martedì 23 dicembre 2014

Athletic Bilbao – Atletico Madrid 1-4: senza un vero perchè


Se non avessi visto la partita, ma mi fossi semplicemente informato sul risultato, avrei pensato a una grande prestazione dei colchoneros. Purtroppo, però, la partita l'ho vista, eccome. E non riesco ad allontanare la fastidiosa sensazione che le dichiarazioni di Gurpegui sul fatto che non avremmo fatto nulla per meritarci la vittoria contengano un buon nucleo di verità.
Sono esagerazioni, certo, però è vero che, per la seconda volta consecutiva, l'Atletico ottiene un risultato senza un vero perchè. La scorsa giornata, la sconfitta contro il Villareal è venuta quasi casualmente, dopo una partita non particolarmente ben giocata ma che si sarebbe tranquillamente potuto vincere. A Bilbao, dopo un primo tempo di chiara inferiorità, che i baschi non hanno chiuso sul 2-0 solo per i propri limiti d'attacco, abbiamo vinto una partita che avremmo potuto perdere anche grazie a un rigore decisamente naif e a un gol in fuorigioco (a mio parere ininfluente, ma fastidioso per la nostra immagine).
In ogni caso, ripeto, una partita vinta senza un vero perchè, esattamente come altre in questa stagione (altro esempio: qualcuno saprebbe dire perchè abbiamo perso a Valencia?).


Nell'insieme, sembra sempre che i colchoneros non abbiano ancora riacquisito la ferocia perduta con le partenze eccellenti dell'estate, un tema che abbiamo già affrontato molte volte e col quale non starò a tediarvi, anche perchè il passato è passato (ma Filipe Luis sempre in panchina al Chelsea è il presente, un amabile presente, almeno per quanto mi riguarda...).
Per di più, credo che pesino altri due fattori non di poco conto: l'effetto “pancia piena” e lo status di “campioni”. Il primo è ben noto ed è alla base della stra-abusata considerazione che la parte più difficile non sia arrivare a certi livelli, ma rimanerci. Per quanto il Cholo sia forse l'allenatore più qualificato nel gestire la parte motivazionale, è pur vero che la domenica successiva ad ogni partita di Champions' è stata quasi immancabilmente un vero disastro, aspetto questo che l'anno scorso ci era del tutto sconosciuto. Inoltre, quest'anno siamo i campioni in carica, ovverosia la squadra da battere, e tutti si dannano l'anima per tentare di infilzarci. C'è, in questo desiderio, anche un'evidente invidia: proprio quando tutti si erano rassegnati alla liga escocesa, siamo arrivati noi a dimostrare che col lavoro e coll'impegno si possono ribaltare situazioni apparentemente perdute e ora tutti non vedono l'ora di poter dimostrare, battendoci, che avrebbero potuto farlo anche loro, con un po' più di fortuna.
Aggiungete la crisi di Gabi, distratto dalle ben note vicende giudiziarie e, secondo me, anche spremuto fisicamente, il solito basso livello qualitativo del centrocampo e il gioco è fatto. Per di più, a Bilbao mancava Koke, davvero imprescindibile per questa squadra.


Mancava anche Mandzukic, per cui Simeone aveva optato per un 4-5-1 “variabile”, con Griezmann unica punta e Raul Garcia a flottare fra il centrocampo e l'attacco e con Tiago spesso davanti alla difesa e dietro alla linea degli altri centrocampisti. Un allineamento da contropiedisti puri, che però inizialmente non ha dato i suoi frutti. Non che i colchoneros abbiano giocato male; semplicemente, si sono mostrati inferiori all'Athletic in tutto, incapaci di portare la partita sui binari scelti da Simeone e costretti a inseguire i baschi sul loro stesso spartito e al loro stesso ritmo. Gli uomini di Valverde occupavano militarmente il centro del campo, costringendo i colchoneros a cercare continuamente la soluzione laterale. Il maggior ritmo dei baschi, unito alla loro superiore aggressività, li portava a riconquistare subito il pallone e a cercare giocate aeree e inserimenti dalla trequarti.
L'insieme delle cose generava una situazione già vista più volte: zona centrale del centrocampo incapace di proporrre gioco e di tenere palla, terzini superati e presi alle spalle dagli inserimenti e dai tagli degli avversari e attaccanti abbandonati là davanti, senza possibilità di ricevere rifornimenti né per vie centrali né dalle fasce.
Pure, l'Atletico non dispiaceva fino in fondo, né pareva rischiare più di tanto. A conti fatti, il vero problema si dimostravano, ancora una volta, la mancanza di concentrazione e l'assenza di ritmo.
Nell'azione del gol, una punizione a due dalla trequarti nata dall'ennesimo stupido fallo di Raul Garcia, metà della difesa colchonera perdeva i propri avversari diretti e Mikel Riko poteva colpire indisturbato a centroarea.


