martedì 31 gennaio 2012

Osasuna – Atletico 0-1: rojiblancos di lotta e di governo

Terza partita in trasferta, terzo risultato utile consecutivo per i ragazzi di Simeone. Che appaiono completamente trasformati dall’allenatore argentino, non solo nella mentalità e nell’interpretazione tattica della gara, ma addirittura nelle capacità tecniche: giocatori che fino a un mese fa maledicevamo come bidoni inguardabili sembrano ora acquisti lungimiranti e ben pensati. Comincio a credere che il Cholo abbia poteri taumaturgici… anche nei confronti della classifica, che premia i colchoneros come mai nessuno di noi avrebbe sperato: la zona Champions è ormai a soli due punti, la Europa League è agganciata, sia pure in coabitazione con mezza Liga (come sarebbe la classifica se Manzano fosse stato sostituito a inizio dicembre?).

La seconda vittoria in trasferta dei biancorossi è stata sudatissima ma meritata. Privi di Gabi e Diego, i colchoneros hanno combattuto su ogni pallone, rilanciando continuamente l’azione e colpendo di sciabola più che di fioretto. Il pressing dell’Osasuna ha messo in difficoltà l’Atletico, ma i biancorossi non hanno mai mollato: anche nei momenti di maggiore difficoltà, hanno vacillato ma non hanno mai ceduto al panico, serrando le linee e aiutandosi l’un l’altro (esattamente l’opposto di quanto facevano con Manzano; e poi il Goyo ci viene a dire che l’unica differenza è che il suo Atleti perdeva in trasferta… Come se fosse nulla…). Certo è che l’Atletico, schierato con un 4-4-1-1 in cui la coppia centrale era formata da Mario e Tiago e le due ali erano Arda a sinistra e un inedito Koke a destra, ha faticato per buona parte del primo tempo a creare gioco e anche ad opporsi efficacemente al pressing ossessivo dell’Osasuna. In particolare Mario si faceva trovare più volte fuori posto, non accorciando verso la difesa, che così rimaneva scoperta di fronte alle percussioni centrali dei padroni di casa e costringeva i laterali a rimanere in linea e a soffrire in un oscuro lavoro di tamponamento. In particolare Miranda evidenziava una volta di più i suoi limiti sul breve e se pressato, dimostrando che può essere un buon difensore solo se schermato adeguatamente a centrocampo, mentre Juanfran, che già saliva poco per proteggere Koke che ala non è, doveva lottare con le unghie e con i denti per mantenere la posizione. Fortuna che Godin era monumentale e che Filipe si dimostrava, come già altre volte, abile in fase difensiva quanto leggero in attacco.
Tuttavia la squadra reggeva e al 39’, sulla prima percussione di Filipe, conquistava un calcio d’angolo prontamente trasformato da Godin, lesto ad approfittare di un rimbalzo in area.

Nel secondo tempo l’Atletico dominava la partita, soprattutto grazie a un migliore equilibrio nella coppia Tiago – Mario e al maggior dinamismo di Filipe. Arda giocava palloni preziosi, Koke, come già nel primo tempo, si dimostrava un leader a tutto tondo, capace di dare il ritmo a tutta la squadra con passaggi filtranti e aperture illuminanti. Così si creavano le due occasioni più limpide della partita, con Adrian e Falcao abili a mettersi davanti al portiere, rispettivamente al 51’ e al 56’, per poi sprecare malamente.
Da quel momento si rifaceva sotto l’Osasuna, che attaccava in forze ma senza idee un Atletico schiacciato nella propria metacampo, anche se capace di contropiedi ficcanti (sprecati dai due là davanti, autori fino ad allora di un’ottima partita di sacrificio e ormai sfiancati): le uniche due palle pericolose venivano neutralizzate da due interventi miracolosi di Courtois e la partita, tra qualche manfrina e qualche colpo proibito di troppo, si consegnava nemmeno troppo faticosamente ai colchoneros.

Note positive
Courtois: le due parate del secondo tempo (una su colpo di testa di un fino allora opaco Raul Garcia, sarebbe stata una beffa) salvano il risultato e mostrano le sue qualità nell’area piccola.
Koke: finalmente una partita degna di quanto mostrato lo scorso anno e delle aspettative nate intorno a lui. Mostra il piglio del leader e reclama un posto in squadra con la forza e il garbo di una prestazione continua da regista a tutto campo.

