martedì 22 dicembre 2015

Ciclotimia


Dicesi “ciclotimia” un disturbo dell'umore caratterizzato dall'alternanza ingiustificata tra periodi di depressione e torpore letargico e periodi di iperattività, creatività ed ottimismo. Curarla è difficile, perché non ne è nota la causa. Spesso persino individuarla e diagnosticarla è complesso.

Più passa il tempo, più guardo le partite dell'Atletico, più mi ritrovo a domandarmi se i colchoneros siano una squadra ciclotimica: intere partite preda di una inspiegabile apatia, come ad Astana, seguono partite di grande vitalità e di splendido gioco, come quella contro il Valencia.
Addirittura, chi ha visto la partita di La Coruña lo potrà confermare, l'Atletico cambia completamente atteggiamento, direi quasi fisionomia, da un tempo all'altro: a 45 minuti di ottimo livello, degni eredi della partita col Valencia, è seguito un secondo tempo privo di qualunque spunto, di una qualsivoglia idea di calcio che non fosse lanciare la palla in tribuna.
Anche a Malaga, l'altro ieri, è successo (sia pur in piccolo) lo stesso: un primo tempo in cui “è mancata l'intensità” (testuali parole dei protagonisti) ha lasciato spazio a una seconda metà accettabile (ma niente di più), purtroppo rovinata da una grave ingenuità di Gabi.

Da San Sebastian, gara oggetto del mio ultimo post, ad oggi, si sono succedute partite di ogni tipo: vinte con merito, artigliate con fortuna, sofferte oltre ogni dire, stravinte nel gioco ma non nel (miserrimo) punteggio. Una varietà notevole, anche se nel segno di un gioco che è sembrato, per lunghi tratti, convincente e bello: Lisbona, Granada, le due in casa con Galatasaray ed Espanyol, tanto per citare alla rinfusa.
Di fatto, c'era di che essere soddisfatti: 15 partite senza sconfitte, primo posto in Liga e in Champions'. Ad uno sguardo superficiale, c'era proprio da esserne soddisfatti.

Lo ripeto, perché sia chiaro: ad uno sguardo superficiale.
Già, perché vi sfido a trovare una sola partita, di queste quindici, in cui il gioco sia stato costante. Si gioca bene per mezz'ora e male per un'ora. O il contrario. O anche solo per 10 minuti. Si segna subito e non si combina più nulla per il resto della partita. O si arriva davanti al portiere avversario ogni 15 secondi e si porta a casa un misero gol. Si domina il match, si segna un gol a fatica e poi si corre il rischio di farsi infilzare come polli al novantesimo.

Lo so, molti non sono d'accordo col mio pessimismo e trovano conforto nei numeri, nel primato, nei molti cambi rispetto all'anno scorso e nella gioventù dei nostri ragazzi. Tutto vero, ci mancherebbe.
Però ciò non toglie che la squadra una chiara identità non ce l'abbia (siamo andati a Malaga convinti di averla ormai trovata e ne siamo usciti con le ossa rotte), che giochi a strappi e che quasi tutti i nostri giocatori non riescano a infilare più di tre partite di fila ad alto livello: quando gira Griezmann, non lo fa Koke; quando Gabi, non Gimenez; quando Saul, non Filipe (metteteci pure qualunque nome di vostro gradimento, il risultato non cambia). E poi attaccanti dal rendimento pietoso; acquisti che non riescono a dimostrare il loro valore o che, quando devono dare un segnale importante, si inabissano e spariscono (Correa? Vietto?); altri di cui siamo in attesa da mesi (Jackson); vecchie colonne che corrono come galline senza testa e non la prendono mai (Fernando Torres).

Com'è possibile, io mi dico, essere ancora a questo punto?
Uscite per un attimo dalla logica della doppia contestazione “Il calendario è stato difficile e la stagione finora è buona” (certo, i numeri dicono questo e non si discute) e “Bisogna avere fiducia nel Cholo, a lui dobbiamo tutto” (altroché!!! Chi non ce l'ha, si compri “Atleti, de muerto a campeón” di Rubén Uría: senza Simeone, il club sarebbe fallito, lo sappiamo benissimo tutti. Preghiamo perché il Cholo rimanga in eterno).
Uscite da queste due affermazioni, tanto profonde e veritiere quanto, paradossalmente, banali e generiche.

Uscitene. E poi fatevi queste tre domande:

Pensate veramente che, con questa media-gol asfittica (poco più di un gol a partita), possiamo veramente vincere la Liga e/o la Champions'?

La colpa di tutto ciò è solo della scarsa forma degli attaccanti o anche di una squadra che spesso se ne sta ripiegata su se stessa? Tra l'altro, qualcuno è riuscito a capire se questo capita per volere di Simeone o per eccesso congenito degli undici in campo? Perché alcune volte è sembrato quasi che i giocatori fossero più realisti del re...

Avete notato che la squadra è sembrata più sciolta proprio quando, a causa dell'infortunio di Tiago, Simeone è stato costretto a venire meno al suo credo e a far giocare, insieme a Ferreira-Carrasco, un Saul e/o un Oliver decisamente meno apprezzati del portoghese per la loro inferiore disciplina tattica? Tra l'altro, la squadra fin da agosto sembra aver perso alcune caratteristiche peculiari del Cholismo (la terribile efficacia sottoporta, l'abilità nei calci piazzati, una fisionomia ben precisa di gioco), senza aver guadagnato nulla dall'iniezione di tecnica e gioventù di quest'estate.
 

Qui non si tratta più di aver fiducia o riconoscenza nel Cholo, a mio parere. Ne ho in abbondanza, come questo blog dimostra (il che non significa accettare acriticamente ogni cosa che fa). Tra l'altro, non dimentico mai un paio di dettagli: pagano lui per fare l'allenatore, non me (e lui ne sa di più); vede i ragazzi tutti i giorni in allenamento, io no.

Qui si tratta di guardare in faccia la realtà. Signori, non nascondiamoci dietro a un dito: questo è l'anno in cui decidere cosa vogliamo fare da grandi. E non si diventa grandi con un gol a partita, con Gabi come perno del gioco o con Fernando Torres come attaccante centrale. Ma non è neppure (solo) una questione di nomi: è questione di identità di gioco, di bravura nel cogliere le occasioni, di capacità di intimidire gli avversari non solo con la ferocia agonistica ma anche grazie alla abilità tecnica.

La vera domanda, io credo, è questa: vogliamo che questo sia il nostro massimo, o crediamo fermamente che possiamo spingerci oltre?


Ognuno ci pensi su e dia la propria risposta e, se crede, la condivida qui sotto.
Io vi do la mia: sono quasi trent'anni che seguo l'Atletico. In questi trent'anni mi sono sorbito una quantità di umiliazioni infinita, dal Gilifato a risultati sconcertanti (dicono niente nomi come Groningen e Politehnica Timisoara? E i 14 anni senza vittorie nel derby?), dalla gestione Rubí a due anni di Segunda Division. Ora, grazie a Simeone (e solo a lui, lo ripeto per l'ennesima volta), vivo qualcosa che non avrei mai immaginato di vivere. Bene, voglio di più.

Voglio di più e mi domando perché non dovrebbe essere lecito.

martedì 20 ottobre 2015

Real Sociedad – Atletico Madrid 0-2: economia in salsa francese


Il bello del calcio è che si tratta di una religione che ammette moltissime interpretazioni: contropiede, calcio totale, verticalità esasperata, palleggio insistito e chi più ne ha più ne metta. Nonostante la storia del calcio sia piena di fasi di integralismo spinto, dall'era del 4-4-2 o morte al tiki-taka o alla moda del momento, il gegenpressing (solo per citare gli ultimi anni, ovviamente), i rivolgimenti ci sono sempre stati, alle volte brutali e inaspettati.
Per di più, la stessa squadra è ritenuta assai abile, almeno all'occhio moderno, se nella stessa stagione, meglio ancora nella stessa partita, riesce a variare modulo, schemi di gioco, equilibrio complessivo, posizione del baricentro.

