliver; Mario Suárez y Villa.

Goles:
0-1, 8' Raúl García.
0-2, 20' Diego Costa.
0-3, 53' Diego Costa.

Árbitro: Daniele Orsato (ITA). Amonestó a Kienast, Holland, Suttner, Hosiner, Raúl García, Gabi y Juanfran.

Unos 50.000 espectadores en el Ernst Happel Stadion.


domenica 20 ottobre 2013

Espanyol – Atletico Madrid 1-0: fine del sogno


Eccoci qui, dunque, alla fine del sogno cullato fino ad ora. Quello dell'imbattibilità, della squadra in grado di vincere su tutti i fronti, dei bucanieri capaci di sfangarsela sempre e comunque. Sinistri scricchiolii si erano uditi già a Porto e col Celta, come già avevamo scritto in maniera piuttosto chiara su questo blog. Certo, non perderemo spesso, questo è sicuro, ma è altrettanto sicuro che bastano poche sconfitte per fermarsi a pochi metri dal traguardo; in ottima posizione, va bene, ma comunque piazzati.


Ieri si è capito subito che aria tirasse al Cornellà, è bastato buttare un'occhio alla formazione. Arda fuori, Raul Garcia dentro; Koke unico cervello della squadra (e con Mario e Gabi in mezzo non ce lo possiamo permettere); Miranda infortunato e Villa ancora a calcare l'erba. Si è capito che il “partita a partita” è una formula indovinata che nasconde la penosa debolezza di una rosa nella quale, fuori dall'undici titolare, si fa fatica a trovare dei giocatori all'altezza (e anche fra gli undici non è che brillino chissà quante stelle).
Non sempre l'intensità riesce a coprire tutte le magagne, insomma. Ieri è successo addirittura che d'intensità non ci fosse neppure l'ombra e che quindi la squadra si svelasse per quella che era prima di Simeone: un gruppo di giocatori normali, esclusi 4 o 5, che, senza Arda, non riesce a ruminare alcunché. Ai nostri rivali è bastato correre un po' di più ed avere un minimo (ma proprio un minimo,eh... Tutti ci ricordiamo di Aguirre...) di gioco banale e scontato per avere la partita in pugno.
Un Atletico stanco, poco lucido e lento non è mai riuscito a creare pericoli ai nostri avversari.
Koke non ha acceso la luce, né l'ha fatto Arda quando è entrato nel secondo tempo; Villa ha lasciato solo Diego Costa, al quale non sono riusciti i soliti miracoli con percussioni palla al piede; Mario e Gabi hanno trotterellato senza ritmo; Filipe e Juanfran si sono mossi a casaccio senza guardare mai i compagni (che dal canto loro si sono ben guardati dal seguirli). Aggiungete la prestazione evanescente di Raul Garcia, un'ala che non salta l'uomo, non corre veloce, non fornisce assist ai compagni, non inventa gioco e si limita invece a presidiare la sua area (d'altra parte, non è né un'ala né un trequartista di fantasia); gli errori di Alderweireld (che sul gol perde clamorosamente il suo uomo) e di Courtois (che, con la sparata sull'essere tra i migliori cinque portieri del mondo s'è chiaramente attirato l'ira divina); la mediocre prestazione di Godin, uno che senza Miranda a fargli da faro fatica a navigare nelle acque dell'acume tattico.  

Ecco, il quadro è completo. Non facciamone un dramma, per carità: siamo pur sempre secondi, anche se con rammarico. Però questa volta abbiamo giocato col fuoco e ci siamo bruciati: aspettare l'errore dell'avversario è un'ottima strategia se si corre; altrimenti significa consegnarsi senza combattere. Ieri solo l'insipienza dell'Espanyol ci ha tenuto a galla così a lungo.
Partita dopo partita, vinciamo a Vienna e vediamo come va.