Note negative
Tiago – Mario: uno non è un regista, ma una mezzala di buona tecnica; l’altro un incontrista piatto che più piatto non si può, oltre che scarso a leggere i tempi del gioco e non particolarmente abile nel rubare palla. Conclusione, se non c’è Diego a fare filtro già dalla trequarti (oltre che a incrociarsi con Adrian per bloccare gli avversari in posizione difensiva), a metà campo si balla e si ballerà parecchio.




Osasuna: Andrés Fernández; Marc Bertrán, Sergio, Miguel Flaño, Satrústegui (Timor, m.77); Puñal (Lolo, m.87), Nekounam; Cejudo (Nino, m.63), Raúl García, Lamah; y Lekic.

Atlético de Madrid: Courtois 7,5; Juanfran 6 (Perea, m.78 sv), Miranda 6, Godín 8, Filipe Luis 6; Tiago 6, Mario 6; Adrián 6,5, Koke 7,5 (Salvio, m.81 sv), Arda Turan 6,5 (Domínguez, m.87 sv); y Falcao 6,5.
 
Gol: 0-1, m.40: Godín.
Árbitro: Pérez Montero (Comité Andaluz). Amonestó a Lekic (m.31), Raúl García (m.55) y Puñal (m.89), de Osasuna, y a Falcao (m.42), Tiago (m.65) y Courtois (m.92), del Atlético.
Incidencias: Partido de la vigésima primera jornada de Liga disputado en el estadio Reyno de Navarra ante 15.010 espectadores.

lunedì 23 gennaio 2012

Real Sociedad – Atletico 0-4: MIRACOLO a San Sebastiano

In una sola partita, l’Atletico raddoppia i punti finora ottenuti fuori casa. In due partite esterne della gestione Simeone i colchoneros quintuplicano i punti in trasferta. Da due Falcao è un’iradiddio capace di segnare cinque reti in 180 minuti e Juanfran un giocatore favoloso. Da tre la difesa sembra ritornata un bunker e Godin un difensore di caratura mondiale. Il MIRACOLO è veramente accaduto? O siamo di fronte all’ennesimo fuoco di paglia destinato a spegnersi nel giro di poche settimane?

La mia risposta è molto semplice: chi lo sa! Intanto godiamoci questo Atletico aggressivo, pugnace, veloce nella testa e nelle gambe e, soprattutto, EFFICACE. Il pallone si muove sempre con uno scopo (raggiungere la porta avversaria, non accumulare minuti di possesso-palla privi di una vera ricaduta pratica), i giocatori corrono, si smarcano, fanno pressing già dalla trequarti avversaria e, soprattutto, si aiutano.

Tutto questo con gli uomini già a disposizione di Manzano, il che discredita ulteriormente il Goyo ed esalta invece le qualità di Simeone, che forse non sarà un fine stratega, ma certo sa farsi capire dai giocatori e pretende poche cose, ma chiare e concrete. Qualcuno di voi aveva capito la posizione dei giocatori d’attacco con Manzano? No, come d’altra parte direbbero gli stessi giocatori, costretti ad ammassarsi al centro da un allenatore che, in sala stampa, continuava invece a blaterare di fasce da sfruttare.

Con Simeone i concetti sono tanto semplici quanto chiari: a San Sebastian una punta di sfondamento e tre giocatori alle sue spalle, uno deputato ad agire sul centrosinistra (Arda) e due autorizzati a scambiarsi la posizione e a sfruttare i varchi creati dal loro movimento (Adrian e Diego); due mediani che rompano e rilancino immediatamente in avanti; due difensori centrali che non devono mai allontanarsi dai mediani e che sono i primi costruttori di gioco e due terzini che non solo coprano,ma “spingano” a supportare l’attacco coi loro cross. Non tutto funziona alla perfezione (Mario picchia come un fabbro, rischiando anche di farsi espellere, ma fatica a frenare i biancoblù; Filipe non spinge), ma la ritrovata sicurezza dei più dotati fa funzionare il meccanismo.

Soprattutto, la fragilità difensiva viene curata non aggiungendo un uomo dietro, né inserendo nuovi acquisti, ma aumentando il pressing a tutto campo fino al parossismo. Al momento il dispendio atletico non influisce negativamente sulla precisione (splendida la combinazione Juanfran-Falcao a servire Adrian nello 0-2, buono il gioco di fascia a liberare Koke per il cross dello 0-4).

