venerdì 1 marzo 2013

Spingendo il sogno un po' più in là


Eccomi di nuovo su queste pagine, dopo la breve latitanza di questi ultimi 10 giorni. Scusatemi, ma non è sempre facile rispettare i tempi quando si ha una piccola “peste” dedita a terremotare la casa nei momenti topici, ossia partite roventi e giorni immediatamente successivi, mentre tento di scrivere un nuovo pezzo. Basta poco perché finisca per perdermi passaggi importanti del match o perché la cronaca finisca per essere ormai vecchia e debba essere abbandonata, spesso a metà. Ma tant'è, ho voluto la mia piccola colchonera e adesso devo pedalare, come si suole dire.

Riprendendo il filo del discorso, direi che possiamo essere moderatamente soddisfatti, alla luce del trittico RubinEspanyolSiviglia.

La qualificazione alla Champions, che pure avevo dato in possibile dubbio, sembra ormai assicurata, alla luce dei risultati dei nostri avversari nell'ultimo turno di Liga, anche se aspetterei di passare indenni a Malaga per stare tranquilli. Certo che, con solo una partita a settimana da qui alla fine della stagione, mancare il traguardo del terzo posto (ALMENO) sembra fantascienza, anche se dobbiamo ancora affrontare Valencia, Barcellona e Real Madrid.

Per quanto riguarda l'Europa League, però, voglio essere chiaro: non sono affatto tra quelli che sono soddisfatti perché la seccatura europea ci è stata risparmiata. Anzi, credo che l'Europa League sia un grande torneo, spettacolare e molto più duro della Champions, che ci ha regalato grandi gioie negli ultimi anni, anche come porta d'accesso alla Supercoppa Europea.
Invece ho notato, sui giornali e tra i tifosi, molta sufficienza verso la competizione, come se ormai fossimo destinati a più altri traguardi. E' anche questo un orrendo portato del calcio moderno, per cui si preferisce uscire agli ottavi di Champions che vincere l'Europa League. In parte è colpa dell'UEFA, vista la sproporzione economica tra le due competizioni (l'anno scorso abbiamo vinto 10 milioni, come qualunque squadra che abbia superato la fase a gironi), in parte anche di una dirigenza che preferisce il denaro a qualunque altro obiettivo. Capisco ovviamente la prospettiva di chi governa un club (ma MAI e poi MAI capirò e accetterò quella di chi ci guida), ma non al punto da rifiutare la vittoria in una competizione per un piazzamento in un'altra.
La prova di Mosca, in un Luzhniki desolatamente vuoto, è apparso evidente che una gestione più assennata del turno avrebbe permesso ai colchoneros di passare senza problemi. Forse una squadra maggiormente piena di titolari in Russia si sarebbe guadagnata la qualificazione, ma ormai è inutile rivangare eccessivamente la questione.
Mi limito a segnalare l'ottima prova di Saul e Manquillo, ormai pronti per far parte in pianta stabile della prima squadra, e i timidi segnali di risveglio di Adrian, che però già altre volte ci ha illusi.

Infine, Siviglia: alzi la mano chi avrebbe immaginato una partita già risolta dopo mezz'ora. Io no, tanto per dire; infatti non ho avuto il coraggio di guardarla in diretta e l'ho registrata per vederla con la calma di chi sapeva già il risultato (e non so cosa succederà per la finale contro il Real). Però è stato un gran bell'Atletico, pugnace e aggressivo, sempre attento e abile nel ribaltare il fronte del gioco, oltre che nel colpire a freddo gli avversari. Infine, permettetemi un po' di veleno: vedere la faccia di Reyes, ancora una volta incapace di lasciare un qualche segno sulla partita, non ha prezzo...
Ora ci aspetta la finale di Maggio col Real, in uno stadio ancora da scegliere, e la possibilità di alzare un nuovo trofeo. Certo, le finali di Coppa contro il Real si sono quasi sempre risolte bene per noi (3 vittorie su 4, per la cronaca), ma i nostri concittadini ci vanno di traverso da un numero di anni ormai infinito, oltre al fatto che l'Atletico ha perso le ultime tre finali disputate.
Di fatto, siamo sfavoriti, anche se bisogna considerare che da qui a Maggio molte cose potrebbero essere cambiate, visto che il Real è ancora in gioco nella Champions, senza contare che la possibilità di rompere l'incantesimo in una finale è particolarmente ghiotta (e dipenderà anche dall'esito del derby di campionato).

In questi dieci giorni la crisi di risultati e di gioco si è comunque risolta, fortunatamente, e i miei peggiori timori, cioè che il Cholo non avesse più il controllo della squadra, si sono rivelati infondati.

Detto della buona prova dei canterani contro il Rubin, aggiungo altre note positive.
In primis, le prestazioni impressionanti di Diego Costa, che mi ricorda un certo Christian Vieri per come sa superare le proprie lacune tecniche (il gol al Siviglia, con la rozzezza intrisa però di efficacia nello smarcarsi e nel prepararsi l'area di tiro) e per gli enormi margini di miglioramento. E' più abile a svariare e a presentarsi in progressione davanti alla porta che nel ruolo di attaccante puro, ma questo non è affatto un male; anzi trovo che somigli non poco a Hulk, che abbiamo inseguito a lungo e che è stato il miglior partner di Falcao in carriera.
Poi il fatto che Falcao, pur senza essere l'ariete devastante di qualche tempo fa, si stia riprendendo alla grande e viaggi alla media di un gol a partita.
Ancora, l'abilità di Miranda, giocatore sempre sottovalutato e che invece, grazie al senso della posizione, si sta rivelando un ottimo difensore, per di più abile anche nel far partire l'azione dalle retrovie (e Dio solo sa da quanto tempo ci mancava uno così; ora manca solo il tanto sospirato regista).

Tra le note negative, una certa fragilità difensiva come squadra, più che non a livello di singoli, che coinvolge difesa più doble pivote, alle volte incapaci di impedire gli attacchi centrali e non irreprensibili neanche sul gioco aereo (contro il Siviglia, solo un miracolo ha impedito che Medel pareggiasse subito su cross di Navas); poi la forma deficitaria di giocatori come Arda soprattutto, ma anche Juanfran e Mario; ancora la mancanza di un cervello di centrocampo, evidente anche quando si vince.
Aggiungo come ultimo dato che non ho apprezzato la scarsa freddezza sottoporta: quando finisci in dieci (Espanyol) o devi rimettere al suo posto un avversario che, in svantaggio, rialza la cresta e ti apre però invitanti praterie (Siviglia), non puoi permetterti di sbagliare quello che i biancorossi hanno sbagliato e lasciare la partita più o meno aperta, pena il gol del pareggio o, peggio, un ribaltamento del risultato. Non è andata così, in questi giorni, ma bisognerà quadagnare in cattiveria per le partite clou che rimangono in stagione.

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