Consapevole di tutto questo, ogni volta mi accingo a guardare l'Atletico con spirito zen, aperto alla novità ma consapevole dell'importanza di accogliere ciò che arriva, però trovo sempre la stessa cosa: il nulla.

Non c'è verso, questa squadra non funziona. Punto. Poi, certo, possiamo parlare della sosta per le nazionali, del difficile campo dell'Anoeta (anche quest'anno? Ma dai...), della necessità di dosare le forze, del fatto che in classifica siamo lì, del torpore di Jackson Martinez e degli episodi sfortunati. Però, se usciamo dalla mera logica economica (calendario molto più difficile delle altre, ma tanti punti comunque = ottimo risultato e soprattutto ottima posizione in prospettiva), dobbiamo confessarci che lo spettacolo è penoso.

Peggio, tocca dirci che il gioco non esiste. A me, personalmente, costa sempre più fatica rimanere davanti al computer a sorbirmi una noia fatta di sovrapposizioni, diagonali e baricentro basso. Tutti movimenti che conosco a memoria e non mi emozionano più, perché mi sembrano ormai non il mezzo, bensì quasi lo scopo delle partite dei colchoneros.

Ormai il copione, fatte salve le gare in cui neppure siamo scesi in campo (Villareal, per esempio), è lo stesso: forcing iniziale, gol, difesa nella propria metacampo, spesso senza neppure cercare il contropiede.

La partita di San Sebastian è stata orrenda, senza se e senza ma. Non mi aspetto il calcio-champagne, anche se a questo punto uno si domanda perchè quest'estate siano arrivati determinati calciatori, ma neppure una squadra che segna su uno spunto individuale eccezionale e poi rinuncia a giocare. Con gli uomini adatti al contropiede, l'Atletico ha semplicemente smesso di giocare dopo 14 minuti.
Personalmente, credo di aver visto solo palloni lunghi in avanti, baricentro bassissimo (e poi ci lamentiamo delle ammonizioni...), ritmo soporifero e tackles alla disperata (quello di Gimenez sarà pure un atto eroico, come dice il Cholo, ma anche il segnale di dove fosse il baricentro della squadra nel finale della partita).
Il tutto con in campo gente del calibro di Correa, Griezmann, Jackson e poi Fernando Torres e Ferreira-Carrasco. Con il francese finalmente riportato al suo ruolo naturale, invece che disinnescato sulla fascia (e ha segnato ancora, ma guarda un po'...), ma l'argentino invece costretto a portare la croce sulla fascia come un Mario Suarez qualunque.
Dopo il gol, si è fatta economia di tutto: gioco, corsa, fiato.

Se la Real avesse avuto un attaccante anche solo decente, saremmo finiti nei guai, mi pare chiaro. E a chi dice e scrive che San Sebastian è un campo difficile (il Cholo in primis) mi sento di rispondere che in questa affermazione si annida già il germe della contraddizione: se è così, e se gli avversari sono così forti, forse non si può vivacchiare sul golletto di vantaggio senza fare nulla, perchè subire il pareggio non è poi così difficile.

Le settimane passano e non si vedono miglioramenti, mi spiace dirlo. Anzi, aggiungo un'altra cosa: il vero Atletico l'ho visto solo contro il Siviglia e, in parte, contro il Galatasaray.
Possibile che solo in questa squadra la gente faccia fatica ad adattarsi e che questo adattamento debba sempre e solo coincidere con il lavoro difensivo? Quando accadrà che sia la squadra ad adattarsi alla massiccia dose di talento che, almeno sulla carta, ha guadagnato sul mercato estivo e potrebbe mettere in campo?

Se ragioniamo col metro dei punti conquistati, possiamo vedere il bicchiere mezzo pieno, ma rischiamo di non cogliere i motivi per cui rischia di svuotarsi completamente.
Spero che il Cholo ne sia consapevole, anche se sembra sempre muoversi a tentoni.

Note positive
Griezmann: poche storie, dall'inizio dell'anno È l'Atletico. Quando gioca, si va; altrimenti, si affonda. Il gol è un'autentica prodezza, non devo certo dirlo io. Speriamo che non gli venga il raffreddore.
Carrasco: entra e regala un po' di vita a una squadra asfittica e fossilizzata. Si sbatte in difesa e anche in attacco.

Note negative
Gabi – Tiago: lenti, macchinosi, impegnati solo nel controllare la propria zona di pertinenza e mai nel proporre gioco. Se proponi un centrocampo così perché pensi di costruire il gioco sulle ali, poi sugli esterni deve avere dei portenti, non giocatori fuori ruolo a cui chiedi principalmente di coprire la propria zona.





Real Sociedad: Rulli; Zaldua, Reyes, Iñigo Martínez, De la Bella; Bergara (Pardo, m. 83), Illarramendi; Vela, Canales (Bruma, m. 73), Zurutuza (Jonathas, m. 83); y Aguirretxe.
No utilizados: Olazabal, Mikel González, Xabi Prieto y Yuri.


Atlético: Oblak 6; Juanfran 6, Giménez 6,5, Godín 6,5, Filipe Luis 6; Gabi 5,5, Tiago 5,5, Koke 6,5; Correa 5 (Carrasco, m. 62 7), Griezmann 8 (Saúl, m. 86 sv) y Jackson 5 (Fernando Torres, m. 64 6).
No utilizados: Moyá, Siqueira, Óliver y Savic.






Goles: 0-1. M. 9. Griezmann. 0-2. M. 90. Carrasco.
Árbitro: Iglesias Villanueva. Expulsó a Reyes por doble cartulina amarilla (m, 89) y a Jonathas (m. 90). Amonestó a Giménez, Correa, Godín, Bergara, De la Bella, Filipe Luis, Pardo y Gabi.
25.644 espectadores en Anoeta.

martedì 13 ottobre 2015

Si fa presto a dire gol... (Appunti sparsi dopo Benfica e Real)


Ammetto che, abituato a vedere nel Cholo Simeone una figura granitica dalle idee chiare e nette, ultimamente mi trovo un po' a disagio nell'osservarne le mosse. Mosse che a me paiono assai confuse, da apprendista stregone che manipola e mescola a caso ingredienti di cui ha solo una vaga idea nella speranza di azzeccare la formula giusta.

Molti di voi diranno che sto esagerando, e probabilmente hanno dalla loro una buona parte di ragione, ma nessuno potrà togliermi dalla testa l'impressione che il buon Diego si sia comportato, finora, come un Mourinho qualsiasi, capace solo, quando se la vede brutta, di buttare in campo tutti gli attaccanti che si ritrova accanto in panchina.
Come spiegare, d'altra parte, il fatto che più volte i cambi avvenuti subito dopo l'intervallo abbiano completamente cambiato il volto della squadra? Il problema è annoso, però reale: formazione iniziale sbagliata o grande capacità di cogliere il momento giusto per indirizzare la partita?

Considerata la tendenza di Simeone a ritardare il più possibile i cambi, direi la prima. Tuttavia, il problema non sarebbe neppure questo, a mio avviso.
Infatti la vera questione è che tipo di formazione e di gioco avesse in mente il Cholo quest'estate, quando la rosa della squadra è stata confezionata abbastanza velocemente e gli uomini sono stati a disposizione fin da subito. Uomini scelti da Simeone stesso, o quantomeno da lui stesso approvati, diciamolo chiaramente. Certo, Kranevitter arriverà solo a gennaio e Thiago Motta, dopo tanto lagnarsi, non si è mosso da Parigi; però, siamo sinceri, davvero avrebbero spostato gli equilibri? O, per meglio dire, davvero avrebbero permesso di sviluppare un gioco che, al momento, invece, latita?