Note positive
Nessuna

Note negative
Simeone: festeggia le 100 partite sulla panchina biancorossa con una sconfitta. E, francamente, è colpa sua. La squadra è scesa in campo poco motivata, senza concentrazione e senza grinta, convinta di vincere anche questa volta in un qualche modo. Per di più, è sembrata completamente priva di idee, e qui viene la colpa: si può decidere di far riposare Arda, ma pensare che il solo Koke, decentrato, possa gestire la squadra è un errore di valutazione notevole. Il nostro grande canterano è e sarà un grande, ma non gli si può chiedere di gestire un centrocampo così povero come quello di ieri.
Dulcis in fundo, nel tentativo di recuperare il Cholo si comporta come un Mourinho qualunque: in campo tutti i giocatori d'attacco presenti in panchina, centrocampo azzerato e così sia. Siamo abituati a ben altro, di solito.


Espanyol: Casilla; Sidnei, Moreno, Fuentes, J Lopez; Simao, Abraham, Lanzarote, D Lopez; Garcia, Pizzi
Atletico: Courtois 5; Juanfran 5,5, Godin 5,5, Alderweireld 5, Luis 6; Gabi 5 (62' Adrian 4), Suarez 5 (77' Cristian Rodriguez 5), Raul Garcia 5 (58' Arda Turan 5,5), Koke 6; Villa 4,5, Costa 5,5

1-0, 54': Courtois (p.p.)
Arbitro: Fernández Borbalán
Koke (39', Amarilla), Javi López (41', Amarilla), David López (60', Amarilla), Cristian Rodríguez (83', Amarilla), Sergio García (84', Amarilla), Abraham (84', Amarilla), Courtois (93', Amarilla)


domenica 6 ottobre 2013

Atletico Madrid – Celta 2-1: scherzare col fuoco


A guardare le statistiche alla fine del primo tempo, chiunque avrebbe pensato che ormai era fatta: c'erano un solo gol di vantaggio e un rigore sbagliato, d'accordo, ma anche un totale di 10 corner a zero, 18 tiri in porta a zero, 29 cross a 2 per i colchoneros.
Chiunque sarebbe andato a farsi un panino sereno, solo leggermente irritato per le numerose occasioni gettate al vento, ma anche consapevole che gli avversari non erano per niente irresistibili.
Però qualunque tifoso di calcio attento, in una situazione come questa, non riesce a non pensare a quel famoso mantra “Gol sbagliato – gol subito” che, sia pure trito e ritrito, fotografa comunque una verità del calcio: le partite durano novanta minuti e, soprattutto, sono imponderabili, vale a dire che possono cambiare in un refolo di vento, senza apparenti ragioni.
Il tifoso dell'Atletico, poi, è ancor più sospettoso di natura, consapevole com'è di un tempo non lontano nel quale i suoi giocatori erano capaci di gettare al vento tutto quanto erano riusciti a creare (sprecare...) nel momento di maggior dominio della partita.
In effetti tutto è andato secondo i nostri peggiori timori: dopo aver largheggiato per 70 minuti, sprecando l'inenarrabile, vuoi perché se Diego Costa capitalizzasse il 100% delle occasioni che si crea avrebbe già segnato 50 reti in campionato, vuoi perché Villa è stato ancora una volta inguardabile, vuoi perché la squadra ha giocato come sempre, ma zavorrata forse da un misto di stanchezza e supponenza che possiamo scusare ma che rischia prima poi di costarci caro, l'Atletico ha concluso asserragliato nella sua area, sotto assedio, difendendo con le unghie e coi denti il vantaggio di un misero gol.

Rappresentazione grafica della partita dei Colchoneros nel primo tempo (in alto) e nei primi 70 minuti (in basso): si nota  la totale occupazione del campo in chiave offensiva, con particolare presenza sulle fasce

 La chiave del cambiamento degli ospiti? L'ingresso di Nolito, che dopo pochissimi minuti segnava capitalizzando il primo tiro in porta del Celta e poi folleggiava in mezzo alla difesa biancorossa come se si trattasse della reincarnazione di Maradona o del gemello di Messi. E poi, ovviamente, altra chiave, l'improvviso rilassamento dei colchoneros, che, dopo aver giocato l'intera partita come se si trattasse di un allenamento, da quel momento, consapevoli che l'avversario moribondo da loro tenuto in vita non era affatto morto e sepolto, si facevano prendere dal panico, con il corollario di brutture già visto e analizzato: passaggi fuori misura, distanze tra i reparti saltati, marcature e meccanismi non rispettati, palloni spediti in tribuna.