Il gol del 1-0, momento iniziale e finale della parabola: si vede chiaramente come ogni colchonero abbia il proprio avversario da marcare, come Gimenez sia già colpevolmente in ritardo e infine come, anche grazie all'inserimento improvviso di San José, tre giocatori baschi si ritrovino soli a centroarea, mentre i due uruguayani e Raul Garcia non si oppongono come dovrebbero agli avversari.


Poco dopo, al 39', Saul e Tiago, fuori posizione, favorivano il filtrante per Aduriz, che si beveva Godin, si involava verso la porta e non riusciva a segnare più per demeriti propri che per l'improvviso rinvenire di Siqueira e Gimenez.


L'occasionissima di Aduriz: Saul non contrasta l'avversario, Tiago è in forte ritardo nel rientrare, Gimenez ancora una volta fuori posizione. Saltato Godin, Aduriz ha davanti a sè un'autostrada.



Il secondo tempo era un'altra storia. Non sapremo mai cosa si siano detti veramente negli spogliatoi Simeone e i suoi; l'unica cosa sicura è che ha funzionato alla grande.
Neanche un minuto e, dopo sette splendidi tocchi, Juanfran crossava per la testa di Griezmann, abile a infilare Iraizoz.
Poco dopo, Tiago entrava in area e si lasciava cadere prima ancora di toccare la gamba di San José. Rigore molto ma molto dubbio, per essere gentili, che Raul Garcia trasformava con freddezza.
Con l'Athletic completamente suonato, tra colpi proibiti e litigi plateali, Arda rubava palla, serviva a Gabi che innescava Griezmann, velocissimo nel presentarsi davanti a Iraizoz e fulminarlo.
Il San Mames ribolliva, l'Athletic tentava il tutto per tutto, ma senza vera convinzione. Così, a poco meno di dieci minuti dalla fine, Arda, ancora lui, serviva un filtrante a Griezmann che apriva su Raul Garcia e poi interveniva sul tiro di quest'ultimo, segnando in evidente fuorigioco. L'arbitro non vedeva nulla, il San Mames ruggiva di rabbia, ma in realtà non capisco in che modo Griezmann sia stato determinante: le immagini non sono chiarissime (questione di prospettiva), ma a me pare proprio che la palla, magari più lentamente, sarebbe comunque filata in porta, e in ogni caso il francese non impedisce l'intervento di nessuno.


Si chiude così, con un trionfo più sulla carta che reale, un anno straordinario. Qualche cambiamento va fatto, se non nella rosa, sicuramente nella gestione di questa e nell'atteggiamento in campo. L'importante era tenere a distanza gli inseguitori e non perdere terreno nei confronti di chi ci precede. In sintesi, non perdere ulteriori punti proprio mentre ci si avvicina alla metà della stagione. In questo senso, missione compiuta.


Note positive
Arda: entra in tutte le azioni da gol e anche nel primo tempo era stato l'unico, insieme a Juanfran, a provare a imbastire una qualche azione. Indiscutibilmente la luce di questa squadra.
Griezmann: “liberato” da compiti difensivi e dalla presenza di un compagno macchinoso e lentissimo come Mandzukic, infila una prestazione-monstre che fa ben sperare per il futuro. Ma non va dimenticato, appunto, il particolare contesto in cui questa si realizza.


