martedì 11 marzo 2014

Atletico Madrid – Milan 4-1: inaffondabili, parte II


Negli ultimi tempi, si era fatto difficile immaginare come avrebbero affrontato una partita, una qualunque partita, i colchoneros. I facili pronostici di mesi fa sembravano essersi trasformati in miraggi, inganni tessuti da qualche strana divinità del calcio che desidera solo prendersi gioco delle nostre menti instillandoci apparenti sicurezze subito erose dal dubbio di trovarci ancora davanti al Pupas FC.
Assodato che la Grande Crisi era passata, rimaneva il dubbio che in Champions' i biancorossi potessero “deliziarci” con un'altra partita come quella di Milano: il tipo di prestazione che viene perdonata una volta, ma la seconda viene punita con un paio di reti.


Invece l'Atletico appariva in campo subito al massimo della forma, mentale e fisica: concentrato, aggressivo, tutto proteso solo a chiudere la partita nel modo più veloce e brutale possibile. Al terzo minuto, infatti, alla prima occasione, Diego Costa chiudeva la pratica: Gabi rubava palla a Essien, passava a Koke che, con un cross, pescava Diego Costa lasciato completamente solo da Rami sul secondo palo. Deviazione volante del nostro centravanti e partita apparentemente chiusa.


Però, ecco il però. Ecco il famoso doppio che sempre ci accompagna, ecco ancora una volta i segni di quella Manzanite che sembra sempre scomparsa ma che invece trova sempre il modo di venire alla luce, nei momenti più impensati. Come a Milano, anche stasera, dopo un grande inizio, l'Atletico si spegneva: arretrava progressivamente il baricentro, finendo per difendersi appena davanti all'area, senza tenere palla in avanti e anzi perdendo palloni su palloni in modo sciocco e, soprattutto, pericoloso.
Dopo una lunga fase di possesso palla milanista, apparentemente inoffensiva ma nella realtà decisamente minacciosa perchè mostrava un Atletico incapace di spezzare una trama semplice e fondamentalmente orizzontale, Kakà pareggiava di testa su cross di Poli dalla sinistra dei colchoneros: totalmente assenti, nell'occasione, sia Filipe che Juanfran.
Da quel momento, tanto per gradire, lo spirito del Pupas cominciava ad aleggiare su un Calderon raggelato: aumentavano gli errori di disimpegno fino a raggiungere una quantità imbarazzante, mentre la nave, ancora una volta, sbandava ripetutamente. Nel marasma, erano in pochi a mantenere la rotta: un gladiatorio Diego Costa, il Capitano e lo straordinario Miranda. Tutti gli altri giravano a vuoto, schiacciati da fantasmi sconosciuti e da una improvvisa perdita di fiducia nei propri mezzi. L'impressione era che, da un momento all'altro, i colchoneros potessero incassare il secondo gol.
Allora, non so perchè, continuava a venirmi in mente la mia definizione dell'Atletico come una squadra inaffondabile, accompagnata dalla consapevolezza che portenti ben maggiori come il Titanic avevano già ricevuto un tale pesante appellativo. E non era finita bene.


Nel nadir della propria partita, sul punto di spezzarsi, l'Atletico faceva appello, quasi inconsapevolmente, alla propria qualità più grande, il cholismo: un passaggio lungo veniva smorzato da Diego Costa ad Arda Turan proprio al limite dell'area; il turco tirava da fuori e la palla veniva deviata da Rami alle spalle di Abbiati. Proprio sul filo della capitolazione, emergeva la forte fame dell'Atletico, che ribaltava quello che sembrava un destino ormai scritto.


Da quel momento, la partita cambiava completamente: il secondo tempo era un monologo biancorosso, con l'Atletico impegnato ora nel gestire la gara, ora nell'affondare colpi micidiali ai demotivati rossoneri. Nel giro di un quarto d'ora l'Atletico segnava altre due reti, prima con Raul Garcia di testa su punizione, poi con Diego Costa, innescato da una giocata di Sosa e capace di liberarsi da un nugolo di difensori avversari prima di battere Abbiati con un tiro angolatissimo sul secondo palo.


La partita finiva così, con un Atletico molto superiore e un Milan incapace di concludere alcunchè, volenteroso ma privo della determinazione feroce che serve a certi livelli, oltre che inguardabile in difesa.


Note positive
Miranda: se la baracca regge, è fondamentalmente merito del brasiliano, monumentale nel suo gestire una difesa che in alcuni momenti, pur senza rischiare di disintegrarsi, iniziava sinistramente a scricchiolare.
Gabi: cuce, tampona, imposta e cerca anche di fornire assist a chi sta davanti. Visto che deve fare tutto da solo, credo gli si possa perdonare qualche inevitabile sbavatura.
Diego Costa: acrobatico, coraggioso e abile tecnicamente. Al Lagarto davvero non saprei cosa chiedere di più: porta subito in avanti la squadra, cerca di farla salire quando sbanda e suggella la vittoria con una giocata-capolavoro che disorienta un'intera difesa (quella del Milan, vabbeh, però sempre un gruppo di giocatori [quelli del Milan, vabbeh, però sempre un gruppo di uomini]).


Note negative
Mario Suarez: perde palloni su palloni, nei tackles, nei disimpegni, nei passaggi. Non solo il suo apporto difensivo è nullo, ma crea anche moltissimi problemi nella transizione offensiva. L'unica spiegazione che mi posso dare per la sua presenza in squadra (e forse anche in rosa) è la perdurante assenza di Tiago.




Atlético: Courtois 7; Juanfran 7, Miranda 9, Godín 7,5, Filipe Luis 6; Koke 7 (Diego, m. 80 sv), Gabi 9, Mario Suárez 4, Arda Turan 7 (C. Rodríguez, m. 77 sv), Raúl García 8 (Sosa, m. 72 6,5); y Diego Costa 9.
No utilizados: Aranzubía; Insúa, Alderweireld y Villa. 


Milan: Abbiati; Abate, Rami, Bonera, Emanuelson; De Jong (Muntari, m. 78), Essien (Pazzini, m. 68); Taarbat (Robinho, m. 46), Poli, Kaká; y Balotelli. No utilizados: Amelia; Zaccardo, Sciglio, Mexes y Muntari.
Goles: 1-0. M. 2. Diego Costa. 1-1. M. 27. Kaká. 2-1. M. 40. Arda Turan. 3-1. M. 71. Raúl García. 4-1. M. 84. Diego Costa.
Árbitro: Mark Clattenburg (GB). Amonestó a Rami, Raúl García, Balotelli, Bonera y Robinho.
Unos 54.000 espectadores en el Calderón.


2 commenti:

  1. Che significa pupas fc?

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  2. Significa qualcosa come "Sfigati Football Club", è il nomignolo che ci hanno appioppato anni fa e che pare anzi sia stato coniato da Don Vicente Calderon in persona dopo la finale di Coppa Campioni del 1974. C'è, in generale, in questo soprannome che molti tifosi colchoneros usano per parlare del comportamento imprevedibile della squadra un gusto autocommiseratorio che si ritrova anche nel famoso "Himno del Centenario" di Sabina: siamo così, è la nostra natura, etc etc

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