Gli ultimi venti minuti di partita: si nota l'arretramento dell'Atletico fino ai margini della propria area e oltre, in una vera e propria situazione di assedio.
 

Uno spettacolo indecoroso, che una volta di più dovrebbe far riflettere sulla necessità di non giocare col fuoco e che certo mette in luce come la filosofia del “partita dopo partita” sia, appunto, più retorica che sostanza. Uno spettacolo, però, che io stigmatizzo ma comprendo, perché mi rendo conto che gestire un campionato di vertice e una Champions' da protagonisti non sia affatto semplice e implichi micidiali cali di concentrazione per chi non ha l'abitudine ai piani alti (guardare il disastro della Real Sociedad per conferme). Però mi limito a osservare che le partite a rischio sono proprio quelle che sulla carta dovrebbero risultare più agevoli e che il Cholo questo non può non saperlo: ci vuole insomma, da parte sua, una dose supplementare di attenzione proprio per gli appuntamenti minori, quelli che, da soli, non forniscono grandi motivazioni ai giocatori.
Per il resto, nell'attesa di un segnale da parte di Simeone, che, ripeto, non può non aver collegato le ultime prestazioni discutibili in Liga, mi metto in tasca i tre punti e guardo verso il basso con soddisfazione.


Note positive
Diego Costa: altre due reti da centravanti vero, altri spunti continui in avanti e tanti sacrifici in difesa. Sbaglia un rigore, ma a questo punto è un'inezia.


Note negative
Villa: ci mette l'anima, diversamente da Porto, ma il risultato è, semmai, più irritante. Là era scomparso dai radar, qui è ben in evidenza quando sbaglia due gol già fatti solo davanti al portiere. Che dire? Aspettiamo con fiducia e pazienza, ma anche con la fastidiosa impressione che possa essere stato un acquisto sbagliato.


Atlético de Madrid Courtois 7; Juanfran 6, Miranda 5, Godín 5, Filipe Luis 7; Mario 5,5, Gabi 6 (Guilavogui, m. 89 sv), Koke 6,5, Arda 6 (C Rodríguez, m.73 sv); Diego Costa 7,5, Villa 4 (Oliver, m.58 6).

Celta Yoel; Hugo Mallo, David Costas, Fontás, Toni; Oubiña, Alex López (Santi Mina, min.58), Rafinha, Augusto Fernández (Nolito, min.58); Krohn-Dehli y Charles (Madinda, min.69).

Goles:
1-0, 42' Diego Costa.
2-0, 62' Diego Costa.
2-1, 72' Nolito.

Árbitro: Undiano Mallenco (C.Navarro). Amonestó a Godín (m.81), por parte del Atlético de Madrid, y a Charles (m. 65), Hugo Mallo (m. 74), Oubiña (m. 81), por parte del Celta de Vigo.


