Il
bilancio della stagione non può che cominciare, a mio giudizio, con
il più grande protagonista della seconda metà della stagione, cioè
Diego Simeone.
Comincio
col dire, senza nessuna paura essere smentito, che la vittoria in
Europa League è merito precipuo, e forse esclusivo, del Cholo.
Se
qualcuno non fosse d'accordo, vada pure a rileggersi a che punto
eravamo nel nadir della stagione. Chi avrebbe mai detto, allora, che
avremmo concluso la stagione con la terza coppa europea in tre anni?
La
finale contro l'Athletic è stato l'esempio sommo del
“Cholo-pensiero”: squadra corta, molto pressing a
partire dalla trequarti (per impedire la lucida ripartenza degli
uomini di Bielsa dalla difesa), impegno da parte di tutti.
Naturalmente,
questa tattica ha avuto anche risvolti negativi: Adrian e Arda
sfiancati in un oscuro lavoro di difesa sulle ali; un pressing che,
dopo il primo gol di Falcao, si è attestato sulla metà-campo,
rendendo più difficile e farraginoso il contropiede; una conseguente
difficoltà nel gestire la pressione dei baschi nei 10-15 minuti dopo
l'1-0 e nel periodo tra 70' e 77' (quando gli avversari ci hanno
ripetutamente graziati...). Tuttavia, credo che il problema sia più
negli uomini che nel modulo, ovverosia che, mancando qualità nel
mezzo del campo e mancando un po' di forza mentale là dietro nei
momenti topici, questi siano effetti collaterali inevitabili.
D'altra
parte, l'Atletico di Simeone non è stato solo difesa e contropiede,
come hanno sostenuto molti commentatori superficiali. La semifinale
di andata contro il Valencia ha mostrato un calcio tutto sommato
d'attacco, basato sempre sull'aggressività in difesa e su una
capacità di attesa variabile, a seconda dei momenti.
Proprio
la duttilità del pressing, pur nella sua continuità, è stato il
portato più evidente della gestione Simeone, almeno a livello
tattico: si è passati, nel corso delle stesse partite, da fasi di
attacco avvolgente a fasi di attesa sia sulla trequarti, che a
metà-campo, che al limite dell'area. In ogni caso, non si è mai
data la sensazione di difendersi e basta, ma di adattarsi alle
contingenze e all'avversario senza mai perdere di vista la necessità
di segnare.
Certamente
le cose non sono sempre andate come nei piani del Cholo, soprattutto
nella Liga, ma non credo che si possa fargliene una colpa: se Manzano
non avesse sprecato colpevolmente tutto il girone d'andata, se la
panchina non fosse stata così corta, se non ci fosse stata una
micidiale sequenza di partite ogni tre giorni per oltre due mesi,
staremmo a parlare di qualificazione alla Champions.
Ancora,
grande enfasi è stata posta anche sul lavoro dei due terzini,
chiamati a proporre nuove linee di passaggio in fase di ripartenza e
ad appoggiare l'azione d'attacco, un ruolo svolto alla grande da
Juanfran e Filipe, finalmente debitamente istruiti su cosa si volesse
da loro.
Il
gioco d'attacco ha certamente vissuto sui colpi dei singoli, come da
pura tradizione atletica, ma inseriti questa volta (ed ecco la novità
attesa da anni) in una trama di interscambi, sovrapposizioni e
giocate spalle alla porta. Eccezionali Falcao (anche nel gioco spalle
alla porta) e Adrian (nelle sovrapposizioni e negli inserimenti),
mentre Arda e Diego avrebbero potuto fare di più.
Quindi
quello del Cholo è stato oggettivamente un lavoro in profondità,
tanto più sorprendente se si considera che è stato svolto in cinque
mesi, con una squadra dagli evidenti punti deboli presa in corsa.
Naturalmente
non mancano gli aspetti che non mi hanno convinto:
In
primo luogo, non ha risolto la difficoltà ad andare in porta con
altri che non sia Falcao: a Diego e Arda, in particolare, andava
chiesta una maggiore presenza in zona-tiro.
Ancora,
trovo che Diego non sia stata la soluzione più adatta per rovesciare
il fronte: la sua abitudine a tenere eccessivamente palla ha
accentuato l'altro grande difetto dell'Atleti, cioè la tendenza a
uscire dall'area non con il gioco ma attraverso percussioni palla al
piede che, se comprensibili nei terzini, risultano ridicole in
giocatori di qualità tecnica decisamente elevata.
Infine,
a mio giudizio si poteva fare di più per elevare il tasso tecnico (e
tattico...) del doble pivote. Gabi è discreto e nulla più,
su Mario Suarez non posso proprio dire alcunché di positivo, sia
pure alla luce della prestazione monstre di Bucarest. Non ho
capito né l'insistenza nello schierare Koke tra i tre davanti invece
che come centrale (è vero che è discreto a giocare tra le linee e
ha una buona intelligenza tattica, ma non ha il passo del
centrocampista avanzato), né l'accantonamento di Fran Merida:
quest'ultimo, schierato al posto di Koke là davanti, avrebbe
permesso di schierare il giovane canterano a fianco di Gabi e di dare
quindi qualche opzione in più per le ripartenze.
In ogni caso, complessivamente,
il Cholo Simeone prende 9
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