domenica 27 aprile 2014

Valencia – Atletico Madrid 0-1: la vittoria prima di tutto


Uno dei cardini del Cholismo è la vittoria. Sempre. Comunque. Anche al limite del regolamento. Anche ben oltre il limite del bel gioco.
Considerato tutto ciò, non ci possiamo aspettare belle partite, da qui alla fine della stagione, anche perchè ormai la stanchezza si fa sentire. Tanto più che tecnici ben più celebrati di Simeone non si vergognano affatto di presentarsi a una semifinale di Champions' con nove giocatori costantemente dietro la linea della palla, secondo un copione che si può definire “catenaccio” solo con molta generosità, considerando che il modulo all'italiana presuppone anche il contropiede (Mourinho se ne sarà dimenticato?). Tanto più che belle partite dei biancorossi se ne sono viste, anche se lo spettacolo non è certo una priorità sulle rive del Manzanares. Inoltre non si può certo dire che Simeone non abbia cercato in più occasioni di alzare il tasso tecnico della squadra, facendo perno su Arda e Koke, puntando a Diego e Sosa (e pazienza se il loro apporto è stato decisamente mediocre...), schierando appena poteva Tiago.
Tuttavia, credo che a tutto ci sia un limite. E quel limite è, senza ombra di dubbio, il rischio, che certamente in una partita di calcio, soprattutto contro un avversario di buon livello, è sempre presente, ma che non può essere ingigantito da una condotta di gara sconsiderata.
Come si può qualificare, infatti, il brutto vizio dei biancorossi di difendersi ammassati in area e buttando in avanti palloni su palloni senza una logica? Come può definirsi il fallo senza senso che ha portato alla sacrosanta espulsione di Juanfran, intervenuto in maniera rovinosa su un Piatti che aveva ancora due dei nostri davanti a sé?


Diciamo la verità, anche se può essere fastidiosa e poco in linea con il nostro desiderio di autocelebrazione: torniamo da Valencia con una vittoria decisamente fortunata, anche se non immeritata. Ancora una volta abbiamo messo in mostra tutti i nostri difetti e i nostri pregi, senza risparmiare ai tifosi alcun tipo di emozione.
I ragazzi di Simeone sono stati bravissimi, ancora una volta, a sfruttare l'unico vero errore degli avversari, un'uscita avventata di Guaita punita con un colpo di testa “alla cieca” dell'immarcescibile Raul Garcia su cross di Gabi.
Fino ad allora, però, non avevano fatto granchè, se non controllare la gara come se ci potesse bastare un pareggio, dopo aver penato i primi dieci minuti (altro classico...), soffocando piano piano un Valencia che, grazie agli dei del calcio, non ha attaccanti degni di questo nome.
Poi, nel secondo tempo, nonostante fossimo nella situazione per noi più comoda, quella di poter gestire il vantaggio e colpire in contropiede, per diverse fasi della gara non abbiamo saputo fare né l'uno né l'altro. È bastato che il Valencia ammassasse mezzepunte e giocatori offensivi uno sull'altro perchè i biancorossi perdessero la testa, col corollario di orrori che chiunque abbia assistito a una di queste fasi conosce bene: nessun pressing sul portatore di palla, centrocampisti schiacciati sulla linea dei sedici metri, difensori ostacolati dai propri compagni e costretti a lunghi lanci finalizzati al nulla, Diego Costa costretto a sfiancarsi correndo qua e là senza costrutto alcuno, visto che raramente arriva sulla palla e ancor meno riesce a tenerla, in quelle condizioni, palloni che sibilavano accanto ai pali di Courtois, cercando la deviazione sfortunata di qualche difensore.
Intanto il povero Simeone, in panchina, faceva grandi gesti per spingere i suoi a rialzare il baricentro e a giocare la palla, ma niente da fare: ci sono momenti in cui i colchoneros paiono preda di chissà quale forma di paura che li spinge a ingigantire avversari tutto sommato quasi sempre modesti. È la famosa Manzanite, ricordate? In casi come questi si suole dare la colpa all'allenatore, ma qui davvero Simeone non c'entra: la fase peggiore, nei venticinque minuti centrali del secondo tempo si è verificata proprio mentre inseriva uno dopo l'altro Arda e Sosa, cioè giocatori deputati a tenere la palla, e mentre si sbracciava come un ossesso per invitare i propri calciatori a giocare più in avanti e a pressare già i difensori e i mediani avversari.
Niente da fare, neppure passando al 4-5-1, neppure chiedendo a Diego Costa di abbassarsi in fase di non possesso. Poi, all'improvviso, i colchoneros hanno ripreso a fare quello che avevano fatto per tutto il primo tempo, ovverosia controllare l'avversario già a partire dalla sua trequarti, di fatto costringendolo a girare lontano dalla propria area.
Segno inequivocabile che non mancavano certo le capacità, ma la volontà: che sia una sorta di pigrizia mentale, questo sedersi sul vantaggio minimo che ultimamente ci ha preso? Che derivi dalla consapevolezza di una notevole forza difensiva? (Sulla quale io non sono completamente d'accordo, l'ho scritto più volte: le sbavature e le debolezze ci sono, altrochè). Certo influisce il desiderio più o meno conscio di preservare le forze in vista del traguardo, ma non c'è bisogno di ribadire (o sì?) che ancora non abbiamo vinto niente e che questa tendenza a non chiudere le partite potrebbe costarci cara.
I due errori di Diego Costa, tanto per dire, sono imperdonabili anche dopo una vittoria, figurarsi cosa avremmo potuto dire nel caso di un pareggio artigliato in qualche modo dal Valencia, che si è rivelato squadra modesta seppur volitiva. Esattamente il tipo di squadra cui ascriverei i nostri prossimi avversari, ovverosia il Levante e il Malaga. Perciò, cari ragazzi, vi prego, vi preghiamo tutti, fate un piccolo sforzo in più, perchè partite così fanno perdere a chiunque vi guardi almeno dieci anni di vita...