Perché la verità, a dirla tutta, è molto semplice: questo Atletico non ha un gioco. Bello o brutto, speculativo o artistico, efficace o poco concreto non importa: non c'è. Finora, abbagliati da Griezmann, non ce ne eravamo accorti, ma ora la cosa balza all'occhio.
Quale sarebbe il modulo, tanto per dire? Perché gli uomini che sono stati presi in avanti sembrano tagliati per il 4-3-3, ma chi è rimasto a centrocampo non proprio, per esempio. (Non entro nel merito delle cessioni, cui dedicherò un post che aspetta nel cassetto da quest'estate: in sintesi, tutti quelli che se ne sono andati l'hanno voluto, quindi il club non ha responsabilità). Tra l'altro, resto dell'idea che questo modulo frullasse nella testa del Cholo già dall'anno scorso, quando forse aveva accarezzato la possibilità di schierare ogni tanto un tridente Griezmann – Mandzukic – Cerci, con Arda a sostegno e/o in sostituzione di uno degli esterni. Per un modulo così ci vuole però, a centrocampo, gente abile coi piedi e di grande dinamismo, cosa che non sono né Gabi (peraltro in crescita), né Tiago, per quanto non se la stiano cavando male. Oltre a Saul e Koke, io non vedo nessuno, però.
Anche su quest'ultimo ci sarebbe da scrivere un romanzo: quanto tempo è che Simeone ne parla come futuro play-maker? Almeno un anno. Da quanto gioca in quel ruolo? Beh, la risposta la conoscete già.

Il gioco non c'è perché non ci sono né una formazione-tipo, né uno schema di riferimento chiaro. L'abituale 4-4-2 è imbastardito continuamente dalla posizione anomala di Griezmann, cui vengono tarpate le ali da goleador per fornire equilibrio alla squadra. Il 4-3-3 compare solo quando il francese avanza, mal supportato dietro da Filipe, che non è ancora quello che conoscevamo. Mi pare che troppi uomini si sfianchino nel tenere in piedi un sistema di gioco in cui non si sentono a proprio agio e nel quale ancora non hanno capito che ruolo abbiano.

In più, la squadra non sa neppure bene che tipo di interpretazione dare del proprio stare in campo: contropiede? Gioco manovrato? Un po' e un po'?
Come ho spiegato più volte, chi ritiene Simeone un allenatore da contropiede grezzo non ha capito nulla: il suo primo Atletico si adattava meravigliosamente alle varie fasi della partita, così come quello che vinse la Liga e sfiorò la Champions'. Erano squadre armoniche, abili nel difendersi e ripartire come nel battere l'avversario con la manovra, capaci di difendere basso, così come di pressare alto per rubar palla già nella metacampo avversaria. La loro manovra, contrariamente a quanto scrivono gli ignoranti, sapeva essere fluida, anche se il tasso tecnico non era comunque tale da superare agevolmente le difese munite e di buon livello.

Ora invece mi pare che Simeone vada a tentoni, cercando di trovare una quadratura del cerchio che però sfugge, anche perché l'argentino non sembra avere ben chiara neppure la direzione in cui muoversi. Le ultime due partite, come quella contro il Villareal, hanno dimostrato che la squadra solo a sprazzi sembra essere consapevole di quanto dovrebbe fare e probabilmente anche di quanto vorrebbe fare. E sempre perché viene trascinata da sprazzi di singoli giocatori, non da un'idea collettiva. Per gran parte del match si limita a ruminare un calcio poco propositivo e discretamente statico.
In un contesto così fluido, bastano alcune disattenzioni difensive (contro Benfica e Real clamorose...) per indirizzare negativamente il match.

Aspetto che il Cholo si chiarisca le idee, perché la squadra c'è e mi pare anche migliore dell'anno scorso. Però aggiungo che a centrocampo la coperta è corta, sia sul piano della qualità che dell'età, e davvero non vedo come questo possa non essere un problema nel corso della stagione. Anzi, a ben vedere lo è già, se non si trova un regista e se bisogna sacrificare il nostro miglior attaccante all'ala.

lunedì 28 settembre 2015

Villareal – Atletico Madrid 1-0: giocando a nascondino...


Seconda sconfitta in sei gare per gli uomini di Simeone. Peggior inizio di campionato da quando l'allenatore argentino siede sulla panchina dei colchoneros, recitano le gazzette, e pazienza se si tratta anche del più difficile che io ricordi: arrivare terzi e affrontare le prime sette del campionato precedente nelle prime 10 giornate è roba da primati, da chiedersi come diavolo venga stilato il calendario della Liga.
Tuttavia, dato a Cesare quel che è di Cesare, non possiamo nasconderci dietro a un dito ed ignorare un paio di questioni tanto evidenti quanto penose.


La prima è che il livello della Liga si è alzato. Villareal e Celta hanno lavorato bene negli ultimi anni, costruendo tassello dopo tassello squadre di buon livello anche se di poca fama ed ora passano all'incasso. Lo so che non è mai bene citarsi ed elogiarsi, ma lo farò lo stesso, anche se posso risultare inelegante (poi spiegherò perchè): giorni fa, in una discussione con altri tifosi italiani dei colchoneros, avevo messo in guardia da queste due squadre. E tutti a dirmi: ma dai, ma non durano mica, noi dobbiamo guardare al Siviglia e al Valencia (a proposito, è appena dietro di noi, così, per dire...), di certe squadre non dobbiamo neppure interessarci! E io: guardate che lo stesso ritornello si sentiva anche per sevillistas e valencianos lo scorso anno e sappiamo bene com'è finita...
Naturalmente, sono io il primo a non essere felice di aver avuto ragione. Naturalmente, so anch'io che siamo superiori a Villareal e Celta e che dovrebbe essere nell'ordine naturale delle cose, nel corso della stagione, sopravanzare entrambe. Però il discorso che facevo e faccio ancora è diverso: sono abbastanza forti da metterci sotto quando le affronteremo (sissignori, anche al ritorno) e da farci perdere punti preziosi. A me non importa niente se saremo finiti davanti a loro a fine campionato; a me interessa quanti punti avremo perso a causa loro e dove avremmo potuto essere in classifica altrimenti. Ora, per dire, siamo quinti a meno quattro dalla vetta, quando avremmo ragionevolmente potuto essere primi a pari punti col Barça e con un vantaggio minimo sul Real.


La seconda questione dalla quale non possiamo davvero scappare è la seguente domanda: non è che finora la forma smagliante di Griezmann abbia distratto un po' tutti, me compreso (ed ecco la spiegazione cui facevo riferimento: mi cito anche quando sbaglio...), dall'osservare che questo Atletico non ha ancora uno straccio di gioco là davanti? Finora non ci avevo fatto caso, ma la fatica inumana che i colchoneros hanno fatto per portare la palla dal cerchio del centrocampo fino all'area avversaria mi è balzata agli occhi in maniera netta e chiara. Un ruminio incessante del pallone, con giocatori lenti, mai a dettare il passaggio nello spazio e sempre in attesa di ricevere la palla sui piedi. Un'evidente riaffiorare dell'aborrita e mai del tutto scomparsa Manzanite. Merito del Villareal, certamente, che ha applicato a noi la nostra stessa ricetta: gol, barricate e contropiede. Ma quanto demerito nostro? Quanto colpa di un attacco incapace di varcare le difese munite, statico e talvolta persino velleitario? E quanto di un centrocampo incapace di proporre un gioco fluido e persino un gioco di un qualche tipo?
Non esiste una formazione-tipo dalla cintola in su, fateci caso. Alzi la mano chi conosce la risposta anche a una sola di queste domande: il nostro centravanti titolare è Jackson o Fernando Torres? Griezmann è considerato un'ala o una seconda punta? Saul è un esterno o un centrocampista centrale? Quale sarebbe il ruolo di Correa? E quello di Vietto? E quello di Koke?