Tuttavia l’aggressività e il dispendio fisico potrebbero essere il vero “tallone d’Achille” del gioco di Simeone, che per funzionare sembrerebbe aver bisogno di un ritmo sempre altissimo. L’altro grande rischio connesso a questo tipo di gioco riguarda il numero di ammonizioni e di squalifiche che porta con sé: la prossima partita saranno out Diego e Gabi, in questa era assente Tiago. Questo, per una squadra dalla panchina non molto lunga, potrebbe essere un handicap non indifferente. Simeone lo sa, ed ecco perché ha chiesto, più che un regista, un centrocampista capace di rubare palloni e rilanciare l’azione. Anche per questo, le prossime partite potrebbero essere l’occasione per mettersi in mostra di alcuni canteranos.


Real Sociedad: Bravo; Estrada (Diego Ifrán, min. 73), Demidov, Mikel González, Cadamuro (Xabi Prieto, min. 59); Elustondo, Aranburu, Zurutuza, Griezmann, Vela; Agirretxe (Llorente, min. 82).

Atlético de Madrid: Courtois 6; Juanfran 7,5, Godín 7, Miranda 6,5, Filipe Luis 5,5; Gabi 6,5, Mario Suárez 5 (Perea, m.68 sv); Arda Turán 6 (Assunçao,m.87 sv), Diego 7 (Koke, m.79 6), Adrián 7,5; Falcao 8

Goles: 0-1, min. 2: Falcao de penalti. 0-2, min. 47: Adrián. 0-3, min. 82: Falcao. 0-4, min. 90: Falcao.
Árbitro: Muñiz Fernández. Amonestaciones a Aranburu, Demidov, Zubikarai, por protestar desde el banquillo, y Mikel González. Por el Atlético a Mario Suárez, Filipe Luis, Juanfran, Gabi, Diego y Miranda.
Incidencias: 24.640 espectadores en el estadio de Anoeta. Lluvia constante durante el partido.

domenica 15 gennaio 2012

Atletico – Villareal 3-0: finalmente una SQUADRA !


La cura Simeone comincia già a mostrare i suoi benefici effetti. Sia pure opposto a un Villareal completamente allo sbando (e al momento serissimo candidato alla retrocessione), l’Atletico ha messo in luce un gioco basato su principi semplici quanto efficaci: aggressività, corsa, geometrie, buon movimento senza palla e sfruttamento delle fasce. Ora finalmente si capisce con quale scopo la squadra scenda in campo, quali siano i compiti dei giocatori e le rispettive posizioni. Tutti si aiutano e si coprono a vicenda, di conseguenza sono riemerse antiche virtù che in riva al Manzanares sembravano scomparse da moltissimi anni: linearità nello sviluppo del gioco e tranquillità nella gestione del pallone sia in attacco che in difesa. Ecco allora che gli attacchi avversari non creano crisi di panico ma vengono affrontati con assoluta tranquillità da un centrocampo e da una difesa capaci non solo di contrastare ma anche di rilanciare velocemente e con criterio. Fa veramente impressione scoprire che Gabi, Tiago, Miranda e Godin sanno, in realtà, giocare la palla e conoscono l’arte del lancio lungo (gli ultimi due erano stati presi proprio per questo, in effetti) e che tutti i colchoneros sono in grado di passare con precisione, smarcarsi e aprire il gioco sulla fascia opposta.

I primi 25-30 minuti della partita sono stati un incessante grandinare di occasioni per i colchoneros, che hanno aggredito sin da subito il “submarino amarillo” e che hanno fatto di tutto per portarsi in vantaggio il prima possibile. Solo la bravura di difensori e portiere avversario, oltre agli errori sottoporta di Falcao, hanno graziato gli ospiti, che si sono avventurati per la prima volta dalle parti di Courtois solo al 35’, quando i colchoneros avevano rallentato il ritmo concedendo inevitabilmente qualcosa agli uomini di Molina. Particolarmente attivi nel guidare gli assalti erano stati Juanfran, terzino destro spesso avanzato a supporto dell’attacco, Arda e Diego, oltre a un Adrian al solito generosissimo e capace di giocate tecnicamente squisite.
Proprio quando però si cominciava a temere che il gran lavoro del primo tempo non sortisse alcun vero effetto, l’Atletico passava: al 40’ Tiago, appena fuori dall’area, apriva sul centrodestra per Adrian, che immediatamente crossava basso al centro per Falcao che, sia pure in modo macchinoso, segnava con un tocco rasoterra.