Note positive
Tiago: ancora una buona prestazione, anche e soprattutto sul paino del ritmo. Corre, tampona, imposta e sembra non risentire dell'età, risultando un tassello fondamentale proprio ora che Koke e Arda sembrano statici e privi di fantasia.
Miranda: come ho detto, non è che il Valencia lì davanti presenti chissà che fenomeni (anzi...), tuttavia non perde mai la concentrazione e il sangue freddo, neppure quando compagni decisamente più in difficoltà lo ostacolano in tutti i modi. Naturalmente, la lode va divisa con Godin, anche se non in parti esattamente uguali: è lui il cervello della retroguardia; l'uruguaiano è il mero esecutore.


Note negative
Diego Costa: presentarsi due volte solo davanti al portiere e perdere l'attimo è imperdonabile. Certo, si sbatte, corre e si sacrifica (ma meno e con meno intelligenza tattica di prima...), ma il suo lavoro è segnare; o meglio, nel contesto tattico e atletico di quest'ultima fase, capitalizzare ogni benchè minima occasione. E oggi ha toppato alla grande.
Juanfran: ho già commentato prima il suo fallo, stupido, gratuito e pericoloso. Salterà la gara col Levante, lasciando spazio ad Alderweireld e al... vuoto in panchina: valeva davvero la pena?




Valencia: Guaita; Pereira, Ricardo Costa, Mathieu; Gayà; Javi Fuego, Dani Parejo (Vargas, m.53); Barragán (Feghouli, m.62), Jonas (Fede, m.80), Piatti; y Paco Alcácer.

Atlético de Madrid: Courtois 6,5; Juanfran 4,5, Miranda 7,5, Godín 7, Filipe Luis 6,5; Tiago 7,5, Gabi 7; Koke 6,5, Raúl García 7 (Sosa, m.68 5,5)(Alderweireld, m.91 sv); Villa 5 (Arda Turan, m.58 6) y Diego Costa 4,5.


Árbitro: Undiano Mallenco. Expulsó, con roja directa, al atlético Juanfran Torres (m.90). Amonestó a Jonas, Javi Fuego y Vargas, Godín. .
Gol: 0-1, m.42: Raúl García.
Mestalla, unos 50.000 espectadores. Se guardó un minuto de silencio por el exentrenador del Barcelona, Tito Vilanova, fallecido el pasado viernes.


lunedì 21 aprile 2014

Atletico Madrid – Elche 2-0: l'importanza di saper usare la testa


Se guardiamo al risultato, allora la partita del Venerdì Santo ci ha regalato notevoli soddisfazioni: manca un incontro in meno e il nostro vantaggio sui diretti inseguitori rimane intatto; non si è fatto male nessuno in vista della semifinale di Champions' e, soprattutto, siamo a sole tre vittorie da quel titolo che, dal 1996, non abbiamo mai neppure sfiorato e che, anche solo due mesi fa, pareva fantascienza.
Però... ecco il Però.
Usciti dalla logica del risultato, non rimane poi molto, se non la constatazione di una condizione fisica buona.


