giovedì 1 settembre 2011

L'estate del nostro scontento, parte I

Ser del Atleti es algo que no se puede explicar… e infatti non proverò neppure a fare la cronaca di questa estate schizofrenica, mi limiterò a qualche cenno al vero e proprio caos che ha avvolto il club della ribera del Manzanares.
Direi di cominciare da dove tutto ha origine, ovvero il caos societario: chi comanda, Cerezo o Gil Marin? Chi tra i due ci mette i soldi? E ci sono questi soldi? Soprattutto, chi dice di comandare lo sa veramente fare? Oppure delega tutto, mercato compreso, a personaggi animati da dubbi interessi (Mendes, procuratore di un numero impressionante di rojiblancos, quasi tutti di “non eccelsa qualità”…) o a veri e propri incapaci (Garcia Pitarch, che per fortuna se ne è andato). E non mi soddisfa pienamente neppure il nuovo corso: che esperienza hanno, veramente, Caminero, Aguilera, Baraja e Pantic? In molti temono che sia solo un’operazione di facciata per tranquillizzare una tifoseria che recentemente aveva dato segni di forte insofferenza. Visto il caos in sede di mercato (per cui vedi oltre), non sono molto fiducioso.
Sulla vendita del Calderon e sul trasferimento alla Peineta preferisco stendere un velo pietoso, in attesa di vedere se alle parole seguiranno i fatti e se veramente l’Atleti “non spenderà un soldo, anzi ci guadagnerà” (Cerezo dixit).

Neppure se avessi un’intera vita da sprecare potrei analizzare adeguatamente il caos del mercato, sia il più recente sia quello degli anni passati. Credo che basterà citare un paio di situazioni per esemplificare il clima di questa società che non è mai normale.
In primis, il fatto che Falcao, il fiore all’occhiello costato tra i 40 e i 45 milioni di euro, non sia sceso in campo contro l’Osasuna perché mancava il transfer internazionale, di cui al momento in cui scrivo si aspetta ancora l’arrivo.
Poi il fatto che, dopo aver dato l’impressione di comprare a casaccio, ci si è trovati ad avere in rosa cinque extra-comunitari ed è partita la corsa alla svendita per non superare il tetto di tre. Fortunatamente Godin ha ottenuto la cittadinanza e non ha ricevuto alcuna autentica proposta, altrimenti con ogni probabilità sarebbe stato venduto con la scusa di essere extra-comunitario.
Il sacrificato è stato Elias, venduto allo Sporting Lisbona dopo neanche mezzo campionato: arrivato con le stimmate del fenomeno, fatto giocare in ogni ruolo possibile e alla fine messo alla porta ma con stile (“es un profesional”…). Sconfessato totalmente il mercato d’inverno (qualcuno, a proposito, ha avvistato Juanfran, altro strombazzato acquisto fortissimamente voluto da Quique e poi lasciato a marcire in panchina?), di fatto resa vana la vendita di Jurado e Simao, ma pazienza, noi siamo l’Atletico, la Madrid più vera BLABLABLA…

E siamo al caos-allenatore. Non so voi, ma io proprio non riesco a vedere quale filo rosso leghi Manzano, Caparros e Luis Enrique. Tre stili di gioco differenti, tre filosofie differenti, tre tipi di mercato differenti. A quanto pare, credono tutti e tre nei giovani e l’avrebbero dimostrato nella loro carriera… Forse sarò io che non capisco nulla (spero che un giorno Gil Marin mi chiami e mi illumini), ma l’impressione è che nessun allenatore di nome volesse venire all’Atletico, in un ambiente nevrotico e insicuro.
Alla fine ha vinto il migliore, ossia Manzano, e ovviamente molti tifosi hanno storto il naso. A mio giudizio, potrebbe essere l’uomo giusto: sa di calcio, conosce l’ambiente, è abbastanza saggio da saper gestire l’isteria di stampa e tifosi e abbastanza pacato da far maturare gli uomini che gli hanno affidato senza inutili umiliazioni o roboanti dichiarazioni pubbliche (vi ricordate Quique?). Ha dimostrato negli allenamenti e nelle prime partite della stagione di avere le idee chiare e il carisma per farle accettare. E ricordo che tutti gli attaccanti che ha allenato hanno avuto, proprio con lui, le loro migliori stagioni, almeno a livello realizzativo: segno che non è affatto il vecchio sclerotico difensivista che in molti scioccamente dipingevano nei commenti estivi.
Mi permetto una stilettata a Luis Enrique: se finora hai allenato solo nelle giovanili di una sola squadra e a un club di tradizione ma turbolento del tuo paese preferisci la Roma, cioè la società più turbolenta del campionato più isterico d’Europa, forse ti manca un po’ di umiltà. Auguri, perché ne avrai veramente bisogno!!!

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