La mia sensazione è che Simeone, finora, non abbia ancora deciso a cosa vuole giocare e, così, si sia limitato a giocare a nascondino. Scelta deleteria, perchè dopo sei giornate la squadra naviga a vista, anche se le altre grandi non mi paiono messe meglio e comunque siamo lì, nel gruppo.
Tuttavia, anche se come suol dirsi “mal comune, mezzo gaudio”, non riesco a spiegarmi come mai il Cholo non abbia ancora finito di fare gli esperimenti, considerato che la rosa è stata completata molto presto e che, stando agli acquisti e alle dichiarazioni di Simeone, sembrava proprio che questo fosse l'anno di un cambio sostanziale nel gioco dei colchoneros. Sono stati presi molti giocatori di qualità e fin dai primi giorni di ritiro è stato sbandierato ai quattro venti il nuovo ruolo di Koke nel doble pivote. Di tutto questo non si è visto nulla. Mentre continua a vedersi uno spettacolo che va avanti da anni, quello di una squadra che, con avversari chiusi a riccio o che alzano il pressing fino alla nostra trequarti, fatica a creare gioco e a uscire dall'area palla al piede: non capita tutti gli anni di avere un Diego Costa a fare tutto da sé là davanti!
Così, nonostante le premesse di quest'estate, si va avanti così, con un Jackson spaesato che certo non si potrà ambientare giocando metà delle partite e non concludendone mai nessuna, un Fernando Torres che va a corrente alternata come d'altra parte Tiago, un Gabi in crescita ma che comunque non sarà mai un regista, un Koke che non viene mai schierato da regista anche se viene costretto ad essere tale, di fatto, ma partendo dalla fascia, un Saul che non gioca dove rende (al centro) per fare invece la finta ala.
Poi arriva la gara in cui la difesa non è impeccabile e la barca affonda: si prende un gol e non si recupera più, secondo costume della casa. Poi Oliver Torres comincia a calare, per mille motivi a me ignoti, e la luce, se manca anche Koke, si spegne del tutto.
Che manchi un regista dai tempi di... Schuster (volevo essere cattivo e dire Adelardo, che in ogni caso, come il tedesco, regista puro non era) è noto, che quest'estate Thiago Motta (!!!) fosse atteso come il Messia pure, che ora il giovane e ancora tutto da testare Kranevitter sia atteso nelle stesse vesti per dicembre anche.
Nonostante gli ottimi arrivi, alcuni difetti storici non sono mai stati sanati. Per assurdo, credo che questa possa essere, proprio per queste mancanze, più una squadra da seconda fase di Champions' che da Liga. Sarebbe un peccato, ma la mia sensazione è questa.


Per l'intanto, partido a partido, va benissimo. Ma urge una formazione-tipo, please, e un turn-over che non sembri andare a casaccio e spedire in tribuna gente che ha giocato benissimo la partita prima (Correa?) per far giocare altri che non hanno bisogno di calcare l'erba per entrare in sintonia con la squadra, quanto piuttosto di mesi di palestra per essere a livello degli altri (Vietto). Che in certi ruoli ci sia un chiaro titolare e una chiara riserva, soprattutto se quest'ultima ha dimostrato di non rendere allo stesso modo quando è in campo dall'inizio (Fernando Torres?).


Note positive
Correa: se l'Atletico, in qualche modo, riesce ad impensierire Aréola, è merito quasi esclusivamente suo, anche se non mostra la magia cui ci aveva abituato altre volte.

Note negative
Difesa: capita, ci mancherebbe, ma il centro-sinistra si trasforma in banda del buco e regala un gol impreziosito da fraseggio sulla nostra trequarti agli avversari. Guardare la posizione del trio Filipe – Gimenez -Godin sul gol di Baptistao per credere.






Villarreal: Aréola; Mario, Bailly, V. Ruiz, J. Costa; Jonathan (D. Suárez, m. 67), Trigueros (Pina, m. 77), Bruno, S. Castillejo; Soldado y Leo Baptistão (Nahuel, m. 46). No utilizados: Barbosa, Jokic, S. García y Rukavina.


Atlético: Oblak 6,5; Gámez 6, Giménez 5, Godín 5, Filipe 4,5; Óliver 5 (Correa, m. 66 7), Gabi 5,5 (Vietto,m. 46 4), Tiago 5,5, Saúl 6; Griezmann 6,5, Jackson Martínez 5 (Torres, m. 46 5).
No utilizados: Moyá, Savic, Juanfran y Thomas.



Goles: 1-0. M. 14. Leo Baptistão.
Árbitro: Fernández Borbalán. Amonestó a Griezmann, J. Costa, Tiago y Soldado.
El Madrigal, unos 23.000 espectadores.

giovedì 24 settembre 2015

Atletico Madrid – Getafe 2-0: tutto il resto è noia


A voler condensare la partita di martedì in poche, semplici parole, dovremmo scrivere qualcosa di simile: una zampata di Griezmann, novanta minuti di noia e velleitarismo, un altro colpo gobbo del francese, sempre più deus ex machina della squadra di casa. Semplicistico, ma non troppo lontano dalla verità.

Cosa resta, dunque, della partita dell'altro giorno? In realtà, una serie di riflessioni e di sensazioni che aprono scenari differenti e ancora tutti troppo immaturi per potersi anche solo intravvedere con chiarezza.

Resta l'azzardo di Simeone, che rivolta la squadra come un calzino e ne ottiene tre punti un po' casuali ma non immeritati. D'altra parte, la situazione del Cholo è sempre la stessa: se cambia, gli si rimprovera l'azzardo; se non lo fa, di insistere sempre sugli stessi uomini fino a logorarli. I cambi sono stati pesanti e sostanziali, ma sono avvenuti, è il caso di chiarirlo subito, nell'unico momento possibile: i prossimi 10 giorni propongono il trittico Villareal – Benfica – Real Madrid. Non proprio bruscolini, insomma.
Vista la profondità dei cambi, si può tra l'altro ipotizzare che in quei dieci giorni Simeone schiererà la formazione migliore e chiederà a tutti di stringere i denti e dare il massimo.
D'altra parte, i cambi sono stati certamente profondi, ma forse non così sostanziali come potrebbero apparire. Se infatti la vera identità di una squadra è data dalla sua spina dorsale, ecco che questa, in realtà, è rimasta intatta: Oblak, Godin, Gabi e Griezmann hanno visto il campo anche l'altra sera.
Di facce veramente nuove, ce n'erano solo due, Savic e Carrasco, che nel complesso non hanno demeritato, ma di sicuro sono sembrati ancora poco inseriti nel contesto complessivo della squadra.  
In ogni caso, intensità, concentrazione e gioco sono andati progressivamente calando, tanto da spingere Simeone a correre ben presto ai ripari, ancora una volta tramite sostituzioni “anticipate” rispetto ai canoni abituali. A questo proposito, però, mi sento di aggiungere una mia personale osservazione: certo Simeone non è uomo da proporre cambi a raffica in pochi minuti tra intervallo e inizio del secondo tempo, però è anche vero che, da quando è sulla panchina dei colchoneros, questo è forse il primo anno in cui la ricchezza delle alternative gli permette di azzardare di quando in quando questo tipo di mosse. Ergo, parere squisitamente personale, prepariamoci a vedere molto più spesso che in passato questi cambi improvvisi.