L'aspetto più sconcertante è stato l'atteggiamento con cui i biancorossi hanno giocato la prima frazione di gara. Di fatto, il primo tempo è stato buttato via: praticamente nessuna occasione da rete, il pallino del gioco lasciato per lunghi tratti agli avversari, diverse parate decisive di Courtois. Come ho già detto, è stato uno spettacolo sconcertante.
Il Cholo è intervenuto dopo venti minuti, passando da un cauto 4-4-2 a un più offensivo (almeno sulla carta) 4-2-3-1, ma la prestazione dei colchoneros è, se si può immaginarlo, persino peggiorata: Filipe veniva continuamente superato sul centrosinistra da Carles Gil, abile a inserirsi alle sue spalle, mentre in generale l'Elche giocava tra le linee e metteva spesso in inferiorità numerica i biancorossi. Non è la prima volta che l'Atletico si trova in simili difficoltà, ma finora ne era quasi sempre uscito con freddezza, sapendo capitalizzare il senso di falsa sicurezza che ne derivava per gli avversari. Invece, questa volta, niente: passaggi sbagliati, nessuna corsa senza palla, nessuno smarcamento, spesso neppure la capacità di uscire palla al piede dal pressing avversario. Intendiamoci, i nostri avversari sono stati bravi e attenti, ma sono e rimangono... l'Elche, cioè non esattamente uno squadrone.
La verità è che la formazione schierata all'inizio è stata clamorosamente sbagliata, come dimostrato anche dalla rapidità con cui Simeone ha effettuato tutte e tre le sostituzioni nel secondo tempo. Adrian è ormai l'ombra di se stesso e non sarà una prestazione decente contro il Barcellona a modificare la mia idea. Per di più, la sua posizione allora era stata quella di punta, cioè di sostituto testuale di Diego Costa, e non quella di ala di un centrocampo a quattro, ruolo per il quale non è portato, né ha la volontà. Forse peggio di lui ha fatto David Villa, che in settimana avrebbe dichiarato, tra l'altro, di voler rimanere un altro anno a Madrid: ottimo, se si riduce lo stipendio a un terzo, visto che ormai altro non è e non può essere che un rincalzo, se volete il grande vecchio da far partire dalla panchina e da tirare fuori dalla naftalina quando gli altri sono infortunati. Sono parole dure quelle che scrivo, ne convengo, ma ormai non riesco a vedere l'utilità di questi due per i colchoneros: da anni Adrian e da mesi l'asturiano non svolgono neppure il lavoro tattico che viene loro affidato, ma vagano smarriti per il campo.
L'orrendo tiro dal dischetto con cui Villa ha aperto il secondo tempo è forse il segno definitivo del tramonto del Guaje: di fronte a un portiere che si sposta così tanto lungo la linea di porta, bisogna solo mantenere una certa freddezza (la sua solita freddezza, aggiungo, per chi volesse dirmi che la faccio facile, dalla mia scrivania) e tirare dalla parte opposta. In fondo, ha fatto così anche Costa, che pure è tutt'altro che un rigorista impeccabile.


Con Diego Costa e Koke tutt'altro che brillanti e con i terzini particolarmente imprecisi, non sorprende che il gioco dei colchoneros fosse statico e involuto e che gli ilicitani riuscissero a controllare agilmente la partita.
Non appena Simeone ha dato spazio a Raul Garcia, Sosa e Diego, la partita è cambiata: molto più dinamico, l'Atletico ha schiacciato i rivali nella loro metacampo, pur continuando a omaggiarli di parecchi errori nei passaggi. In ogni caso, è apparso chiaro che il divario tra biancorossi e biancoverdi fosse molto più ampio di quanto fosse parso fino ad allora.
Tuttavia la situazione stava facendosi sempre più scomoda per i biancorossi, pressati dalla necessità di vincere e da un Calderon in spasmodica attesa. Niente sembrava avere sorte, dopo gli orrendi sprechi di cui i colchoneros si erano macchiati fino ad allora: un intero primo tempo e un rigore buttati via di solito si pagano salatissimi.
Proprio allora però, quando era ancora più necessario usare la testa, è apparso San Joao Miranda: su calcio d'angolo di Sosa, il brasiliano ha lasciato partire un terrificante colpo di testa a incrociare che ha sbriciolato le speranze degli ospiti.