Nella ripresa, dopo soli 5 minuti, una combinazione in velocità Diego – Adrian – Falcao veniva fermata con un fallo appena fuori dall’area su quest’ultimo. L’arbitro non aveva esitazioni e concedeva il rigore che Falcao trasformava con freddezza.
In apparenza appagato, l’Atletico rallentava il ritmo e inevitabilmente si allungava, ragione per cui il Villareal si riaffacciava nell’area dei colchoneros, anche se non creava particolari problemi. Entrava Salvio per Arda Turan, leggermente infortunato, e Adrian si spostava a sinistra,mentre si diffondeva l’impressione che l’Atletico volesse solo controllare il gioco e condurre in porto la vittoria senza troppi patemi, giocando più coperto e puntando sul contropiede, grazie soprattutto alle percussioni di Adrian (un paio delle quali sbagliate malamente da Falcao).
Quando però si cominciava a temere che la situazione potesse sfuggire di mano agli uomini di Simeone, ecco che si scatenava un’altra fiammata colchonera, con numerose occasioni da rete fallite di un soffio da Falcao e Miranda (!!!) nel giro di pochissimi minuti. E si arrivava così al 80’, quando una insistita azione d’attacco portava Filipe ad effettuare un cross perfettamente controllato da Diego: tap in e 3-0 in cassaforte.
Il resto era pura accademia, con qualche cambio e altre occasioni, tra cui segnaliamo il palo sfiorato da Gabi su punizione appena dopo il novantesimo.

In conclusione, una vittoria facile facile contro un avversario chiaramente in difficoltà, ma una vittoria che lascia un buon sapore in bocca per il futuro. Se grinta e attenzione rimarranno tali, ne vedremo delle belle. D’altra parte, visto che difficilmente arriveranno grandi campioni in questo mercato d’inverno, l’unica arma nelle mani degli uomini di Simeone per diminuire il gap, anche tecnico, con alcuni avversari non potrà che essere la grinta e la dedizione alla causa. Se a questa prestazione seguiranno altre gare all’insegna della ferocia agonistica, allora si potrà sperare in un piazzamento per l’Europa League e forse persino nei preliminari di Champions (che al momento rimangono fantascienza). Il primo passo, inevitabilmente, è vincere le prossime tre gare, senza se e senza ma, e poi fare i conti. Davanti hanno rallentato, ma dietro qualcuno si è rimesso a correre, per cui non bisogna mollare assolutamente. La continuità sarà l’elemento fondamentale per le fortune atletiche nei prossimi mesi.

Note positive
Juanfran: sostiene buona parte del gioco d’attacco sulle fasce, sacrificandosi sia in avanti che in copertura. Personalmente sono molto contento della sua riuscita, mi pare sia il giusto premio per la sua professionalità e la sua dedizione alla causa.
Arda: i primi minuti sono scoppiettanti, poi si placa ma, al solito, non spreca un pallone, innescando continuamente gli avanti e dimostrando chiaramente perché la sua presenza nell’undici titolare è imprescindibile.
Diego: finalmente ripulito dalle leziosità inutili in cui si crogiolava, è una delle anime del gioco d’attacco. Teoricamente gioca al centro, dietro le due punte; in realtà spazia a tutto campo, in particolare scambiandosi la posizione con Adrian (nominalmente ala destra) e sovrapponendosi a Juanfran.
Gabi – Tiago: la coppia funziona. Coprono e rilanciano con continuità e, soprattutto, precisione, proteggendo la difesa e supportando l’attacco. È vero, l’avversario non è un granché, ma l’attitudine è incoraggiante.
Miranda – Godin: posto quanto detto appena sopra, mostrano buona sicurezza sia nelle chiusure difensive che nel fare ripartire l’azione.

Note negative
“Manzanite”: a volte le malattie ritornano. La difesa funziona, il centrocampo funziona, l’attacco… a tratti. Ogni tanto, se si può, si ricade nel vecchio vizio del passaggio in più, dell’esibizione inutile, nel dribbling insistito, nel TUTTO MA NON LA CONCLUSIONE. Simeone ha già fatto capire di non apprezzare affatto questo finto barcellonismo d’accatto, ma la cura necessita ancora un po’ di tempo per sortire i suoi effetti.
Falcao: suona un po’ ingeneroso, lo so. Segna due reti, si danna l’anima, lotta e non manca mai all’appuntamento, i palloni che gli arrivano sono quasi sempre “sporchi”, ma i suoi errori sottoporta sono irritanti. Si suppone che un centravanti come lui debba saper cogliere l’attimo e trasformare qualunque pallone in oro, si suppone anche che non si giocherà sempre contro il Villareal e che quindi non sempre gli avversari gli concederanno dieci occasioni da rete. Deve essere più concreto.
Filipe: oggettivamente in avanti fa poco. Spinge saltuariamente e non si sovrappone ad Arda, il cui gioco non prevede l’allargamento sulla fascia ma piuttosto l’accentramento a creare la superiorità nel mezzo. Perciò, inevitabilmente, l’Atletico “pende” a destra, dove invece Juanfran, Diego e Adrian creano più dell’ 80% delle azioni dei colchoneros.