Che la concentrazione non fosse al massimo e che per di più sia andata scemando progressivamente nel corso della gara, è testimoniato anche dai diversi errori che hanno permesso al Getafe di godere di tre – quattro occasioni per segnare. Per fortuna l'equipo azulon si è rivelato piuttosto mediocre anche nelle conclusioni, oltre che nel gioco; ciò non toglie però che l'Atletico abbia pian piano concesso terreno agli avversari, peggiorando e ingrigendosi sempre di più.

Quando sembrava ormai che i colchoneros, sia pure sulle ali di un gioco asfittico e farraginoso, potessero portarsi a casa una vittoria con minimo di scarto, ecco il raddoppio firmato ancora una volta da uno straordinario Griezmann. Visto che Fernando Torres ha confermato che da titolare non ha la stessa forza che da riserva, che Jackson è apparso ancora un pesce fuor d'acqua e che Correa non ha sprigionato nessuna magia, bisogna davvero ringraziare il francese per questi tre punti.
Tra il suo primo lampo e l'altro, di positivo s'è visto ben poco. Però, siccome il campionato è lungo e certe partite sono inevitabili, godiamoci i tre punti e cominciamo a pensare a come fare lo sgambetto a Villareal e Celta, cresciute in maniera esponenziale nelle ultime settimane.


Note positive
Griezmann: il primo gol è da centravanti d'altri tempi, tutto riflessi e acrobazia; il secondo da opportunista nato, abile a farsi trovare nel posto giusto al momento giusto. Fossimo a Milano, diremmo el sègna semper lü...
Tiago: entra mentre la barca sbanda e subito rinserra le fila, guidandola in porto con tranquillità e togliendosi anche lo sfizio di iniziare l'azione del 2-0


Note negative
Oliver: il canterano non accende la luce, non difende e, per di più, con un retropassaggio sciagurato al 41' manda in porta gli avversari, anche se a evitare il patatrac di pensa San Oblak (tra l'altro, è il secondo errore di questo tipo in due partite per i colchoneros: contro l'Eibar era stato Juanfran con un retropassaggio di testa a sfiorare l'autogol).
Siqueira: rispolverato dalla naftalina, si prende uno dei gialli più stupidi e inutili della storia dopo soli tre minuti. Poi non spinge, non difende e si segnala per essere immancabilmente fuori posizione.



Atlético: Oblak 6,5; Juanfran 6, Savic 5,5, Godín 6, Siqueira 4,5; Saúl 6, Gabi 6,5, Óliver 5 (Tiago, m. 64 7); Griezmann 8, Carrasco 5,5 (Correa, m. 46 6), Fernando Torres 6 (Jackson Martínez, m. 56 6).
No utilizados: Moyá, Filipe Luis, Giménez, Vietto.


Getafe: Guaita; Damián, Vergini, Alexis, Vigaray; Medrán, Juan Rodríguez (Bernard, m. 81); Pedro León (Wanderson, m. 69), Víctor Rodríguez, Lafita (Álvaro, m. 78); Scepovic. No utilizados: Megyeri, Cala, Buendia, Sarabia.



Goles: 1-0. M. 3. Griezmann. 2-0. M. 89. Griezmann.
Árbitro: Álvarez Izquierdo. Amonestó a Siqueira, Alexis, Gabi, Tiago, Lafita
Vicente Calderón. Unos 45.000 espectadores


lunedì 21 settembre 2015

Eibar – Atletico Madrid 0-2: l'Angel custode


Tra le poche cose sicure di una Liga che al momento sembra regalare più sorprese (i tonfi in serie di Siviglia e Valencia, il volo del Celta) che certezze c'è sicuramente questa: vincere ad Ipurua, sul campo del piccolo Eibar, anche quest'anno sarà un'impresa. 
 
Lo hanno scoperto anche gli uomini di Simeone, che già l'anno scorso avevano penato per portare a casa una vittoria più rotonda nel punteggio che nella sostanza. Fin da subito, i padroni di casa hanno impresso alla partita un ritmo indiavolato, giocando in maniera attenta e attuando un pressing impressionante. Per la prima mezz'ora, non c'è stato spazio che per le difese, con i giocatori offensivi schiacciati nella morsa avversaria. Anche quelli biancorossi, ovviamente, che avevano il dovere di fare la partita, sia per il blasone dei colchoneros che per la presenza, ancora una volta, di Griezmann, Jackson e Vietto contemporaneamente in campo.
Questo impressionante schieramento di forze da parte di Simeone non produceva però un granché: in generale, i biancorossi diventavano ben presto padroni del gioco, ma non riuscivano a sviluppare la manovra per la fortissima pressione avversaria, oltre al fatto che le tre punte erano piuttosto imprecise sottoporta (su palle “sporche”, va detto). Inoltre l'Eibar non stava certo a guardare e cercava di colpire in contropiede, grazie soprattutto allo stato di grazia di una nostra vecchia conoscenza, Keko, che metteva letteralmente in croce Filipe Luis.
Apro una piccola parentesi per chi non sapesse nulla o quasi del nostro ex-canterano: compagno nell'Atletico B del quasi omonimo Koke, allora pareva essere un giocatore molto migliore del primo. Poi, come spesso accade, il nostro Keko non ha saputo confermare le sue grandissime qualità di ala dalla corsa indiavolata e dalla buona tecnica, mentre Koke, con umiltà e probabilmente con maggiore impegno e dedizione, è arrivato dove è arrivato nonostante mezzi tecnici inferiori. Lasciato libero dall'Atletico, ha vagato in Italia tra Catania e Crotone, poi è tornato in Spagna, in Seconda Divisione, dove è esploso nell'Albacete e si è guadagnato un ingaggio nell'Eibar. Intervistato prima della partita, non ha cercato scuse e ha lasciato intendere, senza mezzi termini, di aver peccato in mentalità, ma di essere migliorato molto sotto quell'aspetto (merito dei tre anni di panchina in Italia, mah...). Poi ha confessato di essere ancora un gran tifoso dell'Atletico e di guardare tutte le partite che può “con la maglietta addosso”. Che dire, se non che spero che un giorno possa tornare nel club dei nostri sogni? (E che vorrei tanto che la stessa cosa accadesse a Fran Merida? Ah, che splendido giocatore sarebbe stato e sarebbe ancora, con un altro carattere! Ma questa è un'altra storia...).


Deciso ad accelerare i tempi, Simeone cambiava ben due uomini nell'intervallo, con una mossa a sorpresa piuttosto aliena alle sue consuetudini: fuori Jackson e Vietto, dentro Fernando Torres e Oliver. All'inizio la mossa non pareva funzionare granché, perché la squadra faticava a metabolizzare il cambio e permetteva all'Eibar di avvicinarsi pericolosamente alla propria porta. Era un Atletico più tecnico e dal gioco più arioso, ma che concedeva qualcosa agli avversari. Sembrava proprio che potesse materializzarsi una beffa di un qualche tipo, ma dal cappello usciva il coniglio da tutti invocato più volte, nel corso di questo mese: Angel Correa. Entrato per un Koke in difficoltà, l'argentino ci metteva meno di 60 secondi per sfruttare con grandissima intelligenza tattica un meraviglioso assist di Fernando Torres e siglare il gol che spaccava la partita, per poi replicare 17 minuti dopo con un filtrante fantastico controllato e spedito in rete da un Fernando Torres formato “Euro 2008” (ricordate il gol in finale?).
Insomma, la premiata ditta Torres-Correa, col sostanzioso aiuto di Oliver, sbancava Ipurua e ci permetteva di rimanere in scia ai nostri avversari.