Ancora una volta una giocata a palla inattiva ha permesso all'Atletico di passare in vantaggio e di mettersi nella situazione che maggiormente preferisce, vale a dire quella in cui controlla il gioco. Anche qui, tuttavia, devo rilevare un altro atteggiamento sconcertante: la tendenza, evidente nelle ultime partite, ad abbassare eccessivamente il proprio baricentro e a difendere a ridosso della propria linea di trequarti. Non è sempre stato così, è un fenomeno accentuato negli ultimi mesi e che, a parer mio, porta solo problemi: persino un Elche qualsiasi riesce a minacciare la porta colchonerra, con una opposizione così debole (e infatti gli ospiti qualche occasione l'hanno avuta, dopo il nostro gol); inoltre l'eccessiva lontananza dalla porta avversaria rende i colchoneros molto meno letali nel contropiede, che di fatto è affidato sempre e comunque solo alle sgroppate di Diego Costa, spesso lanciato in maniera approssimativa in un nugolo di avversari. Ci si affida quasi esclusivamente alla solidità dei due centrali e del portiere, ma mi pare che si dimentichi con troppa facilità che l'errore o la palla sporca possono sempre capitare. 
 
Insomma, difendere con le barricate un misero 1-0 è un rischio troppo grande. Certo, il rigore segnato da Costa ha modificato il risultato, ma alla fine non credo che il discorso cambi molto. 
 
Naturalmente, non sto certo predicando una condotta dissennata, sia chiaro. Sono ben conscio della situazione: mancano ormai pochissime partite e la benzina, per quanto presumibilmente più abbondante che per molti altri, non è infinita. Dico solo che vanificare tutto o una parte del lavoro fatto per scarsa intensità (il primo tempo di venerdì), per esagerata prudenza o per eccessiva imprecisione nei tiri o nei passaggi sarebbe un peccato mortale, dal quale dobbiamo guardarci con la stessa attenzione con cui ci guardiamo da un eccessivo sbilanciamento in avanti.




giovedì 10 aprile 2014

Atletico Madrid – Barcellona 1-0: Cholo Football Club


Venti minuti da sogno: una vera tempesta perfetta scatenata contro i blaugrana, subissati da un pressing forsennato, da triangolazioni meravigliose, da una furia fredda e stupenda che sembrava non dover finire mai.
O da infarto, l'altra faccia della medaglia: tre legni e una sola rete dopo aver annichilito la squadra che ha dominato l'Europa negli ultimi anni.
E settanta minuti di paura e speranza, tutti tesi a capire se ne saremmo usciti beffati o vincenti. Non importa quanto corressimo, non importa neppure quanto il Barcellona apparisse inconcludente e misero nella sterilità del suo gioco. I blaugrana sono così, capaci di sfiorare il gol del pareggio anche nelle serate peggiori, in virtù di un tasso tecnico ineguagliabile persino quando le sue stelle si mostrano tutte quante imbolsite e prive di mordente: Xavi, Messi, Neymar e Iniesta, davvero non saprei chi indicare come peggiore in campo, eppure in qualche occasione ci hanno veramente spaventato.
Simeone ha preparato la partita benissimo, puntando non solo sui raddoppi e sul pressing, sul rispetto assoluto delle distanze tra uomini e reparti, sulla saturazione degli spazi e sull'ostruzione delle linee di passaggio verso il centro (su una straordinaria fase difensiva, insomma), ma anche su un contropiede letale, affidato alla coppia Villa – Adrian, velocissima e molto mobile, soprattutto nel secondo, fortemente disposto al lavoro di sponda e a svariare per aprire spazi al centravanti. Sarebbe stata, proprio per questo copione tattico, la partita di Diego Costa, ma in realtà è diventata la partita dell'ennesimo coniglio estratto dal cappello del Cholo: Raul Garcia torre mobile. Il navarro, di cui abbiamo più volte parlato come di un giocatore limitato, ieri ha in parte smentito le nostre parole: ha presidiato la fascia e, soprattutto, non ha cercato di fare cose per le quali non è portato (inserirsi con grande velocità, visto che non ne ha), ma ha puntato tutto sul ricevere passaggi profondi dalle retrovie e favorire, giocando di sponda, gli inserimenti dei due attaccanti e dei terzini, sovrastando di testa gli avversari. Sulle percussioni centrali favorite dal gran lavoro del navarro il Barcellona è andato completamente in bambola, incapace di arginare la furia dei colchoneros.

