Eccomi
di nuovo su queste pagine, dopo la breve latitanza di questi ultimi
10 giorni. Scusatemi, ma non è sempre facile rispettare i tempi
quando si ha una piccola “peste” dedita a terremotare la casa nei
momenti topici, ossia partite roventi e giorni immediatamente
successivi, mentre tento di scrivere un nuovo pezzo. Basta poco
perché finisca per perdermi passaggi importanti del match o perché
la cronaca finisca per essere ormai vecchia e debba essere
abbandonata, spesso a metà. Ma tant'è, ho voluto la mia piccola
colchonera e adesso devo pedalare, come si suole dire.
Riprendendo
il filo del discorso, direi che possiamo essere moderatamente
soddisfatti, alla luce del trittico Rubin – Espanyol
– Siviglia.
La
qualificazione alla Champions, che pure avevo dato in
possibile dubbio, sembra ormai assicurata, alla luce dei risultati
dei nostri avversari nell'ultimo turno di Liga, anche se aspetterei
di passare indenni a Malaga per stare tranquilli. Certo che, con solo
una partita a settimana da qui alla fine della stagione, mancare il
traguardo del terzo posto (ALMENO) sembra fantascienza, anche se
dobbiamo ancora affrontare Valencia, Barcellona e Real Madrid.
Per
quanto riguarda l'Europa League, però, voglio essere chiaro:
non sono affatto tra quelli che sono soddisfatti perché la seccatura
europea ci è stata risparmiata. Anzi, credo che l'Europa League sia
un grande torneo, spettacolare e molto più duro della Champions, che
ci ha regalato grandi gioie negli ultimi anni, anche come porta
d'accesso alla Supercoppa Europea.
Invece
ho notato, sui giornali e tra i tifosi, molta sufficienza verso la
competizione, come se ormai fossimo destinati a più altri traguardi.
E' anche questo un orrendo portato del calcio moderno, per cui si
preferisce uscire agli ottavi di Champions che vincere l'Europa
League. In parte è colpa dell'UEFA, vista la sproporzione economica
tra le due competizioni (l'anno scorso abbiamo vinto 10 milioni, come
qualunque squadra che abbia superato la fase a gironi), in parte
anche di una dirigenza che preferisce il denaro a qualunque altro
obiettivo. Capisco ovviamente la prospettiva di chi governa un club
(ma MAI e poi MAI capirò e accetterò quella di chi ci guida), ma
non al punto da rifiutare la vittoria in una competizione per un
piazzamento in un'altra.
La
prova di Mosca, in un Luzhniki desolatamente vuoto, è apparso
evidente che una gestione più assennata del turno avrebbe permesso
ai colchoneros di passare senza problemi. Forse una squadra
maggiormente piena di titolari in Russia si sarebbe guadagnata la
qualificazione, ma ormai è inutile rivangare eccessivamente la
questione.
Mi
limito a segnalare l'ottima prova di Saul e Manquillo,
ormai pronti per far parte in pianta stabile della prima squadra, e i
timidi segnali di risveglio di Adrian, che però già altre volte ci
ha illusi.
Infine,
Siviglia: alzi la mano chi avrebbe immaginato una partita già
risolta dopo mezz'ora. Io no, tanto per dire; infatti non ho avuto
il coraggio di guardarla in diretta e l'ho registrata per vederla con
la calma di chi sapeva già il risultato (e non so cosa succederà
per la finale contro il Real). Però è stato un gran bell'Atletico,
pugnace e aggressivo, sempre attento e abile nel ribaltare il fronte
del gioco, oltre che nel colpire a freddo gli avversari. Infine,
permettetemi un po' di veleno: vedere la faccia di Reyes, ancora una
volta incapace di lasciare un qualche segno sulla partita, non ha
prezzo...
Ora
ci aspetta la finale di Maggio col Real, in uno stadio ancora da
scegliere, e la possibilità di alzare un nuovo trofeo. Certo, le
finali di Coppa contro il Real si sono quasi sempre risolte bene per
noi (3 vittorie su 4, per la cronaca), ma i nostri concittadini ci
vanno di traverso da un numero di anni ormai infinito, oltre al fatto
che l'Atletico ha perso le ultime tre finali disputate.
Di
fatto, siamo sfavoriti, anche se bisogna considerare che da qui a
Maggio molte cose potrebbero essere cambiate, visto che il Real è
ancora in gioco nella Champions, senza contare che la possibilità di
rompere l'incantesimo in una finale è particolarmente ghiotta (e
dipenderà anche dall'esito del derby di campionato).
In
questi dieci giorni la crisi di risultati e di gioco si è
comunque risolta, fortunatamente, e i miei peggiori timori,
cioè che il Cholo non avesse più il controllo della squadra, si
sono rivelati infondati.
Detto
della buona prova dei canterani
contro il Rubin, aggiungo altre note positive.
In
primis, le prestazioni impressionanti di Diego Costa, che
mi ricorda un certo Christian Vieri per come sa superare le proprie
lacune tecniche (il gol al Siviglia, con la rozzezza intrisa però di
efficacia nello smarcarsi e nel prepararsi l'area di tiro) e per gli
enormi margini di miglioramento. E' più abile a svariare e a
presentarsi in progressione davanti alla porta che nel ruolo di
attaccante puro, ma questo non è affatto un male; anzi trovo che
somigli non poco a Hulk, che abbiamo inseguito a lungo e che è stato
il miglior partner di Falcao in carriera.
Poi
il fatto che Falcao, pur senza essere l'ariete devastante di
qualche tempo fa, si stia riprendendo alla grande e viaggi alla media
di un gol a partita.
Ancora,
l'abilità di Miranda, giocatore sempre sottovalutato e che
invece, grazie al senso della posizione, si sta rivelando un ottimo
difensore, per di più abile anche nel far partire l'azione dalle
retrovie (e Dio solo sa da quanto tempo ci mancava uno così; ora
manca solo il tanto sospirato regista).
Tra
le note negative, una certa fragilità difensiva
come squadra, più che non a livello di singoli, che coinvolge difesa
più doble pivote, alle volte incapaci di impedire gli attacchi
centrali e non irreprensibili neanche sul gioco aereo (contro il
Siviglia, solo un miracolo ha impedito che Medel pareggiasse subito
su cross di Navas); poi la forma deficitaria di giocatori come Arda
soprattutto, ma anche Juanfran e Mario; ancora la
mancanza di un cervello di centrocampo, evidente anche quando si
vince.
Aggiungo
come ultimo dato che non ho apprezzato la scarsa freddezza
sottoporta: quando finisci in dieci (Espanyol) o devi rimettere
al suo posto un avversario che, in svantaggio, rialza la cresta e ti
apre però invitanti praterie (Siviglia), non puoi permetterti di
sbagliare quello che i biancorossi hanno sbagliato e lasciare la
partita più o meno aperta, pena il gol del pareggio o, peggio, un
ribaltamento del risultato. Non è andata così, in questi giorni, ma
bisognerà quadagnare in cattiveria per le partite clou che rimangono
in stagione.
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