Ne sono
successe di cose, negli ultimi giorni, dalle parti del Calderon: il
passaggio del turno di Coppa del Re contro l’Eterno Rival,
la vittoria sofferta contro il Granada e quella decisamente più
facile (ma non troppo) contro il Rayo, le due meritate sconfitte
contro il Barcellona e, last but not least, l’ingresso nel
club dell’ennesimo multi-miliardario cinese in cerca di visibilità
in Europa.
Se
fossimo in una favola, saremmo in una bella favola, tutto sommato:
l’eroe “bello di fama e di sventura”, tornato a casa, ci
trascina alla conquista di Madrid frantumando una serie incredibile
di record personali e non (non si vincevano tre derby di fila dagli
anni Cinquanta, mai il Real aveva incassato due reti all’inizio dei
due tempi, mai si era vista una tale superiorità biancorossa in
termini di risultati nella capitale, mai Fernando Torres aveva
segnato al Bernabeu). Intorno a lui, la squadra lotta, combatte, non
si dà per vinta ma anzi si considera vincente e dimostra ormai che,
per i colchoneros, andare al Bernabeu è come farsi un panino
sotto casa: placido, tranquillo, sereno (almeno sul piano mentale,
perché è chiaro che sulla bilancia la tecnica pesa ancora tutta per
i blancos). Simeone le azzecca tutte, Mario Suarez
sembra un giocatore vero e Siqueira un difensore affidabile, Oblak
finalmente svela perché è stato pagato una vagonata di soldi e la
stampa..beh… è costretta ad ingoiare le sviolinate alla remontada
che mai sarà. Come ha detto giustamente il Cholo, spettatori
e stampa non scendono in campo, nonostante la vergognosa grancassa
mediatica messa in atto per salvare il Calcio dalla calata dei
Vandali, cose che non si vedevano dai tempi in cui era in gioco
l’onore della Spagna contro i club stranieri, magari appartenenti
ai pericolosi stati socialisti dell’Est Europa.
Il lieto
fine sarebbe bell’e pronto: colpito da una siffatta dimostrazione
di potenza e forza mentale, un altro eroe, non giovane, non bello, ma
ricco e potente, arriva fin dalla lontana Cina per sposare la bella
principessa e rendere il regno ancora più forte e vincente.
Una bella
favola, davvero. Sarebbe molto bello crederci e, in generale, sono
piuttosto propenso a farlo.
In fondo,
concluso il girone d’andata e appena iniziato quello di ritorno,
l’Atletico sembra in ascesa, contrariamente agli anni
scorsi, quando gennaio e febbraio coincidevano con un pericoloso calo
fisico. Quest’anno Simeone ha ruotato maggiormente gli uomini,
anche perché, non avendo una formazione e un modulo definiti e
funzionanti in mente, ha dovuto maggiormente sperimentare rispetto al
passato. In più, considerate le difficoltà nel gioco, i vari cambi
hanno pesato sicuramente meno, non andando a inceppare un meccanismo
che già di per sé era tutto meno che perfetto.
Ora
invece i colchoneros sembrano aver trovato un’idea stabile
di gioco, anche se permangono confusioni tecniche e tattiche,
principalmente legate alla difficoltà a trovare spazio ad alcuni
acquisti estivi e all’evidente abiura di una buona parte del
progetto elaborato in estate, e difficoltà in alcuni ruoli (terzino
sinistro su tutti).
Addirittura,
non si sa se spronato dalle richieste di cessione o meno, Simeone ha
rispolverato Mario Suarez, il quale ha regalato alcune buone
prestazioni. Anche qui, non è chiaro se il nostro non più
giovanissimo canterano sia sembrato un giocatore vero perché è in
particolare forma (e allora complimenti al Cholo e al suo
occhio lungo), o perché vuol mettersi in mostra per una futura
cessione. Ha giganteggiato al Bernabeu e se l’è cavata altrove, in
verità, ma può bastare. D’altra parte, il giocatore è noto, così
come la sua innata capacità di mostrarsi calciatore vero in favore
di telecamera (ricordate la Supercoppa col Chelsea?) e dormire le
restanti trenta gare: il che mi fa supporre che non andrà mai più
in là di così, nonostante stia per entrare, almeno anagraficamente,
nel culmine della carriera.
E dove
non arriva il prode Fernando ci pensano Griezmann, ormai
completamente integrato nel meccanismo della squadra, tremendo e
letale contropiedista, o il prode Godin, regolare e preciso
come mai nella sua carriera, anno scorso a parte. Per non parlare di
un Gimenez che non fa rimpiangere Miranda, al punto che molti
tifosi si spingono a parlare, neanche troppo sottovoce, di una
cessione del brasiliano come di una occasione da non perdere.
In più,
è arrivato, del tutto a sorpresa, Cani, in prestito dal
Villareal, al posto del Cebolla Rodriguez. Professionista
esemplare, quest'ultimo, ma anche giocatore poco sagace dal punto di
vista tattico e piuttosto limitato da quello tattico, capace solo di
correre coi paraocchi lungo la fascia. Lo spagnolo invece, abile
tecnicamente, di professione trequartista ma non solo, pare un ottimo
sostituto di Arda Turan. E se la forzata inattività al Villareal ci
consegna un giocatore piuttosto arrugginito, è vero anche che è
un'altra pedina fresca per il Cholo.