Note negative
Godin-Gimenez: la coppia uruguayana non ne azzecca mezza e fatica a tamponare i mediocri attaccanti avversari, anche perchè il centrocampo filtra poco e male. Hai voglia a dire che si può fare tranquillamente a meno di Miranda...
Mancanza di pudore: rigori come quello su Tiago se ne sono visti e se ne vedranno ancora, nella storia del calcio. Però le scene di giubilo esagerato e i complimenti al portoghese per un rigore chiaramente “rubato”, francamente, me le sarei evitate. Certi atteggiamenti (vedi anche la vena stupidamente polemica di Raul Garcia in molte partite) non mi piacciono per nulla e non ci fanno onore. Oltre a costarci un numero esagerato di cartellini gialli...



Athletic: Iraizoz; De Marcos, Gurpegui, Etxeita, Balenziaga (Ibai, m. 79); San José, Mikel Rico; Unai López (Guillermo, m, 69), Susaeta, Muniain; y Aduriz. No utilizados: Herrerín; Aketxe, Morán, Beñat y Bustinza.

Atlético: Moyá 6; Juanfran 7,5, Giménez 5,5, Godín 5,5, Siqueira 5,5 (Lucas, m. 88 sv); Gabi 5, Tiago 5,5; Saúl 6 (Cebolla, m. 80 sv), Arda 8 (Gámez, m. 85 sv), Raúl García 6; y Griezmann 8,5.
No utilizados: Oblak; Mario Suárez, Raúl Jiménez, Gámez y Keita.


Goles: 1-0. M. 16. Mikel Rico. 1-1. M. 46. Griezmann. 1-2. M. 53. Raúl García, de penalti. 1-3. M. 73. Griezmann. 1-4. M. 81. Griezmann.
Árbitros: Hernández Hernández. Amonestó a Griezmann, Aduriz, San José, Muniain, Giménez, Arda y Gabi.
Unos 35.000 espectadores en el estadio de San Mamés.

giovedì 11 dicembre 2014

Juventus – Atletico Madrid 0-0: di necessità virtù


Checché ne dicano in molti, è stata partita vera. Almeno finchè chi aveva tutto da perdere non ha deciso che era meglio lasciare tutto come stava: hai visto mai che anche quest'anno turchi, danesi o simili potessero fare a fette la Vecchia Signora...
Quindi, ripeto, è stata partita vera per circa 60-65 minuti.
Però è stata anche, perchè negarlo, una partita eminentemente difensiva, o per meglio dire tatticamente accorta, con un 4-5-1 a maglie strette e un Mandzukic a uomo su Pirlo che a molti non sono piaciuti.
Ma non parliamo di biscotto o di farsa, per favore. L'Atletico si era guadagnato il diritto di poter fare la partita che avesse voluto grazie al suo percorso e così ha fatto, cercando di non scoprirsi e di adattarsi alla dinamica del match. Avrei gradito anch'io una prova di forza, ma cosa ci diremmo ora se, in una gara dall'importanza tutto sommato limitata, alcuni o anche uno solo dei nostri si fosse fatto male in maniera seria?
Alla fine, l'Atletico ha fatto di necessità virtù.
Entrambi i contendenti hanno cercato di vincere, ma senza esporsi eccessivamente e il risultato ne è scaturito come logica conseguenza, sempre più probabile man mano che ci si avvicinava alla fine. I colchoneros hanno giocato con la testa: concentrazione, intensità e, soprattutto, autoconservazione in un periodo della stagione (dicembre-marzo) in cui, stante il congelamento delle coppe europee, bisogna dare lo strappo definitivo in campionato e scrollarsi di dosso il duo Siviglia-Valencia. Così mi spiego anche l'assenza di cambi, la panchina per Tiago e Griezmann e una tattica attendista ma non rinunciataria.
Che poi siano emersi i soliti difetti, anche questo c'era da aspettarselo. La squadra, se appena può, difende bassa, troppo bassa, e si affida moltissimo alle capacità acrobatiche e d'anticipo della coppia centrale e del portiere, che però non è più Courtois. C'è il rischio, l'ho già scritto tante volte, che prima o poi questo atteggiamento di difesa passiva venga punito da qualche gol e qualche sconfitta di troppo. D'altra parte, l'anno scorso l'atteggiamento “pagava” anche perchè Diego Costa, con la sua velocità e la sua fisicità, bastava a ribaltare il fronte e il gioco d'attacco si poteva sviluppare efficacemente anche in inferiorità numerica (questo per tutti coloro che ritengono che la squadra di quest'anno sia migliore di quella dell'anno scorso, come si legge spesso qua e là. Mah...). Poi, il Cholo non azzarda mai e questo è talvolta un limite: un Cerci punta avanzata per attivare un veloce e letale contropiede in situazioni di forte pressione avversaria, per esempio, ci piacerebbe vederlo, ogni tanto.