Atlético de Madrid: Courtois sv; Juanfran 7,5, Miranda 6,5, Godín 6,5, Filipe 5,5; Diego 7,5 (Pizzi, m. 85 sv), Tiago 6,5, Gabi 7, Arda Turan 7 (Salvio, m. 63 5); Adrián 7 (Koke, m. 79 sv) y Falcao 6,5.
Villarreal: Diego López; Ángel, Gonzalo, Zapata, Joan Oriol; Bruno; Hernán Pérez (Castellani, m. 46), De Guzmán (Musacchio, m. 46), Borja Valero, Cani (Joselu, m. 78); y Nilmar.

Goles: 1-0, m. 40: Falcao, a pase de Adrián. 2-0, m. 51: Falcao, de penalti. 3-0, m. 80: Diego bate por bajo a Diego López.
Árbitro: Turienzo Álvarez (C. Castellanoleonés). Amonestó a los locales Tiago (m. 62) y Diego (m. 71) y al visitante Diego López (m. 51).
Incidencias: partido correspondiente a la decimonovena jornada de Liga en Primera División, disputado en el estadio Vicente Calderón ante unos 48.000 espectadores. En los minutos previos al inicio del choque, el equipo alevín del At. de Madrid ofreció el Torneo de Arona, disputado a finales del pasado mes de diciembre, a la afición. Los alevines, que precisamente se impusieron en la final de ese campeonato al Villarreal (2-1), dieron una vuelta al terreno de juego ante los cánticos de ánimo de sus seguidores.

mercoledì 11 gennaio 2012

Malaga – Atletico 0-0: un brodino tiepido…


La prima uscita di Simeone ha coinciso con la difficile trasferta in quel di Malaga, da dove l’Atletico ha riportato un punto, il secondo della stagione fuori casa, e poco altro. Comprensibile, visto che il lavoro del Cholo è cominciato da pochissimo e molto resta ancora da fare. Qualche indicazione si può comunque già trarre, a partire dal modulo, un curioso 4-1-4-1 con Tiago schierato come play alle spalle di una linea di centrocampo formata da Juanfran, Diego, Gabi e Salvio.

Nel primo tempo i colchoneros giocavano assai contratti, concentrati più nel tentativo di seguire le indicazioni di Simeone che nel giocare la palla: Di conseguenza subivano il gioco del Malaga, che costruiva diverse occasioni pericolose grazie anche alla complicità di Perea, spesso fuori posizione. Si notava comunque maggior movimento senza palla, oltre a una maggiore attenzione nei raddoppi difensivi. Il rovescio della medaglia era nella solitudine totale là davanti di Falcao, che teoricamente avrebbe dovuto essere supportato dalle incursioni di Juanfran e Salvio: il primo, specie quando innescato da Gabi, svolgeva il suo compito in maniera accettabile; il secondo scompariva immediatamente dai radar per non ricomparire che saltuariamente.

La posizione di Tiago risultava fondamentale, visto che doveva agire da “libero di centrocampo” in fase difensiva e da compagno di Gabi in fase offensiva, avanzando per chiudere il “buco” che si creava col movimento offensivo di Diego. Ma il portoghese è lento e non pare “tagliato” per il ruolo: possiede buona tecnica, ma non la capacità di interdizione necessaria; meglio allora Gabi, che ha grinta e si è distinto varie volte nei lunghi lanci a innescare le ali che potrebbero essere adatti al ruolo (convengo che non sia granchè, ma questo abbiamo…).
Inoltre mi sfugge il perché tra i compiti di Tiago non ci fosse quello di abbassarsi in difesa, in modo da permettere all’ultima linea di allargarsi a coprire meglio il campo: in più occasioni il Malaga, dopo aver attirato i difensori biancorossi su un lato del campo, aprivano il gioco sull’altra fascia, sorprendendo il terzino fuori posizione. Credo che, usando Tiago come “centromediano metodista”, il problema avrebbe potuto essere tamponato.

