Negli
ultimi tempi, si era fatto difficile immaginare come avrebbero
affrontato una partita, una qualunque partita, i colchoneros.
I facili pronostici di mesi fa sembravano essersi trasformati in
miraggi, inganni tessuti da qualche strana divinità del calcio che
desidera solo prendersi gioco delle nostre menti instillandoci
apparenti sicurezze subito erose dal dubbio di trovarci ancora
davanti al Pupas FC.
Assodato
che la Grande Crisi era passata, rimaneva il dubbio che in Champions'
i biancorossi potessero “deliziarci” con un'altra partita come
quella di Milano: il tipo di prestazione che viene perdonata una
volta, ma la seconda viene punita con un paio di reti.
Invece
l'Atletico appariva in campo subito al massimo della forma, mentale e
fisica: concentrato, aggressivo, tutto proteso solo a chiudere la
partita nel modo più veloce e brutale possibile. Al terzo minuto,
infatti, alla prima occasione, Diego Costa chiudeva la pratica: Gabi
rubava palla a Essien, passava a Koke che, con un cross, pescava
Diego Costa lasciato completamente solo da Rami sul secondo palo.
Deviazione volante del nostro centravanti e partita apparentemente
chiusa.
Però,
ecco il però. Ecco il famoso doppio che sempre ci accompagna, ecco
ancora una volta i segni di quella Manzanite che sembra sempre
scomparsa ma che invece trova sempre il modo di venire alla luce, nei
momenti più impensati. Come a Milano, anche stasera, dopo un grande
inizio, l'Atletico si spegneva: arretrava progressivamente il
baricentro, finendo per difendersi appena davanti all'area, senza
tenere palla in avanti e anzi perdendo palloni su palloni in modo sciocco e, soprattutto, pericoloso.
Dopo
una lunga fase di possesso palla milanista, apparentemente
inoffensiva ma nella realtà decisamente minacciosa perchè mostrava
un Atletico incapace di spezzare una trama semplice e
fondamentalmente orizzontale, Kakà pareggiava di testa su cross di
Poli dalla sinistra dei colchoneros: totalmente assenti,
nell'occasione, sia Filipe che Juanfran.
Da
quel momento, tanto per gradire, lo spirito del Pupas cominciava ad
aleggiare su un Calderon raggelato: aumentavano gli errori di
disimpegno fino a raggiungere una quantità imbarazzante, mentre la
nave, ancora una volta, sbandava ripetutamente. Nel marasma, erano in
pochi a mantenere la rotta: un gladiatorio Diego Costa, il Capitano e
lo straordinario Miranda. Tutti gli altri giravano a vuoto,
schiacciati da fantasmi sconosciuti e da una improvvisa perdita di
fiducia nei propri mezzi. L'impressione era che, da un momento
all'altro, i colchoneros potessero incassare il secondo gol.
Allora,
non so perchè, continuava a venirmi in mente la mia definizione
dell'Atletico come una squadra inaffondabile, accompagnata dalla
consapevolezza che portenti ben maggiori come il Titanic avevano già
ricevuto un tale pesante appellativo. E non era finita bene.
Nel
nadir della propria partita, sul punto di spezzarsi,
l'Atletico faceva appello, quasi inconsapevolmente, alla propria
qualità più grande, il cholismo: un passaggio lungo veniva
smorzato da Diego Costa ad Arda Turan proprio al limite dell'area; il
turco tirava da fuori e la palla veniva deviata da Rami alle spalle
di Abbiati. Proprio sul filo della capitolazione, emergeva la forte
fame dell'Atletico, che ribaltava quello che sembrava un destino
ormai scritto.
Da
quel momento, la partita cambiava completamente: il secondo tempo era
un monologo biancorosso, con l'Atletico impegnato ora nel gestire la
gara, ora nell'affondare colpi micidiali ai demotivati rossoneri. Nel
giro di un quarto d'ora l'Atletico segnava altre due reti, prima con
Raul Garcia di testa su punizione, poi con Diego Costa, innescato da
una giocata di Sosa e capace di liberarsi da un nugolo di difensori
avversari prima di battere Abbiati con un tiro angolatissimo sul
secondo palo.
La
partita finiva così, con un Atletico molto superiore e un Milan
incapace di concludere alcunchè, volenteroso ma privo della
determinazione feroce che serve a certi livelli, oltre che
inguardabile in difesa.
Note
positive
Miranda:
se la baracca regge, è fondamentalmente merito del brasiliano,
monumentale nel suo gestire una difesa che in alcuni momenti, pur
senza rischiare di disintegrarsi, iniziava sinistramente a
scricchiolare.
Gabi:
cuce, tampona, imposta e cerca anche di fornire assist a chi sta
davanti. Visto che deve fare tutto da solo, credo gli si possa
perdonare qualche inevitabile sbavatura.
Diego
Costa: acrobatico, coraggioso e abile tecnicamente. Al Lagarto
davvero non saprei cosa chiedere di più: porta subito in avanti la
squadra, cerca di farla salire quando sbanda e suggella la vittoria
con una giocata-capolavoro che disorienta un'intera difesa (quella
del Milan, vabbeh, però sempre un gruppo di giocatori [quelli del
Milan, vabbeh, però sempre un gruppo di uomini]).
Note
negative
Mario
Suarez: perde palloni su palloni, nei tackles, nei disimpegni,
nei passaggi. Non solo il suo apporto difensivo è nullo, ma crea
anche moltissimi problemi nella transizione offensiva. L'unica
spiegazione che mi posso dare per la sua presenza in squadra (e forse
anche in rosa) è la perdurante assenza di Tiago.
Atlético:
Courtois 7; Juanfran 7, Miranda 9, Godín 7,5,
Filipe Luis 6; Koke 7 (Diego, m. 80 sv), Gabi 9,
Mario Suárez 4, Arda Turan 7 (C. Rodríguez, m. 77
sv), Raúl García 8 (Sosa, m. 72 6,5); y Diego
Costa 9.
No
utilizados: Aranzubía; Insúa, Alderweireld y Villa.
Goles: 1-0. M. 2. Diego Costa. 1-1. M. 27. Kaká. 2-1. M. 40. Arda Turan. 3-1. M. 71. Raúl García. 4-1. M. 84. Diego Costa.
Árbitro: Mark Clattenburg (GB). Amonestó a Rami, Raúl García, Balotelli, Bonera y Robinho.
Unos 54.000 espectadores en el Calderón.
Che significa pupas fc?
RispondiEliminaSignifica qualcosa come "Sfigati Football Club", è il nomignolo che ci hanno appioppato anni fa e che pare anzi sia stato coniato da Don Vicente Calderon in persona dopo la finale di Coppa Campioni del 1974. C'è, in generale, in questo soprannome che molti tifosi colchoneros usano per parlare del comportamento imprevedibile della squadra un gusto autocommiseratorio che si ritrova anche nel famoso "Himno del Centenario" di Sabina: siamo così, è la nostra natura, etc etc
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