Visto che comunque la partita è stata quella che è stata, non mi pare il caso di stilare pagelle. Mi limiterò a qualche osservazione qua e là.
Ho apprezzato alcuni dettagli di Arda, capace come pochi nel far scomparire la palla, e il grande spirito di sacrificio di Mandzukic.
Non ho gradito, invece, l'ennesimo errore nel controllo della palla di Moyà, speculare a quello dell'andata e che, come allora, poteva costarci caro. Anche nella prestazione di Gimenez ho colto qualche ombra: come ho già detto, tende a farsi superare in velocità e non ha ancora sviluppato quella capacità di concentrazione che permette di nascondere questo difetto non perdendo mai la posizione. Crescerà...

mercoledì 3 dicembre 2014

Espulsioni, subumani, crociate, ipocrisie e altre brutte storie


Come molti di voi sapranno, il club ha preso la decisione di espellere il Frente Atletico dal Calderon, non potendo, per ovvi motivi, né sciogliere un'associazione che non è legata in nessun modo organico all'Atletico Madrid né, per gli stessi motivi, modificarne etica e comportamenti.


Vorrei, prima di sviluppare alcune considerazioni a proposito, fare una premessa piuttosto consistente, e con diversi elementi personali, che spero mi perdonerete ma che ritengo funzionali al discorso.
In primo luogo, chiunque sia stato, almeno una volta, al Calderon, potrà confermare che, nonostante tutto, andare allo stadio in Spagna sia molto meglio che in Italia: si vedono famiglie intere, coppie, gruppi di amici e l'atmosfera è rilassata e tranquilla. Soprattutto, e il particolare per me è indice di molte cose positive, si vedono molte donne. C'è quell'atmosfera che in Italia, ormai, si trova solo alle partite di Champions', quando il pubblico non passa il tempo a insultare gli avversari e i loro tifosi, ma si gusta la partita ed incita la propria squadra.
Aggiungo ora una serie di note decisamente più personali. Nella mia vita, oltre che al Calderon, sono stato in molti stadi: per lunghi anni sono stato abbonato del Milan, ho visto diverse partite di molte squadre europee. In molti casi, ho potuto seguire la gara tra gli ultras di casa. Che fossi nella Fossa dei Leoni, nella Torcida Hajduk, nella Juventude Leonina dello Sporting, nei Lutece Falco del PSG, ad Highbury, tra i Grobari del Partizan o tra gli ultras dello Sparta Praga, la situazione intorno a me era quasi sempre la stessa: oltre a quelli per la propria squadra, era un fiorire di cori razzisti e sessisti, di braccia più o meno tese e di slogan (cripto-)fascisti.
Per lungo tempo, per quanto certe cose mi dessero molto ma molto fastidio (scelsi la Fossa e non le Brigate Rossonere perchè non mi piaceva il totenkopf simbolo di queste ultime), mi sono limitato a credere che tacere e non partecipare a certe manifestazioni e a certi cori fosse sufficiente per dissociarsi.
Per lungo tempo, ho cercato di considerare simboli decisamente poco simpatici (un teschio del tutto simile a quello delle SS, per esempio) presenti su sciarpe e altro materiale del Frente Atletico (materiale che possiedo, per altro) come elementi di un distorto folklore che accettavo solo in virtù della comune fede sportiva.
Da diversi anni, ormai, non penso più che tacere sia sufficiente. Penso anzi che dissociarsi significhi almeno andare a sedersi in altri settori dello stadio e mostrare il proprio disgusto di fronte a cori e atteggiamenti osceni. E lo dico, come appare chiaro, da persona che conosce certe situazioni per averle vissute dall'interno.


E quindi, eccoci alla domanda delle domande: ha senso espellere il Frente Atletico dal Calderon? E ancora: ha senso sciogliere de imperio il gruppo?
Secondo me NO. Il problema sono i componenti o il nome? Perchè, tra i due elementi, solo uno sarebbe destinato a cambiare. 