Note positive
Correa: poco più di un anno fa, ci disperavamo al pensiero che potesse non calcare più i campi di calcio. Ora, finalmente guarito, si rivela già alla prima occhiata per quello che è, un giocatore capace di spargere intorno a sé l'impalpabile ma ben evidente magia dei grandissimi.
Fernando Torres: onore al merito. Segna un gol fantastico e continua a spargere dubbi nella mente di Simeone, visto che Jackson non ingrana. Per me, rimane ottimo in questa sua nuova veste, quella da prima riserva che entra a partita in corso e che, anche quando capita che giochi titolare, si danna l'anima a tutto campo. Da titolare fisso, credo che perderebbe parecchio.


Note negative
Filipe: più e più volte bruciato da Keko, ma anche poco propositivo in avanti.
Tiago: appoggi sbagliati, palloni persi in zone pericolose del campo e in fase di avanzamento, insomma tutto il campionario che il portoghese offre ogni volta che gioca più di due partite di fila. E intanto in panchina resta Saul...
Vietto: il ragazzo si farà, ma per ora, complice la preparazione pesante, pare un orrendo incrocio tra la corsa senza costrutto di Salvio e la timidezza sottoporta di Pizzi. Finché permane a questo (basso) livello, preferirlo a Correa è un atto di lesa maestà.
Jackson: chiaramente fuori contesto tatticamente, non pare neppure avere grande lucidità sottoporta. Non è un clone di Diego Costa, lone wolf a cui bastava lanciare la palla negli spazi (anzi, alle volte gli spazi se li creava lui da solo), bensì un attaccante veloce e potente ma che, più che palla al piede, eccelle dalla trequarti in su in un contesto che lo supporta tatticamente. Ergo, né lui né i compagni si sono ancora sintonizzati sulla stessa lunghezza d'onda. Quando accadrà, non ce ne sarà più per nessuno.





Eibar: Riesgo; Capa, Dos Santos, Ramis, Luna; Escalante (Arruabarrena, m. 81), Dani García; Keko, Adrián (Borja Bastón, m. 71), Berjón (Verdi, m. 71); Sergi Enrich. No utilizados: Irureta, Pantic, Eddy Silvestre, Juncá.


Atlético: Oblak 6; Juanfran 6, Giménez 6,5, Godín 6, Filipe Luis 5; Gabi 6,5, Tiago 5, Koke 6 (Correa, m. 60 8); Vietto 4,5 (Óliver, m. 45 7), Griezmann 6,5, Jackson Martínez 5 (Fernando Torres, m. 45 8).
No utilizados: Moyá, Savic, Saúl, Carrasco.



Goles: 0-1. M. 61. Correa. 0-2. M. 77. Fernando Torres.
Árbitro: Hernández Hernández. Amonestó a Dani García, Escalante, Correa.
Ipurúa, unos 4.000 espectadores.

giovedì 17 settembre 2015

Galatasaray – Atletico Madrid 0-2: imparare dal passato


Dalle parti di Piazza Syntagma o di Piazza Taksim la prenderanno molto male, ma per me Grecia e Turchia pari sono. Calcisticamente, s'intende: squadre di buon livello ma niente di più, ambiente infernale, passione bruciante. Il che significa, in soldoni, trasferte scomode, anche se non sono più i tempi in cui sulla testa di giocatori e tifosi ospiti pioveva di tutto e si rischiava l'incolumità fisica.
Pertanto, memore della partita contro l'Olympiakos con cui avevamo cominciato la scorsa edizione della Champions', non ero per niente tranquillo. Figuratevi poi quando le gazzette hanno strillato che l'Atletico sarebbe sceso in campo col tridente Griezmann – Jackson – Vietto! Possibile che il Cholo osasse tanto in un contesto tanto difficile?
Come quasi sempre accade, la realtà si è rivelata molto differente: mai visto un Galatasaray tanto moscio e inconcludente, mai visto un Griezmann tanto spostato all'ala sinistra per un modulo che assomigliava tanto, ma proprio tanto, al 4-4-2 canonico. Intendiamoci, non è che il tridente non si sia mai visto, ma in fase di non possesso quella era la posizione del francese, per il resto libero di svariare in fase d'attacco.
Venticinque minuti e tutto era già finito, con Griezmann nelle vesti di cannoniere implacabile e i due attaccanti titolari piuttosto anonimi (meglio Vietto, in ogni caso). Bene anche Saul.
Altro da segnalare? Non mi viene in mente niente. Come ho già detto, è finito tutto in 25 minuti. Il secondo tempo, poi, è stato addirittura pleonastico. Meglio di così, quest'anno, la Champions' non poteva cominciare.


Note positive
Saul: corre, tampona, tiene la posizione e assolve al meglio la funzione di centrale.


Note negative
Jackson: spaesato, combina poco o nulla e arriva addirittura a far rimpiangere il Niño Torres




Galatasaray: Muslera; Sabri (Öztekin m. 46), Semih Kaya, Denayer, Carole; Hakan Balta; Podolski (Gümüs m. 71), Inan, Çolak (Umut Bulut m. 32), Sneijder; Yilmaz. No utilizados: Gönen, Günter, José Rodríguez, Adin, Sarioglu.


Atlético: Oblak 6; Juanfran 7, Giménez 6,5, Godín 6,5, Siquiera 6; Koke 6,5, Saúl 7 (Óliver m. 80 sv), Tiago 6,5, Griezmann 8,5; Vietto 6 (Gabi m. 62 6), Jackson Martínez 4,5 (Torres m. 60 5,5).
No utilizados: Moyà, Savic, Gámez, Correa.

lunedì 14 settembre 2015

Atletico Madrid – Barcellona 1-2: né carne, né pesce


Forse un big match contro il Barcellona non era l'occasione giusta per questo Atletico giovane e ancora da formarsi nel crogiuolo maneggiato dal Cholo Simeone, ma è difficile lasciare il Calderon senza la sensazione netta, precisa, che si sarebbe potuto fare di più.
 
Non è vero, come ho letto da più parti, che tutto sommato la partita sia stata alla pari e che solo l'ingresso di Messi abbia fatto pendere la bilancia da una parte. Non è comunque vero, allo stesso modo, che i colchoneros abbiano fatto pena, come si è scritto nei forum dedicati ai biancorossi (ah, il solito limite dell'isteria ciclotimica! Ma quando la smetteremo?).
Ciò che penso sia parso evidente a tutti è che i colchoneros non abbiano avuto la forza, più interiore che legata all'indubbio valore del Barcellona, di mettere in atto il piano che era stato preparato, vale a dire pressing alto e contropiede. Ben presto la squadra ha abbassato il proprio baricentro e ha cominciato a subire l'iniziativa dei blaugrana, non solo perché questi erano decisamente più in palla rispetto a Bilbao (dove il piano dei baschi era riuscito alla perfezione), ma anche perché tra i biancorossi non tutti correvano come avrebbero dovuto: molle Filipe, inesistente Koke, precocemente spento Tiago, non è rimasto granché su cui fare affidamento, giusto un Juanfran al di sotto del proprio standard, un Oliver in misteriosa difficoltà nel giocare la palla e un Griezmann copia sbiadita di quello che abbiamo imparato ad ammirare.
Di fatto, si è arrivati quasi subito al paradosso di una squadra cui il proprio allenatore aveva chiesto pressing alto e ripartenze veloci, secondo un copione certo conosciuto ma nei fatti utilizzato raramente, e che invece finiva per giocare secondo il proprio tipico abito mentale, quello della difesa profonda con molti uomini, se non tutti, al di sotto della linea della palla. Così facendo, però, i colchoneros si condannavano a ripartenze elaborate e, soprattutto, innescate troppo lontano dalla porta avversaria e condotte con pochi uomini, difetto cui era parso che il Cholo intendesse rimediare col mercato di quest'estate.
Non che il Barça, in realtà, abbia fatto meraviglie, ma da parte nostra si sono salvati giusto Torres e Gabi, finalmente tornato giocatore imprescindibile.
Pure, questa partita un po' fiacca abbiamo rischiato di vincerla, almeno finché la coppia Neymar – Messi non ha acceso il turbo. E che si potesse fare di più mi pare confermato dalla prima parte del secondo tempo, quando abbiamo finalmente giocato come avremmo dovuto e siamo riusciti a chiudere il Barcellona nella propria metacampo. Non a caso, infatti, l'Atletico segnava quasi subito, dopo una buona combinazione Griezmann - Tiago sulla metacampo avversaria e meraviglioso filtrante di quest'ultimo per Torres, che si involava e segnava l'ennesima rete della propria carriera ai blaugrana.
Poco dopo, però, Neymar segnava direttamente da calcio di punizione (solo io ho notato qualche sbavatura nella disposizione della barriera?), spegnendo l'entusiasmo dei biancorossi. A nulla valevano gli ingressi di Ferreira-Carrasco, Jackson e poi nel finale di Vietto: i colchoneros si chiudevano sempre più e Messi aveva buon gioco a segnare su disimpegno errato e laborioso dei padroni di casa sulla propria trequarti.