Sulla fascia destra, ben visibile, la zona di influenza di Raul Garcia (fonte El Pais)

 
Poi, come è naturale, la partita si è pian piano livellata, con l'Atletico a difendersi in maniera ordinata e il Barça in teoria teso ad attaccare ma nella pratica dedito a un possesso palla sterile e controproducente. In alcuni momenti i biancorossi hanno rallentato troppo e abbassato eccessivamente il baricentro, arrivando a rischiare, ma nel complesso hanno retto molto bene il campo. D'altra parte, ripeto, contro il Barcellona è impossibile non subire almeno un po'.
Questa partita dimostra, ancora una volta, la bravura di Simeone: se un giocatore ormai finito come Villa e uno che sembrava perduto per la causa come Adrian sfornano una prestazione di quel tipo, se il Barcellona pareva un'accozzaglia di stelle svagate e bolse e l'Atletico una banda di corsari assetati di sangue e pallone, il merito non può che essere del Cholo, della sua abilità motivazionale e della sua capacità strategica.
A guardare bene, anche se manca la controprova, la partita è rimasta aperta solo grazie agli errori di mira non solo degli attaccanti biancorossi, ma anche di Gabi e Rodriguez, e questa non è certo una colpa di Simeone. D'altra parte, il dispendio di energie richiesto dal gioco dei colchoneros ha, inevitabilmente, delle ricadute.
Ora rimangono sei partite di Liga e un massimo di tre di Champions'. Cosa dire? Che ha ragione il Cholo, ancora una volta: partido a partido, dando il massimo sempre e comunque. E vedremo come andrà a finire.
Quanto all'avversario, se dovessi scegliere preferirei il Chelsea, anche se la brutta storia della clausola di Courtois rischia di essere un problema serio.

Per buona parte della partita la domanda che tutti ci siamo fatti, alla fin fine, è la stessa che ronza in testa a tutti da quarant'anni, da quel maledetto 15 maggio 1974: “Siamo ancora il Pupas FC?”. O, per dirla forse in maniera più sottile: “ Siamo mai stati il Pupas FC? O abbiamo disperatamente voluto esserlo, al punto tale da far avverare tutti i nostri peggiori incubi?”. Abbiamo vissuto per quaranta anni preda di presidenti incapaci e delinquenti, allenatori ignobili, giocatori miserabili e ci siamo convinti che questo era il nostro Destino.
Poi è arrivato un uomo e ci ha detto che non era vero, che potevamo cambiare il corso della nostra storia, che stava tutto nella nostra testa. Che le finali non si giocano, si vincono. Che non si deve avere paura della battaglia, perchè è l'essenza stessa dell'uomo. E abbiamo scoperto, con incredulità, che è vero.
Ieri, come molte altre volte, non eravamo i migliori, ma siamo stati i più convinti, i più tenaci, i più coraggiosi.

Guardatevi la partita di Bruxelles, se potete. C'è un'immagine che mi ha sempre colpito: Luis calcia la punizione e, praticamente un secondo dopo, alza le braccia al cielo per esultare. Luis SAPEVA. Finora, però, non avevo mai messo a fuoco l'aspetto fondamentale della faccenda: se in campo ci fossero stati undici Luis, la nostra storia sarebbe stata diversa. Non saremmo mai diventati il Pupas FC.
Se in campo ci fossero stati undici Simeone, a Bruxelles avremmo vinto.

Ora Simeone è in panchina. Ora siamo il Cholo FC e in campo ci vanno undici leoni: non sono i migliori, ma sono i nostri leoni. I nostri e di nessun altro.
Allora godiamoceli e non mettiamo limiti alla Provvidenza.


Note positive
Tiago: dico la verità, non sapevo proprio chi scegliere. Alla fine opto per il portoghese, monumentale nella sua interpretazione del mediano, capace di scalare fino alla linea dei difensori e di avanzare fino alla trequarti, comandare il centrocampo e dettare il ritmo a tutta la squadra. Francamente, magistrale. Se, gentilmente, Mario Suarez prendesse nota...


Note negative
Villa: fa un lavoro straordinario, certo, ma il suo compito sarebbe segnare. I suoi difetti di mira prolungano una partita che avrebbe potuto essere chiusa dopo un quarto d'ora.




Atlético: Courtois 8; Juanfran 7,5, Miranda 8, Godín 8, Filipe Luis 7,5; Raúl García 8, Gabi 8, Tiago 9, Koke 9; Adrián 7,5 (Diego, m. 61 7) y Villa 7 (C. Rodríguez, m. 79 6).
No utilizados: Aranzubía; Insúa, Alderweireld, Mario Suárez y Sosa.