mercoledì 2 ottobre 2013

Porto – Atletico Madrid 1-2: inaffondabili


Ormai è ufficiale: siamo inaffondabili. O, meglio ancora, siamo come quei bicchieri da bambini col fondo rinforzato e piombato: per quanti colpi tu possa dare, per quanta forza tu possa utilizzare, tornano sempre in piedi, magari traballanti e pesti, ma sempre in verticale, ben saldi sulla loro base.
Ieri sera, su un campo difficilissimo e per noi tradizionalmente ostico, abbiamo sofferto una mezz'ora d'inferno: il Porto, la squadra che per carattere e intensità ci è forse più simile in Europa, correva più di noi e pressava più di noi. Il nostro centrocampo, privato di Koke misteriosamente lasciato in panchina, vacillava tremendamente, mostrando tutte le sue lacune: Tiago non riesce a gestire due partite di grande intensità in tre giorni, Gabi non è un regista e da solo non garantisce neppure un livello di protezione adeguato alla difesa, Arda ogni tanto “incappa” nella partita-di-riposo e Raul Garcia, disperso sulla fascia, non riusciva a mettere in luce le sue qualità di non-regista, non-ala, non-trequartista.
Morale della favola: non si riusciva a tenere il pallone più di tre-quattro secondi, non si poteva imbastire una manovra che fosse una, non si era in grado di proteggere i compagni del pacchetto arretrato. Così, con Villa totalmente scomparso nella prateria davanti all'area dei portoghesi e Baptistao impegnato in inutili corse a vuote, anche la difesa faceva acqua e si distingueva solo per la velocità con la quale i palloni recuperati venivano rilanciati a caso in avanti, operazione che provocava la pronta apparizione degli avversari di nuovo nelle vicinanze della porta biancorossa.

Il gol dei portoghesi era inevitabile ed arrivava su calcio da fermo al sedicesimo: spiovente dalla trequarti e Jackson Martinez abile a colpire di testa dopo essersi bevuto un Godin completamente rintronato.
Dopo il gol, il copione non cambiava minimamente, salvo un leggero appagamento del Porto che permetteva ai colchoneros di respirare e cominciare a riorganizzare le idee. Si rischiava anche la seconda rete su tiro di Varela, ma nel frattempo l'Atletico aveva cominciato a minacciare i lusitani prima con Arda, poi con un colpo di testa di Raul Garcia sulla traversa. Il pareggio sarebbe stato troppo, ma cominciava a farsi strada la sensazione che i colchoneros non si sarebbero dati per vinti e iniziavano a riprendere in mano il filo della gara.

Il Cholo, nell'intervallo, prendeva la decisione più coraggiosa, lasciando negli spogliatoi Villa e inserendo al suo posto Rodriguez, per un 4-5-1 con l'uruguaiano sulla destra, Leo Baptistao davanti e Raul Garcia tra le linee, per dar manforte al centrocampo e nel contempo sfruttare il tiro da lontano e la capacità di inserimento.
La partita comunque permaneva intensa ma brutta, priva di vere occasioni da rete. Il Porto continuava nel suo piano, l'Atletico puntava agli inserimenti veloci dalla trequarti, anche considerando che i due centrali portoghesi non avevano più punti di riferimento. Le due reti non potevano quindi che venire da calci di punizione guadagnati sui trenta metri avversari. In entrambi i casi, a battere era Gabi, che prima imbeccava con una splendida parabola Godin, poi, con un autentico colpo di genio machiavellico (e già visto con l'Almeria...), innescava Arda con un rasoterra a metà strada tra la barriera e la porta. La posizione del turco era dubbia, ma Webb non segnalava nulla di irregolare.
Era l'apoteosi, cui l'Atletico arrivava senza punte di ruolo in campo (Koke aveva rilevato Leo; Raul Garcia, comunque non una punta, era stato sostituito perchè infortunato da Oliver Torres).
Il sangue freddo, la coesione, il sostegno reciproco permettevano ai colchoneros di ottenere un grande aiuto dalla Fortuna, comunque non immeritato, anche perché il Porto, nel suo fervore, alla fine aveva prodotto due azioni veramente pericolose in tutta la partita.