Il secondo tempo vedeva l’Atletico crescere progressivamente e cercare di giocare maggiormente la palla, sia pure rispettando la consegna dei due tocchi su cui tanto aveva insistito Simeone. Salvio si rendeva protagonista di alcune buone azioni subito all’inizio (Simeone lo avrà pesantemente rimproverato nell’intervallo?), ma poi spariva poco dopo, tanto da essere sostituito da Arda al 67’. Anche grazie al turco, il gioco cresceva ancora, anche se senza arrivare a livelli particolarmente alti. In ogni caso appariva evidente che Arda deve essere titolare, che sia sulla fascia sinistra (per accentrarsi e creare la superiorità al centro, fidando anche negli inserimenti di Filipe Luis) o al centro (in coppia con Diego o addirittura in sostituzione di quest’ultimo. Voglio essere chiaro: se dovessi scegliere tra lui e il brasiliano, non avrei dubbi).

Personalmente io avrei visto bene Gabi dietro una linea a quattro formata da Juanfran, Koke (o Tiago), Diego e Arda. Tuttavia, questo schema non dovrebbe più essere riproposto, perché priva l’Atletico della preziosa presenza di Adrian, che non può essere usato come semplice sostituto di Falcao. Se si vuole salvare la stagione, i due devono giocare in coppia.
D’altra parte, sono anni che all’Atletico la coperta è corta: o si rinuncia ad attaccare per subire meno gol, o si attacca e si subiscono reti in serie. Il problema è sempre quello, la mancanza di un centrocampo di qualità, che sia un vero collante tra una difesa che va protetta e la pletora di mezzepunte e attaccanti in organico. La soluzione è sempre quella: mettere mano al portafogli e comprare giocatori di qualità. Insomma, non illudiamoci che Simeone, con questo organico, possa fare miracoli. 

Per finire, visto il ritardo con cui pubblico il post non ritengo abbia senso schematizzare le note positive e quelle negative come faccio abitualmente. Mi limito a sottolineare la buona prova di Godin, che sabato sera è parso rinato e finalmente sicuro di sé.



Málaga CF: Caballero; Gámez, Demichelis, Weligton, Monreal; Juanmi (Van Nistelrooy, m. 69), Toulalan, Cazorla (Apoño, m. 86) Buonanotte (Duda, m. 73); Isco y Rondón.
Atlético de Madrid: Courtois 6,5; Perea 5, Godín 6,5, Domínguez 6, Filipe Luis 5; Juanfran 6, Tiago 5, Gabi 5,5, Salvio 4,5 (Arda, m. 69 5,5); Diego 5 y Falcao 5 (Adrián, m. 89 sv).
Árbitro: José Antonio Teixeira Vitienes (Colegio Cántabro). Mostró tarjetas amarillas a los malaguistas Demichelis (m. 57), Sergio Sánchez (m. 61) y Apoño (m.90), y a los jugadores del Atlético de Madrid Domínguez (m. 21), Filipe Luis (m. 27), Tiago (m. 59), Falcao (m. 65) y Perea (m. 90)
Incidencias: Partido correspondiente a la decimoctava jornada de Liga de Primera División diputado en el estadio de La Rosaleda ante 30.000 espectadores.

venerdì 6 gennaio 2012

Manzano, Simeone, lo Sporting Lisbona e altre storie…


Natale ha portato la sorpresa che tutti ci aspettavamo, ovverosia la cacciata di Manzano e l’arrivo del “Cholo” Simeone, che ha ottenuto un contratto per un anno e mezzo. Ormai inevitabile l’allontanamento del Goyo, mentre fino all’ultimo si è temuto che sulla panchina dei colchoneros potesse sedersi l’ennesimo prodotto “made in Mendes”, Felipao Scolari. Non che io fossi contrario a priori, ma l’idea che la panchina finisse in mano a uno che avrebbe dovuto ridursi lo stipendio (facendoci la carità?) e che, almeno a livello di club, non ha dimostrato granché , non mi piaceva molto. Sarebbe sembrata una mossa del tipo “per tornare in Europa una porta qualunque va bene”: qualcosa di accettabile solo se l’allenatore in questione fosse di caratura superiore. Se no, meglio puntare su un giovane voglioso e capace (e dalle pretese economiche decisamente meno pesanti), tanto più se conosce già l’ambiente.