Barcelona: Pinto; Dani Alves, Bartra, Mascherano, Jordi Alba; Xavi, Busquets, Iniesta (Pedro, m. 72); Messi, Fàbregas (Alexis, m. 60) y Neymar. No utilizados: Oier; Montoya, Adriano, Sergi Roberto y Song.
Goles: 1-0. M. 6. Koke.
Árbitro: Howard Webb (ING). Amonestó a Busquets, Koke, Mascherano y Alves.
54.800 espectadores en el Vicente Calderón.


venerdì 4 aprile 2014

Barcellona – Atletico Madrid 1-1: la sfida infinita


Gli scontri tra Barça e Atletico si stanno trasformando in una sfida infinita che non riesce a proporre un vincitore: quattro incontri, finora, e quattro pareggi. Gol, pochi.
Non che io rimpianga le scorse annate, quando i gol erano abbondanti e tutti a senso unico, intendiamoci. Non rimpiango neppure gli scontri della seconda metà degli anni '90, tutti quei 5-4 e 4-3 che facevano la felicità di spettatori neutrali e telecronisti, ma che mi sembravano più un festival degli errori che un inno al bel calcio. Tuttavia martedì ho avuto chiara una sensazione che già avevo sperimentato altre volte: per i colchoneros la coperta è troppo corta. Abbiamo assistito alla prestazione di una squadra attenta, grintosa, concentrata, che ha meritato il pareggio e che avrebbe potuto uscire dal Camp Nou con una vittoria senza destare scandalo. Ciò nonostante, non ho potuto fare a meno di pensare, ancora una volta, che non siamo in grado, contro squadre così potenti, di difenderci e attaccare: se salvaguardiamo il risultato, siamo nulli in avanti; se attacchiamo, inevitabilmente ci scopriamo in difesa.
Non è solo una questione legata alla pessima prestazione di Villa o all'infortunio di Diego Costa, anche perchè abbiamo avuto poche occasioni, ma tutte molto pericolose. Credo che sarebbe andata allo stesso modo anche col Lagarto in campo per tutto il match o con un Villa appena decente, a scanso di equivoci. È una questione di tecnica, io credo: in alcuni momenti della partita la disparità tecnica nei confronti dei blaugrana è stata non imbarazzante, ma certo assai evidente. La famosa abilità del Barça nel gioco tra le linee, nel passaggio smarcante, nel creare la superiorità numerica in qualunque zona del campo voglia non è solo frutto di schemi e attitudine tattica, ma anche di una tecnica fuori dal comune. Tecnica che le squadre “normali”, per quanto rocciose, ben piantate e aggressive fisicamente, non hanno. Tecnica che necessita soldi, molti soldi, investiti in giocatori di talento o nella loro formazione. Soldi che i colchoneros non hanno. Quanti nostri giocatori potrebbero giocare nel Barça? Escludendo Courtois, che non è un giocatore di movimento, io direi solo Filipe, Miranda, Koke e Diego Costa, e non tutti (o quasi nessuno) titolari. Quanti giocatori blaugrana potrebbero giocare con noi e, soprattutto, alzerebbero il nostro tasso tecnico? Tutti? Quasi tutti?
Una volta uscito Diego Costa, la nostra già non fortissima attitudine all'attacco si è pressocchè azzerata, nonostante alcune buone combinazioni. Anche il gol di Diego, stupendo quanto si vuole, mi è parso piuttosto estemporaneo e comunque pesantemente viziato dall'inadeguatezza di Pinto.
Nella seconda metà del primo tempo e poi dopo la rete abbiamo subito in maniera netta il gioco del Barcellona, che, appena ha trovato un briciolo di determinazione, ci ha praticamente nascosto la palla e costretto a subire. Il tutto con un Messi praticamente assente, uno Xavi molto spento e un Neymar decisamente intermittente.