Che dire, in conclusione? Una sconfitta salutare, ma da non drammatizzare: il Barça è pur sempre il Barça, in primo luogo; ma soprattutto c'è chiaramente ancora molto lavoro da fare, se, quindici giorni dopo Siviglia, la forza mentale di allora pare essersi disciolta.
Ad maiora...


Note positive
Gabi: si danna l'anima in mezzo al campo, corre e imposta. Di più non può fare, stanti i suoi limiti tecnici. Ribadisco, si deve prendere il coraggio a due mani e affiancargli qualcuno di più tecnico e più dinamico di Tiago, come Koke o Saul.


Note negative
Koke: evanescente sulla fascia, non combina granché neppure quando viene accentrato nel 4-5-1 che a un certo punto viene proposto dal Cholo.
Filipe: sbaglia i tempi di inserimento in attacco e anche quelli di intervento in difesa. Decisamente una prova sottotono.




Atlético: Oblak 7; Juanfran 5,5, Giménez 6, Godín 6, Filipe Luis 4,5; Óliver 5 (Carrasco, m. 59 5,5), Gabi 7 (Vietto, m. 80 sv), Tiago 6, Koke 4; Torres 7 (Jackson Martínez, m. 61 5) y Griezmann 5.
No utilizados: Moyá, Savic, Saúl y Gámez.


Barcelona: Ter Stegen; Sergi Roberto, Mascherano, Vermaelen (Mathieu, m. 27), Alba; Rakitic (Messi, m. 59), Busquets, Iniesta; Rafinha, Neymar y Luis Suárez. No utilizados: Masip, Bartra, Munir, Sandro y Adriano.


Goles: 1-0 M. 50. Torres. 1-1 M. 54. Neymar. 1-2 M. 76. Messi.
Árbitro: Mateu Lahoz. Amonestó a Filipe Luis, Óliver, Giménez e Iniesta.
Vicente Calderón. 54.900 espectadores.



lunedì 31 agosto 2015

Siviglia – Atletico Madrid 0-3: Mister Hyde, I suppose...


Come volevasi dimostrare, non si fa in tempo a prendere una posizione un po' polemica, vale a dire di puntiglio, sul lavoro di Simeone, che il Cholo fa saltare il banco e dà una prova di forza a tutta la Liga.

Dopo la bontà da Dottor Jekyll esibita contro il Las Palmas, ecco dunque la ferocia implacabile da Mister Hyde, che stronca gli andalusi e annuncia la seria e convincente candidatura dell'Atletico alla vittoria in tutte le competizioni.
Perché se c'è una cosa che la partita del Nuevo Pizjuán ha detto, è che l'Atletico ha recuperato una condizione mentale eccezionale: non si spiegherebbero altrimenti né il primo tempo di pressing alto e asfissiante, né il secondo tempo di difesa a oltranza senza correre eccessivi rischi, condito da due pugnalate che hanno ferito a morte gli andalusi proprio quando pareva che potessero infine artigliare il pareggio.
Se volete, l'essenza del Cholismo è tutta in un'immagine: mai, nel bel mezzo della tempesta, nella difficoltà estrema, quando si sta per affogare, MAI cedere al panico e alla disperazione e cacciare la testa sott'acqua di propria volontà. Se mi passate la “botta” di ottimismo, penso proprio che sia tornata la squadra inaffondabile che l'anno scorso avevamo un po' perso.

Naturalmente questo non significa che non ci siano problemi e difficoltà su cui lavorare, ma la base, quest'anno, c'è. Basta solo gettare un piccolo sguardo alla panchina di ieri, roba da leccarsi i baffi. Argenteria che fino a pochi anni fa (o forse anche fino all'anno scorso...) potevamo vedere solo nelle vetrine delle boutique altrui. Bisognerà solo vedere se tutti risponderanno all'appello, se gli infortuni ci risparmieranno e se, cosa che mi preoccupa di più, il doble pivote offrirà qualcosa di più, qualitativamente, rispetto all'anno scorso. In questo senso, i primi segnali sembrano incoraggianti: Gabi sembra di nuovo in palla, mentre Tiago ha iniziato in discreta forma e si spera che, per quando arriverà l'inevitabile flessione del portoghese, Simeone abbia pensato alla contromossa (Koke? Saul?).

In ogni caso, Simeone ha sfoderato sin da subito una rara specialità della casa, vale a dire il pressing alto, per bloccare le fonti di gioco del Siviglia. Bloccata la transizione dalla difesa, ingabbiato Banega, gli andalusi, che pure avevano iniziato a spron battuto, hanno ceduto pian piano il pallino del gioco ai colchoneros e si sono ritrovati a dover inseguire. Sulle fasce, Koke e Oliver facevano il bello e il cattivo tempo, rallentando o accelerando la manovra a seconda delle necessità dei compagni, nascondendo il pallone a proprio agio e risultando imprendibili per i sevillistas. Come imprendibile era Griezmann, vera e propria freccia scagliata nella retroguardia andalusa. Proprio dalla sua pervicacia nel mantenere vivo un pallone, con assist praticamente da terra, nasceva il gol di Koke. Era il 35' e l'Atletico pareva padrone del match, come in effetti sarebbe stato fino alla fine del primo tempo.

Nel secondo tempo, però, la musica cambiava. La maggior spinta sulle fasce degli andalusi metteva alle corde i colchoneros, che finivano per rinserrarsi nella propria area. All'inizio, con un paio di contropiedi mortiferi, mettevano paura al Siviglia, ma l'inerzia di Fernando Torres, praticamente nullo, spuntava l'arma più temuta dell'Atletico e lasciava solo Griezmann.
Veri pericoli i colchoneros non ne correvano, tranne su un tiro di Llorente (non più solo e isolato davanti contro i difensori avversari), ma la sensazione era che il pareggio degli uomini di casa potesse arrivare da un momento all'altro e senza particolare scandalo.
Da un infortunio di Koke partiva però l'iniziativa di cambiare la squadra, dando molta più verticalità e velocità alla manovra in avanti: dentro Saul, Ferreira Carrasco e Jackson Martinez; fuori per l'appunto Koke, Oliver e Fernando Torres.
Così l'Atletico tornava a farsi pericoloso e, proprio nel momento meno atteso, a colpire gli avversari: un tiro da fuori di Gabi colpiva un avversario e batteva Beto. Poco dopo, una grande combinazione con Griezmann metteva Jackson in grado di calciare stupendamente da fuori area: 3-0 e, come nei sogni, senza neanche sapere bene il perché.
C'era persino tempo per un palo dalla lunga distanza di Griezmann, davvero scatenato, su assist di Jackson.