Della gestione Manzano non c’è molto da dire, perlomeno sul piano dei risultati e del gioco. Tutti i post pubblicati finora ne parlano diffusamente. Personalmente, mi sento di fare ammenda: ci avevo creduto. Le parole dette dal Goyo mi parevano convincenti, l’uomo, sia pure preso come ultima risorsa, mi sembrava, per esperienze, un “Aragones in piccolo”, per di più conoscitore dell’ambiente e quindi capace di resistere alle mattane tipiche dell’Atletico. 

Ho avuto i primi dubbi quando ha avallato tutte le scelte di mercato e ha sostenuto che non ci fosse bisogno di Borja Valero. Poi, dopo qualche partita cautamente incoraggiante, il continuo insistere su un turn over esasperato, che, se poteva essere giustificato dalle differenti condizioni fisiche di giocatori arrivati in momenti diversi e in molti casi fuori forma, non era certo il miglior viatico per assimilare il sistema di gioco che (a parole) Manzano perseguiva. E ancora l’incapacità di dare carattere a una squadra apparsa spesso molle e svogliata, nonché infarcita di molte primedonne. D’altra parte, il primo a non dimostrare carattere è stato Manzano stesso, che ha insistito su alcuni giocatori, salvo poi ripescarne altri senza motivi apparenti; che ha mostrato una incredibile faccia tosta nelle dichiarazioni alla stampa, quando sosteneva cose invisibili sul campo (gioco sulle fasce, velocità, modello-Barcellona, volontà di imporre il proprio gioco sempre e comunque and so on…); che si è trincerato in panchina evitando il confronto quando ormai la situazione era compromessa. È colpa sua, e non potrebbe essere diversamente, se l’Atletico nella Liga ha ottenuto 1 punto su 21 in trasferta (peggior risultato di tutti i campionati europei di spessore). È colpa sua l’assoluta mancanza di fiducia nei canteranos, che forse non saranno granché, ma il cui lancio certo era stato annunciato come uno degli obiettivi fondamentali della stagione.

E qui però entra in gioco la società, ovverosia il penoso trio Gil, Cerezo, Caminero. Che quella dei canteranos fosse una bufala, è apparso evidente quando il club, al posto di investire su Joel, ha insistito per avere Courtois, per di più con un contratto-capestro che prevede l’obbligo di fargli giocare il 70% delle partite. Il ragazzo è bravo, ma non ho ancora trovato nessuno che dica il contrario riguardo a Joel (che anzi fino a un paio di anni fa era considerato meglio di De Gea). Altri sono stati venduti con leggerezza (Keko) o mandati in prestito a squadre scelte a caso (Merida); altri ancora sono rimasti a marcire in panchina per far spazio a gente che probabilmente non è migliore di loro (Koke, Pulido). Se veramente si vuole investire sui ragazzi, il lavoro deve essere capillare a tutti i livelli. Altrimenti si dice chiaramente che si punta a fare cassa vendendo giovani calciatori in stock e non si illude nessuno, né tra i ragazzi né tra i tifosi. Ribadisco comunque quanto avevo già detto a inizio stagione.

Aggiungiamoci che la primadonna per eccellenza, Reyes, non è stata affatto rimessa in riga nel suo assurdo braccio di ferro con Manzano: una società seria avrebbe “appeso al muro” questo tronfio infingardo; invece quasi sicuramente sarà omaggiato con un ritorno a casa a prezzo di saldo. Gli scontri allenatore-giocatore tecnicamente dotato che si concludono poi la vendita del secondo e la cacciata del primo sono all’ordine del giorno in società (Quique - Forlan è stato l’ultimo caso): è solo stupidità nella gestione dei rapporti con (e tra) il personale o c’è del dolo?

E qui siamo all’altra grande colpa della società: l’incapacità di gestire il mercato e di sviluppare un progetto serio. Reyes, giocatore valutato in estate 12 milioni di euro, se ne andrà per 3,5, quando perfetti sconosciuti sono arrivati quest’estate per 5 o 6 (Ruben Micael, chi era costui?). Sarà anche un pigro strafottente, ma, per caratura tecnica e risultati (quando è in buona), dovrebbe valere molto di più. Silvio, per me un ottimo acquisto, è arrivato praticamente “rotto”. Possibile che non se ne sia accorto nessuno?