Tuttavia,
c'è di che stare attenti.
In primo
luogo, serpeggia un certo malumore, nelle file biancorosse.
Sotterraneo, ma c'è. Non si spiegherebbero altrimenti le richieste
di cessione da parte di Mario e, soprattutto, di Saúl.
Entrambi sono rimasti “fregati” dal ritorno improvviso,
quest'estate, di Tiago, che ha tolto loro spazio e prospettive. Se
però del primo si potrebbe tranquillamente fare a meno, visto che, a
parte provenire dalla cantera,
non ha nessuna qualità imprescindibile ed è, di fatto, un giocatore
come mille altri, il secondo è destinato ad una luminosa carriera ed
è comprensibile che, dopo l'ottima stagione al Rayo, si aspettasse
molto di più. Dal momento che il portoghese non è eterno, deve solo
avere pazienza, in teoria. Ma “pazienza” è una parola che mal si
sposa con Jorge Mendes,
un vero e proprio cancro del calcio e dell'Atletico, che spinge perché il
ragazzo giochi altrove, non è chiaro se in prestito o in via
definitiva. E non illudetevi: se per il momento la cosa è stata
stoppata, il “re dei procuratori” tornerà alla carica ben
presto, per una soluzione o per l'altra. D'altra parte, uno così
guadagna in commissioni sui trasferimenti.
E
allora, ecco il punto. Perché un mega-miliardario
cinese dovrebbe
investire in una società sempre sul filo del rasoio finanziario,
guidata in malo modo da gente che si mette nelle mani di tipacci come
il portoghese di cui sopra? Una società pesantemente indebitata col
Fisco e dai conti opachi e impossibili da decifrare? Un club i cui
vertici sono stati più volte condannati per vari reati fiscali tra
cui frode ai danni della stessa società e falsa emissione di azioni?
È
circolata la voce che questo sia solo il primo passo e che il gruppo
Wanda voglia rilevare, nel giro di pochi anni, diciamo dopo il
passaggio alla Peineta,
l'intera società.
Permettetemi
di dubitare. Non tanto che la voce, smentita da Cerezo (…), sia
vera: questo è abbastanza verosimile, visto che nessuno butta 45
milioni di euro nel capitale sociale di una società che non produce
utili così, solo per amore verso lo sport e i nostri colori in
particolare. Dubito che la cosa si concretizzi. La premiata ditta
Gil-Cerezo, così abile nel falsificare bilanci e aumenti di
capitale, sicuramente avrà in mente qualche piano diabolico per
tenersi i soldi e sganciarsi da siffatti, scomodi, soci. I quali
certo hanno piani decisamente più importanti che rafforzare il club:
lottizzazioni edilizie, compravendite immobiliari, investimenti nel
turismo d'élite
e chi più ne pensa più ci azzecca. Chissà perché, la mente corre
subito al Malaga,
sedotto ed abbandonato da uno Sceicco che i soldi li aveva eccome,
anche se la stampa nostrana l'ha preso in giro come un poveraccio, ma
che ha improvvisamente deciso di non elargirli più quando il suo
piano di cementificazione dell'intera Costa del Sol è stato bloccato
dal governo locale. C'è da guadagnare con lo stadio, la nuova Ciudad
Deportiva e chissà
cos'altro. Oltre al fatto che la faccenda pone tutta una serie di
interrogativi e di problemi: possono proprietari di un club che
sarebbero stati condannati a rifondere alla loro stessa società i
danni da loro stessi causati disporre un aumento di capitale? A cosa,
se non a un capitale inesistente, perché fasullo, si vanno a sommare
i 45 milioni detti sopra? Come si fa a stabilire le nuove quote della
società, considerato che le vecchie si basavano su carte false? E
via così...
Da
ultimo, l'aspetto sportivo vero e proprio. Dopo aver esorcizzato un
demone, ne compare un altro: se c'è una cosa che il doppio confronto
del Camp Nou
ha evidenziato, è, per l'ennesima volta, che la coperta è troppo
corta. O tentare di attaccare e perdere o chiudersi a riccio,
rinunciando a uscire dagli ultimi 25 metri e perdere; questo, in
estrema sintesi il dilemma. Ci sarà occasione di analizzare
tatticamente le partite col Barcellona,
ma è chiaro che i rapporti di forza, rispetto all'anno scorso,
quando li imbrigliammo per ben 6 volte, sono cambiati. Pertanto, non
sono per niente fiducioso per il ritorno di Coppa e non lo sarei
stato neppure se l'andata fosse finita 0-0. È
chiaro a tutti, io credo, che il Barça
non è il Real: il tasso tecnico è superiore e questo ci mette in
difficoltà, mentre contro i blancos,
più fisici, ci troviamo proprio per questo maggiormente a nostro
agio (anche se soffriamo parecchio anche lì; d'altra parte il
divario è quello).
Anche
in Liga, non è possibile distrarsi un secondo, perchè Valencia e
Siviglia sono lì e non si schiodano dalle nostre calcagna, complici
alcuni risultati deficitari nostri nei primi tre mesi di campionato e
il generale declino di buona parte delle squadre spagnole.
Perciò,
sogniamo, se volete. Ma non scordiamoci mai che è ancora quasi tutto
da costruire e che, soprattutto, un bel paracadute è proprio quello
che ci servirebbe in caso di bruschi risvegli.
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