Risultato rotondo, probabilmente eccessivamente pesante per il Siviglia, ma che la dice lunga sulle ambizioni, la forza e la solidità di questo Atletico. Come al solito, solo le prossime partite ci daranno un quadro più definito, a cominciare dalla prossima contro i campioni in carica del Barcellona...



Note positive:
Griezmann: subisce un fallo da rigore in occasione del primo gol, quando nonostante tutto fornisce l'assist del 1-0; uno, bellamente ignorato dall'arbitro, all'inizio del secondo tempo; fornisce l'assist del 3-0; prende il palo allo scadere con una folgore dalla distanza. Una vera potenza.
Oliver: gestisce la palla con maestria e con maestria la distribuisce. Un altro giocatore rispetto a due anni fa, con più coraggio, più forza fisica e più prontezza mentale.
Ferreira Carrasco: gioca poco, ma fa intravvedere le sue potenzialità, con alcune sgroppate e alcuni tagli che fanno saltare i meccanismi difensivi del Siviglia.
Gabi: il capitano è tornato. Mente di nuovo concentrata sull'obiettivo, grinta, piede “caldo”. Forse la nota più lieta, per gli equilibri della squadra.


Note negative:
Fernando Torres: senza la sua abnegazione e il suo lavoro oscuro, la circolazione di palla del Siviglia sarebbe molto ma molto più scorrevole. Splendido, davvero. Peccato che di lavoro faccia il centravanti: non un tiro, non un dribbling, non un cambio di passo. Rami e Carriço non devono neppure alzarsi dal tavolino presso il quale sorseggiano il caffè per contrastarlo, perché, di fatto, si annulla da solo. Come solo rimane Griezmann per tutto il tempo in cui il Niño rimane in campo. Entra Jackson e l'Atletico segna due reti in sette minuti: solo un caso?


 

Sevilla: Beto; Coke, Rami, Carriço (Gameiro, m. 68), Tremoulinas; Krychowiak, Banega; Reyes (Konoplyanka, m. 65), Iborra (Krohn-Dehli, m. 65), Vitolo; y Llorente. No utilizados: Rico; Kolo, Mariano y Kakuta.


Atlético de Madrid: Oblak 7; Juanfran 6,5, Godín 6,5, Giménez 7, Jesús Gámez 6; Tiago 6,5; Óliver Torres 7(Carrasco, m. 70 6,5), Gabi 7,5, Koke 7,5 (Saúl, m. 64 6,5); Fernando Torres 5 (Jackson, m. 77 6,5) y Griezmann 8,5.
No utilizados: Moyà; Savic, Correa y Vietto.



Goles: 0-1. M. 35. Koke. 0-2. M. 78. Gabi. 0-3. M. 85. Jackson Martínez.
Árbitro: Clos Gómez. Amonestó a Krychowiak, Banega, Tiago, Godín, Griezmann, Konoplyanka, Juanfran
Ramón Sánchez Pizjuán. Unos 40.000 espectadores.

lunedì 24 agosto 2015

Atletico Madrid – Las Palmas 1-0: calcio d'agosto


Nuova stagione, nuovo stadio e nuova squadra.

O almeno così credevamo... Va da sé, quando si affronta una novità, ci si attende sempre qualcosa di meraviglioso e alla fine, inevitabilmente, si rimane delusi. Sì, perchè, in realtà, il favoloso maquillage del Calderon si è ridotto a una riverniciatura dei seggiolini, senza minimamente occuparsi dei problemi veri dello stadio; mentre il nuovo gioco promesso tra le righe dal Cholo durante l'estate è rimasto, appunto, negli spogliatoi.

In campo si è vista la medesima squadra di sempre, schierata in un 4-4-2 in cui, a parte i nomi sulle magliette, tutto era uguale: Jackson al posto di Diego Costa, Oliver al posto di Arda, Filipe al posto di... Filipe! (avrei voluto dire Siqueira, ma visto il fantasma che quest'ultimo è stato, non mi pareva il caso).
Niente Koke nel doble pivote, tanto per dire. E questa è forse stata la delusione più grande: dopo tanto fantasticare sulla nuova posizione e sulla necessità di dare più qualità alla manovra, Simeone schiera la solita, trita coppia di centrocampo Gabi – Thiago e lascia il canterano sulla fascia, come sempre. Il tutto non contro uno squadrone, ma di fronte a un Las Palmas dignitoso ma impegnato a difendersi per quasi tutto l'incontro.

Quindi, scomparsi gli esperimenti, del calcio d'agosto è rimasto il ritmo blando, la manovra farraginosa, gli schemi confusi. Pian piano l'Atletico, che aveva iniziato col piglio giusto ed era passato in vantaggio su calcio piazzato (altra vecchia e rassicurante specialità della casa...), si è andato spegnendo, rischiando in un paio di occasioni di subire il gol del pareggio. In particolare, al 71', solo un prodigioso intervento di Oblak ha evitato un gol già fatto su deviazione sotto misura di Aythami da calcio d'angolo.

Unico brivido, l'ingresso nel secondo tempo di Correa, che ha rivitalizzato il match e spinto il Cholo a proporre un 4-3-3 tagliato chiaramente su misura del giovane argentino.

Per la prima partita di Liga, può bastare, ma già a Siviglia, il prossimo turno, bisognerà fare molto di più.


Note positive
Griezmann: anche lui pare rimasto all'anno scorso. Corre, si sbatte ed è ovviamente il più pericoloso del gruppo. La punizione del gol, per quanto deviata dalla barriera, è un gioiello.
Correa: entra e regala subito una scossa elettrica al gruppo. Veloce, intraprendente, ficcante, rischia di essere la sorpresa di quest'anno. Per di più, si intende alla grandissima con Filipe.
Filipe: dove eravamo rimasti? Spinge e dà il massimo fin da subito, come se non se ne fosse mai andato.
Oliver: perde un paio di palloni in modo sciocco (occhio, perché Simeone non perdona...), ma si fa anche sentire con le sue aperture e la sua fantasia. Buona la prima, ma deve ancora crescere parecchio.
Oblak: due interventi, di cui uno prodigioso, dopo minuti e minuti di inattività. È il segno dei portieri da grande squadra...

Note negative
Simeone: Koke relegato sulla fascia, un doble pivote di puro contenimento, Saul in panca, per non parlare dell'artiglieria arrivata nuova nuova quest'estate. Va bene dosare le forze, va bene cambiare per gradi visti gli impegni pesantissimi delle prime dieci giornate di Liga, però qualcosa in più si poteva tentare, no?
Maglie: guardate bene i nostri da dietro... Ma chi diavolo siamo, l'Independiente di Avellaneda? Tutto quel rosso non si può vedere, stona totalmente con la tradizione. Le maglie degli ultimi anni mostrano chiaramente che si poteva fare qualcosa di carino senza stravolgerne l'essenza. E poi, è solo una mia impressione o il rosso vira pericolosamente verso lo scuro?





Atlético de Madrid Oblak 8; Juanfran 6, Giménez 6, Godín 6, Filipe 7; Óliver 6,5 (Correa, m. 64 7), Gabi 6,5, Tiago 6, Koke 6; Griezmann 7 (Raúl García, m. 81 sv), Jackson 5,5 (Torres, m. 59 5,5).

Las Palmas Raúl Lizoain; David Simón, Alcaraz, Aythami, Bigas, Dani Castellano (Willian José, m. 80); Roque (Momo, m. 64), Javi Castellano, Hernán (Vicente Gómez, m. 62), Viera; Araujo.

Gol:
1-0, m. 15: Griezmann, de falta directa, tras tocar en la barrera.

Árbitro: Prieto Iglesias (C. Navarro). Amonestó a los locales Juanfran (m. 57) y Fernando Torres (m. 84).

Incidencias: partido correspondiente a la primera jornada de la Liga BBVA, disputado en el estadio Vicente Calderón ante unos 45.000 espectadores.