La squadra vincitrice dell’Europa League e della Supercoppa 2010 (per quanto secondo me sopravvalutata) è stata smontata pezzo a pezzo. I grandi sono stati venduti a prezzi stracciati (a proposito, possibile che un Reyes ancora giovane valga meno di un più attempato Forlan?), le “schiappe” sono rimaste. Per quanto mi riguarda, gridano ancora vendetta le vendite di Ujfalusi e Forlan (e forse di Jurado, che io avrei tenuto ancora un po’), due che avrebbero fatto comodo, per esperienza e carattere, e di cui si sente la mancanza.
Invece sono arrivati giocatori in prestito (e qui non mi scandalizzo, perché anche il Milan, ovverosia una grande d’Europa, fa largo uso di questa modalità) e acquisti dell’ultimo minuto, che hanno sconvolto i ritmi di preparazione della squadra (della condizione fisica non mi sento perciò di fare una colpa a Manzano). Alcuni con quotazioni francamente esagerate: a me Pizzi piace, ma il riscatto a 15 milioni mi sembra fuori dal mondo, soprattutto se comparato al valore di altri (e si ritorna al “caso Reyes”…).

Così, mentre la società si balocca con lo stadio della Peineta, un gingillo da 70mila posti per un club che quasi sempre non supera le 45mila presenze a partita, il futuro di alcuni tra i pezzi chiave della squadra (Courtois e Diego) è ancora tutto da scrivere. Tra l’altro, nessuno ha considerato l’orrenda ipotesi che il nuovo stadio potrebbe essere intitolato a Jesus Gil y Gil? Perché, secondo me, questi ne avrebbero il coraggio…

Per fortuna è arrivato Simeone. Accolto come un messia da molti. Contestato da altri, che gli rinfacciano le peggiori nefandezze, dall’essere il nuovo scudo del Gilismo all’aver causato la retrocessione del River Plate (ma per favore! Perché tutti possono lasciare commenti in calce agli articoli, anche gli evidenti idioti?). Io so solo che il suo Catania, preso in cattive acque, ha ottenuto il miglior piazzamento in serie A della sua storia; che ha vinto due campionati in Argentina; che il suo Racing avrà anche giocato male, ma era tignoso, aggressivo ed è arrivato secondo pur disponendo di giocatori non eccelsi.

In più tra le sue dichiarazioni alcune mi hanno colpito in positivo:
  1. Pretenderà un massimo di due tocchi da ciascuno (chissà come reagirà Diego…) e un gioco maggiormente sviluppato sulle fasce
  2.  Ai canterani sarà data un’opportunità, se verranno ritenuti pronti
  3.  Chi non è motivato, se ne può anche andare

Mi piace meno il fatto che abitualmente giochi con un 4-2-3-1 che farebbe supporre una rinuncia ad Adrian, ma qui siamo nel campo delle ipotesi, per cui è inutile parlarne.
Aggiungo che non solo Simeone è un vero colchonero (cosa che non fa mai male, se sei uno preparato), ma è anche uno che non le manda a dire: secondo me viene per fare bene e non accetterà di fare da scudo umano al Gilifato. E poi non credo che tra Cerezo e Simeone il Calderon sceglierà il primo; anzi è più probabile che la società sarà lo scudo umano del “Cholo”, con tutto quanto ne consegue.

Infine lo Sporting Lisbona. Da tempo meditavo di confrontare la situazione della squadra di Lisbona con la nostra, poi Elias ha rilasciato le dichiarazioni che sapete e mi ha distrutto la sorpresa. Pazienza! Personalmente le dichiarazioni del brasiliano non mi hanno minimamente offeso e, se vorrete seguirmi ancora cinque minuti, capirete il perché.

Alla fine dello scorso campionato, lo Sporting, la terza grande portoghese, la seconda squadra della capitale, era una squadra in crisi nera. La nuova dirigenza uscita dalle elezioni di agosto ha preso la decisione coraggiosa ma obbligata di rivoluzionare tutto: un direttore sportivo abile e astuto, un nuovo allenatore giovane e capace (Domingos), molti nuovi giocatori scelti per le loro capacità e non per il nome, l’allontanamento di giocatori e tecnici sopravvalutati. Ora la squadra vince, convince (dopo qualche prova iniziale di rodaggio) e, pur senza probabilmente avere reali possibilità di vincere la Liga, è matematicamente in corsa, oltre a poter teoricamente vincere ancora tutte le competizioni cui partecipa.
Nessuno coglie le analogie al contrario con la nostra situazione? Nella stessa situazione abbiamo fatto l’esatto contrario e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Qualcuno di voi è mai stato in visita all’Alvalade? Io sì. E vi assicuro che, per accoglienza e attenzione a visitatori e tifosi, non c’è paragone col Calderon. Poi non stupiamoci e non offendiamoci se Elias dice la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità.