Ci
sono occasioni nelle quali mi scopro molto contento di essermi
sbagliato. Per esempio, in questi ultimi quattro giorni: le partite
contro Barcellona e Valencia mi hanno dimostrato che avevo torto,
quando temevo che l'Atletico tornato dalle vacanze invernali non
fosse lo stesso che aveva concluso l'anno scorso. In realtà, è lo
stesso, pur senza la brillantezza che in certi momenti gli era
propria.
Mai
come nella partita di andata abbiamo rischiato una sconfitta. Mai
come ieri abbiamo tutto sommato goduto di una serata di tranquillità,
almeno in considerazione della caratura e delle motivazioni
dell'avversario. Il Valencia di ieri è stato lontanissimo parente di
quello che ci ha messo sotto all'andata, nonostante le (presunte)
motivazioni da “Coppa o morte” con cui si era avvicinato alla
sfida.
D'altra
parte, anche l'Atletico è stato lontanissimo parente della
formazione che all'andata ha sbagliato tutto e anche di più.
Comunque il tono è stato dimesso, ma gli errori di misura nei
passaggi e di posizionamento molto più limitati. Poche le occasioni
da rete, almeno nel primo tempo, e in situazioni forzate, mentre il
debutto del principito Sosa ha permesso a Koke una serata di
riposo (è entrato solo nell'ultima mezzora). Il ritmo non era
particolarmente alto e, in generale, i colchoneros parevano
accontentarsi di controllare una partita che avrebbe dovuto fare il
Valencia e che invece gli ospiti non riuscivano a fare.
Nel
secondo tempo, le cose cambiavano, almeno in parte. L'Atletico
macinava maggiormente gioco, sia pure piuttosto monocorde (lanci in
profondità per Costa o, in alternativa, lunghe percussioni palla al
piede dei vari incursori), e solo in poche occasioni la manovra
appariva fluida e variata. Anche così, i colchoneros passavano:
sugli sviluppi di un contestatissimo calcio d'angolo, Godin insaccava
sul secondo palo approfittando di un'uscita sconsiderata del portiere
avversario.
Solo
allora, pressato dalla necessità, il Valencia iniziava a giocare, in
modo arrembante anche se confuso. Senza correre grandi rischi,
l'Atletico si faceva però schiacciare nella propria trequarti: un
paio di interventi Courtois, più spettacolari che difficili, erano
il raccolto degli ospiti. I colchoneros, invece, dopo aver
controllato tutto sommato senza grosse difficoltà la “sfuriata”
del Valencia, colpivano di nuovo, proprio in chiusura di incontro: su
calcio d'angolo, ancora battuto da Gabi, Raul Garcia (che poco prima
aveva colpito un palo) segnava, ancora di testa, il gol che chiudeva
il discorso. 2-0 e qualificazione in ghiaccio senza eccessiva fatica.
Insomma,
cosa dire a conclusione del doppio match di Coppa? L'Atletico ha
mostrato, nelle due partite, due volti differenti, come già abbiamo
accennato. È vero che la
sfida di andata veniva in un periodo complicato del calendario, dopo
la delicata trasferta a Malaga e prima della fondamentale gara col
Barça, e che questo ha sicuramente inciso sulla concentrazione e
sull'approccio ai 90 minuti; tuttavia, quella gara, e le due che
l'hanno preceduta, qualche dubbio sulla condizione atletica dei
colchoneros l'avevano sollevata. Ora possiamo dire che, più che
all'aspetto atletico (si parlava comunque di perdita di brillantezza,
non di crollo della condizione), bisogna guardare a quella
psicologica e motivazionale. Il profe Ortega giura e spergiura
che il livello atletico verrà mantenuto, salvo alcune piccole cadute
di tono fisiologiche, e non vedo motivi per non credergli, ma bisogna
cominciare a porsi altri interrogativi.
Davvero
la formula del partido a partido funziona? Oppure, più o meno
inconsciamente, i giocatori cominciano a selezionare le partite in
funzione della loro importanza? È
ovvio che una partita di Copa del Rey non ha la stessa importanza di
uno scontro al vertice di campionato o di una eliminatoria di
Champions', cos' come è ovvio che sforzo, attenzione e
concentrazione non possono non essere influenzati dal diverso peso
delle competizioni. Ecco quindi che può capitare di presentarsi a
una partita in condizioni di maggiore rilassatezza e che far giocare
sempre lo stesso undici non necessariamente è un antidoto
sufficiente: a una maggiore coesione fa da contraltare un'usura
sempre crescente. D'altra parte, variare la formazione espone a
rischi non gestibili semplicemente con quel che si potrebbe definire
“un po' di mestiere”, strategia per la quale bisogna conoscere
nel dettaglio ciò che farà il tuo compagno in una data situazione
(una conoscenza che si forma nel tempo). Insomma, basta poco e tutto
rischia di mutare all'improvviso: un paio di occasioni meglio
sfruttate dal Valencia all'andata e staremmo a scrivere un altro
post.
Quindi
bisogna cominciare a porsi, io temo, alcune domande scomode: fino a
quando insistere con la stessa formazione darà i suoi frutti? Quando
diventerà controproducente? E cosa faremmo se dovesse succedere
proprio in una occasione determinante? È
forse ora di cominciare a valutare l'importanza delle varie
competizioni, sia pure non in forma ufficiale (non c'è insomma
bisogno di comunicarlo alla stampa)? O andiamo avanti così,
sottoutilizzando gente come Guilavogui, Manquillo, Alderweireld,
Rodriguez e Oliver, e ci accontentiamo di qualunque risultato dovesse
arrivare, per quanto doloroso possa essere? È
già tempo di scegliere? O, viceversa, si può ancora aspettare? O
magari lasciamo scegliere al Fato? Sicuri che poi non avremo
rimpianti? Contestazioni? Gente che improvvisamente darà fuoco alle
polveri e si lamenterà delle tre partite giocate in due anni?
Il
mese che arriva è durissimo, si giocherà ogni tre giorni, una
situazione ideale per commettere errori e leggerezze. Vedremo cosa ci
regaleranno il Cholo e i suoi filibustieri. Come ho già scritto, tra
un mese – un mese e mezzo avremo più chiare le possibili risposte
a queste domande.
Oggi
piccola vacanza: metto le pagelle, ma tralascio il dettaglio dei
giudizi, anche perchè più o meno si rischia di scrivere le stesse
cose. Spero vogliate perdonarmi.
Atlético:
Courtois 7,5; Juanfran 6,5, Miranda 6,5, Godín
7, Filipe Luis 6,5; Sosa 5,5 (Koke, m. 60 6),
Gabi 7,5, Tiago 6,5, Arda 6,5 (Cebolla
Rodríguez, m. 84 sv); Raúl García 7, Diego Costa 6.
No
utilizados: Aranzubia, Adrián, Villa, Alderweireld y Guilavogui.
No utilizados: Diego Alves, Vezo, Oriol Romeu y Ever Banega.
Goles: 1-0. M. 54. Godín. 2-0. M. 89. Raúl García.
Árbitro: Estrada Fernández. Expulsó por doble amarilla a Parejo (m. 90) y amonestó a Barragán y Míchel.
Unos 30.000 espectadores en el Calderón.
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