Nella nostra condizione di “super-squadra normale”, di più non possiamo fare e certamente dobbiamo essere fieri dei nostri ragazzi. Siamo di gran lunga la migliore tra le squadre di buon livello. Tuttavia, non possiamo certo nasconderci la verità: ci mancano ancora numerosi passaggi per giocare veramente alla pari di squadre come il Barcellona. Non perdiamo, è vero, ma neppure vinciamo: ancora una volta, dopo aver svegliato il can che dorme non siamo stati in grado di resistere alla sua reazione neppure venti minuti.
Simeone ha fatto quello che ha potuto, cercando di alzare il tasso tecnico della squadra sia in partenza, con l'inserimento di Tiago, sia in corso d'opera, quando sono entrati Diego e Sosa. Quest'ultima mossa ha del tutto spuntato l'attacco e appare in effetti parecchio criticabile, ma ha tuttavia un senso: cercare di limitare la pressione dei blaugrana, nel frattempo fattasi insostenibile dopo l'ingresso di Alexis per Cesc e il cambio di fascia di Neymar (a mio avviso la mossa decisiva di Martino), cercando di tenere palla tra centrocampo e trequarti avvversaria. Mi rendo conto che l'uscita di Villa per Sosa ha indispettito molti (e in parte anche me), ma d'altra parte io non riesco a vedere cosa avrebbe potuto fare di diverso il Cholo: Villa era stanco e poco incisivo; Adrian è ormai perduto per la causa e altri attaccanti non ce ne sono. Sosa deve essergli sembrato tutto ciò che aveva da buttare sul tavolo.
E qui torniamo al punto di partenza: la rosa è quella che è; si raschia spesso il fondo del barile, sia in termini quantitativi che qualitativi.


In sintesi, cosa dire del match? Un ottimo risultato, ampiamente meritato fino al gol di Neymar e poi guadagnato con mestiere e un bel po' di fortuna. Tuttavia, non illudiamoci: il Barça, sia pure al crepuscolo, è squadra che può presentarsi a casa di chiunque e “piantargliene quattro” senza neanche sudare, perciò il ritorno è tutto da giocare e soprattutto da conquistare. A tal proposito, non credo neppure che una vittoria per 0-1 o 0-2 ci avrebbe portato ad avere maggiori possibilità di passare il turno.
Per gioco ma non troppo, ho espresso al lavoro le mie previsioni per questi quarti di finale (passano Chelsea, Atletico, Real e Bayern): sono curioso di vedere come andrà a finire. Soprattutto, mi accontenterei di aver azzeccato una previsione sola. Indovinate quale...


Note positive
Courtois: le sue parate sono, ancora una volta, decisive. Ormai non ci sono più aggettivi per descriverlo, possiamo solo ammirarlo, sperare che rimanga e perdonargli i pochissimi passaggi a vuoto (sabato contro l'Athletic, per esempio)
Diego: non fa cose eccezionali, ma pare più pimpante e determinato. Azzecca un gol straordinario con una buona dose di fortuna, ma, siccome anche reti di questo tipo fanno morale, mi aspetto un finale di stagione in crescendo per il brasiliano.


Note negative
Tiago: tatticamente è ineccepibile, nei movimenti senza palla e nella copertura degli spazi. Però scompare nella costruzione del gioco e anche nell'interdizione lascia spesso solo Gabi.
Juanfran: presidia discretamente la fascia finchè non affronta Neymar, che lo fa nero. Fino ad allora, comunque, non aveva mai superato la linea di metacampo.




Barcelona: Pinto; Alves, Piqué (Bartra, m. 12), Mascherano, Jordi Alba; Xavi, Busquets, Cesc (Alexis, m. 68); Neymar, Messi e Iniesta. No utilizados: Oier; Adriano, Song, Sergi Roberto y Pedro.


Atlético: Courtois 9; Juanfran 5, Godín 7, Miranda 6, Filipe Luis 6,5; Gabi 7, Tiago 5; Arda Turan 6,5 (Cristian Rodríguez, m. 77 sv), Villa 5 (Sosa, m. 70 5,5), Koke 6,5; y Diego Costa sv (Diego Ribas, m. 30 7).
No utilizados: Aranzubia; Alderweireld, Insúa y Mario Suárez.



Goles: 0-1. M. 56. Diego Ribas. 1-1. M. 72. Neymar.
Árbitro: Felix Brych (Alemania). Mostró la cartulina amarilla a Koke, Gabi, Arda Turan, Juanfran, Iniesta, Jordi Alba, Diego Ribas y Sosa.
Camp Nou. 79.941 espectadores.

martedì 1 aprile 2014

Athletic Bilbao – Atletico Madrid 1-2: da infarto


Al termine di una partita dura e combattuta, da infarto, l'Atletico vince per la seconda volta in stagione al San Mames e si porta a casa tre punti che potrebbero risultare fondamentali nella corsa alla Liga. Non starò a tediarvi con una cronaca che, ormai, è fuori tempo massimo, tuttavia non mi dispiace l'idea di condividere qualche riflessione sulla gara, magari sfruttando questo ritardo nell'aggiornamento del blog per proporre pensieri un po' meno legati alla cronaca.


Prima di tutto, posso dire che non ho mai avuto timori di una sconfitta, neppure dopo il gol a freddo di Muniain: l'atteggiamento, la disposizione tattica e la calma dei madrileni mi sono sempre sembrati evidenti. A dirla tutta, il gol subito e i rischi corsi mi sono sembrati legati a sbavature individuali, piuttosto che alla prestazione della squadra, che è rimasta sempre compatta e coesa, ha agito sempre come un unico organismo. Certo sono rimasto stupito dagli errori di Courtois, autore di un paio di uscite precipitose e avventate; mentre non mi hanno per nulla sorpreso né i “lisci” di Godin, spesso fuori posizione e poco reattivo, né tantomeno la costante mancanza di filtro davanti alla difesa di Mario Suarez, che a me pare sempre più un peso, inutile e talvolta dannoso.


Di gioco se ne è visto poco, da una parte e dall'altra, ma fondamentalmente come conseguenza di una partita tirata e giocata a ritmi altissimi: difficile controllare il pallone a certe velocità, difficile sfuggire al pressing degli avversari, complesso anche gestire una manovra armonica. Tuttavia, l'Atletico ha cercato, spesso riuscendoci, di fare la partita, dimostrando una volta di più che non vive di solo contropiede, come a molti piace dire e scrivere, né che l'unico schema in avanti sia il lancio in profondità per lo scatto di Diego Costa.


Il brasiliano naturalizzato spagnolo ha giocato, ancora una volta, una signora partita, ma ha evidenziato la solita punta di egoismo che lo porta spesso a sprecare con tiri impossibili palloni che potrebbero essere messi siu piedi dei compagni. Su questo però non voglio essere eccessivamente severo: in fondo ha ragione chi, anche su questo blog, sottolinea una certa mancanza di velocità in avanti. Non è certo colpa di Diego Costa, per intenderci, se corre a una velocità tripla rispetto agli altri e così, quasi sempre, si trova solo in avanti, spesso troppo proteso a sfruttare l'attimo per avere anche il tempo di guardarsi attorno e aspettare i compagni che ancora devono superare la linea dei venticinque metri. Anche perchè molto spesso questo tipo di lavoro gli viene chiesto da Simeone stesso: altrimenti non si spiegherebbe il suo stazionare molto avanti in fase di non possesso, spesso sganciato da compiti di pressing sul primo portatore di palla avversario, né il fatto che come partner di attacco gli sia affiancato sempre più spesso Raul Garcia, sostegno del centrocampo più che del reparto avanzato.


Bene invece la condizione atletica, il che fa ben sperare per la fine della stagione. È vero che, alla fine, i biancorossi erano molto stanchi, ma lo erano anche i baschi e questo a causa dell'altissimo ritmo del match. Di fatto, i rojiblancos hanno corso fino alla fine, secondo un copione abituale ad inizio anno ma decisamente più raro a questo punto della stagione (un rapido sguardo alle altre squadre europee lo conferma).


Infine, splendida la condizione d'animo: una squadra pugnace, convinta dei propri mezzi ma umile nelle proprie salde convinzioni. Ripeto, non so se vinceremo (Dio solo sa quanto me lo auguro...), ma una cosa è certa: più che le squalifiche, gli infortuni, gli episodi, sarà la perseveranza nel Cholismo il vero strumento di un possibile successo.



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Athletic: Iraizoz; Iraola, San José, Laporte, Balenziaga; Iturraspe; Susaeta (Guillermo, m. 71), Mikel Rico, (Beñat, m. 82) De Marcos (Toquero, m. 77), Muniain; y Aduriz. No utilizados: Herrerín, Erik Morán, Etxeita y Saborit.



Atlético: Courtois 6; Juanfran 6,5, Miranda 6,5, Godín 5, Filipe 6,5; Sosa 6 (Arda, m. 56 6), Suárez 5, Gabi 7, Koke 7,5; Raúl García 6 (Cebolla Rodríguez, m. 82 sv); y Diego Costa 7 (Villa, m. 90 sv).
No utilizados: Aranzubia, Tiago, Anderweireld y Diego.



Goles: 1-0. M. 5. Muniain eleva por encima de Courtois. 1-1. M- 21. Error de Iturraspe en el pase y Diego Costa bate a Iraizoz. 1-2. M. 55. Koke, de cabeza.
Árbitro: Teixeira Vitienes II. Amonestó a Gabi, Godín, Iturraspe y Laporte.
Nuevo San Mamés: 35.000 espectadores.