Adesso diranno
che chiunque contro una squadra allo sbando come il Deportivo ce
l'avrebbe fatta, che la difesa dei galiziani fa acqua da tutte le
parti, che a tutti può capitare la serata fortunata, che però nel
derby... Dicono già e diranno ancora, certo. Ma cinque reti sono
cinque reti: un evento raro e anche questo vorrà pur dire
qualcosa...
E poi quelli
che parlano sono sempre gli stessi, quelli che qualche giorno fa
criticavano Falcao per il suo derby vissuto da spettatore, che sono
arrivati a definirlo "il gattino", chiaro rimando
sarcastico al suo soprannome ufficiale, "el tigre", che si
sono spinti fino a definirlo "paquete" (persino questo ci è
toccato udire...), immemori di tutto quanto aveva fatto fino ad
allora.
Falcao ha
taciuto e fatto parlare il campo, l'unico modo in cui un cannoniere
scrive i suoi messaggi. Cinque reti al Deportivo, 16 gol in 14
giornate di Liga, e tutti a casa.
Ancora una
volta ha dimostrato perchè è, senza alcun dubbio, il miglior
centravanti del mondo: non solo ha segnato cinque reti, ha sciorinato
tutto il suo repertorio. Andate a rivedervi le reti: trasudano
potenza, astuzia, abilità tecnica, senso dell'anticipo e della
posizione (propria e del pallone), oltre a opportunismo e forza di
volontà. Si va dal rigore tirato con freddezza, palla da una parte e
portiere dall'altra, alle sgroppate che tagliano in due la difesa e
vengono concluse con chirurgici tiri nell'angolino. E ancora
l'incornata nell'area piccola a intercettare un rimpallo casuale, o
la danza in area in occasione del quinto gol, o il movimento “a
sgusciare” sulla rimessa laterale che ha fruttato il suo secondo
gol.
Per non parlare
dei movimenti finalizzati a favorire gli inserimenti dell'altra
punta, Diego Costa, e dei compagni di centrocampo. Insomma, chi
sminuisce Falcao dicendo che è solo un attaccante d'area (come se
fosse poco...), non sa quello che dice.
Certo che non è
un Forlan, un Aguero o anche un Hasselbaink, giocatori a cui eravamo
abituati a lanciare la palla perchè si inventassero qualcosa. Grazie
a Dio, i tempi del “palla avanti e l'attaccante porti la croce”
sono (sembrano?) finiti. Ha bisogno di una squadra che lo supporti e
se ha al suo fianco l'Arda o il Koke o il Diego Costa visti l'altra
sera tutto viene facile.
Alla fine,
quello che è mancato al Bernabeu non è Falcao, ma tutto l'Atletico.
Contro il Deportivo il livello di gioco è stato decisamente
superiore e non credo che il divario sia da imputare solo al diverso
livello dell'avversario. Entrano in gioco una serie di fattori
psicologici che ben conosciamo e di cui non voglio parlare ora.
Quel che mi
interessa è far osservare che l'altra sera i quattro citati si sono
mossi moltissimo, scambiandosi anche di posizione e lanciandosi l'un
l'altro, nell'ambito di un 4-4-2 che molto spesso somigliava a un
4-2-2-1-1 con Diego Costa impegnato nel supportare il doble pivote e
contemporaneamente nel lanciarsi negli spazi creati da Falcao (cosa
che non era riuscito a fare nel derby). Il colombiano non ha infatti
solo dettato passaggi in profondità, ma ha spesso agito come pivot
per gli inserimenti di Diego Costa e Koke da dietro (e più
raramente, anche di Arda).
Questi due sono
stati la vera rivelazione della gara: il brasiliano segna poco, ma
garantisce una potenza e una disponibilità al sacrificio che in
questo momento Adrian non può dare; il giovane canterano gioca nella
sua posizione naturale solo nella Under 21 e con Simeone si sta
specializzando nel coprire qualunque ruolo di centrocampo, con
particolare predilezione per la fascia, per la quale non ha
il passo dell'ala ma della mezzala di sicuro, per cui il suo ruolo di
atipico in quella zona crea condizioni destabilizzanti per gli
avversari.
Infine, una
curiosità di quelle che fanno vergognare.
Cinque reti le
aveva già segnato un altro grandissimo, con la maglia dei
colchoneros: il 7 dicembre 1958, allo stadio Metropolitano, Vavà,
centravanti del Brasile campione del mondo e destinato a un nuovo
successo di lì a quattro anni, regalò cinque perle in un 7-1 al
Saragozza che fece epoca.
Più di
vent'anni prima, il 13 marzo 1932, nel torneo di Segunda Division,
l'Atletico si impose 10-1 al Betis capolista, con sette reti
dell'ormai sconosciuto Losada. Non un campione, ma un onesto
mestierante forse baciato dalla Fortuna: è lui a detenere il record
di reti in una sola partita ufficiale per i colchoneros.
Che la stampa
sportiva non sapesse nulla di tutto ciò e abbia strillato per ore
che Falcao era il nuovo record-man dell'Atletico, è già una
vergogna, ma ormai non mi stupisco più di nulla, se si parla di
giornalisti.
Ma che neppure
all'Atletico nessuno sapesse nulla, tanto da aver telefonato a
Bernardo de Salazar, famoso storico del calcio spagnolo e dei
colchoneros, confessando con tranquillità che non possiedono archivi
sulla storia del club... beh...non so neppure come definirlo...
Ci fosse la
Littizzetto, forse direbbe che Gil e Cerezo dovrebbero provare, se
non pudore, almeno una pragmatica sensazione di aver rotto il c...
Un abrazo desde España para todos los colchoneros de Italia
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