Il fatto stesso che il club abbia vietato l'ingresso al Frente Atletico ma abbia ribadito che chi ha l'abbonamento in quel settore non deve preoccuparsi delle conseguenze dell'espulsione e potrà continuare a frequentarlo, a mio avviso, mostra chiaramente come il rischio di scadere in una farsa sia altissimo. Vale a dire: si puniscono il nome, i simboli, la storia, criminale e non, del gruppo, ma non chi quei simboli e quella storia ha contribuito a crearli.
Diciamoci la verità: se fossimo nel Belpaese, diremmo che è la classica “soluzione all'italiana”, la solita vecchia storia immortalata da “Il gattopardo”.
Che tutto sia solo fumo negli occhi me lo suggerisce anche un'altra considerazione: sembra quasi che, se i gravissimi incidenti di domenica non avessero causato una vittima, o se questa vittima fosse stata un ultrà dell'Atletico, nessuno chiederebbe la dissoluzione e l'espulsione del Frente Atletico. Che solo ora si scopra il danno che il Frente causa alla società.
Pochi giorni fa, contro l'Olympiakos, il coro “Michel maricón” sovrastava persino la telecronaca televisiva. Sarebbe ancora tutto accettabile, se un moribondo non fosse stato buttato nel Manzanares? Se queste persone fra due settimane si presentassero al Calderon dietro lo striscione Indios, o Grupo Neptuno, o chissà cos'altro, cori come questo smetterebbero come per incanto?
 Con un nome diverso l'atteggiamento del gruppo sarebbe differente?
Ovviamente si potrebbe obiettare che il cambio del nome potrebbe essere la certificazione di un cambio di indirizzo, di membri, di atteggiamenti. Vero, verissimo, ma qui non si tiene conto che ci sono due problemi seri con cui confrontarsi.
Tanto per dire, un processo di questo tipo non si attua in un giorno, ma è frutto di un lungo lavoro che deve essere fatto dal Frente stesso, se è vero (ma ne dubito: certi cori li cantano tutti) che il gruppo è sano ed è rovinato solo da pochi elementi malati.
Né si può far finta che questo sia solo un problema sportivo e non invece una piaga sociale. Due branchi di subumani si scontrano vicino a uno stadio con la scusa di una partita di calcio e uno di questi (ché non era un tifoso normale, leggere qui per credere) ci lascia le penne. Davvero il fatto che un uomo di 43 anni e con due figli non trovi niente di meglio che farsi 500 chilometri per andare a picchiarsi con gente uguale a lui, solo vestita con altri colori, è un problema che non può essere qualificato come sociale?
Tutto si risolve impedendo a questi signori di entrare in uno stadio, e poi? Si daranno appuntamento in autostrada e si picchieranno in nome di squadre che neppure possono più vedere dal vivo, come accade in Olanda e in Inghilterra. E allora il problema sarà risolto o semplicemente rimosso dagli schermi televisivi su cui scorrono le immagini di uno spettacolo che si vende bene solo se appare perfetto?