Tuttavia, è bene guardare in faccia la realtà, anche e soprattutto in un momento di euforia come questo. E la realtà è, io credo, che non siamo attrezzati. Inutile nascondercelo, non lo siamo. Se mai a Diego Costa dovesse capitare qualcosa, potremmo veramente affrontare un discreto pezzo di stagione con Villa, Adrian e Baptistao come uniche punte? O con Raul Garcia sulla trequarti? L'anno scorso nella Liga siamo stati competitivi finchè è durato lo stato di forma di Falcao. Quest'anno non vedo come potrebbe essere diversamente, mutatis mutandis.
Certo, mancano ancora all'appello Alderweireld e Guilavogui, però il loro momento di adattamento piuttosto lungo dimostra che non è affatto facile entrare nel meccanismo di questo Atletico.
Tutti coloro che, per denigrarci, scrivono e dicono che giochiamo un calcio semplice o, peggio, che giochiamo “a nada”, non sanno neppure di cosa parlano: l'apparente semplicità spesso non implica effettiva linearità (o, nel caso della nostra accusa, banalità).
Certo non nel caso di questo Atletico, che sempre con il Cholo si caratterizza per risultare di un valore molto superiore alla semplice somma dei singoli. Entrare nel meccanismo, perciò, non è facile: per questo Villa è in piena crisi di rigetto, per questo Leo pare correre a vuoto; per tacere di chi non ce l'ha fatta e gioca altrove. Riusciranno, insomma, le riserve a non far rimpiangere i titolari? E ancora, alziamo ulteriormente il tiro, riuscirebbero le riserve a giocare intere parti di stagione al posto dei titolari?
Ieri, senza Koke e Diego Costa, eravamo perduti. Ci siamo rialzati, ci rialzeremo sempre, però rialzarsi non significa automaticamente vincere.
Però, attenzione, non sto dicendo che non vinceremo niente. Potremmo vincere un trofeo, sì, ma per farlo dovremo, a primavera, rinunciare al resto, esattamente come l'anno scorso abbiamo fatto con l'Europa League per la Coppa del Re.
Vincere la Liga? Possibile, certo, se saremo sempre al massimo e se gli altri non lo saranno; ma, da una decina d'anni a questa parte, è quasi impossibile che sia il Barça che il Real falliscano contemporaneamente una stagione. Per farlo, dovremo mollare tutto il resto e pregare perché lo stato di forma di tutti sia eccelso e nessuno si faccia male.
Vincere la Champions'? Possibile (credo che si possa fare come il Borussia lo scorso anno, in realtà, non di più, ma chissà...), ma vale il discorso di prima.
Rivincere la Coppa del Re? Certo, se le riserve inevitabilmente schierate ci permetteranno di arrivare in finale.
Abbiamo ancora anni di crescita davanti, anche se al momento siamo tra le dieci migliori formazioni europee. Per vincere qualcosa di veramente grosso già ora, ci vogliono congiunzioni astrali così favorevoli da essere, a mio parere, impensabili: insomma, non aspettiamoci che tornare sempre in piedi, come ieri, garantisca sempre, come ieri, la vittoria. O che le giocate di strategia, benemerite, tolgano sempre le castagne dal fuoco.

Note positive
Gabi: menzione d'onore per il capitano, che non perde mai la testa e con due gran belle giocate su punizione ci regala tre punti fondamentali per la qualificazione alla fase successiva.

Note negative
Villa: scomparso, come già altre volte. Testimonio che in altre occasioni (Rayo), pur senza segnare, ha svolto egregiamente il ruolo di guastatore che fa salire la squadra e attiva gli inserimenti dei centrocampisti. Però partite come quella di ieri non fanno che confermare la mia opinione su di lui, già espressa mesi fa.



Oporto Helton; Danilo, Otamendi, Mangala, Alex Sandro; Fernando, Defour, Lucho González (Quintero, m. 68); Josué (Licá, m. 60), Varela, Jackson Martínez. No utilizados: Fabiano; Maicon, Fucile, Herrera y Ghilas.


Atlético de Madrid Courtois 6,5; Juanfran 6, Miranda 5,5, Godín 5,5, Filipe Luis 6; Gabi 6,5, Tiago 5,5, Raúl García 6 (Óliver Torres, m. 78 sv), Arda 6,5; Leo Baptistao 5 (Koke, m. 74 sv), Villa 4 (C Rodríguez, m. 46 6).
No utilizados: Aranzubia; Alderweireld, Insua y Guilavogui.

Goles:
1-0, 16' Jackson Martínez.
1-1, 58' Godín.
1-2, 86' Arda Turan.

Árbitro: Howard Webb (Reino Unido). Amonestó a Tiago, Juanfran y Mangala.

Unos 45.000 espectadores en el estadio do Dragão de Oporto.