Perchè, di tutto questo, ciò che mi dà più fastidio è l'ipocrisia. Anni fa, come ho già scritto, con il Calderon desolatamente vuoto e sgangherato, con i sedili rotti e le recinzioni che impedivano a metà del primo anello di vedere il campo, questa gente serviva eccome. Anche se il nome Frente Atletico era di chiara ispirazione fascista. Anche se la “Canción del Atletista” era ispirata a un noto inno franchista. Anche se sciarpe, bandiere e striscioni del gruppo esponevano teschi delle SS e croci celtiche. Allora tutto andava bene, D'altra parte, il nostro vomitevole presidente era ancora più fascista, un personaggio davvero rivoltante, indegno della nostra storia e della nostra tradizione.
Andava bene che questi tizi dominassero il Calderon, anche perchè l'immagine del club non poteva essere peggio di così. Siamo sempre stati il club della zona sud della città, quella popolare, quella anche progressista, e questo terrificante connubio rafforzava le calunnie di chi, partendo dal fatto che durante gli anni del Franchismo eravamo associati alla squadra dell'aviazione, sosteneva che fossimo noi la vera squadra del regime.
(Apro una parentesi per dire che, in questi anni, ho letto le peggiori stupidaggini su di noi, su Franco, sul Real Madrid. Ne elenco qualcuna, tanto per gradire: saremmo stati la vera squadra del cuore di Franco, che però per motivi ignoti e che nessuno di costoro sa spiegare favorì sfacciatamente il Real Madrid; sulle tribune del Metropolitano era pieno di gerarchi e militari; Bernabeu in realtà era anti-franchista e, rullino i tamburi, i veri favoriti dal regime furono Barcellona [!!!] e Atletico. Ma qualcuno di questi idioti legge i libri di storia? Sa che esiste un'autorità in materia di nome Bernardo Salazar, i cui studi accuratissimi dovrebbero essere patrimonio dell'umanità?).
Dice qualcosa il nome di Aitor Zabaleta? Un giovane tifoso della Real Sociedad, una persona normale che si aggirava con la propria fidanzata nei dintorni del Calderon e che venne ucciso a 100 metri dalla porta 6 con una pugnalata al cuore nel dicembre del 1998, dopo anni e anni in cui, in occasione di alcune partite, la frangia apertamente neonazista del Frente organizzava “cacce al basco”.
Sì, avete letto bene, era il 1998. Il Frente Atletico venne bandito dal Calderon? Si chiese il suo scioglimento? A me non risulta.
Come mai? Forse perchè erano gli anni in cui la società era sommersa dai debiti e aveva bisogno, allora più che mai, di una massa di manovra di violenti pronti a creare sconquassi per la città se qualcuno avesse cercato di cancellare il club perchè non pagava le tasse da almeno dieci anni e perchè il suo presidente usava i soldi del comune di Marbella, di cui nel frattempo era diventato sindaco (a proposito, la città più fascista di tutta la Spagna), per tenere in vita l'Atletico Madrid?
Certo, ogni tanto Gil urlava contro il Frente e gli ultras se la prendevano col presidente, ma le cose continuavano allo stesso modo.


E adesso il figlio di quel presidente, ora promosso amministratore delegato, e quell'altro tizio inutile e obbediente che allora appariva sempre due passi dietro a Gil e non parlava mai, ora promosso presidente, ci dicono che il Frente Atletico sarà espulso dal Calderon? Che lo sport è amicizia e sana rivalità? Che il club non c'entra nulla con gli incidenti scoppiati fuori dallo stadio (ed è vero) e che non ha mai incoraggiato queste persone (ma per favore!!!)?
E noi dovremmo credergli? E a cosa si deve, di grazia, questo sussulto di senso civico e rispetto per i valori dello sport?
Come mai Aitor Zabaleta vale meno di Francisco Javier Romero Taboada, detto ‘Jimmy’? Forse perchè allora eravamo una società sull'orlo del fallimento economico e sportivo, a un passo dalla retrocessione e ora siamo la squadra di moda, quella che in tivù si vende bene in tutto il mondo?
E allora ditelo, ma ditelo chiaro: il sangue di Aitor, un bravo ragazzo per quanto ne sappiamo, non sporcava nulla; quello di Jimmy, un teppistello senza arte né parte, invece impedisce di conquistare fette di mercato in Sud America, in Cina e in India.
Ditelo, che degli scontri fuori e degli insulti dentro lo stadio non vi importa nulla, o meglio, non ve ne frega proprio un cazzo. Vi importa, come sempre, del vostro portafogli, che si gonfia di più (finalmente lo avete capito) se c'è un progetto, sportivo ed economico, dietro alle vostre azioni, piuttosto che se vi limitate a comportamenti delinquenziali nei confronti del club, tra ruberie e misteriose sparizioni di denaro.


Ditelo chiaramente: il Frente Atletico non ci dà fastidio per i suoi atti, per i suoi cori, per la sua ideologia, per i suoi delitti. Ci dà fastidio perchè, con tutto questo, ci impedisce di vendere un prodotto.
Ma ricordate una cosa: l'Atletico Madrid non è un prodotto. E soprattutto non è vostro. L'Atletico è nostro, è della sua gente. La stessa gente che non vede l'ora che ve ne andiate.
Voi, prima di tutti, dovreste essere banditi dal Calderon.
Voi!
Poi gli altri, eventualmente.